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Autore: Quintessence    03/06/2011    6 recensioni
Il Destino ci narrò storie di coraggio su Sailormoon, su quello che furono le Senshi, sulla venuta di Chaos. E ognuna di noi sapeva che l'umanità sarebbe vissuta. Che l'accecante potere del Ginzuishou avrebbe toccato tutti. Che Serenity avrebbe vinto anche l'ultima sfida, sconfitto anche la Catastrofe finale, creando la nuova e Luminosa Crystal Tokyo.
Il Destino aveva parlato. Noi avevamo creduto.
Oggi, però, il Destino è cambiato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ami/Amy, Makoto/Morea, Minako/Marta, Rei/Rea, Usagi/Bunny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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15 ~ Preludio alla Battaglia
Armonia è quello che ci vuole, prima di cominciare a combattere. Bisogna avere armi, è vero, ma anche una indispensabile coordinazione per trovare i giusti momenti per attaccare, per difendersi, per sapere cosa fare. L’orchestra che affronterà questa catastrofe ha perciò senza dubbio bisogno di un Preludio. Ritroverete le Nemesi? O loro hanno fatto il loro dovere e quindi tornano nell'Etere? O nel Limbo? E le Senshi? Sono pronte alla battaglia? E tu, sei pronto?
 

« Sta arrivando » -Sì, stava arrivando. Lo preannunciava il vento forte. Lo preannunciava la pioggia temporalesca che non si fermava da almeno due ore. Il fatto che l’elettricità andasse a intermittenza. Rei appoggiò una mano sul vetro freddo della finestra della casa di Usagi. Tutto si era fermato in una maniera gelida e impressionante. Le persone dormivano nelle auto. Probabilmente molte si erano addormentate nell’esatto punto dove erano, ecco perché certe erano ferme sulle panchine o sulla strada, abbracciate o semplicemente distese e con una espressione perfettamente serena nonostante completamente inzuppate dalla pioggia scrosciante. Il cielo era grigio e buio. Il sole non riusciva a bucare le nubi. Rei deglutì; il quartier generale era sempre stato il suo tempio, e il suo fuoco. Ma adesso, il fuoco era spento da molto tempo. Casa di Usagi era molto più profumata di quello che un tempo erano state loro. Anche se si poteva pensare l’inverso, Usagi aveva conservato più di tutte loro i segni della loro amicizia. Ami prese fra le mani un soprammobile a forma di goccia d’acqua e cominciò ad accarezzarlo amorevolmente, probabilmente per non guardare le altre in faccia. Un nuovo velo di freddezza si era adagiato su di loro fin da quando la macchina le aveva riportate a casa. Adesso era l’unico mezzo che probabilmente avrebbe funzionato, in tutto il mondo. La Catastrofe si annunciò ululando, e spalancando di botto una finestra.
L’acqua scrosciò all’interno. Minako sussultò e scattò in piedi, afferrando la maniglia e tirando con forza verso sinistra. Rei le si affiancò subito, con un verso di sgomento.
« Accidenti » -Biascicò- « è bloccata »
Usagi si precipitò in loro aiuto, ed Ami poggiò il soprammobile da qualche parte per dare una mano –seppur debole. Anche un gesto facile come chiudere una finestra riusciva così difficile per quattro persone insieme? Infine, Makoto si rizzò sulle gambe di metallo dalla poltrona dove si era seduta. Con un solo dito, spinse la finestra a schiantarsi contro la chiusura. Sollevò lo sguardo sconcertata.
Le quattro ragazze indietreggiarono.
« Wow » -Sospirò subito Minako.
« Già, Wow » -Le fece eco Usagi.
Makoto si guardò le mani. Wow era proprio la cosa giusta da dire. Non si aspettava di fare così poca fatica. Aveva sbloccato la finestra come se non fosse stato più faticoso che sollevare una matita da un tavolo. Dove in quattro avevano fallito, un suo dito era riuscito.
Per altri cinque minuti nessuna disse niente di nuovo; Sta arrivando erano state le prime parole del pomeriggio, e poi c’era stato Wow e Già, Wow. L’evento più interessante era stata la finestra aperta fino a quel momento. Makoto si decise a prendere la parola e una posizione.
« Rei ha ragione, sta arrivando. Questa ne è la prova » -Sentenziò. Ami si morse un dito. Rei si accarezzò una spalla. Minako si sedette di fianco a Rei, e Makoto tornò a prendere posto sulla poltrona di prima.
« Credete che ci stia cercando? » -Chiese Usagi con una punta di inquietudine.
« Intendi, la Catastrofe? » -Disse Minako mentre prendeva da un contenitore sul tavolo un cioccolatino. Ami la trafisse con uno sguardo di rimprovero, a cui Minako fece eco con un’alzata di sopracciglia. Che c’era di male a mangiare? Se erano gli ultimi giorni, valeva viverli bene.
« Sì. Forse è il caso di andare via… Insomma, Mamochan... » -Il suo pensiero volò immediatamente a suo marito, in quiete nella stanza da letto chiusa a chiave. Aveva creato un buon rifugio, per lui, nel suo letto. Se doveva morire, se avessero fallito, se il pensiero che la stava trafiggendo e che combatteva con ogni forza doveva avverarsi… Beh, voleva che fosse così.  Che morisse nel suo letto. Nel loro letto. Rei le poggiò con delicatezza una mano sulla spalla.
« Dobbiamo andare a combatterla, Usagi » -Le disse- « Qui Mamoru sarà al… Ami, è tutto ok? »
« La finestra! » -Fece con forza lei, e prima ancora che Rei potesse chiederle che cosa andava blaterando, lei si era alzata e aveva scavalcato il tavolo. Era come se fosse già successo. L’aveva visto, era sicura. La finestra si era aperta. Dovette concentrarsi per capire cosa stesse succedendo. La testa le stava per scoppiare.
« Cosa? » -Aveva chiesto Rei e si era affrettata a tranquillizzarla- « Va tutto bene, Ami, l’abbiamo chiusa con i blocchi » -Ami aggrottò la fronte e la guardò come se stesse parlando in alieno spaziale, o come se stesse dicendo una sciocchezza di proporzioni astronomiche.
« Cos- Non quella finestra. Quella della cucina! » -Minako alzò le sopracciglia.
« Ami, ti ha dato di volta il cerv… » -Un boato le informò che una seconda finestra si era spalancata al di là della porta della cucina. Quattro facce si puntarono su Ami. Makoto si puntellò sulle gambe e corse a chiudere anche quella.
« Non dirò ve l’avevo detto » -Disse Ami puntando il dito contro le ragazze, mentre Usagi faceva il giro e metteva il blocco alle rimanenti finestre, per poi accasciarsi di nuovo sul divano. Ci furono altri dieci minuti di silenzio, rotto solo a metà da un rombo di tuono, anche se meno pesante. Il fatto che i loro nuovi poteri funzionassero piuttosto bene era rassicurante, anche se meno rassicurante era il fatto che non sapevano da dove o come l’attacco sarebbe arrivato. La prima a rompere il nuovo cristallo di silenzio fu Minako.
« Sarà un po’ come combattere la Natura, no? » -Disse con un’alzata di spalle prendendo un altro cioccolatino.
« Sì, falla facile » -L’apostrofò Rei- « Stai parlando della furia degli Elementi! » -Usagi sospirò, Makoto si prese un secondo di riflessione. Ami era tornata a giocare con il soprammobile di vetro.
« Io posso cambiarli, gli elementi! Guarda. Dammi qua, Amichan » -Le disse con tanta autorità che Ami cedette subito la goccia con un accenno di sorriso e con un velo di curiosità negli occhi. Tutte si piegarono verso Minako mentre prendeva l’oggetto in mano. Per un secondo, tutte trattennero il respiro all’unisono. Minako guardò il soprammobile. Lo fissò con intensità e lo scandagliò. All’inizio, era un semplice pezzo di vetro con un velo di colore azzurro. Si concentrò con più attenzione.
« E allora? » -L’apostrofò Usagi, subito zittita da uno shhhhhhhh! generale.
Minako strinse i denti, e improvvisamente eccoli. Come le era successo la mattina, anche in quel momento il soprammobile si stava praticamente aprendo sotto le sue mani, rivelando la sua vera natura. Silicio, e Ossigeno. Di Ossigeno ce n’era molto, di Silicio un po’ meno. Minako respirò profondamente. Si sgranchì le dita e cominciò a separarli con qualche esitazione. Silicio di qua, Ossigeno di là, Silicio di qua, Ossigeno di là… Alla fine ebbe due gruppi di elementi. Ossigeno, e Silicio. Con un colpo netto tirando l’ossigeno verso sinistra e il silicio verso destra, li separò. L’Ossigeno si unì all’aria istantaneamente. Cominciò a lavorare sul Silicio disallineandolo, e infine, lo pressò con un battito di mani.
« Voilà! » - sentenziò. Quando ebbe finito, teneva in mano un cuore di Silicio solido di un colore tendente all’argento, anche se molto più scuro e lavorato con cura, lisciato dalle sue mani più velocemente di quanto il fuoco non avrebbe potuto fare.
« L’hai fatto diventare Ferro? » -Le chiese Usagi, mentre ooh di sorpresa si levavano dalle altre ragazze. Ami lo riprese fra le mani esaminandolo con cura e lasciandosi sfuggire un sospiro di ammirazione per il materiale.
« No, è Silicio Policristallino… Caspita, Minachan. Questa roba è preziosissima, si usa per i pannelli fotovoltaici » -Rispose al posto suo. Minako sorrise di soddisfazione, gonfiando il petto per la fierezza e un dente le spuntò dalla cicatrice. Le ragazze si fecero passare fra le mani l’oggetto che Minako aveva appena creato con delicatezza. Era brillante anche se si vedeva che non era fatto di diamante e niente che gli somigliasse. Era bello nonostante non avesse la bellezza tipica dei soprammobili di cristallo o di vetro. Aveva un fascino magnetico straordinario e assolutamente unico. Era come Minako.
« Visto? Possiamo controllarli, gli elementi… » -Disse con enfasi, mentre Usagi accarezzava il cuore di Silicio.
« Io mi riferivo ad acqua, terra, fuoco, aria… Quintessenza. » -Le disse Rei, facendosi passare il neonato soprammobile. Lo guardò con attenzione notando come la superficie fosse irregolare e luminosa. Era un cuore pulsante.
« Sì, sicuramente la Natura attaccherà così. Gli elementi insieme non possiamo combatterli, sicuramente sono troppo forti per noi, ma ciascuna di noi potrebbe occuparsi di uno di loro » -Suggerì Ami- « In fondo ciascuna di noi ha un campo d’azione. Tu Rei, il Fuoco. Io l’Acqua. Makochan è in sintonia con la Terra, visto che tutto ciò che riguarda gli alberi e la natura è il suo ambiente. Se ci fosse Haruka, sicuramente avrebbe l’aria. Ma potresti pensarci tu, Minako, insieme ai metalli » -Concluse poggiando il soprammobile al centro del tavolo da salotto.
Le ragazze si chiusero di nuovo nel silenzio precedente. Un silenzio di sapori ancora diversi. Un silenzio che sapeva di riflessione. Usagi avrebbe dovuto avere la Quintessenza? L’essenza della vita? Non era convinta di sapere come potevano combattere la Natura, anche se l’idea di Ami non era per niente male. Tuttavia, l’idea della separazione le mise la pelle d’oca e scosse la testa, mentre un lampo faceva saltare di nuovo la corrente per qualche secondo.
« No, dobbiamo restare unite » -Suonò come un ordine e nessuno se la sentì di contraddirlo. Makoto annuì subito, perfettamente in accordo. Anche Rei fece lo stesso. Minako non si pronunciò, ma era evidente dal suo sguardo che era d’accordo- « …Non possiamo rischiare di finire come in questi anni »
Fino a quel momento nessuna aveva nominato gli otto anni passati. Nessuna voleva parlarne, preferivano seppellire la cosa. Ma Usagi aveva un buon talento per le scomode verità che prima o poi bisogna ritirare a galla, e il seguente silenzio fu un silenzio carico di disperazione e di sofferenza. Nessuna di loro voleva dimenticare, e nessuna di loro voleva ricordare. Era stato troppo doloroso non avere più le persone più preziose su cui contare, e troppo doloroso sapere che tutte avevano avuto una parte di colpa. In quel momento, e più che mai, ciascuna aveva bisogno di sapere che si poteva contare su di loro. Per qualche ora, era sembrato che tutto il tempo non fosse davvero passato, ma ciascuna portava su di sé i segni di quegli otto anni. E non solo la cicatrice che sfigurava Minako o quelle sui polsi di Rei. Segni piccoli, ma molto più evidenti. Makoto non amava più portare orecchini a forma di rosa, aveva deciso di preferire le margherite alle orecchie. Minako non metteva il fiocco rosso da qualche tempo, preferendo una pettinatura all’indietro più discreta. Ami aveva fatto crescere i capelli fino alle spalle. Usagi aveva grosse occhiaie, non aveva più la curiosità di un tempo, e le sue risate non facevano lo stesso rumore. E Rei aveva cominciato a intrecciare sempre più spesso i capelli che prima erano sciolti sulle spalle, per comodità o per abitudine.
Forse si amano le persone per i loro particolari. Per questo ciascuna di loro si era accorta di questi cambiamenti. Probabilmente, ne avevano sofferto nel cuore più che per le tragedie che le avevano segnate. Faceva loro male notare quei cambiamenti come improvvisi, repentini e spersonalizzanti, quando fra amiche dovrebbero essere piccolezze quasi invisibili. Da una parte, a Usagi faceva piacere sapere che nessuna di loro si era fermata. Dall’altra, le faceva male immaginare che fossero cambiate senza che ne sapesse niente. Quei leggeri cambiamenti esteriori erano il riflesso di cambiamenti interiori che sicuramente erano avvenuti in quegli anni oscuri; e più di ogni cosa, a Usagi dispiaceva di non averli mai veduti.
Poi successe una cosa strana. Makoto si alzò in piedi. Era molto maestosa con quel corpo d’acciaio, e Usagi si spaventò temendo che volesse picchiarla. Invece, cominciò a parlare.
« Dopo che ho perso i contatti con Minako a giugno perché mi ha fatta cadere, sono rimasta disoccupata per un anno. Poi, ho trovato impiego come segretaria in una ditta che produceva impasti pronti per torta… Lì ho conosciuto Kenji. Di lui mi sono innamorata, per l’ennesima volta, ma sono famosa per gli amori sfortunati. Ha preferito una che potesse correre con lui la maratona di Tokyo. Tre anni dopo, mi hanno licenziata. Mi ha sempre aiutata, in questi anni, Tomoyo… Una governante molto dolce e un po’ sbadata che mi ha sempre ricordato un po’ te, Usagi. Sono rimasta disoccupata fino ad oggi, anche se ho coltivato molti hobby, fra cui beh, la passione per la creazione di gioielli artigianali come gli orecchini che indosso » -Attimo di silenzio. Makoto si risedette.
« Me ne faresti un paio, un giorno? » -Chiese Minako con disinvoltura. Rei ridacchiò, ma Makoto annuì in modo solenne.
« Se vinceremo la catastrofe, ne avrai molti e molti paia ancora » -Minako le fece un segno di vittoria aprendo l’indice e il medio.
« E quello scemo di Kenji non ti ha voluta? » -Chiese Usagi con una punta d’amarezza.
« No, per niente! Ha ditto che ero solo un’amica, per lui. Immagina che cretino »
« Galattico »
« Sproporzionato »
« Imbecille »
« Asintoticamente ad enne elevato ad enne, con enne che tende a infinito. E con il cervello asintotico all’asse delle x. Zero! » -Attimo di silenzio, di nuovo. Poi la risata di Usagi, seguita da tutte le altre in un coro che sovrastò la pioggia per qualche minuto. E poi, la perplessità di Ami- « Ma che ho detto? »
Passarono il pomeriggio piovoso a raccontarsi tutto quello che era successo in quegli anni; un amore corrisposto, un ragazzo lasciato, un’amica poi rivelatasi una traditrice. Una passione sviluppata, uno studio mollato a metà, un matrimonio a gonfie vele. Usagi raccontò di essere incinta e tutte ne furono felici. Chiacchierarono del bambino e di come sarebbe stato se fosse nato. Usagi pianse. Ami anche. Minako raccontò della sua carriera di modella e di come fosse diventata bulimica, Rei dell’origine del suo autolesionismo. Ciascuna raccontò fatti personali e stupidaggini come fossero la stessa cosa, e lentamente il sole bucò le nubi quando l’orologio segnava oramai le sei. Il desiderio di aria era troppo forte, a quel punto. Allora decisero di uscire e di dirigersi verso il posto in cui più di tutti ritenevano che la Natura avrebbe scelto come suo tempio; poco fuori città, la conca da cui si vedevano le stelle. Nessuna di loro lo propose, tuttavia ciascuna seguì i suoi piedi senza esitazione fino al posto dove, qualche giorno prima, le Nemesi avevano perso la loro dispersione.
Fecero la strada ridendo e dandosi buffetti. Makoto, per darle un pugno sulla spalla, cappottò Usagi due volte e le lasciò un livido grosso come una palla da biliardo, scusandosi successivamente molte e molte volte. Ma Usagi non se l’era presa. Piangeva di gioia e non di dolore, in quel momento, anche se non riusciva a dirlo. La città addormentata era immersa in un silenzio del tutto surreale, che faceva cantare il tramonto di una musica tutta nuova. Quando arrivarono alla conca, si sedettero tutte sull’erba, e intrecciarono corone di fiori come facevano un tempo, raccontandosi i più oscuri segreti e le più acute osservazioni. Il sole moriva, probabilmente nascendo da qualche parte in America, e il rosso del cielo dopo il temporale lasciava la scia della speranza di un bel tempo successivo.
« Forse dovremmo lasciare il Mondo in mano alla Natura per davvero » -Suggerì Ami, godendosi il vento- « Sarebbe una pace imperitura »
Usagi guardò in alto. La prima stella fece capolino dal rosso che sfumava verso il viola, annunciandosi primitiva fra tutte, fra tutte la più bella. Venere.
« Non è giusto » -Disse- « Non voglio perdere tutto questo. Ma non voglio nemmeno perdere gli uomini, l’umanità… Voi. Non credo che dovremmo arrenderci » -Makoto annuì.
« Scongiurare la Catastrofe potrebbe significare un’alleanza, non per forza nuove guerre. Forse gli uomini capiranno » -Ami si sporse per guardarla in faccia e si prese le ginocchia fra le braccia.
« L’umanità non è mai stata disposta a fare davvero dei sacrifici » -Il vento soffiò più forte. Rei strinse gli occhi e si riparò il viso- « Hanno sempre finito per devastare tutto questo. Se fossi la Natura, anche io sarei arrabbiata » -Usagi chiuse gli occhi. Minako invece si prese il diritto di parlare.
« Usagi ha ragione. Dobbiamo fidarci dell’umanità o saremo perdute » -strinse un filo d’erba, ne modificò i connotati e quello si sciolse in gocce d’acqua- « Da quando vedo come è fatta la natura, ne sono affascinata. Ma non posso pensare che dobbiamo rinunciare anche a tutto quello che l’uomo ha fatto per lei. L’amore, la coscienza. Queste cose la preservano »
« Minachan ha ragione, dobbiamo farle capire che non tutti gli uomini sono uguali… » -Disse Rei. Poi abbassò la voce- « Noi non siamo così »
« Sì, avete ragione. Grazie ragazze… » -Improvvisamente, Ami si piegò sotto una fitta di dolore afferrandosi la testa. Chiuse gli occhi. Qualcosa che stava per succedere…? Li riaprì di scatto- « Sta arrivando » -La sua voce era pregna di panico e di disperazione.
« Cosa, Amichan? Cosa arriva? » -Chiese subito Makoto, chinandosi su di lei insieme a Minako. Usagi si portò le mani alla bocca, terrorizzata, ripetendo il suo nome. Ma Ami urlò di dolore- « Amichan! » -Provò a scuoterla, ma tremava. Rei poggiò la mano sulla spalla di Makoto.
« Spostati » -La cosa suonava decisamente come un ordine, e Makoto non lo contraddisse, fece un passo indietro. Rei l’abbracciò con decisione, portandosi la sua testa sul petto. Immediatamente, Ami trasse un sospiro di sollievo. I serpenti neri si tuffarono nelle spalle di Rei, mentre il dolore si spezzava in due e correva dall’una all’altra, nelle braccia, nella testa, sulla schiena. Ami si aggrappò con forza alla schiena di Rei, e appena fu in grado di parlare, le parlò sussurrando e inframmezzando ogni parola da gemiti di dolore alla testa.
« Reichan, arriva. Il primo attacco. Due minuti » -Aveva usato meno parole possibili. Le pupille di Rei si dilatarono improvvisamente.
« Trasformiamoci, ADESSO! » -Non fece in tempo a finire la frase che una folata di vento le aveva abbattute tutte sul terreno, esclusa Makoto. Ami si rivoltò, mentre la fitta alla testa si affievoliva. Makoto sfoderò la spada, e la piazzò in verticale come una mazza da baseball. Usagi pensò che era decisamente grande, e messa così… Sembrava ancora più grande.
Fendette l’aria come se fosse stata una palla da baseball, vincendone la resistenza e scacciando il vento verso l’altro lato della conca. La spalla urlò di dolore mentre tutto il vento cambiava direzione e scappava con un ululo di dolore.
« Che aspettate, la fatina turchina? » -Gridò voltandosi mentre il vento frenava la corsa e tornava a dirigersi verso di loro- « Forza! Trasformatevi! »
Nessuna se lo fece ripetere più di una volta. Mars, Mercury, Venus, Cosmos e Jupiter si mischiarono in un grido di lotta, come un rito antico pronunciato così anticamente da essere dimenticato. Makoto levò la spada per colpire di nuovo.
« Jupiter! Oak evolution! » -fendette di nuovo l’aria, con la spada, e quella raccolse e sprigionò fulmini e petali di rosa. Le altre ragazze furono sbalzate indietro dalla folata successiva. Usagi sfoderò lo scettro, ma il vento trasportava terra e semi che le finivano negli occhi. Anche se non parlava come gli Youma che aveva sempre affrontato, Usagi lo immaginava come un’entità quasi umana. Aria. Una Catastrofe che si abbatte sul mondo. Chissà in quel momento, gli altri elementi cosa stavano distruggendo. Makoto aveva appena piantato la spada nel terreno sprigionando un’onda di elettricità che respinse un altro attacco.
« Così non va! » -Gridò alle retrovie. Stava facendo tutto da sola, ed era decisamente stremata. Areté, dove sei?
Bastò il pensiero. O forse la volontà, come aveva detto Lei. Volere è potere. Cinque stelle cadenti si mostrarono al mondo in parallelo, atterrando nella conca con uno schianto secco e con una luce accecante. Nessuna ebbe nemmeno per un secondo un dubbio solo su chi fossero le ragazze che si erano appena parate di fronte al loro nemico.
« Voluntas, Lancia di luce »
« Areté, Spada di forza »
« Sophìa, Scudo di saggezza »
« Kalìa, Lama splendente »
« Psyché, Arco fiammeggiante »
Immediatamente, appena le Nemesi sollevarono le mani al contempo, una barriera si alzò fra le guerriere e il vento. Lo videro schiantarsi su di essa, prendere forma. Lo videro alzarsi e prepararsi a sfondarla. Usagi brandì lo scettro e invocò il potere del Silver Crystal. Aveva bisogno di tempo. Sentì la voce di Sophìa.
« La sfonderà! » -No, le serviva tempo. Tempo. Chiuse gli occhi e si concentrò più forte. Vi prego, tenete duro- « Scudo d’acqua! »
Una parete d’acqua si alzò proprio mentre il vento ci si schiantava contro. Minako alzò lo sguardo. Era diventato un vero e proprio tornado... Doveva fare qualcosa. Ma cosa? Usagi stava caricando il suo potere, aveva bisogno di quel poco di tempo che… ecco, c’era arrivata. Si affiancò a Kalìa.
« Kalìa, posso creare uno scudo d’acciaio. Posso fermarlo per il tempo necessario a Usagi a chiamare il potere del Cuore! » -Kalìa aveva ancora le mani sollevate nel tentativo di non infrangere la barriera- « Posso mutare l’acqua in acciaio, ma dovete resistere ancora qualche minuto e… »
« BASTA CHIACCHIERE, Venus! » -Le strillò in faccia mentre sembrava che reggesse un tir intero. Minako indietreggiò e immerse le mani in acqua. C’era idrogeno, e ossigeno. L’ossigeno non le serviva. Lo scartò immediatamente immettendolo nell’aria, e contemporaneamente staccava elettroni e protoni dall’idrogeno, incollandoli insieme ventisei alla volta. Uno, due, uno due. Le sembrava di cucire a una velocità impressionante. Via l’ossigeno. Ventisei idrogeni. Tredici molecole. Creava nuclei e immetteva elettroni. E poi, carbonio. Ogni cento di ferro, due di carbonio. Cento, e due di carbonio. Cento, e due di carbonio. L’acqua mutò a una velocità incredibile in un muro grigio adamantino e duro come la corazza di Areté.
Ami, nel frattempo, aveva poggiato la mano sulla spalla di Makoto.
« Jupiter, arriverà da sinistra. Se non la proteggi, la colpirà » -Minako era arrivata a circa tre quarti della conversione, quando alla sua sinistra un rumore l’avvertì che qualcosa non andava. Makoto stava disintegrando un blocco di detriti che l’avrebbe sicuramente ammazzata, se non si fosse mossa. Girò la testa in un riflesso lento e condizionato, mentre il muro saliva ancora e le sue mani tessevano automaticamente l’acciaio. Cento di ferro, due di carbonio, cento di ferro, due di carbonio, cento di-
Il vento si abbatté sulla barriera nel momento esatto in cui Minako finiva di tessere le molecole di acciaio. Un rumore orribile, metallico e di tuono, mentre le Nemesi tenevano la barriera in alto, annunciò che il tornado ci si era appena schiantato sopra. Minako guardò Makoto.
« Grazie »
« Non a me » -Le fece l’occhiolino- « Ad Ami. Usagi? » -Domandò guardandosi indietro e cercando la luce di Sailormoon.
« Pronta » -La luce si stava sprigionando dalla punta del suo scettro- « Cosmos… » -Rei si precipitò su Psyché.
« Lasciatela cadere, ora! » -Le Nemesi si guardarono, abbassarono le mani insieme e la barriera si dissolse in un unico movimento. Il tornado si abbatté sulla conca.  
« …Starlight! » -Ma non fece danno. La luce lo polverizzò, per quanto si possa polverizzare l’aria. Usagi si accasciò sul terreno. Le Nemesi erano svanite. Ami si chinò su di lei, e le accarezzò i capelli.
« E’ finito, Usagi… » -Ritmicamente- « E’ finito… »
Usagi aprì la bocca e urlò l’urlo che non aveva urlato per otto anni. Rei si gettò su di lei in un secondo, e l’abbracciò. Makoto fece lo stesso, senza stringere. Minako si unì a loro. La foresta di braccia l’avvolse dolcemente, come se non ci fosse stato altro al mondo. Il vento le accarezzava con dolcezza, adesso, si univa all’abbraccio. Usagi pianse, e pianse ancora, finché non ebbe più respiro. Le lacrime le rigavano le guance con prepotenza, rendendole rosse e deformate di rabbia, di dolore, di tristezza. I serpenti erano solo parte di quell’abbraccio, e anche Rei piangeva. E anche se entravano solo dentro di lei, i serpenti, anche Ami e Minako e Makoto piansero. Piansero con Usagi, con forza e veemenza. Come se fossero un corpo solo, come se non ci fosse altra strada per sopravvivere. Come se respirare, in quel momento, fosse solo merito di quell’abbraccio.

   
 
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