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Autore: Medea00    04/06/2011    10 recensioni
Ecco la storia di Blaine...narrata proprio dagli occhi di Blaine. Dal suo primo arrivo alla Dalton fino al fatidico incontro con Kurt, e da lì in poi, tutte le scene topiche del telefilm raccontate dal punto di vista di Blaine, ma non solo. Fanfiction Blaine (e ovviamente Klaine)-centrica.
Mi hanno detto di dire che non scrivo per scopi di lucro e che tutti i personaggi da me trattati appartegono a Ryan Murphy e alla Fox. E già che ci siamo aggiungo che tutti i riferimenti a fatti e persone sono puramente casuali, ahah!
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Tratto dal capitolo 15:
E non riuscii più a negarlo: anche lui piaceva a me. Mi piaceva il suo sorriso, il suono della sua risata, la sua stravaganza, e perfino la sua insolenza. Mi piaceva quando fuori facevano venti gradi e lui indossava un cappotto invernale. Mi piaceva quando piangeva, e non avevo mai creduto fosse possibile, ma ogni volta che vedevo quelle lacrime provavo l’irrefrenabile istinto di baciarle via, perché era bellissimo, anche con la fronte imperlata di sudore e una smorfia di disappunto dipinta sulle sue labbra.
Mi piaceva così tanto da star male. Perché non riuscivo più a non pensare a lui, e alle sue morbide labbra premute contro le mie. Perché, in quel momento più che mai, la mia mente riepilogò quel discorso fatto a San Valentino.
E cominciai a riflettere.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Il primo giorno di scuola


“Ciao a tutti, mi chiamo Blaine Anderson. Ho quasi sedici anni, vengo da una scuola pubblica poco lontana da qui, mi piacciono i cani ed esibirmi in performance da cantante internazionale, quando nessuno mi può vedere. Segni particolari? Sono gay. Questo conta?
…Ok, no. Fa schifo.”
Dissi ad alta voce dopo aver provato per l’ennesima volta il mio discorso di presentazione alla Dalton. Ma poi, perché diavolo dovevo fare un discorso di presentazione davanti ad una trentina di ragazzi scettici e annoiati!? Probabilmente non mi avrebbero nemmeno ascoltato, il che forse era un bene, contando la schifezza di monologo che mi ero preparato. Sarei riuscito a far addormentare persino uno scoiattolo strafatto di caffè.
“Ciao a tutti” dissi di nuovo contro uno dei muri della Dalton, appena poco lontano da quello d’ingresso.
“Sono Blaine, Blaine Anderson, ma chiamatemi solo Blaine, odio il mio cognome. Perché? Beh, perché odio mio padre. No, no Blaine, non partire con la storia della tua vita adesso.”
Diedi una leggera testata contro il muro. Ero talmente preso dal mio discorso che non mi accorsi nemmeno del suono di passi che si stava lentamente avvicinando alle mie spalle.
“Heilà! Sono Blaine! – urlai con un sorriso da animatore di villaggi turistici – sono al secondo anno, mi piace il football, cantare fingendomi il figlio illegittimo di Elvis Presley… e poi che dire? Ah sì, quasi mi dimenticavo: sono gay! Prego, la cassetta dei pomodori è alla vostra destra e i guantoni da boxe sono a sinistra. Mettetevi in fila per le botte, ma per favore, potreste evitare di scompigliarmi i capelli? Ci ho messo anni a sistemarmeli..”
“Ma quanto gel ci hai messo?”
Sobbalzai all’indietro sentendo quella domanda. Mi voltai lentamente, MOLTO lentamente, sperando con tutto me stesso di aver avuto un’allucinazione. E invece no: un ragazzo moro, più alto di me – bè, ci voleva poco- e di colore mi stava fissando attonito.
Rimasi con la bocca semi-aperta, senza parole, diventando rosso come il bordo della nostra divisa.
“Hei amico, così finirai per mangiare mosche.” Disse un altro ragazzo, un poco più basso, e dai tratti orientali.
Perfetto. Primo giorno di scuola, prima fetta di merda. Assolutamente perfetto.
Serrai la mascella, ma non riuscii ad emettere alcun suono. Dovevo avere una faccia davvero buffa, perché i due ragazzi scoppiarono a ridere a crepapelle.
“Rilassati! Non vogliamo mangiarti. Io sono Wes, e lui è David.”
“Siamo del terzo anno, e tu…devi essere nuovo, giusto? Sembrava che tu stessi provando il tuo discorso di presentazione.”
Ah, quindi, avevano pure sentito il discorso, o peggio: i discorsi. Davvero. Assolutamente. Perfetto.
Mi imposi di dire qualcosa. Dovevo dire qualcosa. Qualunque dannatissima cosa. Tipo…
“Ah.Io..hem..E’ una bella scuola, no?”
I due ragazzi si guardarono inarcando un sopracciglio. Io avrei tanto voluto girarmi di nuovo e riprendere a testate il muro.
“Molto, ma penso che ti piacerebbe di più se tu la vedessi da dentro.” Disse David, con un mezzo sorriso.
“Oh, sì, giusto. Io, io infatti stavo per…hem. Sì. Ci vediamo.”
Corsi, letteralmente, verso l’entrata, e per quanto rimasi incantato da quella bellissima scala a chiocciola, quelle vetrate gigantesche e luminose, quel pavimento di marmo bianco e splendente, mi sentii allo stesso tempo come un pesce fuor d’acqua. Dove mi trovavo? Dov’era la presidenza? E la segreteria? Che ore erano? Dove dovevo andare? Chi ero io!?
Mi aggrappai all’unica ancora di salvezza che avevo: la chiave di una stanza, la mia stanza.
Dopo un quarto d’ora di ricerca trovai l’ala dei dormitori e, finalmente, la porta con sopra il mio numero.
Feci un lungo respiro. Sapevo che avrei diviso la stanza con un altro ragazzo, ma non mi avevano detto altro. Mi presi un momento per pensare e calmarmi, ma fu ben presto interrotto da un urlo spaventoso…che proveniva esattamente dalla mia stanza!?
“IO TI AMMAZZO!” Fece una voce.
“TU mi hai rotto la play!? E IO per PAR CONDICIO ti ho rotto la x-box!” Fece un’altra voce.
“PAR CONDICIO!? MA SE NON SAI NEMMENO COSA VOGLIA DIRE, PAR CONDICIO!!”
“Ed, calmati!” Esclamò una terza voce. Cominciai a chiedermi quante persone ci fossero in quella stanza…
“No no no no no io stavolta lo ammazzo sul serio, lasciami!”
“Non se prima ti ammazzo io, fringuello!”
“Vado a prendere una boccata d’aria.” Quando mi resi conto di quello che sentii era troppo tardi per fuggire via dalla porta: un ragazzo biondo si parò davanti a me, con il volto marcato e degli stanchi occhi castani.
Dietro di lui c’erano altri tre ragazzi, due dei quali erano in procinto di azzuffarsi, e uno teneva per le spalle il più grosso dei due.
Rimanemmo in quella posizione per una ventina di secondi, loro a fissare me e io a fissare loro, paralizzato nell’indecisione di cosa fare o dire. Alla fine, il ragazzo davanti a me inclinò leggermente il capo, e poi ebbe come un lampo di genio.
“Tu devi essere il novellino!”
Sviai lo sguardo, non sapendo bene cosa dire.
“Aspetta aspetta…Blaine, giusto??” Fece di nuovo il ragazzo, e io rialzai gli occhi immediatamente.
“Sì..” dissi, con un tono che andava tra l’imbarazzo e il sorpreso.
“Cavoli, Thad me lo aveva detto che saresti arrivato oggi! Io sono Flint, piacere!” Mi strinse la mano con tanta energia che quasi me la stava stritolando, e poi mi spinse dentro, richiudendo la porta alle mie spalle.
Cercai di assumere un atteggiamento quantomeno dignitoso ed abbozzai un sorriso.
“Hem..brutto momento? Passo..più tardi?”
“Ma scherzi!?” Esclamò Flint, dandomi una pacca sulla spalla. “Mi dispiace per le urla, ci scaldiamo piuttosto facilmente. Ah, a proposito, l’energumeno è Ed, quello che lo sta placcando è Colin, e l’altro è Nick.”
Fecero “ciao” in coro, mentre lentamente tornavano a sedersi. Io levai una mano a mezz’aria.
“Beh, insomma?” Esordì Nick, facendo un gesto convesso con la mano. “Che ci dici di bello, Blaine? Come ti va la vita?”
Gli altri sorrisero, aspettando anche loro un mio segno di vita. In quel momento pensai a quanto mi sarebbe mancata tutta quella cordialità: sapevo benissimo che quando gli avrei detto di essere gay non sarebbero stati più in quel modo, e sarebbero tornati gli insulti, le risatine e, chissà, magari anche le botte.
Mi morsi un labbro, scrollando la testa violentemente. Basta, mi dissi. Devo smetterla di aver paura di tutto e tutti. Devo smetterla di fuggire.
“Beh,” sospirai, incrociando le braccia. “Mi chiamo Blaine Anderson… mi piace il football, mangiare il tacchino del 4 luglio e bere birra, ma mi piace anche cantare, andare a teatro e leggere Vogue, perché…perché sono gay.”
Ecco, l’avevo detto. Socchiusi gli occhi, attendendo i soliti commenti acidi, o le solite risatine strozzate. Attesi, ma non sentii nulla. Quando riaprii lentamente gli occhi, mi resi conto che non mi stavano fissando male, anzi. Mi stavano…sorridendo?
“Benvenuto, Blaine!” Fece Nick, porgendomi la mano.
“Colin, mi sa che hai trovato FINALMENTE un compagno di partite.” Commentò Ed indicandomi.
“Era l’ora!! Voi e quel cavolo di baseball!” Esclamò Colin dandomi una pacca sulla spalla. “Blaine, giusto? Per che squadra tifi?”
“Beh, di solito, per..”
“Se ti piace cantare allora dovresti entrare negli Warblers!” Mi interruppe Flint entusiasticamente.
“Gli…wa-cosa??”
“Gli warblers!! Il Glee club della nostra scuola. Siamo dei fenomeni, vedrai quando ci esibiremo per il festival dei fiori della scuola!”
“Ma che canto e canto – sbottò seccato Ed – voglio proprio vedere che cavolo ci inventeremo per passare il tempo, adesso che non abbiamo neanche più la xbox….grazie a QUALCUNO, senza fare nomi, facciamo i cognomi, SMEATH!”
“E piantala dai, par condicio amico!” Disse Nick facendo ‘ok’ con la mano.
“TE LO FACCIO VEDERE IO IL PAR CONDICIO!”
E fu così che ripresero ad azzuffarsi, con Flint e Colin che cercavano di staccarli.
E io…beh, io li guardavo. Non riuscivo a capire, onestamente, qualcosa non tornava. Non me l’ero immaginato, vero? Eppure mi pareva di averlo detto ad alta voce…
“Hem…ragazzi?” I quattro si fermarono di scatto per voltarsi verso di me.
“Credo…credo che… ci sia qualcosa che…ma avete capito che sono gay?”
Tutti rimasero per un istante a fissarmi. Poi scoppiarono a ridere. E tutto ciò a cui riuscii a pensare fu: ma che diavolo..?!?
“Sì, l’abbiamo sentito, Blaine.”
“E…quindi?” Incalzai io, indietreggiando istintivamente di un passo. Forza dell’abitudine, suppongo.
“Quindi cosa?” Domandò Ed, grattandosi goffamente il capo.
“Quindi niente.” Rispose risoluto Nick, sorridendomi.
“Sapete? Ho sempre voluto un amico gay. Quando Blaine avrà finito con me sarò uno schianto! Le ragazze non riusciranno a staccarmi gli occhi di dosso, vedrete!”
“Flint, mi dispiace dirtelo, ma non ci riusciresti nemmeno con l’aiuto del miglior stilista del mondo.”
“Blaine” tagliò corto Nick, venendomi incontro. E solo in quel momento cominciai a capire che, forse, era davvero finito il periodo dei pianti, delle fughe, dei lividi e degli ospedali, ma soprattutto, era finito il mio periodo di solitudine.
“E’ semplice. A noi non interessa. Qui tutti hanno una particolarità.”
Particolarità. Che bella parola. Nessuno aveva mai chiamato così il mio orientamento sessuale.
“E, fidati –concluse lui con un sorriso sghembo- la tua è meno strana di molte altre.”


 
***
Mi sono sempre domandata come fosse stato il primo giorno della Dalton per Blaine. Ecco quello che ne è derivato. Spero che vi sia piaciuta. Il prossimo capitolo sarà ancora pre-Kurt e parlerà, tra le tante cose, di come Blaine ha ottenuto il ruolo da solista negli Warblers. See ya!
   
 
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