Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Zomi    04/06/2011    10 recensioni
Il lampo squarciò la nottata e le nubi, che occultavano la luna piena e le sue sorelle stelle. Il suo ruggito assordante e improvviso, lo seguì dopo pochi attimi. Il vento soffiava con tutta la sua forza contro le assi di legno delle pareti della nave. I vetri delle finestre tremavano dall’intensità di quel soffio, e la pioggia graffiava ferocemente su di esse. La nave oscillava vittima della tempesta notturna, inerme contro la volontà di Madre Natura e della sua ira. La piccola Sunny però rimaneva a galla e, nonostante dovesse assecondare l’irruenza delle onde, riusciva a cavalcarle senza riportare danni, saldamente ancorata al sottosuolo marino...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ACHTUNG!! BEWARE!! ATENCIÓN!!
(prego leggere le avvertenze)
 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Ecco a voi la mia opera più lunga in assoluto. È stato un parto lungo un mese, in cui l’ho scritta, rivista, limata, perfezionata e sistemata ogni giorno per cercare di renderla, non dico perfetta perché è impossibile, ma almeno da ricordare. Vi è un po’ di tutto, ma sopra ogni cosa c’è Zonami e un accenno di Rurobin. Ho cercato di metterci un po’ di tutto per accontentare tutti quelli che la leggeranno e per scusarmi in anticipo della mia prossima assenza su EFP a causa degli esami di maturità (fate gli scongiuri per me, vi prego!!!!!). Spero di cuore che vi piaccia e di ricevere molti vostri commenti, anche negativi se non vi ha soddisfatto o se è troppo lunga e pallosa, perché mi aiuteranno a migliorare. Anticipo che è molto corposa come FF, ma non ho voluto dividerla in capitoli perché, personalmente, l’attesa mi uccide e non volevo che qualcuno, detentore della mia stessa debolezza, mi maledicesse per il ritardo della pubblicazione dei capitoli. Ok, mi sono dilungata anche troppo, vi lascio liberi ora. Buona, spero e vi auguro, lettura!!!!!
 
Zomi92
 
 
 

In una notte di lunga tempesta

 
 
Il lampo squarciò la nottata e le nubi, che occultavano la luna piena e le sue sorelle stelle. Il suo ruggito assordante e improvviso, lo seguì dopo pochi attimi. Il vento soffiava con tutta la sua forza contro le assi di legno delle pareti della nave. I vetri delle finestre tremavano dall’intensità di quel soffio, e la pioggia graffiava ferocemente su di esse. La nave oscillava vittima della tempesta notturna, inerme contro la volontà di Madre Natura e della sua ira. La piccola Sunny però rimaneva a galla e, nonostante dovesse assecondare l’irruenza delle onde, riusciva a cavalcarle senza riportare danni, saldamente ancorata al sottosuolo marino. Il giovane equipaggio che la viveva osservava disarmato l’uragano che si divertiva a sballottarli nel grande mare. La navigatrice di bordo aveva dovuto scegliere se affrontare quella infernale tempesta o di andarne incontro ad una ben peggiore che quasi certamente gli avrebbe spinti fuori rotta.
-O quella che incontreremo fra circa un’ora e quaranta minuti se viriamo di tre gradi e mezzo, d’intensità minore ma comunque forte, o una di potenza dieci volte maggiore che incroceremo tra due ore, se manteniamo la rotta…- aveva detto Nami, lasciando al suo capitano la scelta sul da farsi, ma sicura già della risposta che questi le avrebbe confermato.
Rufy si era grattato il capo pensieroso, e massaggiandosi il mento aveva risposto sicuro: -Nami mi fido di te… sei la miglior navigatrice che conosco e sono certo che la tua scelta ci terrà al sicuro dai pericoli…- e sorridendo le aveva dato carta bianca. La rossa era orgogliosa della fiducia che il capitano aveva in lei, e impiegava tutte le sue energie per non tradirlo e per non deludere anche tutto il resto della sua famiglia. Aveva quindi ordinato di legare saldamente ogni oggetto che vi era sul ponte, in modo che non fosse disperso in mare; ammainare le vele e portare sotto coperta tutto ciò che non fosse possibile assicurare con le corde; ancorare la Sunny con tutte le ancore che vi erano a bordo. Infine di riunirsi tutti in cucina per evitare di essere sorpresi dalla tempesta mentre si dormiva beatamente sul prato (frecciatina rivolta a chissà chi) o mentre si giocherellava come cretini, questa volta minacciano Rufy, Usop, Chopper e Brooke con un pugno pulsante. Dopo che tutto fu sistemato in preparazione dell’arrivo della tempesta, i Mugiwara si riunirono nell’ampia cucina in attesa che essa iniziasse.
-Quanto durerà il temporale, mia dolce Nami?- aveva domandato il biondo cuoco, facendo il baciamano alla navigatrice che scrutava il cielo pensierosa, attraverso un oblò della sala pranzo.
-Circa per tutto il resto del pomeriggio e della notte. In teoria, ma devo ancora verificare i miei calcoli, verso le nove di domani mattina il tempo dovrebbe ri-stabilizzarsi…- aveva risposto asciugandosi il dorso della mano dalla saliva del bacio del cuoco sui pantaloncini in jeans.
-E per tutto quel tempo noi dovremmo rimanere qui a morire di noia?!?  NOOOOOOOOOOO!!!!!- aveva urlato il capitano già disperato. Robin rise per quella reazione esagerata. Qualche ora di tranquillità con tutta la famiglia in fondo non aveva mai ucciso nessuno.
Nami comunque restava ferma a fissare il sereno. Qualcosa non tornava, qualcosa le era sfuggito. Poi un’illuminazione: i suoi mandarini. Con il vento che si sarebbe alzato per la tempesta, tutti i frutti si sarebbero staccati dai rami per finire poi in mare o maciullati al suolo. Si passò una mano tra i folti capelli e si guardò attorno in cerca di qualcuno per aiutarla a raccoglierli. Zoro? No, meglio di no. Di certo si sarebbe rifiutato e avrebbero iniziato a litigare per tutta la durata del temporale. Non voleva litigare quel giorno. Sinceramente era da un po’ di giorni che evitava qualsiasi forma di scontro con lo spadaccino, salvo casi di estrema gravità, come i suoi continui lamenti per il caldo o per i suoi vestiti troppo generosi con le scollature e spacchi. Franky? Troppo impegnato con Usop a discutere di come perfezionare la Sunny. Piegò leggermente lo sguardo per tutta la larghezza della cucina, fino a giungere ai fornelli. Sanji certo. Lui non si sarebbe di sicuro rifiutato, anzi lo avrebbe fatto senza problemi e senza il ricorrere a  tante moine. Sorrise e lo chiamò dolcemente, -Sanji… mi sono appena accorta che i miei adorati mandarini saranno vittima del uragano se non li raccogliamo, mi daresti una mano?-. e con aria sincera gli regalò un dolce sorriso, per indurlo totalmente nella sua trappola. Non serve dirlo che il povero cuoco ci cascò in pieno.
-Oh mia dolce sirena!!!! Ma certamente che ti aiuto a salvare i tuoi cari mikan, ci mancherebbe altro. Che Mr. Prince sarei se no?- e volteggiando come una trottola, tra cuoricini e nuvole di fumo a forma di mandarancio, seguì la cartografa verso il suo agrumeto. Per tutta la conversazione, un certo spadaccino, disteso su di un divano della sala, aveva fissato astioso Nami. Perchè lo aveva chiesto proprio a quel cretino di ciglia a ricciolo? Non c’era forse anche lui lì, a cui chiedere un aiuto? Un grugnito gli usci dalle labbra increspate per la rabbia all’uscita dei due.
-Qualcosa non va spadaccino?- aveva chiesto Robin notando il verso.
-No, tutto bene… a meraviglia- le aveva risposto voltandosi di lato e dandole la schiena. Affondò il viso in un cuscino e impreco in direzione della ramata. Che cavolo, lui era più forte di quella mozzarellina bionda, perché non lo aveva chiesto a lui? Era anche più alto e di sicuro avrebbe potuto aiutarla a prendere i frutti sui rami più alti senza tanti problemi. Un altro grugnito gli uscì rabbioso dalla gola. –Cieca di una mocciosa…-.
L’archeologa lì vicino rise composta per quell’insulto sommesso verso la sua sorellina. Veramente strano che Zoro si infuriasse tanto per quella semplice richiesta della navigatrice posta al cuoco invece che a lui, sua prediletta vittima e schiavo. Il suo sorriso si allargò ulteriormente. In effetti era da tempo che aveva notato una stana passione nel compagno verde nell’osservare con assiduità Nami durante i suoi allenamenti sul ponte, e nel sospirare profondamente dopo pochi attimi. Forse aveva capito. –Sai Zoro, credo che Nami eviti da un paio di giorno di litigare con te volutamente…-. Il commento aveva rapito l’attenzione del giovane, il quale si mosse leggermente dalla sua posizione pre pisolino. Corrugò la fronte per quel commento e rifletté. Se Robin aveva ragione, e quasi certamente l’aveva, allora lei non lo aveva chiamato per scansare la possibilità di discutere, perché, sicuro al granito, Zoro le avrebbe risposto male e lei lo avrebbe malmenato di gusto. Forse era così. Un sorriso si impadronii delle labbra del ragazzo. Non voleva litigare con lui. Si volse soprapensiero completamente verso l’archeologa di bordo notando solo poi il suo sorriso compiaciuto. Arrossì e indirizzò lo sguardo al soffitto. La mora rise a fior di labbra. Aveva visto giusto: tra la sua sorellina e lo scorbutico samurai c’era del tenero. Tornò a leggere il libro che teneva in grembo. Per lei non era certo una novità lo scoprire il sentimento di Nami verso il ragazzo, glielo aveva confessato lei stessa che era innamorata pazza di quell’orso con i vestiti.  In una notte insonne avevano chiacchierato del più e del meno, giungendo in fine ad argomenti più interessanti, proprio come quello.
Ripensando a quella nottata, Robin non si era accorta che il capitano le si era avvicinato, sedendosi per terra vicino alle sue gambe. La osservava sognante. Incapace di trattenersi, con dita leggere iniziò ad accarezzarle un polpaccio, per attirare la sua attenzione ma non quella degli altri presenti nella stanza. Questa rabbrividì un poco al contatto, per poi abbassare lo sguardo verso Rufy. I loro sguardi s’incrociarono, incatenati dal sentimento che li univa da Enies Lobby. La mora accarezzò dolcemente la guancia dell’amato, mentre un fremito freddo le scendeva lungo la colonna vertebrale.  Lo amava e sapeva di essere ricambiata da lui con lo stesso sentimento e livello di passione. Rufy le sorrise amorevolmente, facendole sussultare il cuore, e appoggiando la testa contro la sua gamba, per ricevere meglio le carezze della donna che gli faceva perdere quel poco di senno che aveva. La donna si rilassò, abbandonando di nuovo il volume che aveva tra le mani sul grembo e posando la testa sullo schienale della poltrona che occupava. Prima di chiudere gli occhi e lasciarsi liberamente andare, controllò i loro compagni. Zoro continuava a fissare il soffitto, alternando a sorrisi sommessi ghigni diabolici diretti molto probabilmente a Nami, ancora assente con Sanji nel suo agrumeto. Il piccolo Chopper studiava rapito un voluminoso libro di medicina, mentre Brooke, Usop e Franky cercavano di costruire un castello di carte con la punta alla base e le fondamenta invece svolazzanti nell’aria. Nessuno badava a loro. Accarezzò ancora il capo di Rufy, il quale rispose strusciando il viso contro l’arto della compagna. Ancora un brivido lungo la schiena. Involontario, un sorriso le si affiorò sulle labbra. Spalancò gli occhi quando invece sentì la bocca del ragazzo accarezzarle il ginocchio e spostarle l’orlo della gonna con la fronte. Un bacio. Quale gesto proibito e accattivante aveva creato quel pazzo. Un leggero gemito le si distaccò dalle sue labbra. Il ragazzo di gomma lo percepì e ripeté il gesto facendo tremare ancora di più l’archeologa. Questa chiuse gli occhi e si lasciò definitivamente andare al leggero tocco offertole. Con la memoria ritornò a due sere prima, quando si trovava in biblioteca, a riporre dei libri acquistati nell’ultima isola da cui erano ripartiti. Era di spalle e non si era accorta dell’entrata nella stanza del capitano fino a quando questi non aveva chiuso rumorosamente la porta. –Scusa…- aveva detto con un largo sorriso d’allegria, nel vedere l’aria allarmata di Robin. Le si era avvicinato e prendendola per la vita le aveva chiesto, sussurrando all’orecchio, se voleva che le desse una mano a sistemare i volumi. Questa aveva annuito e presto tutti i libri erano stati riposti negli scaffali della libraria. –Grazie capitano…il tuo aiuto mi è stato molt…- le parole le si erano seccate in gole quando il moro l’aveva abbracciata a sé, baciandola ardentemente. Istintivamente aveva portato le sue braccia intorno al collo dell’amato, per aderire meglio al suo corpo. Rufy le circondava la vita con un braccio, mentre con la mano libera le sfiorava dolcemente la base della testa. Lasciva correre senza controllo le dita tra i corvini capelli, fino a sfiorare le spalle tese per il momento. Slacciò l’abbraccio alla vita per poter scendere ad accarezzarle il sedere curvilineo e sodo. Adorava sentirlo tra le sue mani, ma ancor di più adorava sentirla gemere di piacere per quei suoi tocchi mirati e calcolati al solo scopo di donarle piacere.  Con la lingua iniziò a stuzzicarle le labbra, fino ad ottenere il permesso di entrare nella sua bocca e ritrovare la gemella da cui era separata ormai da troppo tempo. Robin inarcò la schiena, quando il loro bacio si fece più intenso e fece scorrere i suoi esili dita lungo la colonna vertebrale del ragazzo. Schiuse leggermente gli occhi per poter vedere il viso dell’amante, contratto in una soave espressione di piacere. Richiuse veloce gli occhi per assaporare meglio la lotta interna delle loro lingue e si accostò con maggiore forza contro il torace di lui, facendo apparire altre due paia di mani per aumentare la pressione dell’abbraccio. Percepì chiaramente l’erezione del capitano e arrossì nel pensare che era dovuta a lei. Il giovane le alzò una gamba, facendola aderire alla sua vita per poi poterla appoggiare con tutto il suo dolce peso sul tavolo da studio della biblioteca. I loro respiri si fecero più affannosi e alternati da gemiti di piacere. –Rufy…- ansimò la donna sentendo le mani di lui scivolare sulla sua gonna per sfilargliela. Questa cadde a terra delicatamente sul pavimento, lasciando libero spazio ai movimenti di Cappello di Paglia, che si abbassò ai piedi della mora e, levatale i sandali, cominciò a baciarglieli per poi risalire sensualmente per tutta la linea delle gambe. Intervallava ai baci leggeri, segni prodotti con la lingua, eccitando la donna, che spalancava gli occhi per il desiderio. Arrivato alla coscia si mise eretto davanti a lei per poterla vedere in tutto il suo splendore: i lunghi capelli neri erano sparpagliati per il tavolo e la sua bocca socchiusa lasciava trapelare qualche esile suono di gioia. Gli occhi dolcemente aperti in parte, nascondevano le zaffiri  pupille che esprimevano tutto il desiderio per il compagno. Rufy sorrise compiaciuto e si aprì la patta dei pantaloni. Si abbassò di nuovo sul suo corpo e baciò dolcemente il piatto ventre, mentre Robin gli accarezzava la schiena segnata dalle cicatrici, dopo che una mano apparsa dal legno del tavolo lo aveva denudato dalla camicia. Arrivato sul pizzo delle mutandine, il ragazzo di gomma, lo lecco leggermente per poi abbassarlo tirandolo con i denti. Il contatto su quel luogo così delicato delle sue labbra, provocò un’ondata di piacere in Robin che trattenne a stento i gemiti di soddisfazione. Le mani aggiuntive che le erano servite per abbracciarlo con maggior forza, scomparirono in una pioggia di petali rosa, mentre le sinapsi perdevano il completo controllo sul corpo. Rufy baciò delicatamente il pube della donna, scendendo sempre più lentamente e con lussuria verso la sua intimità. Giunto a quel tesoro lontano, lo baciò con desiderio per poi stuzzicarlo ancora con l’ausilio della lingua. La sentì gemere ormai alla soglia della resistenza. Risalì verso il suo viso e le lasciò un bacio a fior di labbra sussurrandole accattivante –Ti amo Robin…-. Lei rispose gemendo e spingendo il suo bacino contro quello del capitano. Rufy le accarezzò una guancia e poi entrò in lei. Le mani intrecciate tra loro, i respiri fusi in un unico soffio di vita, il sudore mischiato in un unico fiume di desiderio, gli occhi azzurri imprigionati in quelli profondi e neri. Le spinte si alternavano veloci a lente, delicate a violente, energiche a sfinite. Rufy produsse un gemito strozzato e si liberò in lei, mentre anche Robin raggiungeva l’apice del piacere in quegli ultimi momenti del loro amore. Animava ancora quando lui uscì. Chiuse gli occhi per riprendere il controllo su di sé, per tornare la calme e moderata Robin di sempre, ma gli riaprì di scatto quando riconobbe la bocca di lui sulla sua femminilità. La baciava delicatamente, in un lento e sconvolgente movimento verso l’inizio dell’inguine, dove iniziò a succhiare avido la liscia e chiara pelle. Ancora gemiti, ancora sussurri strozzati d’amore, ancora desiderio di lui. Rufy libero dalla presa la giovane e si rivestì. Ella rimase inerme qualche attimo sul tavolo per godere ulteriormente delle sensazioni del succhiotto in quel luogo segreto. –Rufy…- lo chiamo con filo di voce-…ti amo, mio capitano-. Questi le si avvicinò e, aiutandola a rivestirsi, la baciò nuovamente. –Robin, ti amo anch’io, e quando diverrò il re dei pirati tu ne sarai la regina. Ma per ora ti dovrai accontentare di essere solamente la mia di regina: del mio corpo, della mia mente, della mia anima, del mio essere…-, e detto ciò era uscito dalla piccola biblioteca, lasciandola arrossire innamorata. Avrebbero voluto vivere il loro amore alla luce del sole, ma sapevano che sarebbe stato troppo rischioso. Non per l’equilibrio della ciurma ma per il pericolo che la marina scoprisse il loro sentimento e lo usasse per costringerli a una resa o in una trappola. Sospirò Robin, riemergendo dal dolce ricordo e donando un’altra carezza al suo re. Un giorno forse sarebbe stato tutto diverso. –Yohohhoo…. Mia dolce Robin, di che colore hai le mutandine oggi?- chiese improvvisamente Brooke, spuntando da dietro lo schienale della poltrona e facendo sussultare la mora. Questa gli sorrise e, incrociando le braccia al torace, produsse un braccio dalla spalla dello scheletro che gli schiaffeggiò l’ossuto viso. Rufy rise e, alzandosi da terra, raggiunse l’amico dolorante, per iniziare uno strano ballo improvvisato. Che pazzi!
Robin riprese il suo trascurato libro e ritornò a leggere la pagina segnata. Il cielo, intanto fuori iniziava ad oscurarsi per il raggrupparsi delle nuvole.
–Nami io ho finito… forse ora è meglio rientrare…- urlò Sanji con le braccia stracolme di mandarini, dal lato opposto dell’agrumeto in cui era la rossa. Nami fissava atona il cielo. La tempesta si avvicinava sempre più velocemente, proprio come secondo le sue aspettative. Quell’uragano sarebbe stato la prova finale per le sue abilità: se avesse vinto anche questa volta contro Madre Natura, allora i suoi sforzi sostenuti nei due anni di separazione non sarebbero stati vani, se invece fosse stata sconfitta allora sarebbe stato il chiaro segno che lei non aveva le capacità necessarie per proseguire il viaggio con la sua famiglia, per tenerla sempre al sicuro. Inspirò profondamente. Aveva controllato mille e più mille volte i suoi calcoli ed era certa delle sue previsioni. Non aveva mai sbagliato, perché farlo proprio ora?
-Nami? Tutto bene mia cara?- la richiamò gamba nera. Gli sorrise. –Tutto ok Sanji, tranquillo…- e posando gli ultimi frutti sul mucchio retto dal cuoco (si perchè gli stava supportando proprio tutti lui), gli aveva dato le spalle per dirigersi verso la cucina.
-Sai Nami, io approvo…-. La frase la bloccò di colpo. Si girò verso l’amico e lo ritrovò con sguardo basso e cupo. –Approvi cosa Sanji?- gli chiese, non avendo la minima idea a cui si stesse riferendo. –Approvo quello che provi per Zoro…-. Un lampo preannunciò l’inizio della tempesta e nascose il rumoroso deglutire della rossa. Lui sapeva, lo sapeva. Se n’era reso conto fissandola in quelle lunghe giornate di sole. I suoi sguardi di ricerca del verde, i sorrisi nascosti mentre lui era di spalle, il seguire il suo passaggio quando le camminava davanti… piccoli dettagli che lo avevano fatto giungere alla verità. Lei lo amava, lo amava già da prima del loro primo incontro al Baratie, e quel sentimento era sempre più evidente da quando si erano ricongiunti dopo i due anni di allenamento. Nami rimase spiazzata dal commento dell’amico.
-Sanji…io…-
-Non devi dirmi niente mia dea del mare, ci tenevo solo a dirtelo, tutto qui. So quanto tu sia dolce e protettiva nei confronti di tutti noi, e molto probabilmente terrai questo tuo sentimento al buio per sempre per paura di rompere l’equilibrio delle nostra famiglia o per un rifiuto da parte di quelle testa di verza o per paura di spezzarmi il cuore… ma non devi. Io sono felice che tu abbia trovato qualcuno da amare, qualcuno di serio e che non corra dietro ad ogni donna come faccio io…- rise amaramente –Sono felice che tu ami nonostante ciò che ti è successo, e non temere se quel bastardo verde ti farà soffrire: lo punirò. Mr. Prince ci sarà sempre per te!!!-. Nami era sull’orlo delle lacrime, ma trovò comunque la forza di non piangere e di correre verso il compagno e abbracciarlo teneramente.
-Grazie Sanji… ti voglio bene lo sai, e sarai sempre il mio amico più caro… spero che la mia pazzia non ti faccia soffrire- e gli baciò delicatamente una guancia. Questi gli sorrise e arrossì vistosamente. -Non ti preoccupare mia sirena, Mr. Prince non morirà certo per questo e ci sarà sempre per te, te l’ho detto…-. La navigatrice rise per quel suo tono da vendicatore mascherato contro tutti i Romeo della terra. Il suo riso si mischiò al vento e ben presto alle prime goccie di pioggia. –Forse ora è veramente il caso di rientrare…- disse ridendo ancora.
Nel frattempo in cucina era nata una piccola gara di danze ridicole, che provocavano i crampi allo stomaco per il ridere agli osservatori Zoro, Chopper e Robin. Franky, in accoppiata con Usopo, cercavano di imitare malamente due passionali ballerini di tango, mentre Rufy e Brooke si esibivano in piroette spacca calcagni a ritmi preparati lì per lì. Chopper, seduto al tavolo da pranzo, si reggeva la pancia per il ridere, mentre Zoro respirava a fatica disteso sul divano. La composta archeologa invece sorrideva a modo. I 4 si fermarono per riprendere fiato e riposarsi per le pazzie appena compiute.
–AHAHAHAHAH… bravissimi…-applaudiva il piccolo dottore. Lo spadaccino invece ritornò a fissar il soffitto, mentre le ultime risate gli morivano sulle labbra. Ci stavano mettendo parecchio Nami e Sanji con quei mandarini. Incurvò le ciglia mentre la sua gelosa mente immaginava baci spassionati tra i due nascosti tra gli alberi da frutto. Il fruscio di pagine girate lo fece voltare. Robin aveva ripreso a leggere. –Che leggi Robin?- chiese incuriosito e per depistare i suoi pensieri. La mora alzò la copertina del volume senza aprire bocca: “Le donne più cattive dei nostri tempi”.
Il samurai sghignazzò, -Di certo ci sarà un capitolo intero dedicato a Nami…-.
-Non dovresti offenderla…- corse in protezione della ramata la piccola renna -…Nami non è cattiva, e solo un po’ troppo… nervosa-.
-E poi in questo libro sono riportate solo regine o donne comunque veramente cattive e  spietate dei nostri tempi, nulla a che vedere con la nostra navigatrice e il suo approccio con voi scalmanati…- era intervenuta Robin, sempre con il viso coperto dal testo.
-Bha, allora Nami sarà introdotta nella ristampa del libro, vuoi proprio che non la mettano insieme a quelle isteriche lì?- ghignò il verde divertito. Un maturo mandarino si spiaccicò contro il suo volto, lanciato a un velocità, non rilevabile nemmeno con l’autovelox, dalla porta.  Nami era sulla soglia e guardava con occhi rosso sangue la sua vittima. –Come hai detto stupido buzzurro? Io cattiva? Siete voi che mi fate saltare i nervi… e comunque sappi che per questo tuo commento non toccherai nemmeno un mio mandarino per tutta la durata della tempesta- e lanciata quest’ultima manaccia si diresse veloce verso il suo studio, lasciando un adorante Sanji stracolmo di mikan nella stanza e uno sbiancato Zoro che pregava di non venir linciato al momento, mentre il resto dei presenti rideva silenziosamente per quella sua figuraccia di merda. Il samurai si ripulì, inveendo contro la ragazza. –La mia era solo una battuta…- brontolava ringhiante.
-Come osi, tu, ammasso incolto di muschio provare solo a definire “cattiva” la mia dolce e delicata sirena? Pagherai per questo affronto…- si era lanciato a gamba tratta il cuoco contro lo stomaco del ancora disteso avventore. –Ehi, una zuffa… SIIIIIIII!!!!!!- aveva urlato il capitano lanciandosi sprizzante nella mischia, seguito a ruota da un ululante Franky e uno stranamente coraggioso Usop. Chopper sospirando si era invece diretto verso il suo studio a recuperare il kit del pronto soccorso, mentre Robin e Brooke commentavano la lotta.
-Basta idioti… sotto ci sono io… toglietevi…- urlava Zoro.
-Basta dai ragazzi, devo preparare la cena o altrimenti le mie due dee dovranno digiunare…- si era rialzato dal polverone Sanji, accendendosi una sua sigaretta.
-Le tue dee? E noi allora?- aveva mugugnato Usop sistemandosi le bretelle.
-VOI POTETE PURE MORIRE DI FAME, POZZI SENZA FONDO CHE NON SIETE ALTRO…-.
La cena era stata servita in orario. La tavola imbandita poteva competere con quelle delle migliori cucine reali. I piatti stracolmi riempivano la stanza con aromi deliziosi, la visione delle pietanze faceva nascere l’acquolina in bocca a tutti e brontolare lo stomaco, perfino a Brooke, che commemtò:
-Yohohohohoho… mi festeggiano le interiora a veder tutto questo ben di Dio. Ma che dico? Io lo stomaco non ce l’ho… e nemmeno gli occhi per vedere… YOHOHOHOHOHOHO!!!!-. No comment.
Nami si era ricongiunta al resto della ciurma e aspirava, golosa, i profumi della cena. –Oh SAnji… hai superato te stesso stasera...- si complimentò di cuore. Il biondo, gongolante, si lisciò il pizzetto, -Mia cara… ho cucinato il tutto pensando amorevolmente a te e alla bella Robin… è merito di questi pensieri se è tutto così delizioso…-.
-Ma per favore…- aveva ringhiato geloso Zoro, -Figurati se non ci metteva qualcosa di melenso in una delle sue stupide frasi…- commentava sotto via con Franky, che rideva divertito.
-Sei solamente geloso perché tu non riusciresti mai a dire qualcosa di tanto gentile a una ragazza, Roronoa…- gli aveva chiuso la bocca Nami, stufa ormai della sua promessa di non litigare con lo spadaccino. A che serviva se lui continuava a irritarla in quel modo? Fan culo pure i buoni propositi per conquistarlo. Se doveva tenere la bocca chiusa per averlo, tanto valeva cucirsela con il filo spinato. L’interessato stava per ribattere, quando il cuoco avvisò che era tutto pronto in tavola. Come un’ondata di mare, i componenti maschi della ciurma si tuffarono sulla tavola allestita nella sala adiacente, mentre le due ragazze si sedevano comodamente a tavola, servita dal biondo gentiluomo. Una volta finito di mangiare, ognuno si era sistemato nella sala con l’acquario: chi con un libro, chi con martello e pezzi di legno per creare qualche diavoleria, chi a parlare. Zoro si affacciò al salone, e con gli occhi cercò Nami. Era distesa su di una poltrona. La schiena appoggiata ad un lato di essa, con una mano sorreggeva un libro e con l’altra accarezzava la testa scoperta di Chopper, già sul procinto di addormentarsi. Per lui posto vicino a lei non ve ne era. Sospirò e si diresse verso la porta per uscire.
–Dove credi di andare?- domando con la voce ironica la rossa. –A raccogliere i fiori sul prato… dove credi che vada mocciosa? Ad allenarmi no?-.
Lei lo guardò con aria sorpresa, -Stai scherzando spero?-. Che era diventata scema tutto d’un colpo? Lo sapeva benissimo che dopo cena lui andava sempre ad allenarsi.
-No che non scherzo…-
-Ma hai presente che fuori c’è un uragano è che un’ondata di vento ti butterebbe in mare senza problemi?- domanda più che logica. Se lo ricordava?
-Ah già… me ne ero dimenticato…-. Un enorme gocciolona di disperazione apparve dietro tutti i Mugiwara. –Idiota- commentò la rossa tornando ad accarezzare lo sbadigliante Chopper.
-Zucca verde marina…- mormorò il buon cuoco asciugando gli ultimi piatti. In effetti il rumore del vento e della pioggia era stato attutito per tutto il tempo dagli schiamazzi della cena, e solo ora con il silenzio si riusciva a percepire il rombare dei tuoni e l’ululare del temporale. Zoro si diede dell’idiota. Come aveva potuto dimenticarsi della tempesta?
Grugnì, infilandosi le mani nelle tasche dei neri pantaloni. E ora? I suoi pesi erano nella palestra e lui non aveva niente da fare. Tornò verso i divani, al centro della stanza, e cercò uno spazio vuoto e silenzioso per meditare. Si appoggiò a una parete. Con lo sguardo atono osservò serio ogni centimetro della stanza: Robin leggeva tranquilla, nascosta nella sua poltrona preferita voltata di tre quarti verso una parete, in modo che di lei si potessero veder solo qualche ciuffo di capelli; Usop e Brooke giocavano a carte ad un tavolo; il cuoco fumava perso nei suoi pensieri su di uno stipite della porta della cucina; Chopper praticamente era partito per la tangenziale Sunny-Morfeo mentre Nami, oh bhè, Nami lo accarezzava dolcemente. Aveva richiuso il libro che stava leggendo, appoggiandolo sul tappeto della stanza, e ora coccolava la renna. Con le sue esili dita da ladra, percorreva avanti e indietro la piccola testolina pelosa, scoperta dal grande cappello rosso che caratterizzava il dottore, riposto con cura su di un bracciolo del sofà che occupavano. Lo guardava con occhi socchiusi, un leggero sorriso sognante sul viso. Lo spadaccino la studiava rapito. Seguiva incantato la linea immaginaria che la ragazza tracciava sul capo del compagno-bambino, immaginandosi al suo posto.
-Occhio che riami stregato se continui a fissarla, fratello…- lo aveva risvegliato Franky alle sue spalle. Il giovane aveva leggermente spostato gli occhi sul carpentiere per poi ritornare sulla navigatrice. Non aveva proferito verbo. –Sembra quasi una mamma che coccola nel sonno suo figlio… romantica come immagine, no?- continuava il cyborg, scolandosi una damigiana di Cola. Ancora nessuna risposta dal taciturno verde. Il compagno sbuffò. Possibile che niente riuscisse a muoverlo? Gli diede una pacca sulle spalle facendolo tentennare un po’ per il peso. –Fratello, parlale, o morirai con il rimorso di non averlo fatto…- gli aveva sussurrato prima di avvicinarsi al cuoco. Zoro seguì con gli occhi l’amico che si allontanava. Era praticamente un robot, con tutti quei gadget che si era aggiunto durante i due anni di separazione, e di lui non si riusciva nemmeno più a comprendere dove finisse l’acciaio e iniziasse la pelle. Ma a volte si dimostrava più mano di tutti loro, con quelle sue frasi semplici ma eloquenti, che colpivano dirette allo stomaco. Sorrise di sghembo e finalmente si avviò vicino alla rossa.
Sì, lo ammetteva, era innamorato di lei. Non riusciva più a resistere alla presa allo stomaco, piacevole e massacrante, che lo attanagliava nei pochi attimi in cui poteva guardarla senza pericolo. Stessa morsa che diventava dolorosa e dannata nei rari momenti di assenza della giovane. Aveva impiegato due anni a decifrare e attribuire un nome a quella orrida sensazione che provava da qualche mese, prima dell’arrivo all’arcipelago Saboudy, verso la sua compagna. Amore. Aveva tremato di paura sull’isola di Mihawk, quando si era scontrato con la dura verità, dopo un intenso sogno che la vedeva ridere felice, mentre si rincontravano e, abbracciata, sentiva scomparire la solitudine di quei mesi. –Per chi combatti giovane spadaccino?- gli aveva chiesto nuovamente Occhi di Falco, dopo l’ennesima sconfitta. –Per me soltanto…- continuava a ripetergli, testardo più che mai. Ma la verità era un’altra. Non combatteva per lui solamente, ma anche per lei. Lei che sola riusciva a farlo sorridere come un cretino per un suo sguardo; lei che sola lo aveva aiutato ad attenuare il dolore per Kuina, riempiendo quel vuoto lasciato con la sua presenza; lei che sola gli faceva bollire il sangue nelle vene per il piacere di averla accanto; lei che sola lo tormentava anche nel sonno con frasi e carezze delicate, che mai nella realtà si sarebbero concretizzate; lei che sola lo faceva tremare di piacere e sudare, nelle notti d’inverno, introfulandosi maliziosa nei suoi sogni e svegliandolo voglioso e eccitato. Lei sola: Nami. Aveva riflettuto a lungo su quella sensazione ed era giunto alla conclusione che doveva rimanere incatenata sul fondo del suo spirito. Mai avrebbe dovuto liberare quel demone. Troppo pericoloso per la ciurma, troppo doloroso un suo rifiuto, troppo letale una sua possibile nuova perdita. Ma una volta ricongiunta la famiglia, gli obblighi morali si erano dissolti come neve al sole, lasciando libero quello spirito di calore che ora lo spingeva a starle più vicino che mai e a difenderla con tutte le sue forze.
Con un tonfo si sedette sul tappeto davanti dal divano dove era distesa, posando la schiena ad esso. Nami lo guardò silenziosa. Fissava il capo del ragazzo e si chiedeva con quale forza riuscisse a trattenersi dall’accarezzarlo, dal baciargli il collo taurino. Arrossì al pensiero. Erano rari i momenti come quello, in cui erano così vicini e non litigavano. Assaporò avara il suo profumo: ruhm invecchiato misto sudore. Si era chiesta mille volte che profumo avesse l’amore, e aveva trovato risposta quando si era resa conto di amarlo: l’amore sapeva di Zoro. Sorrise compiaciuta all’idea di poter finalmente delineare una parte di quello strano sentimento che provava per quel buzzurro, tornando poi ad accarezzare la testa di Chopper nel ricordarsi quanto fosse irrealizzabile. Avrebbe pagato miliardi di berry pur di poter accarezzare a quel modo lo spadaccino. -…non devi…-, le parole di Sanji l’ammonirono. Gli aveva detto di non rinunciare a quel sogno, e lei di certo non si arrendeva così facilmente.
-Vuoi che mi sposti, per sederti qui?- chiese garbata al verde. Quello scosse semplicemente la testa, abbandonandola al cuscino del divano. Sembrava fissasse il vuoto del soffitto, ma in realtà, guardava con la coda dell’occhio la mano della cartografa ferma sul capo peloso della renna. Un moto di gelosa gli rivoltò lo stomaco. Avrebbe dovuto esserci lui lì, a riposare sulle curve del petto di Nami e non il suo peluche. Storse il naso. Perfetto, ora era anche geloso di quel bambino di Chopper. Magnifico. Chiuse gli occhi cercando di sbollire la rabbia. Un leggero tocco glieli fece riaprire. La punta delle dita di una piccola mano di Nami gli sfiorava il collo. Deglutì a fatica. –Guarda…- sussurrò lei, indicandogli con un moto del mento la poltrona dov’era Robin. Zoro volse il capo in quella direzione e sorrise nel veder il suo capitano tenere in braccio l’archeologa, nascosti dallo schienale. Si regalavano leggeri baci, credendo di non essere visti da nessuno. –Sono molto carini, no?- mormorò la rossa. Zoro sentiva ancora le sue dita sul collo. –Molto…- disse sottovoce. La dipendenza del capitano e dell’archeologa non era un segreto all’interno della ciurma, ma i compagni avevano rispettato la scelta dei due amanti nel tenere nascosta la loro relazione. Un giorno si sarebbero dichiarati a tutti loro, senza più paura e terrore. Un giorno. Bastava saper aspettare. Zoro sospirò. Avrebbe voluto anche lui poter baciare così teneramente Nami. Piano tornò a fissare il cielo di legno che lo dominava. La mano di Nami ancora sulla sua gola. Il cuore gli batteva all’impazzata. Non resistette e piegò ancora di poco il capo, fino a sfiorare con le labbra le malandrine dita. La sentì fremere per il contatto, ma rimase comunque fermo lì, a prolungarlo indefesso. Un paradiso, mentre fuori l’uragano si scatenava. Lo spadaccino schioccò la lingua e piano la fece passare sull’epidermide sapor di mandarino. Nami avvicinò di più le dita al viso del giovane e, con le dita libere dalle carezze di lui, gli sfiorò il mento in segno di assenso per quello che stava facendo. Nessuno badava a loro. Il samurai approfittava del nascondiglio offertogli dal basso tavolino che si trovava tra i divani, e dai libri posti sopra di esso. La rossa godeva nel sentire quelle strane attenzioni da parte di Zoro, e non se ne chiedeva il perché. “Sto sognando…” si convinceva.
-Yhwahaha…- lo sbadiglio di Chopper li fece dividere fulminei. –Grazie Nami, ho dormito proprio bene… whaha…- si stiracchiò la renna. Zoro lo malediva mentalmente con termini a lui stesso sconosciuti. Se non si fosse svegliato, molto probabilmente, entro mattina avrebbe trovato anche il coraggio di rubare un bacio a Nami. –Figurati Chopper…- aveva invece sorriso lei. Le dispiaceva interrompere quella leggiadra tortura, ma sarebbe stato doloroso illudersi per niente. Forse Zoro si stava solo divertendo alle sue spalle. Non vi era altra interpretazione per quel suo gesto, “Nessun altra” pensava. Piano entrambi si alzarono dal divano e si avvicinarono al tavolo dove ormai la maggior parte della ciurma stava giocando. Zoro rimase ancora 5 minuti seduto per terra, godendo della vista della sinuosa camminata della navigatrice e della visione a 180° gradi del suo fondoschiena. Una mano apparsa dal nulla, lo punì mollandogli uno scappellotto. –Non si fa, Zoro…- lo ammonì Robin passandogli davanti e raggiungendo gli altri, seguita da Cappello di Paglia. Lo spadaccino si auto nominò idiota dell’anno quella sera, per essersi fatto beccare così facilmente.
-Che dite di restare svegli stanotte? Giocheremo e mangeremo i mandrini di Namitutta la notte…- aveva proposto Rufy, saltando sul tavolo e sparpagliando per tutto il pavimento, le carte da gioco.
-Un pigiama party? SIIII… e da una vita che sogno di poter vedere le mie dee nei loro sexy pigiamini corti e generosi cogli occhi…- sbavava di già Sanji, immaginandosi le ragazze in striminzite camicie da notte e giarrettiere in pizzo,  intonate con il completo intimo. Un fragoroso pugno lo appiattì al suolo. –Ok per il rimanere svegli assieme e sul divorare i miei poveri mandarini, ma un irremovibile NO al pigiama party immaginato da Sanji…- aveva scelto per tutti Nami, facendo schioccare le nocche delle mani pronta per punire nuovamente il sanguinante cuoco. In breve tempo si ritrovarono tutti seduti sul morbido tappeto della sala, libero dal tavolino spostato insieme ai divani e alle poltrone per fare più spazio.
-A che giochiamo, allora?-
-Non saprei Chopper… voi che proponete?- chiese il cecchino.
-Alla Franky Family, quando rimanevamo svegli fino a notte fonda, giocavamo a un gioco abbastanza divertente: si prendeva una bottiglia vuota e a turno la si faceva girare. Una persona poneva una domanda qualsiasi e faceva ruotare la bottiglia, chi veniva indicato da essa quando si fermava, rispondeva al quesito seguita poi dalla persona alla sua sinistra, fino a tornare a lei. Poi questa girava a sua volta la bottiglia e poneva un’altra domanda e così fino a esaurimento neuroni… penitenze per chi non rispondeva scelte dal gruppo… che dite?-
-Interessante…- aveva commentato Robin, lisciandosi la gonna sulle ginocchia piegate per limitarne la vista sulle sue gambe all’occhio lungo del cuoco.
-Ok, allora giochiamo… ma prima dobbiamo svuotare una bottiglia…- sorrise furba la Gatta Ladra.
-Zoro… ti va una gara di bevute prima di iniziare a giocare al gioco di Franky?-
Lo spadaccino era disteso su di un divano lontano dal gruppo. Aprì pigramente un occhio. –Una sfida con una sola bottiglia? Non mi spreco per così poco…-. Ed era tornato a pisolare.
-Come vuoi, fifone… e comunque sei un associale. Siamo tutti qui sul pavimento, e tu te ne stai lì in disparte a farti i cavoli tuoi…- gli aveva risposto, tirandogli una linguaccia.
-Fifone io?- si era alzato di scatto, colpito sull’orgoglio il verde.
-Dimostralo che non lo sei, e accetta la mia sfida… cambiamo un po’ le regole: il primo che finisce la sua metà di liquore vince. Ci stai, Fifone?- lo punzecchiò ancora la rossa.
-Ok, mocciosa, ma sappi che ho polmoni grandi e riesco a bere anche in apnea…-.
-Se non lo hai mai notato, anch’io ho dei bei “polmoni”…- ridacchiò divertita, togliendosi la camicia a scacchi verdi e arancione, che portava sopra l’aderente canotta color ocra, per riprasi dal freddo provocato dal temporale, mettendo così in mostra le sue rotondità. Seguiti dai compagni, entrarono in cucina dove Sanji aveva gia aperto una bottiglia di ruhm e versato il contenuto in ugual numero di bicchieri, disposti ai due lati del tavolo. Brooke e Usop si misero dietro la schiena di Zoro, pronti per il tifo, mentre Robin, stolidamente femminile, alle spalle di Nami. Il resto dei presenti un po’ sparsi per la stanza, un po’ seduti sui mobili. –Pronta mocciosa?- aveva chiesto ghignando Zoro.
-Io… sempre…e comunque se vinco partecipi anche tu al gioco del boss- e alla prima boccata di fumo presa dal cuoco, come fischio d’iniziò, iniziarono a bere. I primi bicchieri cominciarono a tintinnare sul tavolo, svuotati e abbandonati per la fretta nell’aria, per poi ricadere sul piano. Gli sfidanti usavano entrambe le mani per portare i bicchieri stracolmi di liquore alla bocca. Zoro era avanti di un paio di bicchieri su Nami, e non mollava il ritmo per la goduria di vincere almeno una volta contro di lei. La sua penitenza l’avrebbe decisa in seguito. La rossa svuotò un’altra tazza, un po’ del contenuto però le colò leggermente da un labbro. Lo spadaccino segui con occhio attento il percorso della goccia ambrata. Questa colava lenta verso il mento per poi seguire la linea del volto e discendere lungo il collo della giovane, alzato per deglutire altre sue sorelle più sfortunate che non poterono seguire quella sensuale via. Zoro rincorreva con l’occhio quella lacrima d’alcol, cercando di continuare a bere e di mantenere il suo vantaggio. Ma quando questa scivolò veloce nella scolatura della maglietta di Nami, il liquido, che cercava d’inghiottire, gli andò di traverso, facendolo quasi soffocare. I compagni che gli erano alle spalle lo accorsero con pacche sulla schiena per farlo riprendere.
-Dai Zoro… non mollare ora… ti manca solo un bicchiere…dai…- lo incoraggiava Usop, mentre Brooke rideva a crepa pelle (si fa per dire perché lui la pelle non ce l’ha). Zoro tossiva forte, mentre la sua mente imprecava contro quella stramaledetta goccia che lo aveva fatto distrarre. Cazzo, proprio lì doveva infilarsi con tuta la pelle a disposizione che c’era? Era stato troppo facile per la sua fantasia andare in tilt e immaginare quali altri luoghi avrebbe percorso quella dannata. I suoi tondi e sodi seni, il delicato torace, il suo piatto ventre…
-Ho vinto…- urlò Nami, battendo con forza l’ultimo bicchiere sul tavolo. Zoro smise di tossire immediatamente e riaprì gli occhi, chiusi per lo sforzo nel cercare di respirare nonostante l’alcol nei polmoni. Guardò esterrefatto i suoi bicchieri e trovò l’unico di ancora pieno. Merda, per uno!!!
La ragazza rideva contenta, mentre veniva abbracciata dalla sorellona che sorrideva sorniona verso l’accigliato spadaccino, infastidito per la sconfitta. Aveva perso l’occasione di sfottere e sfruttare Nami per chissà quanto tempo e quali attività a sua scelta.
Si alzò rabbioso dalla sedia, e veloce si spostò nel salone con l’acquario pronto per partecipare al gioco del boss. Si sarebbe rifatto con qualche domanda mirata e diabolica.
Ancora con il sorriso sulle labbra, Nami e Robin raggiunsero gli altri sedendosi. Disposti a cerchio erano pronti per iniziare a divertirsi. –Una precisazione però prima di iniziare- puntualizzò Usop appoggiando sulla schiena la bottiglia vuota, -Sanji, a te è permessa una sola ed unica domanda indecente… non una di più, altrimenti finiremmo a parlare di argomenti sconci davanti all’innocente Chopper..- e mentre parlava Brooke copriva le orecchie al dottore. Meglio preservare almeno la sua di purezza…
-Cosa?!? NO!! Per una volta che ho la possibilità di scoprire l’amoroso passato delle mie crostatine, non accetto limiti di domande…no, no, no, no…- e con forza scuoteva la testa in segno negativo.
Usop però era irremovibile. –No, pervertito di un cuoco, una e una soltanto… perciò usala bene…-.
-Non mi faccio mettere i piedi in testa da te, nasuto conta balle… non fermerai mai la curiosità di Mr. Prince…- e alzatosi in piedi, prese per le bretelle della salopette il cecchino,alzandolo a sua volta dal tappeto e  fulminandolo con sguardo di fuoco. Questi, per nulla impaurito, con una mossa si liberò dalla presa e iniziò a correre per tutta la stanza. –Tanto non mi prendi… Marameo, principessina bionda…- lo provocava, tirandogli la lingua. –Come ti permetti, naso a tappa buchi? Se ti prendo ti riduco in purè…-. Si alzarono dal tappeto pure Rufy e Brooke, rincorrendo a loro volta il cecchino e il cuoco. Nami li guardava, ridendo divertita dalla scena, con affianco un allegro Zoro. Robin e Franky intanto si scambiavano strane occhiate d’intesa. Entrambi avevano capito che a quei due serviva una spintarella. Ma come intervenire contro i loro smisurati orgogli? La navigatrice si asciugò una lacrima dal viso per il troppo ridere e controllò l’ora: le 11.27. Tese l’orecchio e aspettò di percepire ciò che secondo le sue previsione sarebbe dovuto accadere da lì a 3 minuti. –Manca poco…- bisbigliò tra sé. –Come…?- chiese lo spadaccino. Un boato fece tremare le pareti della stanza, insieme a tutte le assi che componevano la Sunny. D’istinto Zoro trasse a sé la rossa per proteggerla, mentre i loro compagni si fermarono di colpo, presi alla sprovvista dall’improvviso schianto. La luce che illuminava la stanza tremò, per poi spegnersi del tutto. –Tranquilli… era tutto calcolato… questo che avete sentito era il “Ruggito della Tempesta”, un evento che si verifica durante uragani di questa intensità. Se avessimo deciso di affrontare l’altro temporale, ne avremmo sentiti parecchi. Solitamente si verificano quando il ciclone giunge al suo apice, per poi scemare lentamente…- spiegò la navigatrice nell’ombra. Si liberò a malincuore dalla presa della sua guardia del corpo, calmandolo prima con una leggera carezza sul viso approfittando delle tenebre. Non voleva che approfittasse di lei come prima sul divano. –Franky che dici di rimediare all’illuminazione…- propose il dottore.
-Si fratellino… Fratello Usop vieni con me fino in laboratorio a controllare i fusibili?-, l’interessato rispose con una pacca sulla spalla al boss seguendolo nello studio lì adiacente. Zoro si guardava assorto le mani. Poteva ancora percepire la delicatezza della sua pelle, il calore del suo corpo sul torace, la morbidezza e il profumo dei suoi capelli.  Si sentiva incompleto ora, sebbene lei fosse ancora lì vicino a lui. Perché poi si era allontanata? Erano al buio e nessuno dei loro compagni li avrebbe potuti vedere. Aveva forse mal interpretato l’approvazione della ragazza riguardo le sue attenzioni di poc’anzi? Sospirò per l’ennesima volta della serata. Si consolò al ricordo della sua carezza. Una conferma che aveva gradito il suo gesto di protezione almeno. Sorrise con il suo solito muovere la bocca in modo sghembo. Nami intravide la sua espressione e inarcò involontariamente anche le sue labbra. Vederlo felice era un balsamo per il suo essere. D’istinto avvicinò la mano alla sua, e quando la trovò sentì le muscolose falangi del verde stringere le sue dita. Ok, per lei potevano anche lasciare spente le luci per tutta la notte. L’oscurità era dalla sua parte e anche un solo lumicino sarebbe stato certamente contro-producente per accorgersi del suo rossore e rovinare quell’attimo. Ricordò la sensuale carezza ricevuta poche ore prima sul divano dallo stesso ragazzo che ora le stringeva la mano, e di nuovo la sensazione di falsa illusione le tormentò la mente. L’orgoglio le imponeva il divieto di rischiare, il cuore quello di ferirlo ancora, l’anima invece le consigliava di buttarsi a braccia aperte su di lui. Purtroppo era sola contro altre due nature. Ma continuava comunque a urlare che quella sua azione doveva avere una base di amore per lei. Se non di amore, almeno di affetto. La luce tornò improvvisa come se ne era andata, e Nami lasciò la presa. Meglio non rischiare.
-Fatto gente… allora giochiamo si o no?- chiese stiracchiandosi il cecchino. –Ok, giochiamo… ma io una sola domanda osè non la pongo…anzi, visto che ci siamo spegniamo pure le luci… era così romantico stringere la mia Robin al buio…- disse Sanji, dondolando sui tacchi. –Veramente stavi stringendo me…- lo corresse Rugy, infilandosi un dito sul naso. Al cuoco gli si gelò il sangue nelle vene. –Decidi Sanji: o luci spente o più domande a raiting rosso. Che preferisci?- mise alle strette Brooke. Il cuoco era diviso tra due pesi: il romanticismo o la lussuria, amore o sesso, amore platonico o carnale… -LUCI SPENTE!!!- urlò sull’orlo di uno sdoppiamento della personalità. –Perfetto…- disse Nami, che raggiunse veloce l’interruttore del lampadario per spegnerlo e recuperare un paio di candele per potersi comunque veder in faccia.
-Che il gioco inizi…- alzò in aria il pugno Franky.
Il carpentiere diede un vigoroso colpo alla bottiglia che iniziò a ruotare velocemente. –Vediamo, dunque… l’isola che vorresti rivisitare?-. Il roteare si attenuò fino a bloccarsi davanti alla bella Robin. Questa sorrise e rispose semplicemente: -Water 7-.
Un rapido scambio di occhiate con Rufy, -A me piacerebbe rivisitarle tutte le isole incontrate fin ora…-.
-Yohohohho… Skypea…-.
-A me invece piacerebbe tanto tornare ad Alabastra da Bibi…- sospira Chopper.
-Anche a me non dispiacerebbe tornare ad Alabrastra… ho dei bei ricordi di quel luogo…- sorrise maliziosa Nami.
-Idem…- ghignò Zoro, ricordando la sua interessante esperienza da facchino.
-Io tornerei subito a Coco dalla bella Nojiko… chissà quanto le manco…- sognava il cuoco.
-Watre 7 anch’io…- affermò il cecchino, - Anch’io…- lo appoggiò il cyborg.
Robin fece ruotare elegantemente la bottiglia: -La frase più interessante che avete mai sentito o letto….-. Tipica domanda filosofica.
-“Barcollo ma non mollo… di bere”, lo disse una volta il mio maestro di spada- sghignazzò lo spadaccino.
-“Hai più culo che anima”, lo ripeteva sempre Zef al fortunato somelie del Baratie-.
-“Gli amici sono come le perle, nasconda un granello di sabbia e con il tempo diventano un tesoro”, l’ho letta in non so quale libro…- corrugò la fronte Usop.
-“La famiglia è l’unico dono di cui nessuno mai ti può derubare”, Tom-.
-“La felicità è trovata, inventata, creata, voluta ovunque”, un poeta di un isola lontana- disse l’archeologa.
-“Amare non è mai un errore”, mio fratello Ace-.
-“Vi sono peccati il cui fascino è maggiore nel ricordo che nella realtà in cui si compiono, singolari vittorie delle quali l’orgoglio si compiace più della stessa passione”, Oscar Wilde…Yohoho!!!-.
-“Il silenzio è la voce dell’amore”, una poesia che ripeteva spesso il dottor Hillk-.
-“La vita non è piena di sfighe ma di sfide”, Genzo-.
Un attimo di silenzio, in ricordo del momento in cui si è ascoltato per la prima volta, a volte anche l’ultima, quella frase così importante per ognuno di loro. Un movimento rapido e la bottiglia ricomincia a roteare, -Il liquore che ti piace di più?- pronunciò roco Zoro.
Dopo svariate domande, risate e penitenze per chi si era rifiutato di rispondere, giunse il turno di Sanji di porre una domanda. -Mmmh…- iniziò a riflettere intensamente-Visto che ormai Chopper è partito per il mondo dei sogni…-, in effetti, il piccolo dottore non aveva retto a lungo prima di riaddormentarsi sulle gambe della navigatrice, -…ho deciso di sfruttare la mia unica domanda piccante: la vostra prima volta!- e con un tocco di pollici fece ruotare la bottiglia. Questa si fermò maligna davanti a Zoro. Il ghigno che produsse non preannunciava niente di buono. Sperava in una domanda di quel tipo dalla parte del cuoco, per poter veder in imbarazzo la navigatrice. Era incuriosito dal suo passato e quella era l’occasione perfetta per dissetare la sua sete di sapere.
-La mia prima volta è stata in un piccolo villaggio lungo la costa di un’isoletta. Lo liberai da una banda di piratuncoli da quattro berry, e il primo cittadino per ringraziarmi mi offrì una nottata in un bordello… a ripensarci, in quella notte non vi fu solo la mia prima volta ma anche la seconda e la…-.
-Si, si, si… abbiamo capito morimo! Per me è stato al Baratie con una bellissima cameriera formosa e molto generosa… ricordo ancora il suo nome: Jasmine! Una fata…-.
-Io? Bhè… in un orgia non ben definita durante una delle mie tante avventure…si, ok lo ammetto, mai fatto prima…- sospirò sconsolato il nasuto.
-Ti rifarai fratello, devi pur sempre tornare da Kaya un giorno, no? Io, comunque, con Kiwi, durante una sbronza pazzesca…o con sua sorella? O con entrambe? Boh, non ricordo con esattezza…-.
-Con uno studioso di storia incontrato in un sito archeologico nell’East Blue… molto affascinante e gentile… un colpo di fulmine, come si sul dire…- arrossì leggermente Robin.
-Water 7…- affermò Rufy lasciando tutti a bocca aperte, tranne la mora che gli era accanto. Anche lei era presente se non sbagliava.
-Yohoho… con una bella suonatrice di clarinetto incontrata in un saloon ormai 50 anni fa…-.
Ed ora il turno di Nami. Lo spadaccino già pregustava il momento, immaginandosela imbarazzata o comunque a disagio.
-Io preferisco la penitenza…- sbalordì tutti rispondendo così. –CHE?!?!?- esclamarono il cuoco e il verde all’unisono.
-No, non puoi… ora rispondi come tutti, e che cavolo…-aveva sbraitato Zoro.
-Ho detto che preferisco la penitenza, qualche problema?- chiese accigliandosi lei.
-Suvvia mio dolce bigné… rispondi alla domanda…- la pregava Sanji.
La ramata incrociò le braccia al petto, -Non intendo rispondere… e ora decidete la penitenza…-.
-Perfetto… allora la decido io per tutti se non vi dispiace…- lanciò l’idea, il diabolico Zoro. Nessuno si rifiutò. Troppa la curiosità sul sapere la prima volta della navigatrice. –Ottimo. Mocciosa la tua penitenza sarà… rispondere alla domanda!-. tipica bastardata alla Rorornoa. Nami lo fulmino con lo sguardo, -Ho detto di no, stupido spadaccino-.
-Se sei ancora vergine non c’è nessun imbarazzo, lo ha ammesso pure Usop. Che problemi ti fai? Non è certo colpa tua se per il tuo carattere acido non hai ancora trovato qualcuno che ti sopporti anche solo per portarti a letto…- iniziava ad andare sul pesante, ma nessuno aveva intenzione di fermarlo. La curiosità gli aveva resi insensibili alle offese del compagno.
La rossa si alzò di scatto andando verso la cucina. Con un tonfo la testa di Chopper cadde sul tappeto per l’assenza degli arti della ragazza. Non si svegliò.
-Che fai scappi mocciosa?- la infastidiva.
-Dai Nami rispondi…- iniziò pure Usop.
-Rispondi navigatore…- pure Robin? Gli effetti del desiderio di sapere erano davvero impensabili.
La ragazza tornò dalla cucina con un bicchiere stracolmo di un liquido rossastro: alcol. Le serviva. Volevano sapere la sua prima volta. Ebbene sia. Prese un profondo respiro e si appoggiò allo stipite della porta. –Stavo scappando con il mio bottino, ottenuto da una casa che avevo appena derubato e i cui proprietari, due marinai grandi come armadi, mi avevano beccato. Ero giovane, appena 15 anni, e morivo di fame, la loro abitazione mi era sembrato un colpo facile ma non avevo calcolato tutti i rischi. Loro erano tornati prima dal lavoro e mi avevano beccata. M’introfulai in un vicolo per fuggirgli, riemergendo poco dopo in una via secondaria che portava all’ostello che mi faceva da casa in quell’isola. Stavo per immettermi nella via quando andai a sbattere contro un uomo. Finì per terra con le gambe all’aria. Il sacco con la refurtiva gli era finito proprio ai suoi piedi. L’avevo guardato con il panico nella testa. “E ora?” mi ero chiesta. L’uomo aveva preso in mano il mio sacco e lo stava esaminando attentamente. Un veloce sguardo a me e poi iniziò a parlare con un orrido ghigno che metteva in mostra tutti i suoi denti marci: ”Di certo questa non è roba tua, altrimenti non staresti scappando così disperatamente. E dalla tua età e fisionomia posso dedurre che tu sia la giovane Gatta Ladra, rapinatrice ricercata da noi uomini della marina”, che fortuna eh? Un marine… continuava a guardarmi con occhi da maniaco. “Ti propongo un accordo: io ti lascio andare se tu mi fai divertire un po’…”-. Le tremava la voce. Il ricordo le dava ancora il voltastomaco. Svuotò il bicchiere in un sorso, per trovare la forza di continuare. I suoi compagni erano zitti. L’unico rumore, l’incessante ululato del vento misto al picchiettare senza fine della pioggia. -Ho accettato. Non potevo certamente finire in prigione, dovevo liberare la mia isola. Ricordo che quando finì mi lasciò inerme tra la spazzatura del vicolo. Rimasi lì un poco, non so bene quanto. Poi ripresi il mio bottino e tornai all’ostello, dove mi lavai con acqua bollente per tutta la notte pur di lavar via quella raccapricciante sensazione. Il mattino dopo m’imbarcai nella prima nave che lasciava l’isola…-. Rise amaramente, voltando le spalle ai compagni. –Da quel giorno ho capito l’effetto che avevo e ho sugli uomini…Ironico, no?-. Riportò il bicchiere in cucina, dove lo poso nel lavabo. Uno sbadiglio tagliò il pesante silenzio. –Nami? Perché ti sei spostata?- chiese con la voce impastata dal sonno Chopper, svegliatosi improvvisamente.
-Niente, tranquillo… avevo sete…- e con un sorriso tornò al suo posto vicino a Zoro, riprendendo tra le sue gambe la renna. Lo spadaccino deglutì rumorosamente. Un mostro, ecco come si sentiva ora. Ma che gli era saltato in testa? Avrebbe dovuto saperlo che di certo il passato di Nami non era stato rosa e fiori, anzi. Con mano tremante prese la bottiglia e continuò il gioco. -… il tuo colore preferito…- una domanda come tante, per riprendere fiato e per tagliare la tensione createsi. Una domanda per ritrovare il coraggio di guardarla in faccia.
Continuò ad insultarsi per tutto il resto del gioco. Come si era permesso di farsi gli affari della giovane? Idiota, si chiamò nuovamente. Idiota. Con sguardo sbieco, ogni tanto, guardava di sfuggita la compagna cercando di leggerle sul viso i pensieri: odio? Rancore? Sete di vendetta? Decisione di non rivolgerli più la parola? Voglia di piangere? Non, niente di tutto ciò, perché Nami continuava a ridere divertita dal passatempo scelto. Quando incrociava poi lo sguardo indagatore dell’amico, inclinava la testa di lato regalandogli un sereno sorriso. Sapeva, in cuor suo, che prima o poi la sua famiglia sarebbe venuta a conoscenza di tutto il suo passato. Di tutte quelle azioni e scelte di cui si pentiva, ma che aveva dovuto prendere per sopravvivere e salvare la sua gente. Quella era solamente la prima e la meno imbarazzante. Ce ne erano altre di peggiori che sarebbero comunque venute a galla un giorno… Zoro si rodeva l’anima nel vederla sorridergli e nel non inveirgli contro o picchiarlo a sangue. Il verde si sentiva il pieno responsabile di quella personale e schifosa ammissione. Forse le aveva riaperto una ferita nel cuore, insistendo così pesantemente. Grugnì, rabbioso contro se stesso, e mantenne il suo sguardo fisso sulla trama del tappeto, senza più la forza d'animo di guardare davanti a sé. I suoi compagni, riluttanti dal intromettersi di nuovo nei precedenti della rossa, si sentivano anch’essi colpevoli di aver fatto risorgere un demone addormentato. Ben presto però Morfeo bussò alle porte di tutti loro, facendoli pian piano cadere nelle sue braccia soporifere e morbide. Nami era l’unica che gli avesse resistito, vogliosa di poter constatare la correttezza delle sue previsioni. Depositò piano Chopper su di un divano, affianco al cantante di bordo. Dormiva beatamente. Lo accarezzò per un ultima volta, prima di affacciarsi ad un oblò per scrutare le nubi nere che occultavano la luna. Erano ancora ben compatte tra loro, tenebrose e borbottanti, illuminate da lampi e tuoni, mentre ancora la pioggia cadeva divertita e instancabile. Un fulmine illuminò il ponte, il suo grido come sottofondo. La giovane sussultò appena, presa alla sprovvista. Si portò una mano all’altezza del cuore, e tese l’orecchio in cerca del risveglio di qualche suo compagno. Silenzio. Ritornò a guardare la tempesta, felice di essere riuscita fino a quel momento di averla anticipata in ogni sua sfaccettatura. Un leggero gemito dietro di lei la fece voltare. Il piccolo dottore si era girato nel sonno, forse disturbato dal rumore di un altro lampo. Gli si avvicinò e lo coprì con una coperta lì vicina. Era così tenero. Nami si chinò su di lui a studiarne il respiro leggero e tranquillo. Non si era mai espressa in lei la volontà di avere un figlio, però si sentiva molto materna verso quel suo indifeso e innocente compagno. Chissà, forse un giorno… sorrise alla pazza idea di avere un figlio, da Zoro magari. Impossibile, improbabile, inimmaginabile, ma così accattivante come pensiero. “Cretina…” si chiamò. Perché costruire tanti castelli sulle nuvole, quando era lampante come il sole che lo spadaccino non la considerava proprio? Perché procurarsi del male con le proprie mani? E le carezze di quella sera allora? Quei “baci”, la sua presa protettiva, la sua vigorosa stretta di mano… doveva forse considerarle come fortuiti mancamenti di buon senso da parte del verde? Non potevano invece essere utili per alimentare la sua speranza?
Troppe domande per la sua mente stanca. Si alzò dal tappeto in cui si era inginocchiata per stare vicino a Chopper e decise che avrebbe dormito nel grande divano del suo studio, dato che i luoghi per dormire nella sala erano completamente occupati dal resto della famiglia. Un ultimo sorriso al dottore accompagnato da un leggero tocco. –Buona notte…- sussurrò.
Stava per girarsi per avviarsi verso la sua stanza da lavoro, quando si ritrovò Zoro alle spalle. Sobbalzò per lo spavento. –Cretino…- bisbigliò rabbiosa per non svegliare glia latri. Questo si grattò la testa imbarazzato. –Scusa… ti ho visto guardare Chopper e credevo stesse male… cioè, da come lo guardavi sembrava quasi… tu lo guardavi come… bho, come… come …- non terminò la frase. Che doveva digli? Che gli era sembrato che lo trattasse come se fosse suo figlio?
S’infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e abbassò il capo, ancora incapace di reggere lo sguardo della rossa.
Nami lo superò, andando a spegnere i resti delle candele usate per illuminare la stanza durante il gioco. Le ripose in un cassetto lungo una parete della stanza. Raccolse qualche resto di mandarino rimasto sul pavimento, appoggiandolo sul basso tavolino della sala. –Perché ti sei svegliato? Non dormivi bene lì dov’eri?- disse sadica.
Che scherzava? Zoro si era ritrovato con i piedi del cuoco in bocca e l’inguine mutandato di Franky a livello occhi. Il cyborg aveva infatti occupato appositamente tutto il tappeto con la sua enorme massa, impedendo così la possibilità ad altri di dormire lì. Robin si era appropriata di un divano in compagnia di Rufy. Uno per lato. Brooke e Chopper ne occupavano un altro, mentre il cecchino si era rannicchiato nella poltrona semi voltata. Lo spadaccino aveva tentato di guadagnarsi un pezzettino di tappeto vicino al carpentiere, ma quel maledetto di un cuoco lo aveva preceduto. Testardo, si era comunque disteso tra il biondo e l’azzurro, addormentandosi di botto, onde evitare zuffe. Ma il suo intento era stato sabotato dagli altri due, che avevano scalciato e cambiato posizione apposta fino a quel momento, pur di far sloggiare il terzo incomodo. Tutti avevano agito con il chiaro e fermo obiettivo di non far dormire in quella sala Nami e lo spadaccino, sperando che decidessero di riposare assieme nello studio di lei, e che lì succedesse qualcosa.
-Credo che avrò gli incubi per settimane la notte, sognandomi le mutande blu di Franky…- ringhiò divertito il verde. La navigatrice rise appena, poi di nuovo il silenzio. Che fare? Proporgli di dormire assieme? Troppo sfacciato forse, ma…
-Nami, ti chiedo scusa per aver tanto insistito perché tu rispondessi alla domanda del cuoco… io non credevo… Scusa….-. Aveva deciso di chiederle scusa in quel momento proprio sfruttando la presenza, priva di conoscenza, degli altri. Era sempre così tra loro. Le scuse erano offerte e accettate solo in assenza dei compagni, per non far cadere la loro immagine da duri e orgogliosi quali erano. Ma il riavvicinamento e la riappacificazione segreta, erano una colonna portante del loro rapporto tanto quando i loro litigi. In mancanza di esse, tutto cadeva, nulla più restava al suo posto. L’animo si rivoltava nelle loro menti, il cuore pompava sangue gelato misto a scaglie di fuoco nelle vene, l’orgoglio veniva brutalmente massacrato di botte dalle altre componenti dell’Io dei due ragazzi… Il caos prendeva il sopravvento e il sistema andava in tilt, fino a quando le scuse non erano poste e i demoni dissolti. Anche in quel momento Zoro voleva a tutti i costi riacquietare il suo animo, zittendo la sua coscienza che lo martoriava a forza di ordinargli di chiedere scusa a Nami.  La rossa dal canto suo si mise a ridere a crepa pelle.
-Ma che sei scema?- aveva urlato lo spadaccino vedendo derise le sue scuse.
-No, no, no… scusa e che io… ah ah ah… scusami e che non credevo ti  sentissi in colpa per quella faccenda… con quella faccia pensavo volessi chiedermi di buttare il boss sul ponte sotto la pioggia per creare un po’ di posto e dormire.. se ti vedessi, ah ah ah, hai i capelli sconvolti e qualche buccia di mikan tra di loro… in più sull’occhio con la cicatrice si vede il segno dell’elastico delle mutande di Franky… Ah ah ah, mi viene il mal di pancia dalle risate…- e continuava a ridere, piegandosi in due e appoggiando una mano a terra per non perdere l’equilibrio. Il ragazzo spalancò gli occhi e iniziò a sfregarsi il volto e la zazzera verde per ricomporsi. –Idiota di una mocciosa, piantala di ridere o sveglierai qualcuno… e poi io parlavo sul serio: scusa Nami…-. La giovane si asciugò una lacrima che le stava rigando la guancia per le risate e si avvicinò al compagno. Si alzò sulle punte e gli baciò dolcemente una guancia. –Non ti devi preoccupare… è stato tutto tanto tempo fa… ormai non mi tocca più il pensiero di quel marine… e poi mica è colpa tua se Sanji ha fatto quella domanda e vi ha contagiato con la sua morbosa curiosità…-.
Zoro riusciva finalmente a guardarla in faccia senza che le budella gli si contorcessero. Allarme rientrato, emergenza finita. Sorrise con il ghigno sghembo preferito di Nami. –Ok allora… tutto a posto quindi? Bene… bhè buona notte…- e con un calcio cercò di smuovere le gambe di Sanji per crearsi un posticino tra lui e il divano dove dormivano il dottore e lo scheletro. –Ma che fai idiota? Lo sveglierai…. Dai vieni con me. Nel mio studio c’è un divano abbastanza grande per entrambi… se ci stringiamo ci staremo…- e preso per mano, lo condusse attraverso i corpi caldi degli amici, verso la cabina. Zoro arrossì violentemente al contatto improvviso con la pelle morbida e delicata della ragazza, ma si fece condurre senza molte protese. Nessuno dei due si accorse di un occhio azzurro semi aperto nella stanza e della sorridente proprietaria archeologa che li osservava. Arrivati sulla soglia della stanza però rimase fermo fuori nel corridoio. Nami era entrata tranquilla nell’alloggio, spostando qualche cartina ancora da concludere dal divano rosso addossato alla parete di fronte alla porta. La camera non era molto grande: una scrivania e due librerie l’arredavano insieme al divano. Da un oblò entrava un filo di luce lunare, scappato dall’oscurità delle nubi del cielo, mentre un ancora fitta pioggia disegnava sul vetro ragnatele d’acqua. Non sentendolo entrare, la cartografa si girò a guardarlo. Se ne stava lì, dritto e con lo sguardo perso per la stanza, sulla soglia della porta, in cerca di chissà che. Lo spadaccino studiava quel luogo off limit per quasi tutti i membri della ciurma tranne che per le ragazze. Un po’ come la loro stanza, prima dell’inizio della relazione tra Rufy e Robin. Spesso succedeva che incrociasse Nami sul ponte, di notte, mentre lui si allenava e lei andava a dormire in quella stanza per lasciare un po’ d’intimità e privacy tra i due amanti. Si incontravano e lei, maliziosa, sorrideva portandosi un dito a livello delle labbra in segno di silenzio.
-Bhè che fai? Non hai più sonno?- lo destò con la sua voce. Questi sorrise ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Con passo pesante si avvicinò al divano, dove Nami già si era sdraiata scalza e lasciando un po’ di spazio per il compagno, ma invece di distendersi accanto a lei, si sdraiò per terra, vicino alle gambe del sofà. Si portò le braccia dietro la testa, come cuscino, e chiuse gli occhi. –Ma che fai? Guarda che qui posto ce né!!-.
Sorrise beffardo, -Lo so ma sto bene qui…-. Non voleva che standole così vicino, perdesse il controllo e facesse qualcosa di cui poi la mattina dopo si sarebbe di certo pentito. Già riusciva a trattenersi a stento durante il giorno e con tutto l’impiego delle sue forze, in quel preciso istante poi,
di forze non ne aveva proprio più e di certo la stanchezza non lo avrebbe aiutato a fermare i suoi impulsi. Mugugnò un buna notte, e poi si concentrò per addormentarsi e cercare di non sognarla, onde evitare di saltarle a dosso in un raptus di sonnambulismo. Un leggero tocco gli solleticò l’orecchio. –Non stai scomodo lì per terra?- gli chiese. La navigatrice stava cercando di convincerlo a dormire lì vicino a lei, in quel caldo e morbido divano. Era determinata e pronta a tutto pur di poter, anche per una sola notte, dormirgli accanto. Voleva, bramava e pretendeva di sentire il suo torace alzarsi e abbassarsi nel sonno profondo accanto a lei, aspirare a pieni polmoni il suo profumo, osservare nella penombra della stanza il suo bel viso addormentato… gli sfiorò di nuovo il padiglione auricolare, scendendo poi verso la linea della mascella.
-Qui posto ce né quanto vuoi…- sussurrò con fare malandrino. Lo spadaccino non sapeva scegliere se rimanere lì a godersi le sue suppliche accompagnate da quel suo vellutato tocco, o assecondare la sua volontà e approfittare della notte per stringerla a se e dormire cullato dal suo profumo. La seconda opzione, gli creò un immensa produzione di ormoni, che lo spinsero ad alzarsi dal duro pavimento e sdraiarsi vicino alla compagna. “Vittoria!” esultò felice la rossa vedendolo capitolare alla sua richiesta, sfilarsi i neri stivali e ritrovandoselo a lato. Cambiarono di posizione un paio di volte, prima di trovarne una che consentisse a entrambi di poter dormire tranquillamente, senza provocare un imbarazzante risveglio da lì a poche ore, a causa della natura umana. Zoro era steso a pancia in su e con un braccio circondava la vita a Nami, sdraiata sul fianco destro e appoggiata allo schienale del divano. La ramata testa incastrata tra la spalla e il collo del compagno. Aveva disteso le braccia sul muscoloso torace del verde, e ora moriva dalla voglia di poterlo sfiorare con la punta delle dita. Dal canto suo, Zoro, non aspettava altro. Aveva sperato che stringendola per la vita a un suo lato e non completamente al torace, non si sarebbe eccitato troppo, evitando quindi il tipico alza bandiera mattutino. Purtroppo però, ora si ritrovava con il suo aroma preferito proprio sotto il naso; il sodo e abbondante seno della navigatrice, seppur coperto dalla, ahimé, striminzita canottiera, contro le sue costole e le spoglie braccia sul torace, a portata del suo bicipite libero. Con un pigro movimento bloccò il braccio sotto la sua testa, usandolo come cuscino. Eccoli, quindi, abbracciati e immersi nei loro rosei pensieri, come sperato dal resto della ciurma. Lentamente il sonno gli avrebbe fatto cadere le palpebre sugli occhi, se un fulmine non avesse squarciato il cielo, facendo sussultare Zoro che abbracciò con entrambe le braccia la navigatrice. –E solo un lampo… Tranquillo…- lo rassicurò questa, non liberandosi dalla presa però come aveva fatto in precedenza. Lo spadaccino annuì, e si rilassò nuovamente non riportando però nessun braccio sotto il capo. Nami se ne accorse e si strinse di più al suo fianco. –Zoro…- lo chiamo piano. –Mmm…?-.
-Volevo ringraziarti della tua protezione… è già la seconda volta stasera che cerchi di proteggermi da qualche pericolo imminente…- e così dicendo gli regalò un leggero bacio vicino alle labbra. Troppo vicino alle labbra. Il verde deglutì pesantemente e volto il viso veloce per poter appropriarsi della bocca che si stava allontanando. Restarono lì, uniti dal loro abbraccio e dalle loro bocche. Gli occhi spalancati che si studiavano a vicenda. Poi quelli della navigatrice si chiusero lentamente, in contemporanea al circondare delle sue mani sul collo del giovane. Una conferma di piacere. Quella che Zoro chiedeva per poter continuare a baciarla. Chiuse gli occhi anch’egli e approfondì il contatto leccando accattivante le labbra della compagna. Questa inarcò la schiena eccitata e socchiuse la bocca per permettere alla propria lingua di fare conoscenza con quella del samurai. Il bacio si fece più intenso e passionale, mentre i due si divoravano con movimenti rapidi ma calcolati delle lingue e delle labbra. Zoro abbassò un suo braccio dalla schiena verso le gambe della giovane e, con una leggera spinta, si portò sopra di lei. Nami si staccò dalle labbra per discendere con leggeri baci lungo il suo mento e proseguire poi sul pomo d’Adamo e il restante collo.
Un gemito di piacere scappò la controllo di lui, che increspò la bocca in un sorriso soddisfatto. Con le esili mani da ladra iniziò poi ad alzargli la maglietta bianca, per poi disegnare figure immaginarie sulla bronzea pelle.  Il ragazzo gemeva appagato e con le proprie mani accarezzava le lunghe gambe di lei e la schiena incurvata per il piacere datogliele dai suoi baci sul viso e tra i capelli. Ancora una carezza lungo la spina dorsale per poi avvicinarsi sempre più all’orlo della canotta. Piano l’alzò fin sopra l’ombelico per permettere il libero passaggio alla sua mano d’introfularsi sotto, e concedergli il lusso di sfiorare la chiara pelle della rossa. Con una leggera spinta, Nami fece alzare lo spadaccino, e con un ancor più agile gesto si sfilò la magia che cadde inerme al suolo. Il verde la imitò, togliendosi la maglia e lanciandola lontano, per poi rituffarsi tra le braccia e le labbra vogliose e in attesa di lui, della ragazza. Le accarezzò il piatto ventre, risalendo lungi una linea immaginaria che condusse le sue ruvide dita fino al bordo del reggiseno arancione chiaro. Al contatto con l’indumento si alzò dal corpo di lei, per poterlo osservare meglio. Un lampo accorse in suo aiuto illuminando la stanza attraverso l’oblò. Con dito leggero, Zoro, seguì il pizzo del capo, cercando di sfiorare insieme anche la pelle sottostante. La ragazza fremeva per quel contatto e inarcava la schiena invitandolo così a continuare. Con le mani lei gli accarezzava delicatamente la schiena, soffermandosi più volte sulle cicatrici lì riportate e ricucendole con il polpastrello. Il verde si sorreggeva con una mano sui cuscini dietro la schiena di lei e con gli occhi seguiva il percorso delle sue dita sul seno. Si asciugò con la lingua un leggero rivolo di bava che gli colava dalle labbra e con slancio ansioso, iniziò a baciare quelle curve tanto sognate. La giovane gli strinse con vigore il capo, cercando di render ancora più profondo quel gesto. Lui la baciava frenetico, mai sazio del sapore della sua pelle, desideroso di conoscere anche il resto del suo petto. Con mano eccitata, spogliò un seno dall’ingombrante vestiario che lo ricopriva, per poi assaporarlo con gioia. Lo succhiò appena, per poi sostituire le labbra con leggere carezze della lingua. Nami si contorceva per il piacere e piegava le dita dei piedi per la sensazione che gli trasmetteva. Circondò con le gambe la vita del samurai, appiattendo così i loro corpi tra loro. Veloce lui le sganciò il reggiseno, sfilandoglielo e guadagnandosi liberi accesso al suo torace. Con le mani le accarezzava la schiena, facendo scivolare tra i lunghi capelli rossi le sue callose dita, attutendo così il ruvido contatto. Leggeri gemiti riempivano l’aria della stanza, mentre i due corpi venivano illuminati da lampi  e fulmini della tempesta. La navigatrice fece scivolare una mano sulla cintura dello spadaccino, aprendogli i pantaloni e infilando la mano al loro interno. Con movimento impercettibile, raggiunge il rigonfiamento eccitato nei boxer e lo accarezzò attraverso il tessuto. Zoro interruppe la sua tortura al seno di lei, per godere di quel contatto. Piano tornò a baciarla sul viso, mentre con mano sicura le calava i pantaloncini corti in jeans. Sfiorò con leggerezza il pizzo delle mutandine coordinate indossate dalla navigatrice. Aprì gli occhi e vide la ragazza gemere e sorridere per quello che le stava facendo. Piano le sfilò anche quell’ultimo indumento, lasciandola poi nuda sotto di lui. Si alzò sulle braccia e la osservò estasiato: la pelle diafana rifletteva la luce della luna piena, ora libera dalle nubi ma ancora bagnata dalla pioggia; i capelli lunghi e fiammeggianti sparsi disordinati sul bracciolo dove il suo dolce capo era appoggiato; il corpo tremante eccitato, voglioso di essere vissuto da quell’uomo. Con la mano l’accarezzò per tutta la lunghezza del suo corpo, confrontandolo con le sue più recondite fantasie. Nessuna di loro le dava degna bellezza, nessuna di loro si avvicinava minimamente all’incantevole creatura che ansimava desiderosa di lui che osservava rapito. Nami cercò di riprendere il controllo e di fermare il suo cuore impazzito. Respirò a fondo e sfilò dal ragazzo i pantaloni già aperti. L’osservò rimanendo senz’aria nei polmoni. Il corpo muscoloso e perfetto di lui si ergeva granitico sopra il suo di lei, esile e delicato. Con la punta delle dita esplorò il torace segnato dalle cicatrici, soffermandosi su ognuna di loro e assaporandone il ricordo della loro nascita attraverso la carezza. Spostò la mano sempre più giù, fino a toccare l’elastico dei boxer. Lo stuzzicò tirandolo appena e constatando che l’eccitazione del samurai era aumentata da quando gliela aveva accarezzata poco prima. Con sguardo fisso sul bacino di lui, iniziò a levargli l’indumento, potendolo vedere finalmente in tutta la sua bellezza nuda. Il cuore le sussultò, perdendo un paio di battiti nell’ammirarlo senza veli. Arrossì e alzò il viso verso quello del compagno che era ancora intento ad osservare il suo corpo. Sorrise compiaciuta vedendolo completamente assorto nel studiarla. Con un’azione si portò sopra di lui e iniziò a baciargli ogni singola cicatrice e segno che tracciavano la sua vita sul suo corpo. Partendo da quella sull’occhio destro, scese sul torace, disegnando la ferita trasversale che lo caratterizzava, fino a giungere al suo bacino. Qui alzò leggermente il capo, per vedere se Zoro avesse gradito le sue attenzioni. Lo vide rilassato e gemente, soddisfatto come non mai. Piano abbassò lo sguardo e baciò dolcemente il membro del giovane. Lo sentì ansimare compiaciuto e continuò la sua tortura, arrivando in punta all’organo e leccandolo. Lo spadaccino credete di aver raggiunto le porte del paradiso quando sentì le labbra morbide della rossa su di lui e pregò perché tutto quello non  fosse un suo stupido e diabolico sogno. Il respiro gli si fece sempre più strozzato e ansimante. Rivoltò la situazione, deciso a far provare la stessa sensazione di piacere all’amante. La fece stendere sotto di sé e con caldi baci iniziò a segnarle tutto il corpo. Lei gemeva entusiasta, portandosi una mano al volto per spostare qualche ciocca di capelli cascategli sul volto per l’emozione. Il sudore le imperlava la pelle e il silenzio della stanza le faceva percepire in modo migliore i suoni di soddisfazione e puro piacere, suoi e del compagno. Zoro raggiunse la sua femminilità e iniziò a baciargliela goloso del scoprire quel nuovo sapore di lei. –Zoro…- la sentì trattenere in un grido di gioia il suo nome, quando entrò in lei con la sua lingua. Aspirò eccitato i suoi umori e aumentò l’intensità dei suoi baci. Si staccò da lei a malincuore, ma curioso di veder la sua espressione di goduria. Ritornò sul suo viso e appoggiò la fronte contro la sua. Entrambi erano sudati e fremevano dalla voglia di amare completamente l’altro. Non si erano ancora scambiati una parola, per la paura di scoprire che per il compagno era solo una notte di compagnia e non l’amore di una vita. Lo spadaccino le accarezzò il viso, ricevendo in cambio un sorriso sincero di felicità e un bacio di complicità. Si abbracciarono di nuovo, mentre entrambi scendevano con le loro mani verso l’intimità dell’amante, determinati a renderlo appagato e esaudire la reciproca voglia di appartenersi. La navigatrice iniziò ad accarezzare pesantemente l’erezione dello spadaccino, che stuzzicava con abili dita le labbra di lei. Un gemito strozzato della rossa lo fece fermare. Non voleva? Non le era piaciuto? Poi capì. Nami sfregò con intensità il suo bacino contro quello del compagno, mentre ancora le sue dita la accarezzavano da dentro, circondandolo poi con le gambe. Zoro ghignò, comprendendo il desiderio di lei.  Lo voleva. Pretendeva di averlo tutto per se. Non le importava che fosse solo una notte da una botta e via, per lei sarebbe stato la notte più bella della sua vita, la notte da ricordare fino alla fine dei giorni. La notte che la avrebbe aiutata a sopravvivere dopo il suo rifiuto. Sentì l’abbraccio di lui farsi più forte e lo sfilare delle sue dita da lei. Con una leggera spinta la penetrò, rimanendo immobile nel suo grembo in attesa che i loro corpi si abituassero alla presenza dell’altro. Una carezza tra i corti capelli verdi fu il segnale d’assenso di lei per farlo iniziare. Movimenti lenti prima, sempre più veloci poi. La stringeva forte a se, sperando di non farle male. Ma lei non si lamentò mai, stringendosi a sua volta contro il grande petto muscoloso, ansimando e gemendo. Alternava spinte veloci e delicate a più lente ma violente, colpi di bacino di lui a movimenti d’avvicinamento di reni dei lei. Le loro mani si cercavano assetate del sentirsi unite tra loro. I corpi erano ormai fusi in un unico essere, le anime in una sola creatura. Il loro sudore si mischiava in piccoli rivoli d’acqua che si adagiavano sul piatto ventre di lei. Erano due corpi così diversi eppure perfettamente combaciavano in quell’unica creatura: bianco e nero, delicato e rude, chiaro e scuro, angelo e demone, portatore di vita e di morte, pace e guerra, amore e odio… entrambi si vissero a pieno quella notte, entrambi riuscirono a comprendere che forma avesse la felicità sul Grande Blu, entrambi scoprirono di essere incompleti e inutili senza l’altro. Un ultimo tuono illuminò la stanza, mentre la pioggia rigava ancora la finestrella. Un ultima spinta e Zoro si svuotò in lei, raggiungendo un nuovo grado di soddisfazione e piacere ben superiore a quello che fino a quel momento aveva chiamato orgasmo. Nami ebbe la sensazione di toccare il paradiso, di sentirlo vivo in lei e di non essere mai stata così bene se non tra quelle braccia e in quel divano. Raggiunsero l’apice dell’Eros insieme e sempre insieme ridiscesero sulla terra, gemendo come pervasi da un demone di passione irrefrenabile. Ansimanti, in sussulto, ancora gementi per la passione cha avevano vissuto, si stringevano accaldati sui cuscini del sofà. La rossa lo abbracciò forte e gli passò amorevolmente la mano tra i capelli. Stringeva ancora nell’altra quella del compagno. Piano riprese a respirare normalmente, i battiti del cuore ad essere più regolari e calmi. Riprese lucidità e con grande forza d’animo fece la sua scelta. Prese un profondo respiro e decise di parlare:
-Zoro…- lo chiamò piano, la voce tremante e afona per l’intensità dell’atto d’amore, -Zoro, so che può sembrarti stupido ora, ma devo dirti una cosa…-.
Il verde rimase con il viso tra le rotondità della giovane, ma annuì lo stesso, sperando che il rigetto del suo amore non fosse così doloroso. –Sai perché vorrei tanto tornare ad Alabastra? Per poter di nuovo comprare quel delizioso vestito da danzatrice del ventre, con il quale abbiamo affrontato gli affiliati di Mr. Croccodile. Lo vorrei avere ancora perché morivo nel vederti osservarmi rapito. Mi sentivo sciogliere dentro nel constatare che non riuscivi a togliermi gli occhi di dosso, che per una volta non ti sono sembrata una mocciosa ma una donna a tutti gli effetti, una donna da considerare e magari…- deglutì a fatica -…amare. Tu non ti rendi nemmeno conto di quanto tu mi abbai fatto sentire bene stando con me questa sera. Mi hai reso la ragazza più felice del mondo, mi hai fatto sentire donna per la prima volta ringraziando il cielo di essere nata femmina e di aver incontrato te, l’unico in grado di farmi godere e morire di piacere in questo modo. Lo so, crederai che stia delirando, ma Zoro, amore mio, ti amo e farei di tutto per averti, anche per solo una notte come questa, per sentirti mio e …- lo spadaccino la baciò con ardore interrompendo la sua frase. Le circondò il viso con le mani e la strinse a se, cercando di trasmetterle tutta la sua felicità. –Nami…- ansimò alcuni attimi dopo, -... tu non sai nemmeno quanto mi rendi felice e eccitato dicendomi che mi ami. Mocciosa mia: ti amo, ti amo, ti amo… potrei ripetertelo all’infinito senza mai dubitare del sentimento che rovo per te-. Alla rossa vennero quasi le lacrime agli occhi per quelle parole. L’amava. Era ricambiata nel sentimento che le dava vita da quando l’aveva incontrato per la prima volta. Lo baciò con sentimento fiammante. Erano completi, finalmente avevano trovato il loro equilibrio nella loro esistenza. Si strinsero forte in quel divano, scambiandosi frasi d’amore che mai avrebbero sognato di avere il coraggio di pronunciare. Ben presto si addormentarono, abbracciati tra loro.
Il sole sorse pigro, infastidito dalla ancora persistente presenza della pioggia e delle loro madri nubi. Qualcuno si muoveva nel sonno nella grande sala con l’acquari della Sunny. Una sigaretta venne accesa e un fiammifero morì spento da un tacco scuro. –Mai più…- mormorò ancora assonnato il biondo cuoco -… dormirò per terra e vicino a Franky solo per fare un favore a quel cretino di testa d’alga. Per far finalmente cedere, poi, il suo orgoglio e farlo dichiarare alla mia adorata Nami… chissà che me preso…-.
Si stiracchiò seduto ancora sul grande tappeto e si guardò attorno. Robin leggeva tranquilla sul divano in cui aveva dormito quella notte, tenendo teneramente sulle sue ginocchia la teste dell’ancora dormiente capitano. Chopper abbracciava avido un osso della gamba di Brooke, mentre questo ogni tanto rideva nel sonno, -Yohoho… hoho…hoho…-. Il carpentiere dormiva profondamente in una sua tipica posa Super e il cecchino russava rumorosamente stravaccato sulla poltrona. Si alzò con qualche rumore d’ossa, Sanji, e si diresse verso la cucina. –Preparo la colazione mia dolce Robin… vorresti qualcosa in particolare questa mattina?-.
La mora sorrise e scosse la testa insegno negativo. –Car… NEEEE!!!!- quasi urlò nel sonno Rufy, rigirandosi nel divano e con una cascata di bava che scendeva fino al pavimento. –Imbecille…- bisbigliò il cuoco prima di mettersi ai fornelli. La pioggia si faceva sempre meno fitta e ormai i lampi erano assenti del tutto. I raggi del sole erano sempre più forti ed entravano irruenti attraverso le finestre e gli oblò della nave. Nello studio la luce si rifletteva sulle goccie di pioggia che segnavano il vetro dell’unica apertura. Una testa ramata si muoveva infastidita dalla luminosa intrusione. Nami alzò leggermente il capo dal petto dell’amante su cui dormiva, guardando fuori dall’oblò. La tempesta era passata e il sole stava riaggiudicandosi il suo ruolo di re nel azzurro-grigio cielo. Si mise eretta sopra la vita di Zoro e fissò il sereno. C’era riuscita. Aveva sconfitto la rabbia del mare ancora una volta. I suoi sforzi non erano stati vani. Sorrise vedendo che, come dai suoi calcoli, la pioggia cadeva lenta da qualche piccola nuvola e che, di sicuro da lì a poco, sarebbe scomparsa completamente. Volse lo sguardo all’orologio appeso al muro: 8.50. Un sorriso accattivante le si allargò sul volto. Aveva detto che avrebbe smesso di piovere verso le nove di mattina e così era successo. Si stiracchiò appena, per poi raccogliere una coperta da terra e coprire lei e il suo compagno, tornando a distendersi su di lui. Un braccio l’avvolse per la vita stringendola amorevolmente. –Buongiorno…- sussurrò appena lo spadaccino, accarezzandole con la punta delle dita la schiena e i capelli. –Buongiorno…- rispose lei tra un bacio e l’altro. Zoro la guardava estasiato, colmo d’amore per lei. Le accarezzò il viso, seguendo con occhio attento la scia di pelle d’oca che andava formandosi dopo il passaggio della sua mano. Ghignò all’effetto che provocava in lei. La navigatrice restava ferma al suo tocco, concentrata ad assimilare ogni sensazione che gli donava. –Sai…- disse piano il ragazzo-… ho un’innata voglia di assaggiarti…-. Lei sorrise maliziosa, capendo le sue intenzioni. – E che aspetti allora?-.
Con movimento agile, il verde si portò sopra di li e iniziò a baciarla sensualmente sul collo per poi scendere sempre più lussuriosamente verso il suo petto. Nami inarcava la schiena, già percorsa da scariche di desiderio. La coperta nascondeva i loro corpi in quella danza d’amore.
Chiuse gli occhi, certa che avrebbe provato emozioni totalmente diverse dalla sera precedente ma comunque appaganti e di piacere. Senti Zoro risalire lungo la linea del suo collo. –Zoro…-.
-Felice giornata o mia dea ramatAAAAHHHH!!!!  MORIMO DI MERDA CHE CAZZO LE STAI FACENDO? TOGLILE SUBITO LE TUE ORRIDE MANI DA MANIACO DI DOSSO… TI AMMAZZO PEZZO DI MERDA, ALZATI SUBITO DA LEI FIGLIO DI PUTT…- uno stivale nero arrivò dritto in faccia al cuoco che era entrato senza bussare. Questi indietreggiò di qualche passo per l’urto, cadendo poi a terra rovinosamente. Le assi di legno del pavimento rimbombarono muovendosi leggermente e spostando anche la porta che si chiuse con un tonfo. –Cuoco secca balle, spacca maroni…- ringhiò lo spadaccino con ancora il braccio teso per il lancio. Nami gli accarezzò il viso. –Forse è meglio andare a fare colazione…- gli mormorò sottovoce. Il samurai storse il naso, ma si stacco comunque da lei, anche se con espressione molto riluttante. Si rivestirono e uscirono dallo studio, dirigendosi poi verso la cucina. Prima di entrare, Zoro prese per mano Nami, avvicinandosela al volto e dandole un ultimo bacio. –Di sicuro quel demente avrà già informato tutti quanti per cui di intimità ne avremo gran poca… ti amo e so che anche tu ami me… volevo solo ribadirlo nel caso in cui stanotte mi sia sognato tutto…-.
-Amore mio, non ti preoccupare… riusciremo comunque a stare assieme… il mio studio infatti è solo MIO e non anche di Robin, per quanto riguarda gli altri, bhè, se la vì… sono la nostra famiglia e ci capiranno…- sorrise dolcemente la rossa accarezzandogli il viso ed entrando in cucina. Nella stanza vi era un buonissimo profumo di brioche appena sfornate, disposte a montagna su di un vassoio al centro della tavola. I loro compagni stavano mangiando composti, composti nel stile Mugiwara s’intende quindi tra spintoni, parole mezze sputate e furti di cibo. –Buon… chomp… giorno…- bofonchiò Rufy. Nami salutò tutti con la mano, la sua sorellina con un bacio sulla guancia. Zoro la seguì dopo pochi attimi, con un sorriso smagliante sul volto. –Dormito bene?- chiese ironica l’archeologa. –Meravigliosamente…-sogghignò lui, sedendosi vicino alla navigatrice invece che al suo solito posto di fronte a lei. Sanji, che fino a quel momento aveva servito la sua sirena ramata, s’inginocchiò in un angolo, piagnucolando parole sconnesse e mordendo con rabbia un fazzoletto tra le mascelle. Il verde sorrise maligno, e con una mano libera prese Nami per un fianco. –Mai dormito meglio…- ribadì. Sanji ebbe una ricaduta. La ragazza arrossì e iniziò a mangiare, mentre il resto della loro famiglia festeggiava con la colazione la notizia che il cuoco gli aveva dato prima del loro arrivo. In fondo ci speravano tutti che quei due si mettessero assieme, e poco importava che per arrivare a tale scopo fosse stata necessaria una tempesta lunga quasi 12 ore. Questo richiede l’amore…
   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Zomi