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Autore: Luce Lawliet    04/06/2011    13 recensioni
Il mio nome è Lyanne Stoinich e questa è la mia storia.
A sedici anni sono stata rinchiusa in un istituto, con altri pazienti, molto...speciali.
Già, perchè il Wammy's Hospital è un luogo molto particolare, decisamente non adatto a voi se non sapete sopportarne la tensione.
Il Wammy's Hospital è un Ospedale psichiatrico.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Mello, Misa Amane, Near, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                    3.

                                                                                  Una Torre, una fortezza.






Nella sottile bruma delle 11.45, la notte sembrava permeata dall'atmosfera e dai sussurri del vento, accompagnati dalla caligine che andava pian piano infittendosi lungo il giardino intorno all'istituto, concentrandosi per lo più nella zona del lago.

Il nostro girovagare serenamente per il Wammy's Hospital concludeva sempre alle 11.30, orario da non trasgredire, se non in caso di eventi straordinari. Ben presto iniziai ad accorgermi che quel luogo altro non fosse se non una sottospecie di prigione: chiudevano a chiave tutte le porte per non far uscire i pazienti. Seriamente!
Lo facevano gli infermieri notturni, a causa delle menti non troppo a posto, che dovevano essere tenute sotto controllo; le porte venivano riaperte alle 7.30 di mattina. Fino ad ora la mia non l'avevano mai chiusa a chiave, forse perchè non avevano ancora compreso di quali aiuti necessitassi. Non ero l'unica ad aver ricevuto quella formalità di gentilezza, Misa mi aveva spiegato più o meno come funzionavano le cose, tra i vari reparti.

Ciascuno di essi era diviso in due sezioni: la prima era quella in cui tenevano i soggetti meno violenti e pericolosi, usiamo pure la parola inoffensivi; in genere, finchè non cambiavano atteggiamento e non provavano a fare stupidaggini, tipo tentare la fuga ( come stavo per fare appunto io) o assumere atteggiamenti più nervosi e di conseguenza sospetti, venivano trattati come ragazzi normali.

L'altra sezione era occupata interamente da quelli che Misa chiamava i Perduti...o era i Perdenti? Bah, non mi ricordavo già più, comunque, erano i loro, tra i quali anche i casi gravi. Mi bloccai un momento a pensarci: Misa avrebbe mai osato dare a se stessa il nomignolo di Perdente, anche se quando me ne aveva parlato, aveva fatto riferimento al gruppo in generale?
Scossi la testa. No, sicuramente aveva detto Perduti.

Poggiai l'orecchio sul legno verniciato di bianco della porta, trattenendo il respiro per sentire se arrivava qualcuno: non avevo ancora avuto la possibilità di incontrare quell'infermiere di cui mi aveva parlato Misa, ma dal tono che aveva usato, ordinandomi di tenermi alla larga, doveva essere un tipo spaventoso. O forse...ricordai le sue parole.

...perchè se lo venissi a sapere, da me aspettati qualsiasi cosa.

O forse aveva cercato di dirmi fra le righe che si trattava di merce di sua proprietà.

Afferrai la maniglia fredda della porta e la abbassai con lentezza.

Non avevo un piano preciso: sospettavo sigillassero anche i portoni d'ingresso, ma questo non avrebbe costituito un problema per me...almeno, non se riuscivo a trovare ciò che mi serviva. E l'unico posto dove forse avrei potuto prendere quello che stavo cercando era lo studio del dottor Yagami ( ma quello doveva essere per forza chiuso a chiave, a meno che lo stesso dottore non si trattenesse lì dentro fino a notte fonda), ma anche la scrivania nella quale di solito sedeva Naomi, nella hall.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai lungo il corridoio in punta di piedi. Quasi tutte le luci erano spente.

Se mi facevo beccare da uno solo degli infermieri, per me era finita, sarei stata classificata automaticamente come una disturbata e a quel punto, come avrei fatto a tirarmene fuori?

Cercai di non pensarci. La hall era al piano terra, mi sarebbe bastato scendere la prima rampa di scale, in fondo al corridoio. Mi aggrappai al corrimano, mentre appoggiavo il piede al primo piolo, molto lentamente. Subito dopo mi diedi della stupida. I gradini non erano di legno, quindi era impossibile che rischiassi di farli scricchiolare. Scesi le scale come un fulmine, finchè non giunsi alla sala d'attesa.

Ecco, lì dominava il buio più totale.

Vagai alla cieca con le braccia, schiaffeggiando spesso per sbaglio le pareti, facendomi un male cane, oltretutto, e non avvertii la presenza della scrivania fin quando non ci finii addosso. Sbarrai gli occhi, preoccupata che il rumore avesse messo in allarme il personale, ma siccome le luci non si accesero e non udii voci o passi affrettati, trassi un respiro profondo. Quella mattina avevo visto Naomi prendere delle graffette da uno dei cassetti. Li aprii, senza far rumore, mettendomi a rovistare con le dita, lanciando ogni tanto delle occhiate alla porta dietro di me.

Dovevo fare in fretta, c'era un dettaglio che mi preoccupava più degli altri: le telecamere. Sapevo che ce n'era una nella hale e anche se era buio, probabilmente aveva gli infrarossi e sarebbe bastato pochissimo per accorgersi di me, a meno che gli incaricati non stessero facendo una pausa.
Invero, ci speravo.

Sul mio volto si dipinse un'espressione gioiosa, mentre le mie dita stringevano tre graffette. Senza curarmi di chiudere il cassetto, scattai nel corridoio principale e mi inginocchiai, mettendomi davanti alla serratura. La mia mano si strinse attorno ad un lucchetto; lo avevo immaginato. Mi misi subito all'opera, infilandomi nella tasca dei jeans una graffetta. Un'altra la inserii tra il lato fisso di una delle porte e lo stipite. L'ultima la piegai leggermente, per poi introdurla nella minuscola serratura del lucchetto.

<< Che stai facendo, qui al buio?>>.

Non riconobbi la voce, ma fu abbastanza allarmata da far perdere un battito al mio cuore. Mi voltai di scatto, consapevole di essere stata scoperta. Mentre mi sforzavo di mettere a fuoco la figura che si avvicinava a me con tranquillità, con le dita continuavo ad armeggiare, nel furioso tentativo di sbloccare quel dannato affare.

Tuttavia, l'ansia iniziò a scemare, non appena mi accorsi di una cosa, anzi, di due cose.

1) Perchè non aveva dato l'allarme?

2) Come mai era così tranquillo? E se fosse stato uno degli "inoffensivi"? Questo avrebbe spiegato il fatto che non mi avesse immediatamente afferrata per impedirmi di scappare.

Trassi un respiro di sollievo e gli feci segno di parlare a voce bassa.

<< Fai attenzione, potrebbero sentirci. Piuttosto, avvertimi se arriva qualcuno, per piacere>>, gli dissi, voltando nuovamente la testa verso il lucchetto.

Sentii i suoi passi avvicinarsi ulteriormente. << Stai cercando di fuggire, vero? Ti sei già stufata di questo Paradiso?>>, mi sussurrò, raggiungendomi.

<< Paradiso, lo chiami? A te piace qui?>>, gli domandai, incredula.

<< Per niente. Però molti hanno già provato a svignarsela da qui, senza risultati. I loro tentativi erano talmente stupidi da non sembrare neppure convincenti...>>, sbottò, appoggiandosi alla parete.

<< Perchè loro non erano me!>>, ribattei, soddisfatta, una volta sentito il clakt del lucchetto. Lo sentii trattenere il respiro. << Complimenti...! Me lo insegneresti?>>.

Tirai via il lucchetto. << Non ho tempo, devo andarmene. Vieni con me!>>, gli proposi. Tuttavia, non mi rispose.

Insistetti. << Su, coraggio! Mi hai appena detto che odi questo posto!>>, sussurrai, porgendogli una mano.

Lui si staccò dal muro e me la strinse, con scarsa convinzione. << Non ho detto che lo odio, Lyanne, ma che non mi piace>>.

Un attimo prima di aprire il portone, mi chiesi come facesse a conoscere il mio nome, ma prima di formulare il pensiero in parole, la sua presa attorno alla mia mano divenne improvvisamente più ferrea; lo sentii torcermi il polso e bloccarmi l'avambraccio dietro la schiena. Si mise dietro di me e all'altro braccio toccò la stessa sorte. Non l'aveva fatto con cattiveria; fu questo che mi trattenne dal lanciare un urlo.

<< Ma che fai?!?>>, esclamai, più sorpresa che spaventata.

Senza dire una parola, mi costrinse ad indietreggiare, allontanandomi dal portone. Non appena capii che si dirigeva verso le scale, l'agitazione prese il sopravvento.

<< No, no, no!!! Lsciami subito, laff...mmh!>>, i miei strilli furono presto soffocati. Il ragazzo mi strinse entrambi i polsi con una mano sola, l'altra la portò sulle mie labbra.

<< Piantala, non mi sembra il caso di svegliare tutti i pazienti dell'Ospedale! Ora, senza fare storie, sali con me e torni in camera tua.>>, disse, con un tono gentile, ma che non ammetteva repliche. << E ti consiglio di non provare a mordermi>>, aggiunse, poco dopo.

Non riuscivo a crederci. Ce l'avevo quasi fatta, l'uscita era davanti a me...ma lui era forte. A nulla servirono i mei tentativi di fargli perdere la presa sulle mie braccia, sicchè presto mi arresi, notando che ad ogni mio strattone, la morsa diventava sempre più stretta.
I miei occhi si erano ormai abituati al buio e dopo aver salito le scale, adocchiai il cartello appeso al soffitto, reparto numero 7.

Mi tolse la mano dalle labbra, per chiedermi quale fosse la mia stanza.

Una volta entrati, mi lasciò di colpo e io mi fiondai sulla parete opposta, fissandolo con occhi truci. Mi aspettavo che se ne andasse, chiudendomi dentro, invece accese l'interruttore e chiuse dolcemente la porta dietro di sè.
Quando tornò a guardarmi, cominciai finalmente a capire e sul mio volto si dipinse una tetra consapevolezza.

<< Tu sei Light, vero?>>, mormorai.

<< Mi conosci?>>, chiese in tono colloquiale, puntando i suoi occhi color caramello nei miei. Abbassai la testa verso il pavimento, ma anche senza più fissarlo, potei intuire che stava sorridendo. << Guardami, Lyanne>>.

Non era un ordine...almeno, credevo. Tuttavia, feci come mi disse, e lo guardai.
Alla luce delle lunghe lampade al neon della mia stanzetta, tra i suoi capelli color castagna sembravano scorrere filigrane dorate, mentre il suo portamento, le sue spalle larghe e la sua altezza lo facevano sembrare più imponente di quanto non fosse già.

Bello, fu il mio primo pensiero.

Il taglio del viso era così delicato che pareva quello di un bambino, dagli zigomi morbidi, poco pronunciati, e la pelle nivea. C'era qualcosa, però, che induriva il tutto. In un primo momento non avrei saputo dire se era la strana luce apparsa nei suoi occhi mentre mi scrutava, o quell'aria pateticamente dominante, che fingevo in tutti i modi di non aver notato.

Bastardo, fu il mio secondo pensiero.

Non fosse stato per lui, a quest'ora sarei già stata libera!

<< Non è come credi...>>, iniziai a dire, ma lui si mise a ridacchiare.

<< Dicono tutti così. Lavoro in questo posto da un anno, ormai, e ne ho fermati tanti come te, ma devo ammettere che sei stata la prima a scambiarmi per uno di voi!>>, ammise, mentre io riabbassavo gli occhi, improvvisamente colpita da un attacco di vergogna. << Come hai potuto anche solo pensarlo?>>, chiese, poi, socchiudendo le palpebre.

Strinsi i pugni.

Sono stata una stupida.

<< Ho aspettato a bloccarti, perchè ero curioso di vedere quale strategia avresti adottato. Niente male quel trucco con le graffette, fammi indovinare...fratelli maggiori?>>, ipotizzò, incrociando le braccia al petto. << A proposito...ne hai altre addosso?>>.

Pensai alla graffetta nascosta nella taschina anteriore dei jeans. Scossi la testa. A quel punto Light cambiò espressione. << Mentre ti riportavo verso le scale, mi era sembrato di vedere i cassetti della scrivania nella hall aperti...se hai preso qualcosa, sarà meglio che te ne liberi. Immediatamente>>.

<< Te l'ho detto, non ho nient'altro>>, insistetti. Ero sempre stata in gamba a mentire, ma in quanto a improvvisare, valevo meno del due a briscola.

Il ragazzo diede un'occhiata al suo orologio da polso. << E' quasi mezzanotte>>, sospirò, con aria stanca. << Non costringermi a perquisirti con la forza>>.
Serrai la mascella dal disappunto. Meglio non creare problemi, forse. Tirai fuori la graffetta dalla tasca e gliela porsi, senza guardarlo. Sentii i suoi passi raggiungermi in fretta; prese l'oggetto dalle mie dita.
Dopodichè iniziò a scrutarmi, con un'attenzione quasi maniacale, che riuscì ad infastidirmi parecchio. Sicchè gli domandai cosa volesse ancora.

<< Voltati>>.

<< Perchè?>>, chiesi, facendo mezzo passo indietro.

<< Fallo e basta>>, il suo tono era più autoritario, adesso.

Obbedii e ruotai su me stessa, molto lentamente, cercando di capire cosa avesse intenzione di fare. La mia fantasia galoppò subito a briglia sciolta e me lo immaginai tirare fuori da chissà dove un paio di manette e usarle per incatenarmi al letto, in modo che fosse impossibile per me tentare nuovamente la fuga. Che scemenza, mi dissi, poco dopo. Aveva sicuramente le chiavi, gli sarebbe bastato chiudermi dentro. Sobbalzai quando mi sentii le sue mani addosso. << Che stai...?!>>.

<< Non ti muovere!!>>, ordinò, seccamente. Strinsi le labbra, per impedirmi di gridare. Partendo dalle spalle, le sue dita scivolarono lungo le mie braccia, poi sui fianchi, mentre i miei muscoli si irrigidivano, dopo essere stati toccati. Probabilmente lui se ne accorse, perchè finì di controllarmi il più velocemente possibile. Dopo essersi assicurato che le mie tasche fossero davvero vuote, si allontanò da me. Lo vidi armeggiare con un piccolo mazzo di chiavi dentellate e sul mio volto prese forma la rassegnazione.

<< Aspetta! Non vorrai...>>.

<< Domattina farò una chiacchierata con il dottor Yagami, riguardo al tuo comportamento di questa notte. Spiacente, ma devo assicurarmi che non provi più a fare cose simili. Ora, da brava, vai a dormire>>. Detto ciò, aprì la porta e mi lasciò sola nella stanza. Sentii la serratura che scattava. La porta aveva anche un rettangolino di vetro infrangibile, posto a poco più di metà altezza. Vidi Light indicarmi il letto e sparire lungo il corridoio.
Rimasi attonita per una decina di secondi, prima di decidermi a spegnere la luce. Un attimo dopo saltai sul letto, affondando la faccia nel cuscino per attutire i brontolii di rabbia. Tuttavia, in un certo senso, mi sentivo anche sollevata.

Quell'idiota si credeva tanto furbo?

Light...sicuramente penserai di avermi fregata..., disse la vocina vittoriosa, nella mia testa ... ma io ho nascosto l'ultima graffetta nella fessura della porta.

Okay, be', il fatto che mi avesse chiusa dentro segnava un punto a mio sfavore, ma ormai per me non faceva più differenza fuggire di notte o di mattina. Perchè avevo in mente un'altra idea per scappare. Il giorno dopo avrei chiesto a Naomi di poter andare a nuotare al laghetto, all'interno del giardino. Quel pomeriggio avevo fatto un giretto all'esterno dell'edificio e avevo notato che la corrente veniva tenuta staccata dalla recinzione fino al crepuscolo. Il reticolato era chiuso anch'esso da un lucchetto. Se riuscivo a recuperare la graffetta senza farmi vedere, forse sarei riuscita ad andarmene adattando lo stesso stratagemma.
 
 
 

<< Che vuol dire che non ci posso andare?!>>, berciai, perdendo momentaneamente la calma, quando il giorno seguente Naomi si rifiutò categoricamente di darmi in prestito un costume per andare a nuotare.

<< Esattamente questo! Se volevi nuotare potevi andarci stamattina, non ti avrei fermata, ma sai benissimo di avere un incontro tra un quarto d'ora con il dottor Yagami e non devi mancare!>>, rispose con tono disinteressato. Fui tentata di lanciare un'imprecazione; certo che lo sapevo, ma la notte prima me n'ero completamente scordata e stamattina avevo dormito quasi fino a mezzogiorno.

Dannazione. Decisamente, questa era la mia settimana sfortunata.

<< Il dottore ti sta aspettando al secondo piano>>, aggiunse, prima di tornare a timbrare una pila di lettere.

Mi voltai senza dire un'altra parola. Per di più, quel giorno il personale straripava, mai visti così tanti infermieri in un solo pomeriggio. Salii le scale con un andi simile a quello degli zombie nel film " La notte dei Morti Viventi".

Gettando un'occhiata alla sala giochi, incrociai un paio di occhi grigio scuro e mi fermai. Avrei dovuto continuare a camminare, andare a quella stupida riunione col dottore; invece percorsi la sala fino al centro e mi sdraiai di pancia, mettendomi esattamente di fronte al bambino di nome Near.

Stava giocando a scacchi, da solo.

Rimasi a fissarlo in silenzio per un minuto buono; era...ammaliante, il modo in cui pensava, sfiorandosi i riccioli candidi, mentre lo sforzo nello stabilire la prossima mossa gli irrigidiva appena la pelle eburnea delle guance rotonde.

Studiai la scacchiera. << I tuoi Bianchi hanno teso un'imboscata alla tua ultima Torre Nera.>>, commentai, mantenendo il tono di voce piuttosto basso, per non distrarlo.

<< E' rimasta da sola e lontana dagli altri pezzi. E' improbabile che riesca a farcela>>, mi rispose lui. << Oserei dire impossibile, ormai...>>, aggiunse, sollevano una manina per guidare il suo Cavallo Bianco e segnare in tal modo la definitiva sconfitta della Torre.

<< Aspetta>>, lo bloccai, sfiorandogli dolcemente il polso. << Ci tieni a quel pezzo?>>.

Il piccolo rimuginò per un po', infine si decise a rispondere: << Tengo ai Bianchi così come tengo ai Neri. Rappresento entrambi e nessuno. Ma prima o poi uno dei Re vedrà i propri compagni cadere e rimarrà solo>>.

<< Allora, posso provare a salvare la Torre Nera?>>, gli chiesi, con un sorriso. Finalmente, Near alzò lo sguardo per fissarmi negli occhi.

Annuì, appena. Sembrava sorpreso del fatto che qualcuno si fosse offerto di giocare con lui.
Rimise a posto il Pedone Nero che aveva mosso prima, permettendomi di riprovare la mossa. Sfiorai con la punta dell'indice il bordo della Torre Nera, per poi muoverla con decisione al centro della scacchiera, proprio davanti alla sua Regina Bianca. Il bambino rimase interdetto, anche se la sua espressione non cambiò minimamente.

<< Così la perderai comunque>>, obiettò, portando già la mano verso la Regina. Io rimasi zitta, attendendo quella mossa, che però non arrivò. Infatti, Near si era soffermato a fissare la disposizione dei miei pezzi, in particolare la mia Regina, seminascosta dalla Torre. Se lui avesse mosso la sua, mangiando di conseguenza la Torre, non avrebbe avuto possibilità di salvezza, contro la mia. Ed essendo stata un'amante dell'arte degli scacchi da tempo immemorabile, avevo imparato a capire quale fosse il momento giusto per rischiare. Era oltremodo impensabile che un giocatore si lasciasse sfuggire il pezzo che più di tutti gli traeva vantaggio, potendo gestirlo come più gli aggradava, perciò il piccolo lasciò perdere, spostando invece un Alfiere, privandomi di un pedone.

Il mio sguardo cadde sulla Torre Nera. Esposta, ma al contempo, protetta.
Quello era sempre stato il mio pezzo favorito. Vedevo la Torre come una fortezza inespugnabile, la più resistente e impenetrabile fra tutti gli altri. Per qualche motivo, mi venne spontaneo paragonarla a quest'Ospedale. Un luogo protetto, controllato, inscalfibile agli occhi dei nemici. Quanto avrei voluto essere così!
Intoccabile, forte. Non costantemente preoccupata, nonchè troppo codarda per muovermi nella vita reale così come facevo sulla scacchiera.

Solo dopo mi accorsi che Near aveva iniziato a dire qualcosa.

<< ... *I quadrati bianchi e quelli neri sono come i passi della mia vita.....
Luminosi e a volte bui, ma necessari per il mio cammino.....
E' che aspetto di incontrarTi: lo so che dovrò combattere contro molte insidie.....
Pedoni, Alfieri, Cavalli e Torri. Quanta strada per raggiungerti,
mi accorgo che per questo mio cammino sto perdendo molti pezzi: forse erano di peso
...>>, la sua voce si affievolì, mentre alzava per la seconda volta lo sguardo. Conoscevo questi versi, ma mi stupii nel constatare che fossero noti anche a un bambino.

<< ...comunque necessari per capire la mia debole natura,
ho capito che dovrò tanto riflettere prima di fare il prossimo passo,
ho paura di cadere e di rimanere solo
....>>, continuai, sorridendogli. Quando lanciai un'occhiata sulla parete alle spalle di Near, quasi mi venne un colpo: erano le 15.36!

Salutai frettolosamente il bambino e corsi fuori dalla sala giochi, valicando tutto il corridoio a velocità ammirevole, finchè non giunsi alla stanza dell'appuntamento, in quel momento aperta. Mi sporsi, il fiatone ancora ben udibile.

In tutto eravamo in cinque, escluso il dottor Yagami. Alcuni volti, tipo Misa e il ragazzo biondo del giorno prima ( mi pareva si facesse chiamare Mello), li conoscevo già, gli altri due appartenevano alla donna-armadio che mi aveva spinta in Mensa e a un ragazzo con le braccia ricoperte di arcani tatuaggi neri e verde scuro. Non appena mi vide, Misa tirò una gomitata nelle costole di Mello.
<< Ehi, la Carotina se l'è presa comoda, oggi!>>, ghignò, sistemandosi meglio sulla poltroncina dove era seduta.

<< Lyanne. Nelle mie riunioni gradirei che tutti rispettassero gli orari. Se dico che mi aspetto di vederti alle 15, tu non vieni quaranta minuti dopo>>.

La voce del dottore risuonò nella stanza gentile, ma severa.
Pregai che nessuno notasse quanto ero nervosa per la figuraccia che avevo appena fatto.

<< Vai a sederti>>, mi incitò il dottore, indicandomi le ultime due sedie libere. Si erano disposti tutti in cerchio, distavano sì e no due metri ciascuno.
Le ultime due sedie libere erano quella più vicina al dottore e quella di fianco al ragazzo tatuato. Senza esitazione, scelsi la seconda, solo per dimostrare al signor Yagami che non avevo problemi a stare vicino agli altri, seppur quel tizio mi incutesse non poca inquietudine. Ora che gli ero abbastanza vicina, potei notare un altro tatuaggio, impresso con inchiostro grigio e verde scuro, rappresentante una vipera attorcigliata sul suo collo. Non riuscii a staccare lo sguardo da lui per almeno una decina di secondi.
Ogni qualvolta che il ragazzo deglutiva, la testa del rettile, disegnata esattamente sul suo pomo d'Adamo sembrava pulsare, muoversi, come per affondare le zanne della mandibola spalancata in un sibilo muto nella sua gola, mentre le sue spire sembravano avvolgerlo ad ogni inclinazione del collo.
Quella visione bastò a farmi accapponare la pelle. Spostai la mia attenzione verso qualcos'altro. Intanto, la ragazza-armadio non smetteva di scagliare occhiate omicide e provocatorie verso Amane, la quale si stava tirando su due ciocche di capelli biondi, un po' più ordinati del solito, legandole in due alti codini laterali e fregandosene altamente di lei. Mello pareva più che mai...annoiato. Giocherellava con una catenina che teneva appesa al collo, mentre i suoi occhi chiari vagavano tediosamente per la stanza. Mi schiarii la voce.

<< Ehm...manca ancora qualcuno?>>, mi azzardai a chiedere, dato che il posto accanto al mio era vuoto. Il dottor Yagami si passò una mano sul mento, con fare pensieroso.

<< Sì. E se non arriva entro cinque minuti, mando qualcuno a prenderlo>>, disse, infine.

<< Non occorre>>, disse una voce proveniente dalla porta. Non appena alzai lo sguardo, ogni centimetro del mio corpo divenne un blocco di granito. Guardai il posto vuoto, accanto al mio, poi tornai a guardare lui.

Oh, no, lui no. Perchè il dottore lo aveva invitato?

B se ne stava davanti alla porta, la testa sporta e inclinata, come se le sue spalle leggermente incurvate non riuscissero a reggerne il peso, e le mani nelle tasche dei jeans chiari. Quando il dottore si voltò per guardarlo, ne approfittai subito per sporgermi dalla mia sedia, verso il multi-tatu. << Scusa, ehi...>>, bisbigliai nervosamente, cercando di farmi sentire. << Ehm, ciao, senti, ti scoccia se facciamo cambio di posto?>>.

Per tutta risposta il bastardo allungò il braccio e mi mostrò il dito medio, senza spostarsi di un millimetro e continuando a fissare il vuoto davanti a sè. Strinsi violentemente le mani a pugno, imponendomi di non farmi prendere dal panico, ora che B si stava avvicinando.

Non lo guardare.

Lo sfregare penetrante delle gambe della sedia sulle piastrelle lucide, quando lui la spostò, fu tanto irritante da farmi fischiare le orecchie. Anche l'altra ragazza fece una smorfia infastidita. Con la coda dell'occhio, lo vidi appoggiare le scarpe sulla sedia, piegandosi in una posizione davvero insolita, con le ginocchia rivolte al petto, equilibrando tutto il suo peso sulle piante dei piedi. Oddio. E se fosse scattato di nuovo, come l'ultima volta?
Tornai a fissare il dottore, ben decisa a non incontrare nemmeno per sbaglio i suoi occhi più rossi del fuoco, consapevole che non sarei stata in grado di sopportarne la vista una seconda volta. Feci un respiro profondissimo. Misa doveva aver intuito che la vicinanza di quello strano ragazzo mi provocava ben peggio che un semplice disagio, perchè si metteva a ridacchiare ogni volta che mi irrigidivo o mi fissavo le scarpe.
<< Bene.>>, la voce del dottore mi distolse in parte dall'agitazione. << Ora che ci siamo tutti, possiamo finalmente cominciare>>.
 
 
                                       
                                                                                                                                      [continua]
 
 




Oddio, quante recensioni!!
Sinceramente, non me lo sarei mai aspettata e devo dire che la cosa mi ha resa felice oltre misura!!!!!^^
Inoltre, ci tengo davvero a ringraziare un po' di gente:

Angel of hope

animefan95

Chichiro

doppia_kappa

NunuMemeLulu

otakufangirl97

starhunter


ramona37

per aver inserito la storia fra le Seguite,

depp

Lulosky

nao

uadjet


per averla inserita fra le Preferite

e un grazie megagalattico a tutti coloro che hanno recensito l'ultimo capitolo!!
Mi raccomando, non abbandonatemi e fatemi sapere cosa ne pensate, critiche incluse!!!!!! =)



*Quelli sono alcuni versi di una poesia intitolata " La preghiera dello scacchista", se non ricordo male; ho voluto inserirli perchè mi sembravano adatti alla situazione...XD

 

   
 
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