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Autore: Jay Boulders    04/06/2011    5 recensioni
Il ritorno a casa della famiglia Weasley, subito dopo la fine della guerra.
Le dinamiche che porteranno i vari membri della famiglia a superare la perdita che hanno subito.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Avevano vinto. La battaglia così come la vita di tante persone era finita.
Nel cuore dei superstiti, c’era dolore e la consapevolezza che un domani ci sarebbe stato, per tutti.

La famiglia Weasley era tornata alla Tana poche ore dopo. Nessuno di loro sarebbe riuscito a passare un solo altro minuto in quel luogo, che in tanti anni era stato così accogliente e sicuro, ma che ora veniva ricordato solo come il posto dove gli era stata portata via la vita di un figlio, un fratello, un cognato, un amico. O ancora peggio, un gemello.
L’altra metà di se stessi, la persona che oltre ad essere uguale, ti capisce alla perfezione.

Era questo il caso di George Weasley, che aveva visto davanti agli occhi spegnere l’altra sua parte, quella con cui aveva vissuto in simbiosi dal primo giorno.

La sua famiglia era affranta per quella perdita, ma in fondo al cuore, la preoccupazione che avevano di più grande era sulla sorte di George.
Sarebbe riuscito a superare tutto questo? A vivere… solo. Perché per quante persone avesse avuto intorno, nessuna sarebbe stata come Fred, nessuna.

Erano trascorsi quattro giorni. Quattro giorni nei quali non uscì mai dalla sua stanza, neanche per mangiare.
Alcuni tentavano di lasciargli del tempo per razionalizzare il tutto, altri provavano insistentemente a stargli vicino, non ricevendo neanche una porta aperta in risposta. Ma ciò che accumunava tutti era la preoccupazione per lui.

Erano riuniti per la cena, lì alla Tana.
L’allegria e le chiacchiere che albergavano durante i pasti, sembravano del tutto scomparse. Sostituite da un pesante ed inviolabile silenzio, disturbato soltanto dal rumore delle posate sul proprio piatto.

La signora Weasley era stata quella che aveva subito più cambiamenti in quei giorni, al contrario di suo marito che non era mai stato un gran chiacchierone, la donna aveva pronunciato sommariamente si e no quattro parole.

Suo marito tentava di confortarla come meglio poteva, ma spesso veniva congedato dalla paura di affrontare quella perdita che tanto li aveva sconvolti.

Ginny… lei da sempre la più forte, aveva pianto durante tutto il funerale. Non era riuscita a parlare di ciò che era successo con nessuno, preferiva parlare di altro, o di altri. Dell’amica con cui condivideva la stanza, che sapeva stesse in grande disagio in quell’ambiente così diverso da come lo ricordava.
Hermione aveva tentato in tutti modi di aiutare con le faccende domestiche, con i lavoretti di casa o in qualunque altra cosa sarebbe potuta essere utile a quella famiglia che per tanti anni l’aveva fatta sentire a casa, e che ora vedeva lentamente sgretolarsi.

Harry, aveva bisogno di lui. Del suo miglior amico che come lei, essendo in quel momento estraneo a tutto e tutti, le sarebbe potuto stare vicino e capirla. Ma lui non c’era, non era venuto alla Tana con loro.
Troppe situazioni da sistemare dopo tutto ciò che era accaduto. Prima fra tutte quella del povero Teddy.
Aveva deciso di essere presente per lui, come avrebbe fatto Sirius se fosse stato ancora in vita.
Ma sarebbe tornato, si lì avrebbe raggiunti. Non sapeva quando, ma Harry Potter non mente, non a lei.

Bill e Fleur avevano lasciato l’abitazione la sera prima, così come Percy. Erano tornati alle loro vite, non potevano fare più nulla lì, forse nessuno poteva.

E poi c’era lui… Ronald. Esternamente sembrava il meno provato, ma lei sapeva bene che era soltanto apparenza. Non voleva farsi vedere debole, doveva essere forte per la sua famiglia. Doveva sostenerla e non dare preoccupazioni a nessuno.

Per quanto fosse assurdo, non si erano scambiati neanche una parola da quando erano tornati.
Sembrava esserci tra loro un tacito accordo di silenzio, che nessuno dei due aveva tentato di sciogliere. Non perché non avessero voglia di parlarsi… forse soltanto perché così era più facile.

Al termine della cena, Hermione e Ginny si offrirono di sistemare e sparecchiare al posto della donna, che dopo un’iniziale resistenza, annuì stancamente ringraziandole, ed andando a dormire. Anche se entrambe sapevano bene, che non era la sua stanza il luogo in cui era diretta, ma quella di suo figlio, tentando per l’ennesima volta di bussare alla sua porta.

Le ragazze sparecchiavano in silenzio, scambiandosi solo qualche sguardo cortese mentre si passavano le stoviglie.

Inaspettatamente, fu la più piccola a rompere quella quiete «Dovresti parlargli, credo.» la sua voce era stanca, sembrava distrutta.

Hermione si voltò, posando il piatto che aveva in mano, «Io non credo sia il momento.» sospirò profondamente, «sarà lui a farlo quando se la sentirà, non voglio forzarlo a fare qualcosa che non vuole fare.»

«Pensi che non voglia parlarti?» sbarrò gli occhi la rossa.

«Non dico questo, ma… penso che se avesse voluto lo avrebbe fatto. Forse non ora.»

«Mi stupisci, Hermione. Non capisci che l’unico motivo per cui non lo fa è perché sa che aprendosi con te, poi crollerebbe?» disse la rosa, quasi come una condanna.

Rimase in silenzio. Hermione Granger non aveva voglia di pensare. Per quanto assurdo suonasse, era così.

*

Risalendo in camera però, fu colta da un profondo senso di colpa. E se Ginny avesse ragione? Se lui ora pensasse soltanto che lo stesse evitando per qualche assurdo motivo?

Avvertì l’amica che sarebbe tornata tra poco, ricevendo di rimando un sorriso mesto mentre si dirigeva verso la sua stanza.

Bussò, ma non ricevendo nessuna risposta entrò lo stesso per vedere se stesse dormendo o se non ci fosse.

La stanza era nella penombra, l’unica fonte di luce proveniva da una lampada poggiata sulla scrivania.

La ragazza attendendo che i suoi occhi si abituassero al buio, scorse un ragazzo seduto sulla sedia, con in mano quelle che sembravano essere foto.
Aveva i capelli rossi, ma non era Ron. Era più alto, era… George.

Chiamò il suo nome, sussurrandolo tra la sorpresa di trovarlo lì.
Il ragazzo non accortosi di lei fino a quel momento, alzò la testa come beccato a rubare.
Il suo volto era scavato dai giorni di digiuno, e grosse occhiaie dichiaravano che il cibo non era l’unica cosa che non aveva avuto.

«Scusa io… stavo cercando…» tentò di giustificarsi senza apparente motivo lei.

«Ronnie» rispose lui. Con una voce tanto bassa e triste che neanche sembrava la sua.

Si infilò ciò che aveva in mano nelle tasche dei pantaloni, e richiuse il cassetto che aveva aperto, alzandosi dalla sedia.

«George, non… non devi andartene.»

«Tu però dovresti, la persona che cerchi non è qui.»

La ragazza non si aspettava una frase del genere. Abbassò lo sguardo ferito che aveva, sospirando e risollevandolo, guardandolo negli occhi dura, «Era ciò che ti stavo dicendo, che non hai motivo di andartene dato che lo stavo per fare io.» affermò decisa, non tradendo emozioni.

Il ragazzo la guardò strafottente, «Pensi mi ci voglia il tuo permesso per decidere in quale stanza di casa mia, io possa stare?»

«Non vedo quale sia la decisione da prendere, visto che nei giorni precedenti sei rimasto sempre nella stessa. Qualcuno dovrà pur metterti davanti delle alternative.»

Il ragazzo sbarrò gli occhi stupito, non si aspettava di certo una reazione del genere. Ma scuse piagnucolate su quanto fosse stata inopportuna a piombare lì in quel momento.
Rimase in silenzio, «Non credo che sia affar tuo dove passo le mie giornate.»

«Lo è se questo tuo isolarti dal resto del mondo, fa morire di preoccupazione la tua famiglia.»

«Hai detto bene Hermione. È la mia famiglia. Non la tua.» il ragazzo sembrava essersi reso solo in un secondo momento ciò che aveva detto, ma invece di rimangiarsi ciò, attese la reazione di lei.

La quale non fece altro che annuire, accusando il colpo. «Hai ragione. Sono soltanto un’estranea qui dentro. Ma forse è proprio per questo che riesco a vedere meglio di te quanto tu stia facendo soffrire tutti. Ora me ne vado, così puoi tornartene a rintanarti in camera tua a piangerti addosso.»

Non aggiungendo altro, lasciò la stanza lasciandolo nel più totale stupore e confusione.

*

Tornando nella sua stanza, incrociò Ron sulle scale, che sembrava diretto nella propria.

«Ehi» le sorrise stancamente lui.

«E-Ehi…»

«Cosa stavi facendo qui?» disse all’udendo al piano in cui si trovava la propria stanza.

«Ero… ero venuta a cercarti a dire il vero.»

«Ah…»

Un pesante silenzio cadde tra i due.

«Allora io vado a letto, Buonanotte Ron» disse lei cercando di defilarsi.

«Hermione» la chiamò lui, «Io… venivo dalla stanza di Ginny…»

La ragazza lo guardò interrogativa.

«Volevo vederti anch’io…» affermò esplicitamente.

«Oh» esclamò lei con stupore.

«Ecco… mi sembra di non parlarti da una vita» ammise il ragazzo con aria afflitta.

«Si… anche a me.» ammise a sua volta lei.

«Ti va di salire da me? Potremmo… parlare un po» chiese timoroso lui.

La ragazza aveva timore di trovare ancora suo fratello li, e l’ultima cosa di cui avevano bisogno era un altro acceso scambio come quello di poco prima, forse aveva esagerato.

«Veramente sarei un po stanca… ti spiace se rimandiamo?»

Ron rimase un po deluso da quella risposta, ma annuì ugualmente. «Buonanotte ‘Mione» disse posandole un bacio sulla fronte, dopo averla avvicinata con la mano sulla guancia.

La ragazza provò un’elettricità che non sentiva da tanto… troppo. Quella causata dalla vicinanza di lui.
Gli sorrise augurandogli a sua volta la buona notte, e tornò in camera dell’amica.

*

La mattina successiva, si era alzata presto per preparare la colazione.
Come prevedibile però, di sotto trovò gia la signora Weasley a metà dell’opera. Probabilmente aveva dormito massimo un paio d’ore.

«Oh, cara» si accorse di lei dopo alcuni secondi, «sei gia sveglia?»

«Volevo aiutare con la colazione, ho dormito abbastanza.»

«Cara, non ce ne era bisogno. Sei sempre così gentile…» disse lanciandole un sorriso che solo una madre può fare, «però se ti fa piacere puoi aiutarmi a finire di preparare.»

La ragazza annuì energicamente. I momenti che passava con quella donna, le facevano sentire meno la mancanza della sua famiglia… che era ancora in Australia.

Dopo un po, iniziarono man mano a scendere giu tutti i componenti della famiglia, ultimo tra i quali Ron, che aveva comunque dormito molto meno rispetto ai suoi standard.

Presero posto intorno al tavolo, dopo essersi scambiati solo qualche tacito Buongiorno.
Solo Ron le aveva riservato un sorriso speciale, che non aveva fatto a nessun altro.
Sorrise tra se e se, amando quei piccoli gesti che da sempre il ragazzo aveva conservato solo e soltanto per lei.

Mentre consumavano la colazione, sentirono dei passi provenire dalle scale lì vicine.
I loro sguardi si voltarono stupiti all’unisono vedendo la figura di George Weasley che gli si avvicinava.

«Oh, caro…» disse la signora Weasley alzandosi da tavola.

Il ragazzo non la guardò neanche, sembrava fosse intento ad osservare solo una persona.

«Mi dispiace…» disse a bassa voce, «Non sei un’estranea qui» terminò tirandosi addosso lo sguardo interrogativo dei presenti, e quello stupito della ragazza oggetto di quelle scuse.

«Va tutto bene» ammise a disagio sentendosi al centro dell’attenzione, «Io credo di essere stata, troppo… dura» continuò in imbarazzo, «credo siamo pari.»

Il ragazzo la guardò annuendo «Si, lo credo anch’io.»

Calò un silenzio ricco di stupore da quell’inatteso arrivo e da quell’ancora più inatteso scambio di frasi.

«Caro» riprese sua madre, ancora in piedi, «Ti unisci a noi per la colazione?» domandò cautamente la donna.

«No, io non… non ho fame» e senza aggiungere altro tornò di sopra.

Hermione si sentiva osservata insistentemente, nessuno glielo aveva chiesto apertamente ma rispose ugualmente, «Ieri ci siamo… incrociati. Ed abbiamo avuto una breve conversazione un po… accesa.» ammise lei, sperando che con quella concessione, si sarebbe liberata di quegli sguardi.

«Oh» fu l’unica cosa che udì provenire dalla signora Weasley.

«Cosa vi siete detti?»

La ragazza si voltò dal punto in cui aveva sentito provenire quella domanda, anche se sapeva bene a chi appartenesse quella voce.

«Concretamente nulla…» rispose onestamente a Ron, il quale pur non apparendo soddisfatto da quella risposta, tornò a mangiare al sua colazione senza ribattere ulteriormente.

Quando tutti ebbero finito di mangiare, la signora Weasley chiamò in disparte la ragazza che la seguì con aria di domanda sul volto.

«Posso fare qualcosa, signora Weasley?»

«A dire il vero si cara…» ammise cautamente la donna, «potresti, portare questo a George?» chiese, alludendo ad un vassoio con alcune pietanze sopra di esso.

La ragazza parve stupita da quella strana richiesta. «Io… si ma, non credo che vorrà…» rispose riferendosi al fatto che solo poco prima, avesse rifiutato la richiesta di sua madre.

«Se potessi lo stesso provarci, te ne sarei grata» insistette la donna.

Hermione annuì, non potendo fare altrimenti.

Salendo le scale col vassoio in mano, incrociò Ginny.

«Cosa stai facendo?»

«Tua madre mi ha chiesto di portarlo a George» ammise con leggerezza lei.

L’amica sembrò guardarla in modo strano, «Ah ok»

In quel momento, uscito dal bagno, si avvicinò a loro Ronald, facendo nuovamente la stessa domanda e ricevendo la stessa risposta di pochi istanti prima, questa volta però dalla sorella.

«La mamma le ha chiesto di portarlo a George» affermò Ginny.

Il rosso guardò la sorella con sguardo emblematico, trovando poi nell’espressione di Hermione la conferma a ciò che aveva udito.

«Allora io… provo» annunciò la ragazza, «prima che si freddi tutto. Ci vediamo giù» disse allontanandosi dai due.

Ginny guardò il fratello osservare l’amica che si allontanava, il quale accorgendosi di essere fissato, si defilò velocemente.

*

Hermione arrivata davanti alla stanza dei gemelli… di George. Bussò non ricevendo nessuna risposta.

Attese un po inutilmente.

«George, sono Hermione. Tua madre mi ha chiesto di portarti qualcosa da mangiare.»

Ma un altro silenzio fu l’unica risposta.

La ragazza si era voltata per andarsene quando sentì il chiavistello della porta scattare.
Voltandosi lo vide che la guardava.

Tornò lì davanti, allungandogli il vassoio
Il ragazzo non si mosse di un millimetro, si limitò soltanto a dire «Le ho detto che non avevo fame.»

«Io ho semplicemente fatto ciò che tua madre mi ha chiesto»

«Anche se sapevi bene che sarebbe stato inutile?»

«No, l’ho fatto perché so che hai fame.»

Il ragazzo le lanciò uno sguardo torvo, «Stai quindi dicendo che ho mentito?»

«Non proprio…» la ragazza si vide costretta a spiegarsi meglio osservando l’espressione di lui, «Credo che tu, più di non aver fame, non volessi sederti giu con noi.»

«E perché mai non avrei voluto?»

«Perché avrebbe significato… andare avanti, George. Riprendere la propria vita in mano, e fare ciò che facevi tutti i giorni.»

La fissò in silenzio, «Fai sempre la saputella tu? Credi di sapere sempre tutto?»

La ragazza non sembrava risentita da quelle parole, ma anzi, ricordò il giorno in cui le vennero volte le stesse sprezzanti domande da Ron. «Sei tu che mi hai chiesto cosa ne pensavo a proposito. Ti ho semplicemente risposto dicendo ciò che credo. Sono mie sensazioni, non verità assolute.» ammise risoluta lei.

Il ragazzo, probabilmente apprezzando quella risposta, le sfilò il vassoio dalle mani e richiuse la porta.

La ragazza sorrise tra se e se, qualcosa di utile dopo tutto lo era riuscito a fare.

*

Tornando di sotto, ricevette un abbraccio energico dalla signora Weasley, la quale, dopo un principio di profonda sorpresa, la ringraziò apertamente.

Hermione dal canto suo, le rispose che non aveva niente di cui dovesse essere ringraziata.

«Cosa succede?» domandò il signor Weasley di fronte a quella scena, entrando in casa e seguito dai figli.

«Oh, caro. George ha mangiato qualcosa!»

Il signor Weasley, per quanto sia conosciuto come un uomo discreto, non riuscì a nascondere un lampo di sollievo negli occhi.

«Ha accettato del cibo da Hermione» continuò la donna con fare entusiasta. «Non è bellissimo?»

«Hermione, come hai fatto a farti aprire?» domandò all’improvviso Ginny.

La ragazza parve a disagio da tutto ciò, «Ho bussato e l’ho chiamato… scusate ora, vorrei fare due passi».

E lasciò l’abitazione prima che qualcuno potesse chiederle o farle altri ringraziamenti.

Non riusciva a sentirsi a sua agio. Era felice di aver fatto qualcosa di utile per loro ma… aveva aiutato molto, in tante cose. E non riusciva a capacitarsi per quale motivo venisse ringraziata solo per questo. In fin dei conti non aveva fatto nulla di particolare per ottenere tutto ciò.

Le sue riflessioni vennero interrotte dal fruscio dell’erba provocata indubbiamente dai passi di qualcuno, dietro di lei.

   
 
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