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Autore: cioccorana_    04/06/2011    2 recensioni
"Il pianto si faceva sempre più vicino finché, spostata una trave, non vide il miracolo.
Un bambino spaventato, piangeva disperatamente. Aveva i capelli neri e una cicatrice sulla fronte, a forma di saetta. Il piccolo lo guardava con gli occhi di Lily Potter."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Era una fredda e umida mattina di ottobre. Come sempre, Sirius Black si era alzato di buon’ora e, dopo essersi trasformato in un enorme cane nero, si era incamminato verso il quartier generale dell’Ordine della Fenice. I vantaggi dell’essere un Animagus non iscritto all’Albo ministeriale erano molti. Prima di tutto, garantiva una certa sicurezza di non essere riconosciuti. Inoltre, il fatto di apparire come un simpatico randagio, permetteva di accaparrarsi laute colazioni gentilmente offerte dai gestori dei bar della zona. Bastava qualche uggiolio ed essi erano ben lieti di accontentare un povero cane abbandonato, elargendogli pane, pancetta, latte e acqua fresca a volontà. Mentre scappava trascinandosi dietro il delizioso cibo appena ottenuto, Sirius ripensava alle vecchie scorribande con i suoi migliori amici James, Remus e Peter (o, come preferivano farsi chiamare, Ramoso, Lunastorta e Codaliscia).
 
Bei tempi, quelli di Hogwarts; allora erano tutti degli strafottenti irresponsabili che amavano cacciarsi nei guai. Poi, col tempo, le cose erano un po’ cambiate: la voglia di rendersi utili per costruire un mondo migliore, aveva spinto i Malandrini ad entrare a far parte dell’Ordine della Fenice, un’associazione segreta fondata da Albus Silente, impegnata nella lotta contro Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte. Come se non bastasse, James si era sposato e aveva avuto un bambino.
Non erano più dei ragazzini, questo era chiaro. Tuttavia riuscivano ancora a trovare il modo per divertirsi insieme, nonostante James, sua moglie Lily e il piccolo Harry fossero costretti a rimanere nascosti in casa.
Lord Voldemort dava loro la caccia e, per evitare che i Mangiamorte li trovassero, Silente aveva deciso qualche giorno prima di gettare un Incanto Fidelius sulla loro abitazione. Inizialmente, era stato scelto proprio Sirius come Custode Segreto, ovvero colui che deve mantenere il segreto della reale collocazione dei protetti per far sì che l’incantesimo si mantenga attivo. Poi, però, Sirius aveva avuto un’idea migliore: perché non affidare questo compito a Codaliscia? Insomma, era risaputo che Sirius Black fosse il miglior amico dei Potter. Probabilmente anche i Mangiamorte lo sapevano e, se avessero avuto sospetti, avrebbero scoperto immediatamente il trucco. Perché, quindi, non sorprenderli? Di sicuro, non si sarebbero mai aspettati che Peter Minus fosse il Custode Segreto della famiglia. In questo modo, James, Lily e Harry sarebbero stati davvero al sicuro.
Così fu fatto e da qualche giorno, ormai, l’Incanto Fidelius di Albus Silente proteggeva i suoi amici più cari.
 
Con questi pensieri nella mente, il cane nero attraversò il vicolo deserto e, dopo essersi assicurato che nessuno lo vedesse, si infilò in uno stretto passaggio di fianco a una vecchia casa abbandonata. Giunto sul retro dell’edificio, spostò un grosso vaso pieno di terra e, aiutandosi con il muso, aprì la piccola botola nascosta lì sotto. Controllò ancora una volta che nessuno lo seguisse e saltò all’interno dell’apertura. Appena entrato, Sirius riacquistò le sue sembianze umane e richiuse la botola. Davanti a lui si apriva un breve corridoio che portava a una rampa di scale scricchiolanti. Al piano di sopra, sentiva risuonare alcune voci. Salì le scale e si trovò nello stretto sgabuzzino delle scope, pieno di polvere e ragnatele, come l’intera casa, del resto. La porta era socchiusa. La spinse e si trovò in un corridoio più ampio e lungo del precedente, su cui si affacciavano numerose porte chiuse. Ora le voci gli giungevano chiare.
 
« Ci stermineranno tutti ».
« No, Sturgis. Siamo qui apposta per impedirlo! »
« Eppure la gente continua a morire sotto il nostro naso! »
« Facciamo il possibile ».
« Non è sufficiente ».
« Che dovremmo fare, allora? Sentiamo! »
« Beh… potremmo… che so… Non ne ho idea ».
« Lo vedi? Stiamo già facendo tutto ciò che è in nostro potere per fermare Tu-Sai-Chi. Non possiamo fare di più, per il momento. Hai sentito che ha detto Albus ».
 
Sirius raggiunse il piccolo salotto, dove un gruppetto di persone stava discutendo animatamente intorno a un tavolo, su cui si trovava una copia della Gazzetta del Profeta aperta.
Elphias Doge fissava Sturgis Podmore visibilmente irritato, mentre Dedalus Lux cercava di riportare la calma tra i due. Accanto a loro, Emmeline Vance scuoteva piano la testa, fissando la pagina del Profeta. All’arrivo di Sirius, tutti si girarono verso di lui e Alastor Moody lo salutò in tono piatto, fissandolo con l’occhio magico, blu elettrico.
« Buongiorno, Sirius. Vuoi dare un’occhiata alla lista dei morti di ieri? »
Non ebbe il tempo di rispondere che già Malocchio gli stava lanciando il giornale. Sirius lo afferrò e lo aprì alla pagina su cui si erano soffermati gli altri.
Leggeva la lista dei caduti tutte le mattine, ma ogni nome, per lui, era come un pugno in pieno stomaco.
 

 Blake, Robert, 64 anni;
Boyle, George, 46 anni;
Chadwick, Russel, 51 anni;
Davidson, Jack, 36 anni;
Forrest, William, 68 anni;
Howard, Jessica, 31 anni;
Lane, Sarah Maria, 47 anni;
Martin, Elizabeth, 54 anni;
Richardson, Matt, 24 anni;
Roberts, Andrew, 39 anni;
Roberts, Annie, 36 anni;
Roberts, Jason, 12 anni;
Roberts, Cathy, 5 anni.

 
Lesse più volte gli ultimi quattro nomi. Un uomo, una donna e i loro bambini. Una famiglia annientata. Sirius non li conosceva, ma leggendo quei nomi provò un’enorme tristezza.
Quanto sarebbe durata, ancora, quella guerra? Quante altre persone sarebbero morte?
Posò il quotidiano, affranto. Riflettè per un momento poi chiese: « Avete qualche compito per me, oggi? »
« Non direi. E’ tutta la settimana che pedini Mulciber con ottimi risultati » rispose Malocchio con un sorriso che sul suo volto sfigurato somigliava più a una smorfia. « Ti meriti un giorno di riposo. Va’ a trovare James, gli farà piacere vederti ».
« Proprio quello che avevo intenzione di fare. Grazie Malocchio » disse Sirius, sforzandosi di sorridere. « Ci vediamo stasera, ragazzi ».
Mentre gli altri lo salutavano, tornò al corridoio e lo percorse fino allo sgabuzzino delle scope. Scese la rampa di scale e si trovò sotto alla botola. La aprì e uscì nel cortile sul retro dell’abitazione. Non si preoccupò di trasformarsi nel suo Animagus.. Per raggiungere la casa di James e Lily, si sarebbe Smaterializzato. Era più sicuro.
 
Il buio soffocante della Materializzazione lo risucchiò e, pochi istanti dopo, si trovò a Godric’s Hollow, esattamente davanti alla porta di casa Potter. Suonò il campanello e, dopo qualche istante, Lily aprì la porta.
Era molto giovane, il viso pallido con qualche lentiggine, aveva lunghi capelli di un color rosso scuro e gli occhi di una stupefacente tonalità di verde. Appena lo vide, sorride raggiante.
« Sirius! Che sorpresa! Entra ».
Sirius entrò nel piccolo ingresso e Lily gli fece strada fino al salotto.
La stanza era arredata in modo semplice ma grazioso. Sul pavimento, accanto al divano, insieme a un altro mucchio di giocattoli, c’era una piccola scopa volante. Sirius sorrise, vedendola: era il regalo che aveva fatto a Harry pochi mesi prima, in occasione del suo primo compleanno. 
« Scusa per il caos, ma Harry è davvero una peste » disse lei, raccogliendo un paio di giocattoli e appoggiandoli sul tavolino di fronte al divano. « James! Vieni a vedere chi è venuto a trovarci! » gridò Lily, sparendo in cucina.
 
James sbucò immediatamente dalla porta che dava sul piccolo giardino, con Harry sulle spalle.
Era lo stesso di sempre. Occhiali rotondi, chioma sbarazzina e aria ribelle. In quattro parole, il suo migliore amico.
« Felpato! » esclamò, prendendo il bambino e posandolo delicatamente a terra.
« Ramoso! Come stai, vecchio mio? » chiese Sirius, dandogli una pacca sulla spalla.
« Benone! E tu? » chiese lui, a sua volta.
« Bene anche io, grazie. E il mio figlioccio? » domandò, chinandosi verso il bambino e dandogli un buffetto sulla guancia. Aveva folti capelli scuri e il volto paffuto e sorrideva a Sirius, osservandolo con i suoi occhi verde chiaro.
« Alla grande! Gli stavo appunto insegnando qualche semplice incantesimo. Vuoi aiutarci, zio Felpato? » chiese James, divertito.
Sirius rise. « Basta che non si tratti di Incantesimi Rallegranti. Non mi sono mai riusciti tanto bene ».
« Lo so. Ricordi quando, durante la prova pratica dei G.U.F.O., ne hai scagliato uno un po’ troppo potente sull’Ispettore del Ministero? Per farlo smettere di ridere, hanno dovuto portarlo al San Mungo! »
« Parla quello che, al posto di trasformare il pappagallo assegnatogli in un ventaglio, lo ha trasformato in un pollo arrosto. Devo ancora capire come hai fatto ».
« Questione di talento ».
« Per la Trasfigurazione? Non credo ».
« Dovresti, invece ».
« Avanti, James, ammettilo. Sei sempre stato una schiappa a scuola! Per questo, Lily non ti filava ».
« Poi, però, ha cambiato idea ».
« Già. Mi chiedo ancora come sia stato possibile ».
« Mah. Forse una botta in testa ».
« James! Anche se sono in cucina ti sento! » esclamò Lily, dalla stanza accanto.
« Scusa, cara! » si affrettò a rispondere James.
« Non fa niente, ti perdono. Sirius, resti a pranzo da noi? »
« Volentieri, Lily »
« Grazie. Così non dovrò sorbirmi James per tutto il tempo »
James alzò gli occhi al cielo poi prese Harry per mano. « Vieni, Sirius. Ti faccio vedere che cosa gli ho mostrato ».
 
Uscirono in giardino e, dopo essersi seduti all’ombra di un albero dalle foglie ingiallite, James si mise a produrre fumo di diversi colori con la bacchetta. Harry tentava invano di afferrare le nuvolette, ridendo.
Poco dopo, pranzarono tutti insieme, divertendosi a raccontare aneddoti sul passato. Dopo mangiato, James volle mostrare a Sirius quanto fosse bravo Harry a volare sulla scopa giocattolo. Felpato dovette ammettere che aveva davvero talento. Sarebbe diventato sicuramente un grande giocatore di Quidditch, proprio come suo padre.
 
Mentre il bambino filava svelto sulla sua scopa, qualcuno suonò alla porta e James andò ad aprire.
« Lunastorta! Che ci fai qui? »
« Che c’è, non sei contento di vedermi Ramoso? » chiese Remus sorridendo ed entrando in casa. Era alto e magro, con i capelli castano chiaro. I suoi occhi apparivano stanchi, ma allegri. Remus Probabilmente, iniziava a sentire gli effetti che l’imminente luna piena avrebbe portato su di lui.
« Ho trovato questo e dovevo assolutamente mostrarvelo » dichiarò, estraendo dalla tasca del cappotto un vecchio album in pelle.
« Cos’è? » chiese Sirius, curioso.
« Vecchie foto » rispose Remus. Si sedette sul divano e i suoi amici fecero lo stesso. Lily prese in braccio il piccolo Harry e prese posto di fianco a James.
 
Lunastorta aprì l’album alla prima pagina, dove, da una foto, quattro ragazzi vestiti di rosso e oro li guardavano ridendo come matti.
« I Malandrini al primo anno » spiegò Remus.
Al centro della foto, James abbracciava Sirius e Remus e, a fianco a loro, stava un ragazzino basso, dagli occhi piccoli e acquosi: Peter. La foto era stata scattata al campo da Quidditch, dopo la finale Grifondoro-Serpeverde vinta da Grifondoro.
« Che partita! Ricordate? » chiese James.
« Come dimenticare l’azione fulminea di Joy McQueen all’ultimo minuto? »
Sirius ricordava la soddisfazione di quel giorno, l’orgoglio di essere l’unico della sua famiglia ad essere stato Smistato nella Casa di Godric Grifondoro, la Casa dei coraggiosi e dei nobili di cuore.
 
Remus girò pagina e mostrò un’altra foto. Peter indicava spaventato il Lago Nero, sulla cui superficie, galleggiava la spaventosa Piovra Gigante. Era stata la prima volta che l’avevano avvistata e Codaliscia si era spaventato a morte.
« Che fifone » commentò Remus, sorridendo. Peter era sempre stato il più pauroso del gruppo.
 
La foto successiva mostrava i quattro ragazzi che brindavano felici con le loro Burrobirre ai Tre Manici di Scopa.
« Era la nostra prima visita a Hogsmeade, vero? » domandò Sirius.
« Si! Ricordi quante Burrobirre abbiamo bevuto? » James ridacchiò.
« No, ho perso il conto dopo la quarta ».
 
Seguì una foto di James a bordo della sua Nimbus 1500 nuova fiammante. Gli era stata regalata dai signori Potter per Natale, il quarto anno, e, da quando l’aveva scartata, non era riuscito a staccarsi da lei nemmeno per un momento.
« Il mio primo manico di scopa! Guarda, Lily ».
« Oh, ricordo! Un giorno ti sei anche quasi schiantato contro il Platano Picchiatore » rispose lei, ridendo.
« Non è stato divertente. Ho rischiato grosso » rispose James, imbarazzato.
 
Una nuova foto mostrava il quartetto sorridente davanti all’ingresso della Sala Grande, il giorno dei G.U.F.O. e, in quella successiva, Sirius veniva battuto a Scacchi Magici da Remus, in dormitorio.
In un’altra immagine, James e Sirius erano ritratti all’interno della Stamberga Strillante, mentre consultavano la Mappa del Malandrino. 
« La Mappa! » esclamò Sirius.
« Chissà che fine ha fatto » si domandò Remus, amareggiato.
« Gazza ce l’aveva sequestrata, all’ultimo anno. Probabilmente è ancora nel suo ufficio » disse James.
« Spero che qualcuno la trovi. E’ uno spreco lasciarla chiusa in un cassetto » commentò Sirius.
James annuì. « Sono d’accordo ».
« A me piacerebbe rivedere la Stamberga Strillante » dichiarò Lunastorta.
« Potremmo tornarci tutti insieme, un giorno » propose James.
« Questa sì che è un’idea. Sarà come ai vecchi tempi, quando ci trasformavamo per tenere compagnia al Lupin-mannaro ». Sirius ridacchiò.
Remus sorrise. «  Già, sarebbe fantastico ».
 
Trascorsero così tutto il pomeriggio, commentando vecchie foto e ricordando gli anni trascorsi insieme. Prima di cena, Sirius e Remus decisero di togliere il disturbo. Salutarono gli amici e si Smaterializzarono sulla soglia. Passarono al quartier generale per informarsi su eventuali sviluppi, ma, poiché non c’erano novità, decisero di tornare a casa. Sirius salutò l’amico e prese le sembianze del cane nero, mentre l’altro si Smaterializzò. Raggiunse il suo nascondiglio e cenò rapidamente. Dopo aver trascorso il pomeriggio in compagnia di tre quarti dei Malandrini, gli era venuta voglia di andare a trovare Codaliscia. Era passata qualche settimana da quando lo aveva visto l’ultima volta e gli era sembrato un po’ preoccupato. Voleva sapere come stava, perciò uscì nella notte, diretto al suo rifugio. Raggiunse in fretta il piccolo monolocale seminterrato in periferia dove viveva Peter, ma, quando bussò, nessuno venne ad aprirgli. Dopo qualche minuto di attesa, preoccupato, forzò la serratura ed entrò. A giudicare dall’aspetto, pareva che nessuno mettesse piede lì da qualche giorno. Tutto era in ordine ma ricoperto da uno spesso strato di polvere.
Possibile che se ne fosse andato senza dire niente? No, c’era qualcosa che non andava.
 
Non sapendo esattamente cosa fare, pensò di andare subito da James e raccontargli tutto.
Riprese le sembianze del cane nero e corse a perdifiato verso Godric’s Hollow. Quando arrivò a casa Potter, però, gli si parò davanti agli occhi uno spettacolo raccapricciante.
 
La casa era semi-distrutta, come se vi si fosse appena verificata un esplosione. Nell’aria, ancora la polvere del crollo. Le zampe di Sirius presero a tremare. Varcò il cancello sfondato con passo malfermo. Non poteva essere vero. L’assoluto silenzio rendeva la scena ancora più irreale e spaventosa. Gli sembrava di vivere in un incubo, il peggiore della sua vita.
All’improvviso, il silenzio fu rotto da qualcosa. Un pianto si levò nell’aria immobile della notte. Automaticamente, Sirius si diresse alla fonte di quel suono. Qualcuno, sotto le macerie piangeva. Aiutandosi con l’olfatto canino, trovò in fretta il punto esatto. Riprese la sua forma umana ma, appena la trasformazione fu completata, un dolore terribile lo assalì.
La mente di un cane è infinitamente più semplice di quella umana, non può provare emozioni tanto violente. Ora, Sirius si sentiva distrutto, come se il mondo intero fosse caduto sulle sue spalle e comprese lucidamente quanto era successo. I suoi amici più cari erano sepolti lì sotto.
Accecato dalle lacrime che gli pungevano gli occhi come centinaia di spilli, iniziò a scavare a mani nude, allontanando mattoni e calcinacci. Probabilmente si ferì ma non se ne accorse: il dolore che straziava cuore era infinitamente peggiore.
Il pianto si faceva sempre più vicino finché, spostata una trave, non vide il miracolo.
Un bambino spaventato, piangeva disperatamente. Aveva i capelli neri e una cicatrice sulla fronte, a forma di saetta. Il piccolo lo guardava con gli occhi di Lily Potter.
 
Sirius allungò le braccia tremanti e afferrò Harry. Lo strinse al petto e pianse con lui.
 
La sua mente era annebbiata dal dolore e dalla sofferenza a tal punto che non si accorse che qualcuno si era avvicinato a lui e aveva posato una manona sulla sua spalla.
« Sirius ».
Alzò lo sguardo e vide Hagrid. Non riuscì a parlare.
« Sirius, Silente mi ha detto di prendere Harry e portarlo da lui ».
« Ma… io sono il suo padrino… Io… ». La sua voce rotta gli sembrava provenire da molto lontano.
« Lo so, Sirius, ma è un ordine di Silente ».
« Ti prego, lasciami Harry ».
« Devo fare come mi ha detto Silente. Mi dispiace, non ho scelta ». Il tono di Hagrid non era severo, ma solo triste e comprensivo.
Sirius guardò il bambin. Harry si era calmato e non piangeva più. Lo consegnò a Hagrid e disse: « Vai a casa mia e prendi la mia moto volante, farai prima ».
« Sei sicuro… »
« Si, fa come ti dico ». Sirius voltò le spalle alla casa distrutta e raggiunse il cancello.
« Tu dove vai, ora? »
Sirius rispose senza gurdarlo. « Devo sistemare una cosa ».
E se ne andò.
 

***

 
Era stato lui. Era stato lui a consegnare James e Lily a Voldemort su un piatto d’argento. Non gli sembrava possibile, eppure era così. Peter Minus, il Custode Segreto e migliore amico dei Potter, li aveva traditi.
 
Era ormai mattino e Sirius non aveva chiuso occhio.  Aveva cercato Codaliscia per tutta la notte, senza risultato. Vagava senza una meta precisa, ricevendo spintoni dai frenetici pendolari Babbani che correvano verso la fermata della metropolitana e verso i taxi fermi alla stazione, ma non gli importava. Vedeva nella sua mente i volti sorridenti dei suoi amici e del piccolo Harry e non riusciva a non pensare al pomeriggio precedente, trascorso con loro senza sospettare di cosa sarebbe accaduto solo qualche ora più tardi.
 
Iniziò a piovere. Sirius alzò la testa e vide il cielo plumbeo e minaccioso. Poi qualcos’altro catturò la sua attenzione. Un ometto dai capelli rossicci camminava a passo spedito pochi metri davanti a lui, guardandosi intorno come in cerca di qualcuno. Lo sguardo di Sirius incontrò quello dell’ometto e un paio di piccoli occhi acquosi lo fissarono per un istante. Poi Codaliscia corse via. Sirius si lanciò all’inseguimento, facendosi strada tra la folla e correndo più rapidamente possibile. Lo aveva quasi raggiunto, quando Peter cambiò direzione all’improvviso e sparì in un vicolo. Senza pensarci due volte, Sirius lo seguì. Percorse la stretta via fino in fondo e si ritrovò in una strada piena di gente. Si guardò intorno, cercando Codaliscia e lo scorse, mentre tentava di confondersi tra la folla. Sirius riprese a correre e, poco dopo, riuscì a raggiungerlo. Lo agguantò per un braccio e lo trascinò lontano, mentre lui cercava di divincolarsi. Gli si parò davanti, tagliandogli ogni via di fuga e lo afferrò per la gola.
« Tu, schifoso smidollato » disse Sirius con rabbia.
« N-non è stata colpa mia… » si difese Codaliscia.
« Ah, no? E di chi, allora? »
« Io… io s-sono stato costretto a rivelare… »
« Non prendermi in giro, Minus ».
« E’ la verità, Sirius ».
« Piantala » lo minacciò, stringendo la presa sul suo collo.
« Mi… mi stai strozzando… »
« E’ la fine che meriti, lurido traditore » sibilò Sirius, serrando di più le dita intorno alla gola di Peter.
Poi, improvvisamente, accadde qualcosa di rapido e del tutto inaspettato.
 
Nel giro di un secondo, Codaliscia estrasse la bacchetta e la puntò contro la vetrina di un negozio, dall’altra parte della strada. Ci fu una grande esplosione e la vetrina andò in frantumi. L’aria si riempì delle grida prima sorprese, poi terrorizzate di chi tentava di scappare per mettersi in salvo. Pochi istanti dopo, l’intero edificio crollò in strada, investendo in pieno alcuni Babbani che non erano riusciti ad allontanarsi.
Per la sorpresa, Sirius lasciò andare Peter e non si accorse che si stava frugando tasca, in cerca di qualcosa. Quando si voltò, vide l’ex-amico estrarre un pugnale d’argento e tendere la mano sinistra. In un attimo, si tranciò di netto il dito indice, lanciando un gemito di dolore. Paralizzato dallo sconcerto e dall’orrore, Sirius non comprese subito il perché di questo gesto e non riuscì a impedire a Codaliscia di trasformarsi nel suo Animagus e di fuggire. Dopo una manciata di secondi, Sirius scattò dietro al topo che zampettava veloce, ma non lo raggiunse e l’animale sparì in un tombino.
 
Peter Minus era fuggito. Sirius Black glielo aveva permesso.
 

 ***

 
Freddo. Solitudine. Tristezza.
 
Da quando era stato rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Azkaban, Sirius Black non provava altro.
Le accuse: omicidio premeditato di Peter Minus e omicidio colposo di dodici Babbani.
Il problema era che Peter Minus era vivo. Sirius lo aveva visto fuggire, dopo aver egregiamente recitato la parte della vittima ed essersi preparato una degna uscita di scena. Per questo, continuava a tormentarlo il pensiero di essere innocente, di non essere il responsabile della morte di Lily e James Potter né di quella dei dodici Babbani. Questa consapevolezza gli aveva permesso di non impazzire e gli aveva dato la forza, seppur debole, di vivere. Nessuno poteva portargli via la sua ultima fonte di vita, nemmeno i Dissennatori. Loro si nutrivano di pensieri felici, li risucchiavano dalla mente e dal cuore dei detenuti poco alla volta, lasciando che essi precipitassero in un abisso di tristezza e disperazione, senza appigli a cui aggrapparsi per rimanere a galla, per rimanere vivi dentro. Si diventava pazzi, completamente matti e si dimenticava tutto. A Sirius, questo non era successo perché il ricordo a cui si teneva stretto con tutte le sue ultime forze, non era felice. Era orribile. Eppure, il fatto che lui non si trovasse lì da dodici anni per una colpa da lui commessa era una consolazione. Lui era migliore di Minus, non avrebbe mai rivelato a Voldemort dove si trovavano i suoi amici. Lui sarebbe morto, piuttosto di tradirli. Di questo era sicuro. E così, con l’aiuto di questa magra consolazione, si costringeva ad andare avanti e a sperare in un miglioramento, per quanto fosse impossibile.
 
 
E’ quando meno ce lo aspettiamo che accadono le cose più straordinarie.
Sirius era sdraiato sulla sua branda, nella sua squallida e malsana cella di isolamento, quando vide, al di là delle sbarre, una copia della Gazzetta del Profeta. Non aveva la minima idea di come ci fosse arrivata, eppure era lì, aperta sul pavimento di grezze e fredde pietre scure. Sirius raccolse le sue forze e si alzò dal suo scomodo giaciglio. Si avvicinò all’entrata della cella e lanciò un’occhiata lungo il corridoio in penombra. Non c’era nessuno. Si inginocchiò e allungò un braccio tra le sbarre, riuscendo ad afferrare un angolo dell’umida pagina del giornale. Lo attirò verso di sé e si sedette a terra, poi iniziò a sfogliarlo.
Era da molto che non riceveva notizie dall’esterno. Sapeva che dopo l’attacco ai Potter, Voldemort era scomparso misteriosamente. Alcuni dicevano che fosse morto, altri che avesse solamente perso i suoi poteri. Il Profeta non parlava di Voldemort, quindi Sirius pensò che non ci fossero novità a riguardo. La situazione doveva essere piuttosto tranquilla, là fuori. Si chiese cosa stesse facendo Harry e se stesse bene. Probabilmente sì, ma non ebbe il tempo per pensarci molto. Voltando pagina, vide una foto che lo colpì. La famiglia Weasley al completo aveva vinto un premio di mille galeoni alla Lotteria Magica e, con i soldi della vincita, si era recata in Egitto al gran completo. Era contento per loro. I Weasley erano davvero brave persone e quella vincita se l’erano davvero meritata. Nella foto c’erano proprio tutti: Arthur, sua moglie Molly, il primogenito Bill, poi Charlie, Percy, i gemelli Fred e George, Ron, la piccola Ginny e… Un momento. Sulla spalla di Ron Weasley stava appollaiato un piccolo topo dall’aria familiare. Aveva il pelo grigio e l’aspetto stanco e, osservando bene le zampette dell’animale, Sirius notò una cosa che lo lasciò sconvolto. Alla zampa sinistra del topo mancava un dito.
La collera lo invase come veleno. Era Minus.
Scagliò via il giornale e si alzò in piedi. Si avvicinò alla finestra, protetta da spesse sbarre di ferro e guardò fuori. Il mare in burrasca si agitava come una bestia viva, alzando onde dalla potenza distruttiva. Là fuori, da qualche parte, il traditore continuava tranquillo la sua vita da topo. Non poteva tollerarlo. Doveva andarlo a prendere, doveva fargli provare quello che avevano provato i suoi amici.
In quel momento, Sirius Black giurò a se stesso che presto, in qualche modo, avrebbe vendicato la morte di James e Lily Potter.
  
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