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Autore: Eredel    05/06/2011    1 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa sia successo alle Gocce Astrali? Dove siano finite, con quale aspetto, se si incontreranno ancora? Perché l'Oracolo ha fatto loro quei "segni" sulla spalla sinistra? E cosa dovranno fare, quando quel segno si sarà illuminato?
Questa fanfic vuole essere una tra le tante possibili risposte.
E' tempo che le Gocce Astrali scrivano la loro storia e vivano finalmente la loro vita!
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, The Oracle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Venerdì. Venerdì 31 ottobre.
Halloween.
Talia chiuse gli occhi per assaporare meglio quella parola, mentre tornava verso l’Istituto "Speranza", dove abitava insieme a Ione. Le strade erano deserte e il cielo tinto già dei colori dell’imbrunire: anche se erano appena le cinque e mezza, le giornate si stavano accorciando, ma a Talia non dispiaceva, c’era un’aria…magica, intorno. Il vento che sospingeva le foglie sembrava sussurrare formule misteriose, le vie silenziose parevano in attesa. E le stelle, le stelle erano la cosa più bella da osservare la sera! Spesso Talia saliva sul terrazzetto sopra la camera sua e di Ione mentre quest’ultima si ascoltava la musica a tutto volume. Entrambe avevano i loro spazi e momenti privatissimi, che per tacito accordo non erano mai stati violati: quando saliva sul tetto a contemplare le stelle Talia preferiva essere da sola, proprio come Ione aveva bisogno di solitudine per scrivere i testi delle sue canzoni.
Inspirò forte e sorrise alla prima stella della sera.
Arrivata alla portineria, incrociò Marylin, la loro tutrice più giovane. Marylin aveva circa trent’anni, corti capelli biondi arruffati e sempre un sorriso cordiale, che, alla vista di Talia, si allargò.
-Ciao Talia! Pronta per stasera vero?-
Talia si bloccò sulla porta.
-Ma avevi detto che quest’anno avresti portato tu in giro Herm, Dakota e Vir!-
Hermes, Dakota e Viridiana erano tre trovatelli dell’istituto che frequentavano ancora le elementari; ogni anno, ad Halloween, erano Ione e Talia a portarli in giro per il quartiere a fare "dolcetto o scherzetto", perché loro erano le maggiori di età e solitamente le tutrici dovevano restare a casa a occuparsi dei bimbi. Questa volta però Marylin aveva promesso che ci avrebbe pensato lei, mentre a badare ai più piccoli sarebbe stata Cathrine, l’altra tutrice (nonché sua sorella), cosicché Talia e Ione sarebbero state libere di andare alla festa della scuola.
 Marylin rise, scuotendo la testa.
-Ma no, ma no, che hai capito! Intendo dire per il party! Tu e Ione siete pronte?-
Talia tirò un sospiro di sollievo e alzò la busta della spesa che teneva in mano con fare significativo. Marylin la guardò con desiderio, mordendosi il labbro.
-Ooh, non avete proprio intenzione di dirmi da cosa vi vestirete vero? Uff, immagino che vi vedrò più tardi, stasera.-
Detto questo, si voltò e la salutò con un cenno allegro e una strizzatina d’occhio.
Neanche a farlo apposta, nell’atrio comparve Cathrine.
 Le due sorelle non aveva nulla in comune tra loro, tranne la pettinatura (anche se la maggiore era bruna), la gentilezza e la passione per i nomi fuori dal normale. Erano fermamente convinte che ogni bambino dovesse avere un nome che lo rispecchiasse e che fosse solo suo; per questo, quando venivano affidati allo "Speranza" dei neonati, Mary e Cath passavano la notte in bianco a scegliere, più maniacali di una vera coppia di genitori.
Per inciso, Talia Road aveva ricevuto quel nome perché era stata trovata sulla soglia dell’istituto, sotto un cielo stellato, mentre Ione si chiamava così per via dei suoi capelli, così rossi da sembrare elettrici.
Cathrine la bloccò nell’ingresso, le labbra sottili strette e la faccia stravolta, che in quel momento la faceva sembrare più vecchia di quanto non fosse in realtà. Si avviò a passo deciso verso Talia e le porse un biberon vuoto.
 -Ti prego, vammelo a riempire. Non posso allontanarmi per cinque minuti che già Anastasia ha morso l’orecchio di Nives, che sta gridando come una pazza, e devo cambiare il pannolino a Giulio per la terza volta in un’ora!-
La ragazza annuì comprensiva. Cathrine era severa, ma si faceva sempre in quattro per tutti e in quel momento Talia provò compassione per quel compito ingrato.
-Vuoi che ti mandi giù Melanie o Sarabi?-
-Sì, per favore. Tu e Ione sbrigatevi, tra poco vi preparo la cena.-
Alla porta della sua camera, bussò tre volte ed entrò senza aspettare la risposta. Ione le fu praticamente addosso.
 -Le hai trovate??-
-Certo! Sono passata mentre tornavo dalla vecchietta.- La "vecchietta" era l’anziana pensionata con cui Talia passava qualche pomeriggio a settimana, aiutandola a fare la spesa e simili, per conto dell’associazione di volontariato locale.
Ione le strappò di mano la busta e tirò fuori con un gridolino di gioia due bella paia d’ali, una da pipistrello e l’altra da angelo. Non erano tanto grandi, ma facevano comunque il loro effetto, considerando che per comprarle avevano dovuto usare i loro risparmi.
-I costumi?-
Ione indicò orgogliosa con la mano i vestiti che aveva disposto ordinatamente sul letto.
-Saremo un fantastico duo di diavoletto e angioletto!- sogghignò –Per di più stasera prevedono che faccia abbastanza caldo, anche se è autunno. Potremo andare in giro per la scuola tranquillamente in canottiera, a mostrare a tutti le nostre bellissime voglie!-
 Talia scosse la testa divertita, Ione si era proprio esaltata. Dovette però convenire che l’idea delle voglie era buona: chissà perché, avevano entrambe una voglia strana sulla spalla sinistra, un altro motivo che le aveva rese unite già da piccole.
Con quei costumi sarebbero sembrati tatuaggi fatti per l’occasione.
–Non vedo l’ora di trovare la nostra vittima!-
-Beh, possiamo provare con Wei An, ma non credo che capirebbe il senso…Naide ci manderebbe a quel paese…però credo che con Shara ci divertiremo parecchio!- rifletté con lo stesso ghigno dell’amica, che esclamò: -E poi il diavoletto sarei io? Sei proprio malefica, con quel faccino d’angelo inganni tutti!-
Talia provò a ribattere: -Non è vero…io non ho chiuso una bambina in un ascensore guasto! Ti ricordi di quella ragazzina montata, in seconda media? Aveva incominciato a prendermi in giro e a rubarmi le penne e tu hai fatto in modo che rimanesse chiusa in ascensore durante un blackout! Quello non me lo dimenticherò mai!-
-Non sapevo che ci fosse un blackout, avevamo solo litigato prima che entrasse in ascensore e d’un tratto le luci sono sparite…-
 -Allora perché ho la sensazione che tu c’entrassi comunque?-
Ione non lo sapeva, né voleva ammettere che persino lei si sentiva responsabile di quanto successo quella volta: era stato come se fosse stata lei a spegnere le luci…nel momento in cui avevano cominciato a sfavillare, aveva sentito un pizzicore sulla spalla sinistra.
Ignorò il disagio e sbottò: -Tu invece mi devi ancora spiegare come accidenti hai fatto a non essere scoperta quella volta alle elementari nell’ufficio del preside! Eri entrata di nascosto per cambiare il mio voto in un’interrogazione e ad un tratto è entrato il direttore…Me lo ricordo bene, ero fuori a guardare! A un certo punto il preside è uscito scappando!-
-Beh, tu non hai visto da dentro! È stato spaventoso! È sceso il buio completo e ho pure intravisto dei pipistrelli!-
-Me lo dici ogni volta, ma continuo a non capire come possa essere successo. E tu?-
Neanche Talia lo sapeva, ma non voleva ripensare a quel momento: prima la paura di essere colta in flagrante, poi una sensazione come di una puntura sulla spalla sinistra, e subito intorno a lei era scesa la notte. Rabbrividì, quella sì che era una storia da Halloween.
-Ma che c’entra adesso?- sbuffò –Cominciamo a prepararci!-

*** 

-Sei pronta, tesoro?- domandò la voce di sua madre dal corridoio.
Naide si diede un’altra occhiata allo specchio del suo tavolino da toilette: gli occhi azzurri erano truccati impeccabilmente con l’eyeliner nero e l’ombretto glitterato grigio perla. Il rossetto rosso scuro le definiva le labbra alla perfezione e due orecchini d’argento, che avevano l’aria di essere molto antichi, le pendevano ai lati del bel viso ovale.
Aveva sempre mal sopportato Halloween. Le piaceva essere elegante, ma l’idea di doversi vestire bene perché doveva la metteva a disagio. Creava un divario insanabile tra lei e le altre ragazze della sua età.
 Perché i suoi genitori non capivano che lei voleva solo essere normale? Avere amiche e divertirsi come tutti gli adolescenti, andare al fastfood il sabato pomeriggio e a ballare la sera?
Sospirò. Quell’anno però Halloween sarebbe stato diverso. Quell’anno lo avrebbe festeggiato con delle amiche vere, cui non importava se era vestita bene o male o quanto bene suo padre potesse parlare di loro con il preside. Sulle sue labbra affiorò il sorriso e lei lo rimirò nello specchio. Alle sue spalle vide sua madre entrare nella stanza.
-Sei pronta, Naide?- ripeté. La donna che chiamava sua madre aveva lunghi capelli mossi, castani, ma di una tonalità più scura dei suoi, un volto spigoloso e bello su cui brillavano intensi gli occhi acquamarina, e un fisico asciutto ma che non mancava di curve. Era una bella donna, ma in quel momento Naide, confrontando il suo volto e il proprio allo specchio, capì quanto poco si somigliassero.
-Sì.- rispose, senza riuscire a nascondere l’improvviso sconforto. La donna le fu subito vicina.
-Che succede, cherie? Cosa c’è che non va?-
-No…nulla, mamma. Sto bene.-
 In quel momento si sentiva ferire da tanta dolcezza. Si era improvvisamente ricordata di come aveva scoperto di essere stata adottata.
Non sapeva com’era successo. Ma ora le sembrava di avere come un déjà vu: sua madre che entrava, lo specchio, loro due che parlavano, e quando la donna era uscita e le aveva lanciato un ultimo sguardo, Naide lo aveva come trapassato con il pensiero e si era trovata nei ricordi della donna: Dauphine Millet si trovava con suo marito a Parigi, quando ancora non si erano trasferiti, e passeggiava sulla riva della Senna. Ad un tratto, dal nulla, avevano sentito piangere e avevano notato quella bambina trascinata dai flutti…aveva una voglia su una spalla, come un simbolo…il signor Millet aveva nuotato per cinque minuti buoni prima di riuscire a portarla a riva. Con la benevolenza del comune di Parigi, erano riusciti ad adottarla, e la signora aveva deciso di chiamarla Naide, come le Neiadi, le ninfe dei fiumi. Allora Naide era uscita dal ricordo ed era ripiombata nella sua stanza, nella stessa posizione di prima se non fosse per quel dolore alla spalla sinistra, e la donna non si era accorta di nulla. Aveva pensato che fosse uno scherzo della stanchezza, ma non poteva negare di sentire di aver visto solo la verità. Però come lo avrebbe spiegato? Non le avrebbe creduto nessuno, e quindi lei non ne aveva fatto parola ad anima viva. Da allora tuttavia le sembrava di poter capire se una persona mentiva o no…inutile dire che si era allontanata da tutte le vecchie, false amicizie.
Ora però ne aveva trovate di vere. E dal profondo del suo cuore sentiva che erano sincere.
Per questo si permise di sorridere al suo riflesso e a quello di sua madre.
-Sto bene. Sto andando a una festa!-

*** 

Perché io?! Perché a me?!, pensava Shara al colmo dell’imbarazzo, mentre si specchiava nel lungo specchio a muro di sua madre. Liza Fyfield si affannava attorno a lei, eccitata come una bambina.
-Guarda, Shara! Non trovi che questo sia stupendo? Ha anche le perline!- esclamò facendo tintinnare davanti al suo naso un gonnellino egiziano viola, molto corto, con attaccate alle frange placchette di metallo dorate.
Shara gemette. Sua madre si era messa in testa di farla vestire da danzatrice araba, ma non sembrava capire quanto potesse essere imbarazzante per una liceale.
Ovviamente, sua madre fraintese il suo gemito.
 -È un colore troppo scuro, dici? Hai ragione, forse fa a pugni con il top rosso…-
-Mamma…- provò a interromperla la ragazza, senza grandi risultati.
-Ora che mi ci fai pensare, a te non piacciono i colori bui, vero? In effetti i colori caldi ti stanno molto meglio…Oh, ricordo quando ci siamo trasferiti in questa casa, tre anni fa! Quando ti ho lasciato mi pareva che la tua camera avesse i muri verde scuro, ma al mio ritorno erano arancio!-
Liza Fyfield rise, come se il misterioso accaduto fosse assolutamente normale e causato solo da una sua sbadataggine.
Shara, al contrario, non rise affatto.
Lei ricordava benissimo cos’era successo. Era rimasta da sola in quella stanza dalle pareti che sembravano coperte di muffa, quella fredda stanza. Aveva pensato "Che colore orribile!", aveva pensato che quella camera era gelida. Tuttavia c’era una bella e grande porta finestra rivolta a est, che dava su un piccolo balconcino, e un bel letto grande, dall’aria morbida e la testata d’oro finto elaborata che gli dava un’aria principesca. Peccato che il colore delle lenzuola fosse in tema con le pareti. Aveva pensato "Se cambiassero i colori, questa stanza sarebbe bellissima e più calda."
Allora forse la sua vista aveva cominciato a sfocarsi, no, era la stanza che si stava…sciogliendo?! Sulla spalla sinistra aveva sentito una forte pressione…poi in un battito di ciglia la camera era diventata esattamente come voleva lei. Shara quel giorno rischiò di svenire sul serio per la prima volta.
-Shara?-
 La ragazza si accorse in quel momento che sua madre aveva smesso di parlare e aspettava una risposta. In mano teneva un paio di pantaloni arabi, con il cavallo basso e fasce elastiche sgargianti alla vita e alle caviglie, decorate con dischetti dorati che pendevano e scintillavano alla luce. Era di un bell’arancione, come le zucche di Halloween.
Sua madre sorrideva dolcemente.
-Li ho presi oggi…speravo che ti sarebbero piaciuti.-
Shara era rimasta senza fiato, balbettava ringraziamenti incoerenti. La signora Fyfield fu soddisfatta dell’opera e ricominciò con le proposte d’abbigliamento.
-Ovviamente dovrai metterti delle cavigliere sopra i sandali sai? Ah, non ti preoccupare, al tg hanno detto che ci sarà un bel clima tiepido stasera…Però per andare vuoi portarti lo stesso il coprispalle? Anche se sarà un peccato, nascondere quella tua meravigliosa voglia sulla spalla…- 

*** Inspirò. Espirò. Inspirò di nuovo, le mani, appoggiate una sopra l’altra con i palmi verso l’alto, si sollevarono al livello del plesso solare. Allora espirò, abbassandole e appoggiandole sulle cosce.
Wei An si stava concentrando nella posizione del loto. Teneva gli occhi chiusi, la fronte ampia era rilassata e sulla bocca si intravedeva l’ombra di un sorriso.
La porta scorrevole della palestrina si aprì e comparve il volto barbuto del suo tutore.
-Wei An? Ma tu non dovevi andare a una festa, stasera?-
-Certo.- rispose la ragazza, senza scomporsi e senza aprire gli occhi.
-Mi sto preparando.-
-E vai così?- domando poi l’uomo, squadrando il kimono da combattimento a mezze maniche che indossava.
 A questo punto Wei An si rialzò con grazia, senza appoggiare le mani a terra, e si voltò verso di lui sorridente. La seta bianco perlaceo della veste scintillò.
-Oggi è Halloween, Tibor.-
Il vecchio spalancò gli occhi sorpreso, poi si fece estremamente serio.
-Oggi..- mormorò.
-Proprio oggi! Te n’eri dimenticato?- lo canzonò lei con alcuna malizia nella voce allegra, mentre si sistemava il grosso fiocco di seta che pendeva sul fianco sinistro e si allacciava gli ultimi bottoni dell’allacciatura del kimono, che tagliava in diagonale la camicia, finendo sull’angolo destro. I bordi e i bottoni, fatti di seta annodata, erano turchesi, come il fiocco e l’elsa della spada cinese che Wei An portava al fianco. Tibor la notò in quel momento. Esitò prima di parlare.
-Te la lasceranno portare dentro?-
-Lo spero! In fondo è solo da allenamento, non è affilata…ma oggi preferisco non andare disarmata comunque.-
 Gli rivolse un sorriso spensierato e lui non poté fare a meno di preoccuparsi per quella ragazzina esile, generosa e cristallina. Erano tredici anni che gli era stata affidata perché la crescesse con un compito…ma ora che quel giorno era arrivato, dovette trattenersi dal dirle di non andare. Invece, rispose: -Stai attenta, mi raccomando.-
-Lo sarò, Tibor.-
La ragazza fece il saluto, inchinandosi leggermente e portando davanti al viso il pugno destro chiuso contro il palmo dell’altra mano. Quando si chinò, i suoi lunghi capelli corvini scivolarono dalla spalla sinistra, e il vecchio sobbalzò.
-Wei An! Hai tagliato una manica del kimono!- esclamò indignato. Lei sogghignò mentre lo superava di corsa, diretta verso la porta principale. Sulla soglia, prima di uscire, si voltò verso di lui: i suoi occhi brillavano, come la runa incisa sulla sua spalla sinistra.




 

Fatto anche questoooo no, in realtà doveva essere più lungo, ma sono sotto esami e quindi l’ho tagliato a metà, sigh. Farò il capitolo "Halloween – Parte 1" e "Halloween – Parte 2", ma no mi odierete, verooo??? ^^’’
Eeeeeh, finalmente si inizia a parlare un po’ di magia! Fatemi sapere se avete avuto un’intuizione riguardo ai poteri delle Twins! Il loro compito non sarà così facile da capire adesso, forse si capirà di più nella seconda parte di "Halloween", ed è proprio per questo che voglio impegnarmi a scriverla…e mi sono presa una settimana in più…
Ci vediamo al prossimo chapter, ahahahaha!!

*** 

 

 

 


 

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Inspirò forte e sorrise alla prima stella della sera.

Arrivata alla portineria, incrociò Marylin, la loro tutrice più giovane. Marylin aveva circa trent’anni, corti capelli biondi arruffati e sempre un sorriso cordiale, che, alla vista di Talia, si allargò.

-Ciao Talia! Pronta per stasera vero?-

Talia si bloccò sulla porta.

-Ma avevi detto che quest’anno avresti portato tu in giro Herm, Dakota e Vir!-

Hermes, Dakota e Viridiana erano tre trovatelli dell’istituto che frequentavano ancora le elementari; ogni anno, ad Halloween, erano Ione e Talia a portarli in giro per il quartiere a fare "dolcetto o scherzetto", perché loro erano le più grandi e solitamente le tutrici dovevano restare a casa a occuparsi dei più piccoli. Questa volta però Marylin aveva promesso che ci avrebbe pensato lei, mentre a badare ai bimbi sarebbe stata Cathrine, l’altra tutrice (nonché sua sorella), cosicché Talia e Ione sarebbero state libere di andare alla festa della scuola. 

 

 

  
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