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Autore: Unamuno    05/06/2011    0 recensioni
Ci sono cose nella vita che non si possono comprendere, figuriamoci descriverle. Come questi miei ultimi giorni, ad esempio: ci credereste che sono stato in bilico tra la vita e la morte, ed ho affrontato leoni, lupi, e chi più ne ha più ne metta? Ma questa è soltanto la punta di un iceberg ben più grande.
Io ho una storia da raccontare e, se volete, potrete far parte del pubblico. Ascoltate ciò che ho da dirvi, perché vi assicuro che se pensate a me come ad un gioco, il Gioco farà altrettanto con voi. E, credetemi, non ne sarete felici.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NB: Visto che per alcune parti una semplice descrizione non basta, ho preferito inserire direttamente l'immagine corrispondente, in modo da non farvi avere dubbi. Sentitevi liberi di cliccare sui link quando ne trovate =)

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Day One. 



Mi risveglio proprio dove mi sono addormentato, nel Madison Square Park.
Il sole è alto nel cielo e mi acceca subito. Mi alzo in piedi: tutto sembra essere normale. Che mi sia sognato tutto?

In un lampo di reminescenza ricordo subito tutti gli ultimi avvenimenti, e mi frugo istintivamente la tasca in cerca di qualcosa.
Tutto quello che avevo l'altro ieri è con me: telefono, lettore MP3, soldi. Ma c'è anche un biglietto.

Lo prendo e lo leggo: "Chiamami. 932870"
Cosa? Questo sarebbe un numero di telefono? Stranamente, il mio telefonino inizia a vibrare. E' arrivato un messaggio.

Leggo pure questo: "Ci sono dei problemi al Bennett Park. Risolvili entro 60 minuti, oppure accetta l'estinzione."
L'estinzione? Che sono, una specie protetta? Saranno i soliti messaggi inutili. Lo cancello.

Il messaggio però, invece di finire dritto nel dimenticatoio, resta sempre sullo schermo del telefono. Come se non fosse cancellabile.
Un leggero prurito fa capolino sulla mano. Non ci faccio caso.
Argh... il prurito si fa sempre più insistente. Inizia quasi a farmi male...
Mi guardo la mano: sul dorso iniziano a formarsi strane macchie. Si fanno sempre più nitide, sempre più nitide...
Un timer? Un timer mi è appena apparso sulla mano. Bello a dirsi, no?

Il timer, con mio grande sgomento, inizia a prendere vita.
Segna esattamente 59:41 secondi. E scende. Sempre di più.
E mi accorgo che forse, quel messaggio sul mio telefono può essere vero.
Quindi... sono morto sul serio. Che bello.

Rileggo il messaggio che mi è arrivato. Bennett Park si trova dall'altra parte di Manhattan, come diavolo ci arrivo?!
...tutto ciò che posso fare risiede in quello strano numero nella mia tasca. Lo compongo.

Stranamente, tuttavia, non sento nessun suono dall'altro capo della chiamata. Però, in compenso, la luce inizia a farsi più diradata.
Si sta spegnendo il sole! Rimango al buio.

Improvvisamente, il pavimento sotto i miei piedi si illumina, estendendosi sempre di più e formando un ampio cerchio. Immagino abbia un raggio di una decina di metri, per quanto è grande.
Gradualmente appare un secondo cerchio, proprio davanti a quello in cui sono ora. Ed un altro ancora.
Immagino che stiano formando una pista da seguire. Che posso fare? Ormai non ho nulla da perdere.

Proseguo per questa via illuminata, e mi accorgo che è veramente lunga.
Finalmente arrivo alla fine. Appena entro nel quarto, grosso cono di luce, inizia a ritornare tutto normale. O meglio, quasi tutto.
Perché non mi trovo più al Madison Square Park. Mi trovo all'angolo tra la 5th Avenue e la Trentatreesima Strada.
Come sono arrivato qui? Mi guardo intorno: sembra tutto normale, come se nessuno avesse spento la luce del mondo. Sto impazzendo?
Nessuno sembra curarsi di me. A parte... un tizio sta guardando nella mia direzione, dall'altra parte della strada. Mi giro per controllare che cosa ci sia alle mie spalle, ma non noto nulla di rilevante, a parte lo Starbucks.
Che stia guardando me? Improvvisamente inizia a camminare. Ma... non ha notato le automobili che stanno passando! Si schianterà!
Con il cuore in gola, noto che anche per lui accade la stessa cosa che è accaduta a me soltanto ieri: le macchine lo attraversano, senza procurargli danno.
Continua a camminare nella mia dimensione, e soltanto ora inizio a distinguere i suoi dettagli: indossa dei jeans azzurri, con diverse cinture; porta poi una T-shirt bianca con indosso un gilet chiuso di colore nero fumo; al polso sinistro porta un grosso orologio nero, mentre a quello destro porta un braccialetto color arcobaleno; il viso è sottile, ma proporzionato rispetto al resto del corpo; i suoi capelli di un colore biondo spento formano ampi ciuffi, tenuti però ordinatamente; il naso è piccolo, e le orecchie sono quasi del tutto coperte dalla capigliatura; la pelle ha un colore poco abbronzato, tendente al rosa; è alto, e sembra avere una muscolatura non troppo atletica; infine, porta dei grandi occhiali da sole. Le sue scarpe... sono le stesse che ho visto ieri. E' stato lui a mettermi il biglietto nella tasca, quindi?

"Quindi ti sei svegliato. Cosa te ne pare di tutto questo?" inizia a parlare il tizio.
"Penso che non me ne frega niente, che io non l'ho chiesto e che non lo voglio. E che mi trovo qui soltanto perché è comparso un timer sulla mia mano, ed inspiegabilmente sono diventato un fantasma per tutti. E poi non so neanche come diavolo ti chiami, perché dovrei avere a che fare con te, eh?!" sbottai all'improvviso.
"Ehi, ehi, calmati innanzitutto. Come puoi vedere, entrambi ci troviamo nella stessa barca, quindi perché dovresti addossare su di me tutte le tue frustrazioni? Ieri ti ho notato perché passavo nei dintorni, tutto qua. E comunque, per la cronaca, mi chiamo Jeremy Lockstroke. E tu sei...?"
"..."
"Il gatto ti ha mangiato la lingua, per caso? O sei semplicemente ansioso di dirmi il tuo nome?"
"..." più mi spremo, più non riesco a trovare una soluzione. Non ricordo come mi chiamo!
"Ok, va bene. Fai come vuoi. Gioca pure fino a quand..."
"Non ricordo come mi chiamo."
"Cosa?"
"Non riesco a ricordare il mio nome! Te lo devo dire altre mille volte per fartelo entrare in testa?!" questa situazione è assurda! Mi trovo a Manhattan, nella mia città, nel mio posto, nella mia vita, e non ricordo neanche come mi chiamo!
"Oh, credo di capire, eheh..." Jeremy mi ride di sottecchi.
"Cosa c'è da ridere?!" questo Jeremy inizia a farsi sempre più antipatico.
"Niente, niente che tu possa comprendere. Ma andiamo per gradi. Sai dove ti trovi?"
"A Manhattan, che dom..."
"Sai dove ti trovi, di preciso? Che posto è questo, secondo te? O nella vera Manhattan tu vai in giro a passare attraverso le vetture?"
"..." Giusto. Che razza di posto è questo? "Allora dove ci troviamo, maestrino?"
"Tsk. Questo è quello che in gergo viene definito Livello 0. Il Livello 0 è una dimensione completamente diversa al mondo reale, o Livello 1. Ed è qui che quelli come noi partecipano al Gioco."
"Cosa? Un gioco?" Vuole scommettere?
"Non un gioco qualsiasi. IL Gioco. Vedila come una sorta di scommessa in cui tutti noi giocatori ci troviamo coinvolti. Il Livello 0 è la dimensione in cui noi esistiamo, mentre il Livello 1 sarebbe il mondo come tutti lo conoscono. E so già cosa stai per chiedermi. Come mai ti trovi qui, giusto? La risposta è semplice, ma hai notato il tempo che continua a scorrere? Avremo modo di parlare appena la missione sarà compiuta." questo Jeremy sa molto di più di ciò che vuol dare a vedere. Praticamente un classico.
La missione? Oh, probabilmente si riferisce all'SMS che mi è arrivato. Forse arriva a tutti quelli che si trovano qui.
"Ma parla del Bennett Park! Come pensi di poterci arrivare in così poco tempo? E' impossibile!"
"Qui nel Livello 0 le cose sono un po' diverse da come le ricordi tu quando eri in vita." dice Jeremy mentre tira fuori una mappa di Manhattan.
"Una mappa? Pensavo che tu fossi di queste parti."
"Oh, non è una mappa comune" inizia a dire, sempre scrutando la mappa "questa, oltre ad essere la mappa di Manhattan, ne visualizza anche i Portali."
"I che?" Ma a che gioco sta giocando? Ogni volta che parla ho più dubbi di prima.
"Manhattan è divisa in varie zone, ed ogni zona è contraddistinta da un Portale. Noi giocatori possiamo passare attraverso i Portali per arrivare in fretta nelle altre zone... ecco qui la nostra. Si trova all'angolo tra la Trentatreesima Strada e Park Ave. Quanto tempo ci resta?"
"Uhm... 46 minuti."
"Partiamo allora?"

Senza aspettare la mia risposta, eccolo che già si è fiondato nella Trentatreesima Strada. Ho dovuto correre per raggiungerlo, ha il passo veramente veloce.
"E cosa ci accade se il timer scende a zero?" sparai tutto d'un fiato.
"Non ricordi cosa c'è scritto nella missione? Vieni cancellato dalla faccia della Terra."
"Come posso essere cancellato? Sono morto!"
"Non sei propriamente morto. Nella vita reale sei in bilico tra la vita e la morte. E per ritornare alla normalità devi completare tutte le missioni che ti vengono affidate. Semplice, no?" è un sorriso quello che Jeremy sta accennando?
"No che non è semplice! Non ho scelto io di partecipare a questo schifo di gioco!" Jeremy ha la rara capacità di farmi diventare furente con ogni sua parola.
"Ci siamo. L'angolo tra la Trentatreesima e Park Ave. Uhm, dove sarà il portale?" Jeremy inizia a guardarsi intorno, incurante della folla che lo attraversa frenetica.
Tutto questo è assurdo.
"Eccolo, sulla saracinesca di quell'edicola!." E va dall'altra parte dell'incrocio, dritto al grattacielo della TransPerfect Translations. Si avvicina ad un edicola. "Faresti meglio a venire qui. Non hai intenzione di perderti, vero?"
Mi avvicino anche io all'edicola. C'è un simbolo su di essa. E' un grosso cerchio seghettato all'interno con numerose strisce che formano dei raggi. Ha tutta l'aria di voler simboleggiare un sole. Ma c'è qualcosa di strano... sembra aleggiare nell'aria, e pulsare di luce blu come animato da una energia propria... ( http://i.imgur.com/ymNz9.jpg )
"E' per indicare che è un Portale. Con questo possiamo muoverci in tutta Manhattan. E, visto che i Portali possono essere usati soltanto da una persona per volta, avrai l'onore di sapere come funzionano. Contento? Di solito nessuno conosce l'esistenza dei Portali già dal primo Giorno." Un altro sorriso appare sul volto di Jeremy.
"Ti dovrei ringraziare per questo?"
"Forse." disse Jeremy mettendo la propria mano sul simbolo. Dei sottili filamenti compaiono sulla mano ad ogni pulsazione, proprio come quando ieri ho preso in mano quel ramo.
"Non preoccuparti" continua a parlare "non è un processo complicatissimo. Ti aspetto dall'altra parte. Non sbagliare destinazione, perché non avresti tutto il tempo necessario per fartela a piedi. Ti aspetto a Washington Heights."
In un batter d'occhio, Jeremy sparisce con un lampo di luce. Mi sembra assurdo ma...
Metto anche io la mano sul simbolo. Sento l'energia pervadermi il braccio e, proprio come per Jeremy, sparisco in un lampo di luce.

Mi ritrovo in una grande stanza bianca circolare. Ci saranno una ventina di porte, tutte bianche. Che cosa...?
Mi guardo attorno. Sul pavimento c'è una gigantografia del tribale che fino a qualche secondo fa stavo toccando.
Le porte sembrano tutte uguali... come faccio a distinguerle? Mi avvicino. Tutte sono contrassegnate da un numero, da 1 a 19. Qual'è quella giusta?
Provo a guardarmi di nuovo attorno. C'è una cosa che prima non avevo notato... o forse non c'era. In mezzo alla stanza, è comparsa una grande bacheca.
Mi avvicino a guardarla. Raffigura Manhattan, e sembra divisa in tante zone. Sono i suoi quartieri! Sembrano esserci tutti... ( http://i.imgur.com/qUHRk.jpg )
Ad ogni quartiere è associato un numero. Uhm, il quartiere più vicino al Bennett Park sarebbe il Washington Heights. E' il numero 1.
Mi avvicino diffidente alla porta targata 1. La apro, e subito un altro lampo di luce mi invade. Prima che potessi pararmi gli occhi, mi son ritrovato nel bel mezzo di una via trafficata.



Fine Parte Prima.

   
 
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