Libri > Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volar
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Autore: Kooskia    06/06/2011    1 recensioni
Fanfiction-crossover dedicata alla saga di Felidae, dell'autore Akif Pirincci, scarsamente nota in Italia. Ho scritto questa storia cercando di mantenere il più possibile lo stile di scrittura e i temi dell'autore, che sono caratterizzati da un uso della prima persona insieme a toni e tematiche complesse ed oscure in quella che è uno dei pochi libri con animali protagonisti al mondo a dare mostra di un thriller con dosi di horror ed eros. In questa storia ho realizzato una crossover con la ben più famosa Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare di Luis Sepulveda. La trama si sviluppa in un periodo successivo a quello del libro di Sepulveda e la scena e le tematiche sono comunque incentrate su Francis, protagonista felino della saga di Felidae, che si ritrova costretto ad aiutare i gatti di Amburgo alle prese con una serie di misteriosi omicidi tra gatti.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4 - Sangue nei boschi
Devo dirlo:la presenza di Fortunata, inizialmente vista da me come una immane seccatura, era diventata qualcosa di interessante.
A questo si aggiungeva una strana e insistente sensazione di familiarità che provavo verso di lei.
Ebbi modo di svelare questo mio pensiero solo diversi giorni dopo.
Viaggiare soli con un gabbiano può essere qualcosa di monotono.
In effetti si tratta solo di camminare, con la solita prudenza felina, ma tenendo il muso spesso sollevato al cielo per non perderla di vista. Per il resto parlavamo poco, se non fosse per le serate in cui lei riposava le ali e io digerivo qualche topolino catturato tra i cespugli, durante le quali avevamo occasione di scambiare due parole.
Il quinto giorno di viaggio però tutto cambiò.
Era pomeriggio, il sole brillava caldo e la sua luce filtrava tra i fitti alberi della foresta.
All’improvviso vidi Fortunata virare e sparire fuori dal mio campo visivo.
Mi fermai, senza osare chiamarla..
Attesi qualche minuto, prima di riuscire ad accettare la verità.
Ero solo.
Ero solo nel cuore di una foresta selvaggia, che non conoscevo e che mi era estranea.
Inizialmente non pensai al motivo per il quale Fortunata si fosse allontanata così all’improvviso.
Ero letteralmente immobilizzato dalla paura.
Ma era anche una cosa profondamente istintiva, che non dipendeva da me.
Quando mi calmai un istante la mia ragione spiegò prontamente il motivo della mia inquietudine.
La foresta era la madre degli odori e un gatto che si rispetti deve sapere riconoscere tutti gli odori del suo mondo. Quello però non era il mio mondo, e un odore forte, stranamente dolciastro ma inconfondibilmente maschile mi diceva ben poco.
Purtroppo però, a volte pazientare e sperare di passare inosservati è una tattica non molto efficace.
Dopo alcuni istanti sentii un fruscio alle mie spalle.
Decisi di ignorarlo e, fatti alcuni altri passi sentii i fruscii aumentare per numero e intensità.
Mi voltai rapidamente e quello che vidi beh… posso assicurarvi che non era uno spettacolo tranquillizzante.
Se siete gatti la penserete come me, ovviamente dubito che un umano possa aver timore di una martora.
Per chi di voi vivesse in città e facesse parte della famiglia animale dei felini, genere Felis, posso dirvi che una martora non è qualcosa che desiderereste incontrare a tu per tu nella foresta.
Animali sinuosi, veloci ed agili: sono abili predatori, e quel che è peggio è che sono di una stazza leggermente superiore alla media della mia specie.
Tanto per semplificare le cose,  di martore ce n’erano due.
-Se.. sentite, se questo è il vostro territorio allora me ne vado immediatamente, non era mia intenzione sconfinare, sono un viaggiatore solitario e non voglio guai di nessun tipo-
I quattro occhi scintillanti delle due martore mi fissavano con intensità..
Era un brutto segno. Feci qualche passo all’indietro, quando avvertii la sgradevole sensazione di avere qualcuno alle spalle.
Voltai rapidamente la testa e vidi una terza martora, ben più grande delle prime due, con il muso costellato di cicatrici.
-Noto con curiosità che la Guida della fauna selvatica Tedesca che ho in casa mia si sbaglia nel  descrivere la vostra specie come estremamente solitaria.-
Tipico discorso accademico, forse mi viene voglia di tirarli fuori per smorzare la tensione che mi cresce dentro quando sono sul punto di essere sbranato, non ci ho mai riflettuto su in effetti.
Il colosso con le cicatrici espresse il suo parere professionale con un ghigno per nulla rassicurante.
-Oh beh.. se è per quello siamo fratelli, e stiamo insieme perché qui c’è molta, molta penuria di cibo. E’ più facile per noi tre tirare a campare se ci diamo una mano, inoltre mangiare in compagnia è sempre una bella sensazione sai.. rinsalda i legami familiari.. –
Non potei fare a meno di notare come i loro legami familiari dovessero essere stati piuttosto burrascosi in passato, avevo la netta sensazione che quelle cicatrici fossero state originate da una lotta per il predominio all’interno di quel trio.
Presi nota di informare l’autore di Guida della fauna selvatica Tedesca su questo comportamento semisociale, sarebbe stato facile come al solito approfittare di un momento di distrazione di Gustav e utilizzare la web mail del suo nuovo, ancorché di seconda mano, computer.
Sapete, con l’informatizzazione della società ho drammaticamente avvertito la necessità di espandere il mio diletto culturale al di fuori dei miei amati libri, un abitudine suggeritami da un amico. Peccato che poi sia morto, anzi, diciamo che lo ammazzai io, ma questa è un’altra storia.
Se devo essere sincero, non sapevo come uscirne fuori:mi era già capitato di trovarmi in situazioni di svantaggio numerico, ma avevo sempre una via di fuga e generalmente conoscevo il territorio.
-Beh sapete.. gradirei molto fare la vostra conoscenza, ed godere assieme a voi del conforto familiare di un pranzetto pomeridiano a base di topolini di campagna, però se non vi spiace sarei già in ritardo e beh… -
Mi fermai, evidentemente il trio non era costituito da individui particolarmente adatti alla conversazione, i due fratelli più piccoli infatti si stavano facendo minacciosamente avanti, con le bocche spalancate a un rivolo di saliva che penzolava dalle loro labbra.
Notai con un attimo di inquietudine la scintillante chiostra di denti nelle loro fauci.
A quanto pare, il tempo delle conversazioni era finito.
Ora, mi sento in dovere di darvi una spiegazione:
La professione del detective al giorno d’oggi è alquanto cambiata rispetto al passato, oggi la polizia possiede metodi estremamente avanzati per compiere le proprie indagini, che vengono portate avanti da intere squadre di esperti laureati e scienziati criminologi.
 Nella mia modesta e del tutto fortuita esperienza investigativa invece ho spesso dovuto farmi carico personalmente della stragrande maggioranza delle indagini, pur avendo spesso avuto assistenza da amici fidati.
Questo comporta che un investigatore che operi con questo metodo debba spesso trovarsi faccia a faccia col pericolo, persino con l’oggetto dell’indagine.
Credete a me:è bene essere preparati a queste eventualità.
E posso dire, senza falsa modestia, di essere alquanto avvezzo a pratiche più rozze e brutali che la fine arte della dialettica.
Chiamatela una necessità se volete. O forse puro e semplice istinto di conservazione.
E in quella foresta non persi tempo, mi slanciai contro uno dei due fratelli che stavano muovendo contro di me. I nostri corpi si scontrarono violentemente e in una frazione di secondo fummo avvinghiati in una dura lotta mortale.
Lui aveva dalla sua il vantaggio del peso e della lunghezza, io però potevo contare anche sui miei affilati artigli retrattili. In una manciata di secondi i nostri corpi abbracciati in quel macabro scontro rotolarono sul fogliame, sentivo nitidamente le sue zanne che affondavano nella mia spalla destra:aveva una stretta poderosa ma aveva mancato il mio collo per mia fortuna.
Dal canto mio stavo facendo largo uso dei miei artigli sulla sua schiena, sentivo nitidamente la sua pelliccia venir via sotto i miei colpi e il suo sangue caldo colava lungo le mie zampe.
Una manciata di secondi più tardi trovai un varco nella sua difesa e infilai il mio muso fino a raggiungere il suo collo.
Strinsi con tutte le mie forze, e mentre sentivo la sua pelle bucarsi e il sangue colare via,  la sua presa sulla mia spalla si fece più flebile.
Il dolore era comunque intenso, ma questo non mi impedì di perdere la concentrazione:con un ultimo sforzo strinsi maggiormente le mie mandibole e finalmente avvertii un fiotto caldo di sangue invadermi la bocca.
La martora aveva smesso di dimenarsi, e io indietreggiai ammirando il risultato del nostro scontro.
Il mio corpo tremava per la fatica e avevo uno squarcio nella carne all’altezza della spalla, tuttavia a meno che non si infettasse, non mi sembrava una ferita poi così seria. Dolore escluso.
Al mio avversario invece restava poco da vivere: le ferite sulla schiena provocate dai miei artigli lo avevano indebolito e il mio ultimo attacco era stato fatale.
Lo osservai con un moto di pietà, mentre si contraeva spasmodicamente, affogando nel suo stesso sangue. Di lì a poco sarebbe stato solamente un corpo, freddo e morto.
Ma non avevo tempo per pensarci su:sollevai lo sguardo, sicuro di trovare i suoi fratelli pronti a vendicarlo. Quel che vidi però erano le bianche ali di Fortunata, che solcavano il cielo, non feci in tempo a chiedermi perché fosse tornata (e perché se ne fosse andata all’improvviso) che una seconda creatura attirò la mia attenzione.
Inizialmente non la distinsi con chiarezza, avvertii solo un bagliore dorato che saettò tra i cespugli e si scagliò contro la martora più piccola.
Un istante dopo e la martora era a terra come suo fratello, in una pozza di sangue.
Ed ebbi modo di vedere la mia salvatrice.
Era bellissima.
Estremamente fuori dal comune, non avevo mai visto una femmina di una stazza così imponente, ma al contempo così aggraziata nei movimenti. Era più grande di me, in effetti non avevo mai visto una femmina di quelle dimensioni, solo dei grossi gatti maschi dominanti avrebbero potuto essere paragonabili a lei.
Per dimensioni, ma non per bellezza.
La femmina era di un colore dorato acceso, tranne la pancia che era di un bianco panna, anche il suo muso sembrava artisticamente decorato con delle candide chiazze simmetriche. A contrasto vi erano solo un paio di segni neri come la pece sotto gli occhi, dello stesso colore delle orecchie, anch’esse curiosamente scure.
La vidi muoversi con eleganza davanti all’ultima martora rimasta, il leader, la più grossa e imponente del trio.
Avrei voluto aiutarla ma non ne ebbi il tempo.
 Il suo avversario era in preda alla furia e, noncurante del fatto che la femmina fosse grande quasi quanto lui, le si slanciò contro.
Lei non lo evitò,  e nemmeno si spostò, piuttosto sollevò una zampa e tirò una possente artigliata dritta al collo dell’avversario proprio mentre questi stava per saltarle addosso.
La femmina si spostò di pochi passi e il massiccio corpo della martora caracollò più in là.
Era morto ancora prima di toccare terra, con il collo aperto da un singolo chirurgico colpo.
 
Nota
Primo capitolo con un combattimento, lo stile di scrittura è cambiato leggermente e ho preferito frasi più corte e sintetiche nelle scene di lotta  a sottolineare la velocità dello scontro.
La leggera ironia durante scene pericolose è tipica di Francis, come anche il suo prender parte alla lotta senza ritrarsi. Francis è tutto fuorché non essere  in grado di difendersi.
L’accenno all’uso del pc è persistente nella trama e Francis li utilizza spesso navigando su internet e raccogliendo informazioni, l’accenno all’amico da lui ucciso è in riferimento al primo libro.
Questo capitolo ha un doppio scopo, inserire una scena di lotta slegata alla trama ed inserire un personaggio importante, Niya, uno dei miei personaggi personali nonché il secondo più importante e l’unico femminile. Per curiosità Niya è anche la mia Daimon, per chi non conoscesse il filosofo greco Socrate o la saga di  Queste Oscure Materie o non avesse visto il film  la Bussola d’Oro, il Daimon è l’incarnazione della coscienza, non dell’anima come a volte riportato. In questa fan-fiction Niya incarna alcuni elementi del mio modo di essere e di pensare, altri di come vorrei essere realmente e altri sono propri tipici del mio Daimon-coscienza ma li scopriremo in seguito.
Ho riscritto un paio di volte questa scena, indeciso sull’identità degli assalitori di Francis, ho pensato a dei gatti ma risultava troppo complesso, come anche l’ipotesi di un gruppo di cani.
Le martore sono stata la scelta definitiva.
 
  
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