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Autore: Cicciolgeiri    07/06/2011    5 recensioni
Ambientato qualche mese dopo la fine di Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare.
Jack Sparrow e il signor Gibbs sono da mesi alla disperata ricerca di un metodo efficace e possibilmente non mortale per riportare l'amata Perla Nera alle sue dimensioni originarie; Hector Barbossa, ormai capitano della Queen Anne's Revenge, è interessato ad un losco segreto che il cittadino più illustre dell'isola di Hispaniola custodisce gelosamente da vent'anni. Le strade dei nostri eroi si incroceranno nuovamente tra emozionanti ed incredibili avventure, scontri in mare aperto, riti vodoo, "figli del mare" e misteriose profezie.
Ce la farà Capitan Jack Sparrow a carpire finalmente il segreto per l'immortalità? Venite a scoprirlo ...
Barbossa scoppiò a ridere sguaiatamente, seguito immediatamente da tutti i suoi uomini, e Beatrice arricciò il naso, disgustata: il suo fiato sapeva di rum e di quelle che avrebbero potuto essere mele bacate.
- Siete una ragazza sveglia, miss Compton - acconsentì Barbossa quando ebbe finito di sganasciarsi, - ma è strano: mi avevano riferito che Lord Compton, vostro padre, avesse solo due figlie piccole - inarcò le sopracciglia con fare inquisitorio.
- Ebbene, vi hanno riferito male - ribatté Beatrice, cercando di imprimere alla sua voce una sicurezza che non aveva.
- A quanto pare - concluse Barbossa vagamente divertito. - I vostri lineamenti mi risultano stranamente familiari, miss Compton - aggiunse subito dopo, con gli occhi ridotti a fessure, afferrandole il viso con una mano e costringendola a voltarsi per osservarla da tutte le angolazioni. - Vi ho già vista da qualche parte? -
- All’Inferno, forse! - grugnì Beatrice con stizza, divincolandosi bruscamente dalla sua stretta.
A quelle parole i pirati ridacchiarono e Barbossa, con aria teatrale, strabuzzò nuovamente gli occhi, sogghignando in modo raccapricciante.
- Oh, ci siete stata anche voi? - rantolò sollazzato.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angelica, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prima di lasciarvi a questo capitolo vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito ed iniziato a seguire questa fanfictio. Vi faccio un piccolo appello: se la storia vi piace, vi prego recensite, perché lo sapete tutti benissimo quanto i commenti facciano piacere *o*


La corvetta della Royal Navy, sul cui specchio di poppa splendeva a grandi lettere dorate il nome Sea Breeze, aveva appena attraccato al porto fatiscente dell’isola di Grenada per compiere alcuni rifornimenti d’emergenza; era una nave così bella e signorile che sembrava decisamente fuoriposto in mezzo a quei marinai coperti di cenci e alle loro misere barchette rattoppate, niente più che zattere al suo confronto.
Ma il Commodoro Rogers aveva molto insistito perché gettassero l’ancora lì, convinto che Grenada fosse un sobborgo talmente noioso e squallido da non attirare minimamente le mire di pirati assetati d’oro e ricchezze e che fosse un posto sicuro per attraccare la corvetta e sistemare gli ultimi preparativi in vista del viaggio verso Kingston senza correre il rischio di un abbordaggio.
Jack Sparrow ed il signor Gibbs, effettivamente, al momento non erano assetati né d’oro né di ricchezze: erano assetati e basta e volevano solamente riportare la loro nave a dimensioni normali per salpare alla volta di nuove avventure il più presto possibile, quindi il Commodoro Rogers, in un certo senso, ci aveva visto giusto.
I due pirati avevano aspettato sera e poi si erano arrampicati su per le scalette che risalivano lungo il fianco della nave sino a raggiungere una scialuppa, sospesa grazie ad una carrucola, sopra il ponte di comando e ci si erano tuffati dentro, nascondendosi sotto le traversine.
<< Era proprio necessario? >> domandò mastro Gibbs infastidito, contemplando lo squallido abito da signora che Jack l’aveva costretto ad indossare. << Perché devo farla io, la donna? Il piano è tuo, dopotutto >>.
<< Sappiamo entrambi benissimo che in tal modo il mio fascino sarebbe divenuto tale da distrarti dalle tue mansioni, Gibbs, e per adesso mi servi lucido >> ribatté il capitano con aria di grande ovvietà.
Gibbs emise un grugnito di disapprovazione, ma non si lamentò oltre.
<< Allora, cosa dobbiamo fare esattamente? >> chiese concitato, mentre lui e Jack, al passaggio di un ufficiale della marina, si rannicchiavano sul fondo della scialuppa per non farsi vedere. << Sarebbe meglio sbrigarsi: quest’affare pizzica da morire! >>
<< Molto semplice >> rispose Jack a bassa voce, << tu, signor Gibbs, sarai il fantasma della povera Maria Montoya de Segundo, sedotta e abbandonata da un marinaio senza scrupoli centocinquant’anni orsono. Ed io ti coprirò le spalle >>.
<< Maria Montoya … >> ripeté Gibbs con gli occhi ridotti a fessure, allibito. << E, non per sembrarti inopportuno, davvero, ma come dovrei riuscirci? >>
Jack mimò con le mani inanellate l’atto di svolazzare, producendo un lieve tintinnio.
<< Volando, naturalmente >> disse.
Gibbs aggrottò la fronte senza capire.
<< Io non ho mai volato, Jack, non volerò mai e né ho intenzione di imparare stasera! >> sibilò.
<< Non dovrai volare davvero, naturalmente! >> ribatté Jack, seccato dalla totale mancanza di acume del suo collega. << Sarà un trucco, Gibbs, un effetto speciale … una cima >> disse infine, indicando le sartie allentate che pendevano sopra le loro teste tra un albero e l’altro. << Pronto a librarti nel cielo notturno? Risplenderai come una fulgida gemma, ne sono sicuro >> il capitano ghignò ed uno scintillio di denti d’oro brillò nell’oscurità.
<< Che Giove ti fulmini, Jack Sparrow. Te ed i tuoi stramaledetti piani strampalati!>> grugnì Gibbs, grattandosi poco decorosamente un punto che l’abito faceva prudere in modo spaventoso.
<< Sbaglio o avete omesso un “capitano”? >> ribatté Jack offeso.
 
Beatrice Bonny fu nuovamente trascinata verso la casa del governatore Compton con la stessa cura e delicatezza che si sarebbero potute riservare ad un sacco di patate.
Pintel e Ragetti, strattonandola senza troppe cerimonie, non facevano altro che battibeccare, ma il loro incedere era deciso e inarrestabile e, per quanto Beatrice cercasse di divincolarsi, non riusciva a sfuggire alla loro stretta.
<< Ragetti, sei davvero un’idiota! >> abbaiò Pintel con voce gracchiante. << Il capitano ci scuoierà vivi! Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente? >>
<< Io … io stavo solo ricordando un aneddoto piacevole delle nostre avventure passate >> si difese quello, a disagio. << Non pensavo che … >>
<< Eccolo il tuo problema! >> esclamò Pintel con rabbia. << Tu non pensi mai! E adesso, per colpa tua, ci troviamo in questa situazione! >>
Ragetti si guardò nervosamente attorno con aria di colpevole pentimento; subito dopo, però, il suo unico occhio si illuminò.
<< Ehi! Mi è venuta un’idea! >> esclamò, arrestandosi di colpo; Pintel, dal canto suo, continuò ad avanzare senza accorgersi che il suo compare si era fermato e tirò un tale strattone a Beatrice che, per poco, il braccio non le si staccò di netto. Il pirata, allora, notata quella certa resistenza, si voltò a guardare Ragetti con aria imbronciata.
<< Cosa? >> latrò.
<< Buttiamola in mare! >> suggerì Ragetti allegramente. << Tanto ancora non l’ha vista nessuno, eh! Che ne dici? >>
Anche il volto di Pintel si illuminò e sul suo viso contorto si disegnò un ghigno di approvazione.
<< Già! >> acconsentì, scrollando con forza il braccio di Beatrice. << Sì, gettiamola tra i flutti, questa pupattola! >>
Mentre i filibustieri scoppiavano a ridere volgarmente, Beatrice cacciò un urlo a metà tra il furibondo ed il terrorizzato e, contorcendosi disperatamente, rifilò una sonora pedata negli stinchi a Pintel, che grugnì dal dolore e si piegò di lato, ma non mollò la presa.
<< Voi … voi non potete! >> strillò oltraggiata, dibattendo le braccia nel vano tentativo di liberarsi. << Io ho invocato il parlé, che diavolo! Dovete portarmi dal capitano! Devo … parlare con il capitano! >>
<< Te lo faccio conoscere io, il capitano! >> abbaiò Pintel con rabbia, caricandosela in spalla senza curarsi delle sue proteste e dei colpi con cui gli stava bersagliando la testa e le spalle. << Il capitano Davy Jones, che vive in fondo al mare, ti va? >>
<< Ah ah! Buona questa! >> sogghignò Ragetti con voce acuta. << Davy Jones … ah ah! >>
I pirati si sbellicarono ancora una volta dalle risate, dopodiché fecero dietrofront e si misero ad attraversare il giardino sul retro, nel quale Ragetti ritrovò il suo occhio di legno, diretti giù per la collina, verso il mare.
<< Lasciatemi andare, maledetti bastardi! >> ululava Beatrice con gli occhi fuori dalle orbite, dimenandosi come una serpe velenosa. << Luridi topi di fogna che non siete altro, ammassi di letame cenciosi, sottospecie di mozzi con la scabbia … >>
<< Ma sentila! >> osservò Ragetti pacatamente, ficcandosi l’occhio di legno nell’orbita vuota e slabbrata e dandosi poderose pacche sulla fronte per farlo entrare bene. << Dove le hai imparate tutte queste lusinghe, eh? >>
<< Mi sembra quasi di portare in spalla un pescecane! >> borbottò Pintel di malumore, mentre Beatrice gli mordeva selvaggiamente la pelata e tentava di strozzarlo con le braccia. << Prima ce ne liberiamo, meglio è! >>
Ormai il bizzarro trio era quasi uscito dalla proprietà del governatore Compton e Beatrice poteva sentire lo sciabordio ritmico delle onde infrangersi contro i resti esplosi della banchina, i potenti boati delle cannonate che si facevano sempre meno frequenti, il crepitio degli incendi, il clangore metallico delle spade e gli occasionali colpi di pistola, le urla feroci dei pirati e quelle terrorizzate della gente comune che scorrazzava per le strade di La Navidad.
<< Non potete buttarmi in mare! >> ripeteva con le lacrime agli occhi. << Viscidi molluschi bugiardi, io ho invocato il parlé! Non potete uccidermi, Cristo! Devo parlare con il capitano! Non potete ammazzarmi, sono la figlia del governatore … >> non sapeva più nemmeno lei, esattamente, cosa le stesse uscendo di bocca, perché era talmente spaventata e furibonda, ed era così impegnata a mordere ogni pezzo di Pintel le capitasse tra i denti, che aveva perso la cognizione delle sue parole, ma ad un tratto i due masnadieri si bloccarono e Ragetti la fissò con tanto d’occhi da dietro la spalla di Pintel.
<< La figlia de governatore? >> ripeté sconcertato.
<< E perché non l’hai detto subito? >> gracchiò Pintel, che sanguinava copiosamente dai punti che Beatrice era riuscita a raggiungere, mettendola giù in malo modo.
Beatrice boccheggiò, senza sapere cosa dire, sorpresa almeno quanto loro, ma poi si rese conto che il vestito che aveva indosso doveva avere in qualche modo reso credibile la sua bugia, così stette bene attenta a non sprecare quella occasione di salvezza.
<< Be’, voi non me l’avete chiesto! >> esclamò, restituendo uno sguardo altero a Pintel e Ragetti che ancora la fissavano allibiti. << Ma sì, sono la figlia del governatore Compton e voi, schifosissimi avanzi di … >> Ragetti le tappò la bocca con una mano prima che potesse ricominciare a bersagliarli di epiteti poco signorili, ma Beatrice continuò a parlare imperterrita, nonostante le sue parole risuonassero indistinte e ovattate.
<< Orpo di Bacco, stavamo per accoppare la figlia del governatore! >> esclamò Pintel. << E’ stata tutta colpa tua! >> disse arrabbiato, rivolgendosi a Ragetti. << L’avremmo dovuta portare subito dal capitano! >>
<< Ma io … tu hai … >> balbettò Ragetti contrariato, ma l’altro gli fece cenno con la mano di tacere e insieme si diressero di nuovo verso la villa del governatore, scortando Beatrice con un po’ più di garbo di prima, per quanto due pirati potessero mostrarsi garbati.

***

Lo studio del governatore Compton era stato completamente messo a soqquadro: i cassetti penzolavano divelti dai cardini, il loro contenuto malamente sparso sul pavimento, mentre le sedie, le poltrone e i divani erano stai squarciati con colpi di sciabola e le loro imbottiture strappate via e seminate dappertutto. Ogni mobile era stato fracassato, ogni serratura forzata, ogni più recondito anfratto frugato, ma nulla: di ciò che Hector Barbossa stava cercando non c’era la benché minima traccia.
<< Continuate a cercare, cani rognosi! >> ululò il capitano, gli occhi azzurri strabuzzati per la rabbia e la foga, rivolto ai suoi uomini, un gruppetto di pirati brutti, lerci e cattivi che si aggirava per la stanza insieme a lui. << Deve pur essere da qualche parte, per mille diavoli! Datevi da fare, oziosi topi di sentina! >>
A quelle parole, mormorii di assenso si levarono dalla ciurma, anche se nessuno pareva particolarmente fiducioso, e i pirati continuavano a frugare in giro solo per non beccarsi una pallottola in mezzo agli occhi o una sciabola piantata tra le costole; o magari entrambe le cose.
Clonk tunk, clonk tunk, clonk tunk. I passi pesanti e scoordinati di Capitan Barbossa risuonavano sonoramente contro il pavimento tirato a lucido mentre si aggirava per lo studio come un’anima in pena.
Aveva cercato per anni quella stramaledettissima diavoleria che gli era costata molto più di quanto avrebbe voluto: ci aveva rimesso la nave, la ciurma e persino la gamba per entrarne in possesso e adesso che era giunto nel luogo in cui stava nascosta, non c’era.
Barbossa sputò per terra e assestò un poderoso colpo con la sua stampella al primo cane che osò avvicinarglisi troppo, così, giusto per sfogarsi un po’; poi, all’improvviso, dalle le scale provenne lo scalpiccio di passi affrettati e goffi che si avvicinavano svelti e, subito dopo, Pintel e Ragetti fecero irruzione nello studio del governatore trascinando per le braccia una ragazzetta dallo sguardo stravolto.
<< Capitano! Capitano! >> ansimò Pintel concitato. << Guardi un po’ chi abbiamo trovato >> annunciò allegro, scrollando energicamente il braccio della giovinetta.
<< Chi è costei? Sputate il rospo! >> ringhiò Barbossa, che non aveva né tempo né voglia di giocare agli indovinelli.
<< E’ la figlia del governatore, capitano! >> spiegò Pintel in fretta. << L’abbiamo presa mentre cercava di scappare, signore. Noi due. Io e Ragetti. Tutti da soli! >> il suo volto tozzo si aprì in un sorriso lurido e vagamente ebete, mentre il suo compare annuiva calorosamente, come a voler sottolineare la veridicità di quelle parole.
Gli occhi di Barbossa lampeggiarono in modo sinistro ed il vecchio pirata dedicò un ghigno spaventoso alla nuova arrivata, che si sentì tremare le ginocchia dalla paura e seppe con certezza che, se non ci fossero stati Ragetti e Pintel a sostenerla, sarebbe crollata per terra come un fantoccio.
<< Ooooh, niente di meno che la figlia del governatore? >> ripeté Barbossa, nella terribile parodia di quello che voleva essere un tono cortese, avvicinandosi lentamente a Beatrice per osservarla meglio.
<< S-sì >> balbettò la ragazza, il cui sguardo si era inevitabilmente soffermato sull’arto mancante del capitano. << Lady Beatrice … Compton, signore. In persona >> deglutì sonoramente, cercando invano di indietreggiare mentre il capo dei pirati le si faceva ancora più vicino.
<< Estasiato, milady >> sghignazzò Barbossa, portandosi una mano al grande cappello piumato in un accenno di riverenza che aveva ben poco di rispettoso.
Il resto della ciurma ghignò in modo malevolo; Beatrice poteva avvertire i loro sguardi osceni indugiarle addosso e rabbrividì.
<< Posso gentilmente chiedervi dove si trova vostro padre il governatore al momento attuale? >> domandò Barbossa spalancando gli occhi con fare plateale. << A costo di apparirvi indiscreto, mi preme davvero di saperlo, se non vi dispiace >>.
A Beatrice, alla quale ben poco importava della salute di quell’ometto disgustoso, non dispiaceva rispondere purché il discorso si soffermasse su Compton e nessuno minacciasse di buttarla a mare.
<< E’ stato invitato ad un party nella dimora di Lord Lancaster, stasera, insieme a mia madre e alle mie sorelle >> mentì spudoratamente, << ma non so che fine abbiano fatto tutti quanti, date le circostanze >> aggiunse in un sibilo, tremando.
Barbossa scoppiò a ridere sguaiatamente, seguito immediatamente da tutti i suoi uomini, e Beatrice arricciò il naso, disgustata: il suo fiato sapeva di rum e di quelle che avrebbero potuto essere mele bacate.
<< Siete una ragazza sveglia, miss Compton >> acconsentì Barbossa quando ebbe finito di sganasciarsi, << ma è strano: mi avevano riferito che Lord Compton avesse solo due figlie piccole >> inarcò le sopracciglia con fare inquisitorio.
<< Ebbene, vi hanno riferito male >> ribatté Beatrice, cercando di imprimere alla sua voce una sicurezza che non aveva.
<< A quanto pare >> concluse Barbossa vagamente divertito. << I vostri lineamenti mi risultano stranamente familiari, miss Compton >> aggiunse subito dopo, con gli occhi ridotti a fessure, afferrandole il viso con una mano e costringendola a voltarsi per osservarla da tutte le angolazioni. << Vi ho già vista da qualche parte? >>
<< All’Inferno, forse! >> grugnì Beatrice con stizza, divincolandosi bruscamente dalla sua stretta.
A quelle parole i pirati ridacchiarono e Barbossa, con aria teatrale, strabuzzò nuovamente gli occhi, sogghignando in modo raccapricciante.
<< Oh, ci siete stata anche voi? >> rantolò sollazzato.
Mentre la ciurma sghignazzava, Beatrice si sentì avvampare di rabbia e paura e tentò ancora una volta di divincolarsi, ma senza successo.
<< Bene, bene >> riprese Barbossa, prendendo a misurare il perimetro dello studio a grandi passi pesanti. << Dato che non possiamo contare sull’aiuto di vostro padre, sarò costretto a domandarlo a voi … >> si arrestò di colpo, dondolandosi sulla sua gamba di legno. << Dov’è? >> chiese, lanciandole un’occhiata da gelare il sangue nelle vene.
Beatrice deglutì a vuoto e aggrottò la fronte senza capire.
<< Di che diavola… >> incominciò, ma poi si corresse in fretta, dato si presupponeva fosse una lady e certe imprecazioni così colorite non si addicevano al suo rango fittizio, << … voglio dire, a cosa vi riferite? >> balbettò.
<< Non fate la finta tonta con me, madamigella >> la ammonì Barbossa con voce ringhiante. << Conosco molti modi per far parlare un uomo e lo stesso vale per una donna. Volete davvero sperimentarli? >> inarcò un sopracciglio.
Beatrice boccheggiò, terrorizzata.
<< Io davvero non so che cosa … >> esordì, poi le venne in mente qualcosa. << Non starete per caso alludendo a quella strana cassetta per i sigari? >> domandò in fretta, il cuore che le batteva a mille.
Sì, doveva per forza trattarsi di quello: il governatore Compton era molto geloso di quella sua stupida cassetta di mogano lavorato in cui conservava i suoi sigari migliori, ed era solito tenerla nascosta in uno scomparto segreto all’interno della libreria. Se qualcuno della servitù si fosse mai arrischiato a toccarla, era pur certo che si sarebbe beccato così tante frustate da dimenticare persino il suo nome.
<< Mostratemela >> ordinò Barbossa improvvisamente molto più interessato. << Lasciate andare la signora, carogne >> ingiunse, rivolto a Pintel e Ragetti, i quali mollarono all’istante la presa sulle braccia intorpidite di Beatrice.
La ragazza barcollò un momento, ma subito dopo si diresse con passo sicuro verso la libreria, cercando di non posare lo sguardo sui pirati che la circondavano; aveva pulito molte volte l’interno dello studio del governatore Compton e, spolverando la libreria, un giorno aveva scoperto quel bizzarro scomparto segreto che conteneva solo la cassettina dei sigari. L’aveva richiuso senza farne parola con nessuno per paura di incappare in una severa punizione, ma adesso sapeva perfettamente cosa fare.
Tastò il retro della libreria in ciliegio massiccio; i pirati aveva gettato all’aria gran parte dei libri, ma nessuno si era granché dedicato al mobile che li conteneva. Dopo qualche istante, Beatrice trovò un punto della libreria che suonava voto e lo pigiò con forza: uno sportellino di legno scattò di lato, rivelando una piccola nicchia contenente una scatola rettangolare intarsiata.
Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, che qualcuno la spinse di lato senza troppe cerimonie e lei cadde a terra con un tonfo: capitan Barbossa si era avventato sulla libreria ed aveva estratto dall’incavo nel legno la piccola cassetta per i sigari.
La fissava con un’inquietante bramosia che baluginava negli occhi azzurri, come se stesse reggendo tra le mani uno scrigno traboccante d’oro e gioielli, si fece strada nello studio e la posò sulla scrivania dall’altro lato della stanza con insolita delicatezza; dopodiché indietreggiò di due o tre passi, estrasse la pistola dalla cintola e sparò al lucchetto che la teneva chiusa, centrandolo perfettamente con un sonoro bang.
Il lucchetto esplose sprizzando scintille e si abbatté su una mensola carica di pesanti tomi notarili, facendo crollare tutto a terra con un gran baccano, ma Barbossa non vi prestò la benché minima attenzione e si scagliò nuovamente verso la cassetta, come uno sciacallo affamato avrebbe fatto con una carcassa.
L’aprì con mano tremante e tutti trattennero il fiato; Beatrice, che intanto si era rimessa in piedi senza che nessuno fosse stato così gentile da darle una mano, spiò il contenuto della cassetta per i sigari allungando il collo da dietro la spalla di Barbossa e scoprì che essa conteneva qualcosa che non aveva nulla a che fare con i sigari o le foglie di tabacco pregiate: lì dentro c’era una testolina di cane mummificata grinzosa ed essiccata, con un paio di gemme rosso sangue incastonate nelle orbite al posto degli occhi ed il muso incartapecorito cucito insieme all’altezza delle labbra con del grosso filo nero.
La ragazza spalancò occhi e bocca, stupefatta e disgustata al tempo stesso: che cosa diavolo ci faceva quella diavoleria vodoo nell’ufficio del governatore Compton?
<< Eccola qui >> sibilò Barbossa, poi richiuse la cassettina con uno schiocco e si voltò verso la sua ciurma trepidante con un sorriso di feroce compiacimento dipinto sul volto incavato. << Uomini >> esclamò a gran voce, levando la cassetta di legno sopra la testa a mo’ di trofeo, << abbiamo ciò che volevamo! Orsù, dunque, spieghiamo le vele per Tortuga! >>
Dalla folla di pirati si levarono ruggiti di approvazione e molti sguainarono rumorosamente le sciabole, poi i bucanieri si lanciarono al galoppo fuori dallo studio e giù per le scale, diretti alla loro nave.
Ma capitan Barbossa e un altro pirata, nero, enorme, con ossa e artigli che gli pendevano dal volto e lo sguardo stranamente vacuo, erano rimasti indietro; Beatrice aveva creduto per un glorioso istante che l’avrebbero lasciata in pace, dato che ormai l’orribile testa di cane era nelle loro mani, ma nel momento esatto in cui Barbossa le posò addosso i suoi sinistri occhi azzurri seppe di essersi illusa invano.
<< Temo proprio che dovrete venire con noi, miss Compton >> disse il vecchio pirata fingendosi addolorato e portandosi una mano al petto, << ma dato che vostro padre è irreperibile, avrò bisogno del vostro aiuto per far funzionare il mio bottino di stasera, voi mi capite, vero? >>
<< Voi … no, non potete … io non … >> ansò Beatrice con gli occhi fuori dalle orbite, guardandosi attorno disperatamente.
I due pirati erano relativamente lontani dall’uscita, così spiccò svelta una corsa verso la porta, tenendo sollevata la lunga gonna del pesante abito di Lady Sophia, e per un istante pensò di essere riuscita a sfuggire a quei masnadieri … ma Barbossa fece un cenno imperioso all’altro bucaniere il quale, mostrandosi lesto oltre ogni sospetto, balzò dietro a Beatrice e la arpionò saldamente per le spalle, sollevandola ad un palmo da terra come se non avesse peso.
La ragazza urlò con tutto il fiato che aveva in gola, si dimenò e scalciò come una forsennata, ma quell’enorme pirata era molto peggio di Pintel e Ragetti messi insieme e rimase perfettamente impassibile, senza neppure degnarla di uno sguardo, la stretta solida come il marmo.
Barbossa spuntò zoppicando da dietro l’enorme schiena del bucaniere gigantesco, un ghigno giallognolo dipinto sul volto grinzoso, e ammiccò alla volta di Beatrice.
<< Non siate sciocca, miss Beatrice >> la ammonì scuotendo lievemente il capo, << o mi costringerete ad appendervi io stesso all’albero maestro per quel vostro collo così grazioso, sono stato chiaro? >>
Beatrice tentò ancora una volta di divincolarsi, più per caparbietà che per vera speranza di riuscire a fuggire.
<< Cristallino >> sibilò furibonda.
<< Molto bene! >> esclamò Barbossa soddisfatto. << E allora andiamo, per tutti i fulmini: il mare ci aspetta >>.


 
  
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