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Autore: cutuletta    07/06/2011    13 recensioni
Finalmente Kate riesce a risolvere il mistero che si cela dietro la morte di sua madre. Per lei e per Castle si profila un nuovo inizio.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alexis scese in cucina per fare colazione e trovò sua nonna che si versava del caffè.
-Ci sono novità? – Chiese la piccola di casa Castle con aria speranzosa
-No tesoro!
-Ha dormito sul divano anche stanotte?
-Non credo abbia dormito! Vedessi che faccia …
-Dormire non è l’unica cosa che non fa, allora … Non ha un buon odore, sono giorni che non fa una doccia. Nonna io inizio a preoccuparmi seriamente!

Dopo la partenza di Kate, Castle non riusciva a darsi pace. Non aveva più messo piede al distretto dalla chiacchierata con Montgomery, non era neanche più uscito di casa. Era rimasto su quel divano a guardare le giornate passargli davanti tutte uguali.
Sobbalzava ad ogni squillo del telefono, guardava sconfortato i numeri di Paula e Gina alternarsi sul display senza leggere mai l’unico nome che avrebbe voluto, quello che avrebbe dato di nuovo senso alla sua esistenza.

Detestava farsi vedere così da sua figlia, dalla sua famiglia, ma non riusciva a reagire. Sarebbe stato facile buttarsi sul lavoro per non pensare; nei suoi divorzi era stato così, ma con Kate non se n’era andata solo la donna che amava, ma anche la sua musa; come poteva trovare l’ispirazione per i suoi libri se la donna per cui aveva ritrovato la passione per la scrittura l’aveva piantato in asso?

Partecipava assente alle conversazioni, annuiva in modo stanco, mangiava a malapena. Affogava spesso i pensieri che gli affollavano la mente nell’alcool. Una sera Martha lo trovò seduto sul divano semi-addormentato che invocava il nome di Kate, con la bottiglia stretta tra le braccia. Era difficile capire come fare a ricominciare. Tutto quello che contava davvero per lui se n’era andato con lei.

- E’ normale tesoro, purtroppo.
-Non è normale, è l’ombra di se stesso, non lo riconosco più.
-Perché è ancora nella prima fase!
-Prima fase?
-Vedi tesoro quando qualcuno a cui teniamo ci lascia attraversiamo tre fasi, le cosiddette “tre fasi della depressione”
Alexis si sedette confusa su uno sgabello, in attesa che la nonna le spiegasse.
-Allora la prima fase è quella che sta vivendo tuo padre. Non si ha voglia di reagire, si passa tutto il tempo in casa con la stessa biancheria intima per giorni – Alexis fece una smorfia di disgusto – e non si ha voglia di vedere nessuno. La seconda fase è un periodo di transizione. Inizia inducendo nella persona una reazione, facendola sentire utile ad uno scopo. Ti dico che quando tra me e quel bel fusto di James Leroy finì, solo la mia amica Mary riuscì a farmi uscire inventando la scusa che avevo un provino con Marlon Brando!
-E tu le hai creduto?
-Certo che no! Ma avevo bisogno di uscire; ero pronta a passare alla fase due. Quindi ho fatto finta di crederle!

Alexis la guardò intensamente e sollevò un sopracciglio, lo faceva in modo identico al padre
-E va bene, sì, le ho creduto. Ma ero depressa e vulnerabile, è stata crudele a giocare la carta Brando, era il mio idolo!
Alexis sorrise e scosse leggermente la testa.
-La fase tre?
-La fase tre è quella che precede la ripresa, ed è quella più difficile da gestire per chi sta intorno alla persona mollata, perché questa comincia a fare cose strane, diciamo “alternative”. E’ una sorta di espiazione del dolore.
-La tua terza fase in cosa consisteva?
-Ho iniziato a lavorare a maglia! Volevo fare una coperta a tuo padre
-Nonna tu sei negata per quelle cose.
-Infatti. Hai presente quella specie di sottobicchieri ricamato?
-Vuoi dire quel centrino grosso quanto un piattino da caffè?
-Ecco quella era la mia coperta! Ci ho messo tre mesi per finirla …
Alexis sorrise.

***

Le cose non cambiarono di una virgola per altri tre giorni, finché una mattina Richard ricevette una telefonata da Lanie:
-Castle, ciao sono Lanie
-Hey – Disse senza particolare enfasi
-Non mi importa se sei in pigiama, se stai dormendo o qualunque altra cosa tu stia facendo, alza le chiappe e vieni al distretto. Ora! NON TOCCARE QUELLO … - Si sentì urlare, tanto che Castle fu costretto ad allontanare l’i-phone dall’orecchio. – Se non vieni subito, giuro che faccio un infanticidio!
E riagganciò
-Un infan …?  Lanie? Lanie? – Castle guardò il cellulare ormai atono. Si passò una mano tra i capelli e sulla barba incolta. Se c’era una cosa che il dolore non aveva sepolto era la sua indole curiosa. Cosa era mai successo da spingere Lanie a chiamare? Quando pensò al distretto gli venne un nodo allo stomaco, tornare lì, senza Kate! Amaramente si sollevò dal divano e andò a prepararsi.

Arrivò al distretto dopo 40 minuti. Aveva l’aria sbattuta e sembrava terribilmente pensieroso. Quando aprì la porta dell’obitorio, fu travolto da due bambini che giocavano a rincorrersi, ne vide altri che stavano intorno a Lanie e altri che toccavano la lente d’ingrandimento sul tavolo per le autopsie.
Un bambino si era persino sdraiato sul tavolo, simulando un cadavere. Quella scena gli strappò un sorriso; era il primo dopo dieci giorni.
-AH GRAZIE A DIO SEI ARRIVATO. – Disse Lanie, come se fosse con l’acqua alla gola e avesse appena visto un bagnino di Baywatch
-Ma che succede?
-Viaggio organizzato. Ora le scuole fanno fare dei tour nei commissariati, nelle caserme dei pompieri – i bambini urlano in coro SIIII, quando Lanie pronunciò quella parola; metà di quelle piccole pesti voleva fare il pompiere da grande – si chiama visita formativa.
-Cosa c’entro io con tutto questo?
-Hanno dieci anni Castle, siete più o meno coetanei cerebralmente, e poi mi servono le tue idee da scrittore per tenerli buoni, sto letteralmente dando di matto. Hey tu, quello non è un giocattolo! – Disse avvicinandosi con fare minacciosa ad un bambino che toccava lo sterilizzatore.
Castle si voltò e vide un bambino mettere le mani in un contenitore, gli si avvicinò e disse:
-Fossi in te non lo farei.
-Perché? –Chiese il bambino preoccupato
-E’ lì che mettono gli organi interni dei morti
Il bambino corse piangendo verso la maestra, che guardò Castle come se fosse un maniaco. Lo scrittore demotivato si avvicinò a Lanie e disse a bassa voce:
-Credo che non sia stata una buona idea, non sono dell’umore adatto e ho appena fatto piangere un bambino
-Piantala, sapessi quanti di loro hanno fatto piangere me da stamattina. Bene bambini, un attimo di attenzione – disse a gran voce – questo signore vicino a me è Richard Castle è uno scrittore. Fategli tante domande

Castle si preparò a rispondere abbastanza frustrato da quella situazione
-Sei un poliziotto? Perché non hai la pistola e il distintivo?
-Cosa Scrivi?
-Sei famoso? Io non ti conosco!
-Uno alla volta, vi prego! Allora no, non sono un poliziotto e non ho una pistola. Scrivo libri gialli, sono libri che si ispirano alle vicende dei poliziotti veri. – Si bloccò appena dicendo quella frase, al pensiero della sua musa che l’aveva abbandonato – Sì, sono discretamente famoso!
-Conosci l’autrice di Harry Potter?
-Non di persona, ma ho letto i suoi libri
-BUUUU – si sollevò un coro di disappunto. Castle guardò Lanie, non sapendo che fare
-Racconta qualche storia macabra, su! – Lo incitò Lanie sottovoce
-Se sei uno scrittore, perché stai qua?
Castle ci mise qualche secondo prima di rispondere
-Seguo … Seguivo una detective della polizia per prendere spunto per i miei libri. – fece un grosso respiro, si voltò verso Lanie  e le disse a voce bassa: - Scusami non ce la faccio! – Ed uscì

Gli mancava l’aria in quella stanza, con quella pressione continua e quegli occhietti vispi puntati addosso. Non era in vena di esibizionismi. Non oggi, almeno. Mentre fece per andarsene, vide un bambino seduto su una panca all’uscita dell’obitorio che dondolava le gambe che non riuscivano a toccare terra. Aveva un’aria sconfortata e un lecca lecca in bocca. Si avvicinò a lui:
-Tutto bene?
Il bambino fece spallucce. Castle gli si sedette accanto
-Hai paura di quella camera? La dottoressa Parish ti ha sgridato? Sa essere davvero spaventosa, quando si arrabbia!  -Disse accennando un piccolo sorriso. Quel bambino dall’aria così indifesa fece emergere il suo istinto paterno, distraendolo per un po’ dai suoi problemi...
-No, sono triste!
-E che succede?
-E’ colpa di kelly.
-Una tua amica?
-Mi ha mandato un foglietto per chiedermi se volevo mettermi con lei, io ho detto sì e poi è sparita. – Poi si ammutolì e tornò a succhiare il suo lecca lecca. Castle capiva bene i tormenti di quel giovane ometto, altroché se li capiva.

Qualche minuto più tardi una bambina dall’aria saputella si avvicinò al ragazzo con le pene d’amore, mise le braccia conserte, picchiettando con un piede una mattonella. Assunse uno sguardo di disapprovazione, che si estese allo scrittore che aveva la stessa espressione triste del bimbo e come lui un lecca lecca in bocca

-Mamma ha detto che non devi mangiare quella roba, fa male ai denti. Mi meraviglio che un uomo adulto come lei non lo sappia. – Disse in direzione di Castle che si affrettò a togliersi il lecca lecca dalla bocca e a gettarlo nel cestino
-Oh non rompere! –Disse il bimbo in direzione di sua sorella
-Ma la smetti di commiserarti – Il termine piacque molto a Castle, che fu sorpreso dall’eloquenza della piccola. – Se dovrei vederti
-Ehm scusami veramente si dice se dovessi – Castle si affrettò a correggerla. La bambina lo fulminò con lo sguardo e poi riprese in direzione di suo fratello
-Pensi che kelly tornerebbe da te se ti vedesse – Si voltò verso Castle, che annuì in segno di approvazione – in questo stato? Devi reagire! Ok, lei se n’è andata ma tu sei ancora qui, comportati da bambino di dieci anni, non da mollusco senza cervello. Potresti fare le cose che hai sempre rimandato, come costruire la casetta sull’albero con papà!

Castle guardava quella bambina come se avesse appena avuto un’illuminazione, era rinvigorente sapere finalmente cosa fare e anche un po’ imbarazzante che fosse stata una bambina a farglielo notare.

***

Quando Alexis e Martha rientrarono a casa rimasero sconvolte. Castle era sbarbato, lavato, profumato e aveva addosso una vecchia t-shirt e un jeans strappato.
-papà, co.. cosa fai?
-Ciao tesoro! –Disse con la ritrovata espressione di padre affettuoso e presente. Alexis distese il volto in un sorriso e lo abbracciò, come se fosse appena tornato da un lungo viaggio
-Che bello vederti di nuovo sorridere, papà!
-Già, è merito di un’amica, mi ha aperto gli occhi!

Martha e Alexis sapevano della gita al distretto, pensavano che le parole di Rick fossero rivolte a Lanie, mai avrebbero immaginato che dietro ci fosse una bambina di dieci anni!

-Sono contenta, caro! Ma perché hai quei jeans strappati?
-Non potevo mettere quelli buoni, si sarebbero rovinati.
-Rovinati per cosa papà?
-Ci sono parecchi lavori da fare per casa, ho sempre rimandato, ma ora ho tutto il tempo per occuparmene. A partire dall’anta del tuo armadio … - Disse stringendo tra le braccia la sua piccola.
Alexis guardò la nonna perplessa e preoccupata. Castle fra tutte le sue doti non aveva di certo la manualità per i lavori di riparazione domestica. Non appena Castle si allontanò, Martha disse, accostandosi all’orecchio della nipote:
-E’ entrato nella terza fase!
 
 


Salve gente,
capitoletto di passaggio questo, mi serviva per stemperare un po’ il clima agonizzante dei precedenti e per prepararvi al prossimo che verterà su un argomento che rompe un po' gli equilibri …
Grazie per la lettura e i commenti, se vorrete lasciarne!

In onore delle mie adorate Lu e Mari, il mantra ve lo scrivo così:
“Arregoda, abarra calmu, c'esti sa quarta stagioni!”
   
 
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