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Autore: Sabe    07/06/2011    2 recensioni
Perché il tempo leniva le ferite, ma sopratutto le persone ti aggiustavano.
Infatti ora, quando i suoi occhi caddero irrimediabilmente in quelli verde mare di lui, distruggendo così quella falsa sicurezza che era riuscita a racimolare; ora che tutto sembrava cambiato, diverso, quasi migliore e sopratutto quando lei aveva cominciato a credere di aver nascosto definitivamente dentro di sé la delusione che portava, un vecchio nodo le salii in gola a rivedere con facilità la piccola -ma non indimenticabile- pagliuzza di oscurità che albergava in una remota parte di quegli occhi chiari, gli stessi occhi che a forza di costringersi di amare ci era riuscita cadendoci a capofitto senza rendersene conto. Si ritrovò così a rivivere parte di quei ricordi, di quei rancori e di quella rabbia, rabbia che la pervase in pochi secondi, tanto da oscurare velocemente il tenue sentimento che era sbocciato da poco nel suo cuore, ma ritornò presto in sé, sorridendogli e avvicinandosi a lui come non aveva mai fatto.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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 Salve a tutti, ma sopratutto CIAO carissime!

Per chi mi conosce già sarà sorpreso di rivedermi in questo settore, nonostante il raiting non sia quello che uso di solito -spero di non deludervi lo stesso!-, e vista la mia non-lontanissima fuga da Twilight per andare ad occupare una piccola parte nelle Originali.

Mi siete mancati e sopratutto mi sono mancati molto questi personaggi, ai quali devo molto, personaggi che mi hanno aiutato a migliorarmi come scrittrice, ma anche come persona.

Ma... scommetto che vi starete chiedendo ancora cosa ci faccio io qui! Beh, in parte avevo nostalgia di questo mondo e in parte volevo distrarmi un po'. La mia attuale storia, “My Frog Prince” non sta avendo molto successo e questo mi ha decisamente buttato giù di morale, così mi sono tirata su le maniche e fatta in quattro per creare questa piccola shot -che di piccola non ha proprio niente-, ispirandomi ad una delle mie autrici su Efp preferite, Vivien L, che più volte mi ha dimostrato che le vere storie d'amore non finiscono solo tra baci e abbracci, ma vanno molto oltre, oltre “il vissero felici e contenti” e oltre la nostra misera volontà.

Così la ringrazio, perché è anche merito suo se mi è tornata la voglia di tornare in questo settore. Quindi Grazie Cara. :D

Per concludere spero che gradirete lo stesso questa mini storia, anche se è totalmente differente dal mio solito.

Buona lettura e a presto, spero. Ciao!
P.s. Mi trovate su facebook, Sabe Efp.

Un'idiota e un'orgogliosa non combinano
niente di buono iniemse

   

Sistemò dolcemente le lunghe calze di pizzo nero fino a farle risalire lungo le gambe, poco sotto il linguine e poi avvicinò i tacchi al letto per poterseli mettere comodamente seduta. Una volta fatto, si alzò lentamente per evitare di sgualcire il delicato vestito, anch'esso nero e camminò verso lo specchio, ancheggiando e facendo oscillare i lunghi capelli castani sulle sue spalle.

-Niente male. Pensò ed era anche sicura che non sarebbe stata l'unica a farlo se non si fosse trovata sola nella grande e lussuosissima stanza del Grand Hotel di New York.

Il ricamo delle calze spiccava appena sotto l'orlo del vestito, ma era abbastanza per lasciar intravedere le cosce sode e proporzionate: modello della “donna perfetta”e per far risaltare le lunghe e magre gambe che aveva. Il piccolo perizoma rosso fuoco spiccava inevitabilmente sotto la leggera e poco coprente stoffa del vestito, nel chiaro invito di ricevere attenzioni ed infine -ma non meno importante- il vestito saliva lungo il suo corpo fino a coprirla, stranamente, sotto il collo, lasciando comunque in bella vista le braccia scoperte e mettendo in evidenzia la sua vita sottile.

Era perfetta, perfetta per colpire.

Eppure le faceva “strano”, si era abituata così bene a non essere più se stessa che indossare ora una parte di quello che era prima la faceva sentire a disagio, quasi inadeguata. Tempo prima avrebbe scelto un vestito che mettesse in risalto principalmente il suo seno, un seno non troppo abbondante ma abbastanza perfetto per far volgere lascivamente gli sguardi maschili verso di lei; ora però preferiva “scoprire” solo le gambe, per quanto potevano essere in bella mostra sotto le affascinanti calze di pizzo, ma sapeva con certezza che quelle sarebbero state il suo punto debole e quindi non avrebbe mai rinunciato a sottoporlo a questa piccola tortura, in previsione di quella che gli avrebbe inflitto dopo.

Solo per prepararlo a quello che lo aspettava.

Osservò un'ultima volta il proprio riflesso, accarezzando con le mani i fianchi per saggiarne la morbidezza e per ritrovare quelle curve che a forza di nascondere si era dimenticata di avere. Fu inevitabile però, per lei, immaginare ancora una volta le mani di qualcun altro sul suo corpo, le stesse mani che l'avevano tormentata fino allo sfinimento per tanto tempo e che ora, invece, desiderava con tutte le sue forze, sbagliando ovviamente.

Scacciò frettolosamente certi pensieri dalla testa e, volgendo distrattamente uno sguardo all'orologio sul comodino, si morse il labbro inferiore con forza per renderlo di un colore più vivo e di conseguenza più invitante e, dopo un amaro sorriso, uscii dalla sua camera, ostentando fin troppa sicurezza -sicurezza che di vero aveva solo il nome-.

Erano cambiate così tante cose ed in così poco tempo che ora le sembrava di rinascere, o di morire, dipendeva dai punti vista. Basti pensare che, tempo prima, non avrebbe avuto timore di mostrarsi per quello che era e, invece, ora quasi si vergognava del proprio passato, lo rinnegava e ne aveva paura, perché: per quanto nessuno ne sapesse qualcosa o potesse anche solo immaginare quello che lei era, aveva imparato a tenersi sempre pronta per ogni emergenza. Aveva imparato a cambiare, a nascondere la vera se stessa per fingere alla meglio chi doveva essere e adesso, nonostante avesse finalmente raggiunto la meta predestinata, potendo così anche togliersi l'opprimente maschera che portava da mesi, preferiva concludere diversamente -a detta sua in bellezza-, essendo per metà se stessa.

Doveva colpire, affondare il proprio nemico con un colpo solo.

Ma mentre attraversava i lunghi corridoi privi della minima presenza di vita, mentre scendeva l'imponente scala che dava sull'hall dell'hotel con naturalezza, nonostante i tacchi alti e mentre vedeva pian piano gli occhi degli invitati voltarsi verso di lei sempre più velocemente come se le avessero puntato un faro contro in mezzo al buio, ripescava tra i ricordi a quanto aveva aspettato a lungo quel momento, non sembrava nemmeno che fosse passato un anno. E invece erano passati quasi ben 12 mesi da “quel giorno”, qualcosa era cambiato in lei da all'ora, poco o tanto non importava e sopratutto qualcosa di nuovo era nato in lei: la vendetta.

Servita fredda su un piatto d'argento, no?

Beh, lei voleva dargli quel tenue gusto di piccante e caldo, al punto giusto per bruciarlo.

Così aveva lavorato tanto per il suo piano, lo aveva seguito per settimane -dopo una breve e facile ricerca-, si era nascosta tra la folla per studiarlo e conoscerlo, credendo che quello sarebbe bastato, e si era finta qualcun altro -qualcuno di banale- approfittando del fatto che lui non si ricordasse di lei per avvicinarsi ancora di più.

Il suo unico errore, però, fu quello di non valutare l'ipotesi che qualcosa sarebbe potuta andare storta, che il piano si potesse rivoltare contro di lei e così aveva proseguito senza ulteriori precauzioni e senza la minima consapevolezza di cosa stava andando in contro, anche se apparentemente consapevole.

Perché il tempo leniva le ferite, ma sopratutto le persone ti aggiustavano.

Infatti ora, quando i suoi occhi caddero irrimediabilmente in quelli verde mare di lui, distruggendo così quella falsa sicurezza che era riuscita a racimolare; ora che tutto sembrava cambiato, diverso, quasi migliore e sopratutto quando lei aveva cominciato a credere di aver nascosto definitivamente dentro di sé la delusione che portava, un vecchio nodo le salii in gola a rivedere con facilità la piccola -ma non indimenticabile- pagliuzza di oscurità che albergava in una remota parte di quegli occhi chiari, gli stessi occhi che a forza di costringersi di amare ci era riuscita cadendoci a capofitto senza rendersene conto. Si ritrovò così a rivivere parte di quei ricordi, di quei rancori e di quella rabbia, rabbia che la pervase in pochi secondi, tanto da oscurare velocemente il tenue sentimento che era sbocciato da poco nel suo cuore, ma ritornò presto in sé, sorridendogli e avvicinandosi a lui come non aveva mai fatto.

<<Isabella!>>. Il suo richiamo, risuonò più come una domanda che le porgeva con lo sguardo, ma che lei prontamente ignorò dandogli la mano per farsi ammirare in tutto il suo splendore, come una bambolina.

E lui rimase sorpreso, con troppe parole nella testa e nessuna sulla lingua e questo perché Isabella era timida, non ostentava sicurezza e sopratutto non cercava in tutti modi di attirare gli sguardi degli uomini che fino a pochi minuti prima parlavano con il suo uomo.

°°

<<Sei bellissima>>. Lei aveva abbassato gli occhi per fingere quell'insicurezza che non aveva e aveva stretto la camicia di lui tra le dita per entrare di più nel personaggio della “ragazzina al primo amore che non desiderava altro che stare accanto al proprio uomo”, ma dentro di sé voleva solo sentire da più vicino l'aspro e mascolino profumo di dopobarba che proveniva dalla sua pelle, solo che non riusciva ad ammetterlo con se stessa.

Sei bellissima.”

Lei sapeva che lo era, tanti uomini prima di lui glielo avevano detto, ma mai come in quel momento sentiva che quel pensiero lui potesse realmente pensarlo e che sopratutto non avesse altri fini se non quello di farle sapere che per lui era bella. Questo non voleva dire che anche gli altri non lo credevano, il fatto che lei fosse bella non era discutibile perché era così e neppure il critico d'Arte più esperto poteva rinnegare una venere del genere, ma dette da lui quelle due semplici e banali paroline... beh, la facevano sentire realmente la più bella e riuscivano ad illuderla per qualche secondo, facendole dimenticare che di bello in lei c'era purtroppo solo l'aspetto esteriore.

Così aveva rialzato gli occhi, ormai tristi e malinconici, a causa dei suoi stessi pensieri, nei suoi chiari, convinta che lui avesse intuito il suo piccolo cambio d'umore e il leggero tremolio che aveva impadronito le sue mani -aveva paura che i suoi pensieri non fossero solo parole che volteggiavano nella sua testa, ma che anche lui, con quello sguardo così perforante, potesse capire di più di quanto avrebbe dovuto-, ma quando era riuscita a incontrare il suo sguardo aveva visto solo la lucentezza della sua serenità e ogni sua paura le era sembrata totalmente infondata.

Per lui era bellissima, ed il resto era solo un banale dettaglio.

°°

<<Isabella?>>. Le chiese lui sempre più insicuro dalla sicurezza della sua donna, ma l'assecondò lo stesso perché sapeva che Isabella non si sporgeva a baciare con passione il proprio uomo davanti ad altra gente, creando un'aria imbarazzante per lui e tremendamente calda per i sudici uomini che fissavano ostentatamente il suo semicoperto fondo schiena, senza che quell'azione improvvisa fosse causata da qualche altra cosa.

°°

<<Ti sei sporcata>>. Le aveva pulito la punta del naso con un lieve bacio, mal celando, però, il riso che gli provocava vedere la ragazza seduta accanto a lui sporca di gelato e si era abbassato all'altezza dei suoi occhi scuri ostentando un sorriso fin troppo radioso. E lei era rimasta impietrita, il pur se lieve contatto con le sue labbra l'aveva scossa irrimediabilmente ed ora non riusciva ad uscire dall'imbarazzante silenzio che era caduto su di loro.

Non c'erano mai stati particolari contatti fino a d'ora, infondo lei aveva avuto la forza di farsi avanti a mettere in scena il suo piano solo tre settimane prima e prima che lui era riuscito a notarla dietro il bancone del bar dove si era fatta assumere quasi minacciando il proprietario -e questo solo perché sapeva che lui sarebbe venuto tutte le mattine a prendere il suo Espresso lì- erano passati altri sette giorni e di conseguenza il tempo le aveva impedito di abituarsi a questi suoi continui agguati.

Eh già, per lei questi suoi piccoli avvicinamenti erano dei veri e propri agguati in grado di sorprenderla ogni volta e di farle battere inspiegabilmente il cuore.

Lui l'osservava, senza dimenticare di mantenere un sorriso ben saldo sul volto e neanche a farlo apposta le guance di lei cominciavano a farsi poco a poco più scure, velando un profondo imbarazzo e l'inesperienza sul campo “occhi negli occhi”.

<<Guardami>>. La voce roca di lui aveva sferzato con il respiro le sue labbra e lei aveva dovuto trattenere il fiato per qualche secondo prima di riuscire a controllare il battito del suo cuore che non si decideva a tornare regolare.

<<Ti sto guardando!>>. Inevitabilmente gli occhi le erano caduti sulla bocca di lui, sempre dipinta su quel suo sorriso sghembo -il quale era troppo invitante per non darci una sbirciatina- e trovò così maledettamente fastidioso il fatto di non riuscire a trattenere il desiderio di assalirlo, letteralmente!

Ma non poteva, lei doveva essere la ragazzina al primo amore e non quella che per baciare un uomo non si faceva certo dei problemi. No, lei doveva essere cauta e riuscire a trattenere quella maledetta voglia di infilargli la lingua in bocca e di prenderlo ancora una volta solo con passione e lussuria.

Mica quell'ammasso di stupidaggini di sentimenti e d'amore a cui invece doveva avere fede ora!

<<Non è abbastanza>>.

Ma come poteva pretendere di resistere alla tentazione quando quell'uomo, un uomo che aveva già avuto -anche se ora si ritrovava ad odiare il loro precedente incontro, perché se non fosse successo adesso lei non starebbe a combattere contro se stessa per uno stupido bacio- il piacere di “assaporare”, le sussurrava raucamente a pochi centimetri dalla bocca, stuzzicandola maliziosamente con una mano in vita e l'altra a sorreggere lo stupido gelato al pistacchio?

No, semplicemente non poteva e, come era prevedibile, si era tuffata immediatamente tra le sue labbra senza esitazione, andando alla ricerca della sua lingua e artigliando con la mano libera i suoi capelli ramati.

E si erano semplicemente baciati, nonostante l'inizio un po' irruento, lei era riuscita a calmarsi -infondo era solo un bacio, no?- e aveva cercato di essere più “ragazzina” e “innamorata” possibile. Ma senza nemmeno rendersene conto, lasciando da parte la vera se stessa, quella che pensava solo al piacere individuale, si era inevitabilmente trovata a lambire le labbra di lui con il cuore spegnendo completamente la mente.

E si erano semplicemente baciati, per quasi 15 minuti, seduti sulla panchina vicino alla gelateria, non si erano staccati dal groviglio di mano, testa, gelato, naso, braccia, borsa, labbra, gelato... e si erano baciati, conoscendo per la prima volta -o almeno era quello che credeva lui- la bocca dell'altro e sentendo una strana voglia di fare solo quello.

Ma sopratutto lei l'aveva baciato, proprio come se fosse la prima volta e proprio come una ragazzina innamorata.

E si erano semplicemente baciati: lui godendo appieno di lei e lei dimenticandosi di fingere perché tanto le era venuto naturale.

°°

<<Ciao>>. Isabella si staccò finalmente dalle sue labbra, ripiangendo la dolcezza e l'amore -anche se in parte finto- che aveva caratterizzato il loro primo vero bacio, cercò di scacciare ogni ripensamento tornando sulle labbra di lui alla ricerca disperata del coraggio che le mancava e lasciandogli poi qualche traccia del rossetto rosso che portava e, come se tutta l'attenzione attirata non fosse stata abbastanza, lasciò scivolare sensualmente la mano sul suo petto fino a sfiorare -consapevole dell'effetto che avrebbe provocato- la cinta di lui.

- 3...2...1... Mio! Aveva pensato appena avvertì qualcosa indurirsi sotto i suoi pantaloni e sorrise maliziosa verso di lui, ignorando la fitta di dolore che le stava salendo in gola.

°°

<<Mi piace quando sei così intraprendente e fai tutto tu, ma non capisco perché questo tuo lato da pantera nasca solo quando facciamo l'amore? Forse se ti aprissi così sempre, basterebbe anche un po' di sicurezza in più, riusciresti a relazionare più facilmente con gli altri non credi?>>.

Si trovavano sdraiati, lei tra le braccia di lui, nel grande letto dell'appartamento del suo uomo, lo stesso letto che li aveva colti silenziosamente in atteggiamenti più intimi e che ora invece assisteva ad una delle solite chiacchiere mattutine che intraprendevano entrambi con piacere.

<<Dovrei essere più intraprendente anche con gli altri?>>. Lei l'aveva sussurrato appena, chiudendo gli occhi nel tentativo di fermare il moto di ricordi che la stavano per invadere la mente e senza neanche accorgersene si era stretta maggiormente al petto di lui per ritrovare quella sicurezza che da qualche tempo -sopratutto da quando aveva capito che il piano non stava procedendo come si aspettava- aveva scoperto di ritrovare solo con la sua vicinanza.

Intraprendente?

Oh, lei sapeva bene cosa voleva dire essere più intraprendente, più decisa, più sicura e sapeva bene com'era quando lei era così. E proprio perché lo sapeva così bene non aveva nessuno intenzione ora, vicina al profumo di lui, così tanto da farla sentire più leggera, da non voler per niente provare a tornare ad esserlo.

Lui credeva bene che fosse solo quello a bloccare la sua fiducia verso gli altri, la sua non-insicurezza, visto che le uniche persone che frequentava era la famiglia di lui -dove stranamente aveva trovato per la prima volta delle vere amicizie-, ma questo solo perché tutte le sue vecchie “amicizie” le aveva dovute abbandonare per il suo piano, per essere quella che non era: la ragazzina timida, piena di sogni e perfetta per lui.

Ma quello che la rendeva triste più di ogni cosa era il fatto che, nonostante lei gli avesse ripetuto più volte che stava bene così, con lui e la sua famiglia, lui la spronava sempre ad aprirsi, ad essere migliore se non per lui almeno per se stessa e continuando ad ignorare che l'ombra che albergava in quei momenti giù, negli occhi di lei, fosse solamente solitudine invece che semplice risentimento e senso di colpa.

<<Isabella, guardami. Non volevo offenderti, lo sai che io ti amo per quella che sei e non importa quello che penso io, l'importante è che tu sia felice>>. Lei aveva alzato lo sguardo pieno di lacrime represse e, non trovando ancora una volta il coraggio di rispondergli, l'aveva semplicemente baciato, cercando di fargli capire quello che a parole non riusciva a dire.

Già, lui l'amava e lei lo sapeva. L'amava così tanto da sorridere ancora di più quando glielo aveva confessato la prima volta ed a non essere scoraggiato quando lei non era riuscita a rispondergli; perché lui l'amava tanto da aspettare giorni, settimane, mesi senza ricevere in cambio quelle due paroline che lui le ripeteva sempre.

Già, lui l'amava e lei lo sapeva, ma sapeva anche che non sarebbe riuscita a nascondere i suoi sentimenti ancora a lungo.

°°

<<Amore?>>. Fu la voce di lui a farla rinsavire dopo essere annegata nei suoi stessi pensieri e, come succedeva spesso da quando aveva capito di non avere più tempo, chiuse gli occhi per ricercare dentro di sé la vera Isabella, quella che lui non aveva conosciuto e sopratutto quella che non amava, per nascondere l'Isabella che invece si era abituata ad essere e che ora desiderava diventare più di ogni altra cosa al mondo per poter vivere in pace e felice con il suo uomo.

Lui la vera Isabella non la conosceva e questo l'aiutava a proteggersi.

Ma non aveva più tempo, tutto era andato nel verso sbagliato e aveva infranto l'unica regola che si era designata prima di mettere in scena il piano: non doveva essere coinvolta.

E tutto era andato bene, fino a un certo punto però: lui era diventato totalmente preso da lei, era riuscita a fargli aprire il suo cuore solo per lei e lei non doveva fare altro che rompere e spaccare una volta per tutto quel cuore con rabbia, con soddisfazione e con gioia...

Ma lei si era innamorata.

Lei era innamorata di lui; amava tutto di lui, dalla voce agli occhi, dalle sue parole ai suoi modi, dalla sua gentilezza alla sua passione, dal suo amore al suo cuore. Lei lo amava e non aveva tempo, non aveva più tempo ma era decisa che, finché il sentimento non avrebbe preso il sopravento sulla ragione, doveva portare avanti quello che aveva iniziato, anche se questo avrebbe significato la fine della falsa Isabella, quella che aveva imparato ad amare e che amava anche lui, e avrebbe invece riportato alla luce la vera Isabella, quella che lei non voleva più e che già una volta lui aveva ripudiato.

Un tempo, era solo passato un anno...

Com'è che l'aveva definita lui?

Ah sì, “La Puttana”.

La stessa che si era portato a letto -circa un anno prima- il giorno prima del suo matrimonio ma che, solo come un Edward Cullen “doc”poteva fare, si era fatto scoprire mezzo nudo e leggermente frastornato dalla sbornia mattutina lungo i corridoi dell'hotel a cinque stelle che ospitava le famiglie dei due futuri sposini da una delle damigelle della sua non-ancora-mogliettina e, di conseguenza, l'insignificante scopata con la sciagurata di turno adescata in un bar diventava la causa della fine di una nuova possibile vita.

E così lei era diventata “La Puttana”.

Isabella ricordava con dolore quella mattina, quando lui si era svegliato al suo fianco e, riportando alla memoria quello che c'era stato tra di loro, non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarla in viso, come se la sua sola visuale lo disgustasse, per poi fuggire, raccattando velocemente i suoi vestiti da terra e dandole gentilmente della poco di buono e della approfittatrice; senza dimenticarsi ovviamente di urlarle quanto non valesse niente né per lui né per se stessa, sbattendole poi la porta in faccia talmente forte da farla piangere.

Già da allora era riuscito a conquistarla, sia in bene che in male.

No, non poteva dimenticare nemmeno il motivo, la causa, la fatidica “goccia che fece traboccare il vaso” e che le fece prendere una volta per tutte la decisione di mettere su il suo piano: lui non l'aveva riconosciuta nemmeno dopo quando, scappata il più velocemente possibile dalla camera dell'hotel con il viso completamente inondato di lacrime, aveva cercato la via più breve per andarsene definitivamente da lì e senza neanche a farlo apposta l'aveva rincontrato.

Edward era lì, appena fuori dalle porte principali, con l'inesorabile sigaretta tra le mani e gli occhi chiusi verso l'alto, mentre il fumo fuoriusciva dalle sua labbra e con quell'angoscia che sembrava tormentarlo. Per un momento Isabella aveva smesso pure di respirare con la paura di affrontare nuovamente la sua rabbia e il suo disgusto, ma era rimasta invece così assorta da lui, dal suo sguardo, da non rendersi nemmeno conto che pochi secondi dopo la sigaretta era già finita e che, quando lui si era voltato indietro per tornare dentro l'hotel, l'aveva vista, ma purtroppo non riconosciuta.

Non aveva riconosciuto la sua Puttana.

Forse era colpa del trucco pesante che, ormai disciolto sul viso di lei, sfigurava un po' la sua reale bellezza, o forse quel leggero tormento che imperlava i suoi occhi chiari gli impedivano di accorgersi di chi gli stava accanto, ma comunque era stato devastante per il suo fragile cuore vedere con quanta naturalezza lui se n'era andato dopo, lanciandole solo una veloce occhiata.

Ma, nonostante tutte le varie ipotesi, in quel momento lei purtroppo aveva compreso solo che non poteva fare finta di niente; tante volte aveva lasciato correre azioni, pensieri, parole di uomini che di uomo non avevano nemmeno il nome. Lei doveva reagire e per una volta essere superiore, essere migliore, essere la più forte.

E se questo avrebbe comportato far innamorare Edward di lei, per avere quella rivincita sulla vita che l'aveva condannata fino dalla culla, era disposta ad impiegare pure tutta la sua misera esistenza per distruggere definitivamente una volta per tutte il cuore di quell'uomo, e il fatto di non averla riconosciuta l'avrebbe solo sfruttato a suo favore, imbrogliandolo e fingendosi una non-puttana.

Fingendosi l'Isabella che lui ora amava.

<<Amore, tutto bene? Dobbiamo andare di là adesso...>>. E invece adesso Edward, lo stesso Edward Cullen di un anno prima, la guardava abbastanza confuso per come si era comportata prima e preoccupato per lo sguardo vitreo che aveva. Dai suoi occhi lei capiva che avrebbe voluto rimanere lì con lei, solo con lei, per chiederle realmente cosa la turbasse, ma il dovere lo chiamava e doveva partecipare alla festa del suo fidanzamento, o meglio del loro fidanzamento.

<<Bella, ci stanno aspettando..>>.

Bella...

Amore...

Isabella...

Per la prima volta Isabella allontanò gli occhi da quelli di lui e notò con piacere che tutti gli uomini presenti prima non c'erano più e li avevano lasciati da soli, probabilmente per seguire il resto degli invitati nella sala grande dell'hotel, quella dove ci sarebbe stata la festa in loro onore. Edward le circondò il busto con un braccio, attirandola inesorabilmente a sé e, di conseguenza, il cuore di lei cominciò a battere forsennato senza un reale motivo. Forse era dovuto alla vicinanza del suo uomo, o almeno sperava fosse così perché l'ipotesi che l'agitazione stesse prendendo il sopravento sul suo solito controllo la intimoriva e la rendeva ancora più insicura.

Ma la vera Isabella non era mai insicura.

Si volse verso di lui per cercare una risposta definitiva, ma, scontrando i suoi occhi cioccolato con quelli verde vivo di lui, sentii solo una profonda fitta attraversarle il petto, come il suo cuore si fosse appena spezzato in due parti.

Da una parte Edward l'aveva umiliata, ma dall'altra sembrava passato così tanto tempo da allora che faticava a risentire la rabbia che l'aveva spinta a fare tutto quello solo per vendicarsi; era passato troppo e troppe cose erano successe per farle ricordare perfettamente cose voleva all'ora, ma sopratutto lei si era innamorata di Edward, inesorabilmente innamorata di lui.

Così non sapeva più cosa doveva fare, cosa era meglio che accadesse:

Concludere il piano, ridando ad Edward quello che le aveva tolto tempo prima?

O fingere ancora una volta che dentro di sé non sentisse quel rancore che l'aveva spinta ad elidere se stessa per crearne una nuova e continuare a fingere, a mentire per tutta la vita, una vita però acconto all'uomo che amava?

Poteva farlo?

No, non poteva. Non sarebbe mai riuscita a vivere una vita in cui lei non era se stessa e dove viveva un amore che non era per lei, ma verso una non-puttana.

Perché lei era La Puttana.

No, non poteva. Edward le aveva tolto troppo quella mattina, le aveva tolto quel briciolo di speranza, le aveva distrutto ogni possibilità di rifarsi, di migliorarsi gettando la sua anima nella disperazione e costringendola a cercare vendetta; perché, infondo, quella sera al bar era stata bene con lui, avevano parlato, riso, scherzato e sopratutto lui non ci aveva provato con lei, nonostante indossasse solo un reggiseno e una minigonna dove si intravedeva facilmente il perizoma e lavorasse nello stesso bar come spogliarellista.

Se non fosse stato per quel bacio, quello che lei gli aveva lasciato sulle labbra -ma solo perché era il suo modo di ringraziarlo per la serata che avevano trascorso assieme, come semplici amici di bar- dopo essersi offerta di accompagnarlo all'hotel perché non conosceva la zona, forse lui non avrebbe frainteso e non l'avrebbe attirata a se con irruenza. Forse pochi minuti dopo non si sarebbero trovati già nella stanza di lui, nudi e uniti in un unico corpo: lei sperando di vivere di più di un semplice rapporto sessuale e lui cercando di opprimere la terrificante paura di doversi sposare il giorno dopo, tanto da non pensare minimamente alle conseguenze e che, magari, quella ragazza avrebbe dovuto avere a che fare dopo anche lei con i propri sentimenti.

Se non fosse stato per quel bacio, forse lei la mattina non sarebbe diventata La Puttana.

Sotto l'invito di Edward, Isabella si decise una volta per tutte a seguirlo dentro l'enorme stanza dei ricevimenti, ma ogni passo per lei era come una dolorosa coltellata ai fianchi, alle gambe, alla testa, al busto, evitando ovviamente la zona dove si trovava il cuore per il colpo finale. Ogni passo era una lacrima che avrebbe voluto scavare sul suo viso per cicatrizzare per sempre il dolore che sentiva, mentre il respiro accelerava sempre di più e si sentiva girare la testa tanto da doversi aggrappare ad Edward.

Ma infondo lei lo amava, così tanto da voler sacrificare se stessa.

L'avrebbe fatto, no?

Entrati, fecero qualche veloce saluto ai presenti e poi lui la portò al centro della sala per fare il discorso che si era preparato da giorni. In quel momento però Isabella avrebbe voluto non averlo mai incontrato, o almeno non avere mai avuto l'incoscienza di volerlo conoscere.

<<Signore e Signori, vi ringrazio per essere venuti qui oggi a festeggiare insieme a me l'amore che provo verso questa donna -Edward si voltò a guardarla, indugiando troppo nei suoi occhi scuri e colpendola con l'intensità che riusciva a trasmettere anche solo con un sorriso- perché, nonostante io la conosca da poco meno di un anno, un anno che è volato da quando lei è accanto a me, io so che l'amo e che l'amo come non potrei fare con chiunque altro. E questo perché, anche quando la vedo semplice e tranquilla a leggere il suo libro sul divano così attenta e coinvolta in quelle parole, tanto da estraniarsi totalmente dal mondo, io so che se non ci fosse la sua passione di vivere, la sua voglia di scoprire sempre del nuovo sicuramente sarei potuto diventare un uomo piatto e vuoto; io so che l'amo, perché anche quando brontola come una vecchia nonnetta o peggio di una bambina per avere ragione io so che se non potessi sentire le sue lamentele mi annoierei, non potrei godere della sua voce, che di fastidioso non ha niente, e di certo non potrei ridere spensierato come faccio ora; perché io l'amo, l'amo anche quando la vedo di mattina o di sera, pettinata o con i capelli per aria, con i denti lavati o con l'alito di fogna, sensuale o goffa, vestita o nuda, lontana o vicina, arrabbiata o triste, gentile o scorbutica durante il ciclo, amica o amante... Io so che l'amo, perché non potrei fare altrimenti; perché senza di lei, senza i suoi occhi cioccolatosi, senza il suo sorriso, senza le sue manie, senza le sue insicurezze, senza i suoi baci, senza la sua piccola presenza, senza l'amore che provo per lei non sarebbe lo stesso. Io l'amo e l'ho capito appena l'ho intravista dietro a quel bancone dove lavorava, tutta indaffarata a servire i clienti e con il grembiule sporco di zucchero per le ciambelle. Io l'amo e so anche che stavolta non sbaglio, perché non credo di essere mai stato sicuro su qualcosa in tutta la mia vita come ora.

Io amo con tutto il cuore Isabella Marie Swan, e per questo una settimana fa le ho chiesto di sposarmi, come glielo chiedo ora, qui, ancora, davanti a tutti voi... Bella, vorresti concedermi l'onore di continuare ad amarti per il resto della mia misera vita e di prendermi cura di te finché non sarai tu stessa a dirmi di smetterla?>>.

Bella, vuoi sposarmi?

Ed ora il piano poteva arrivare al termine, finalmente lei poteva vendicarsi per quello che Edward le aveva fatto, usandola una notte, illudendola e poi facendola diventare “La Puttana”.

Aveva faticato tanto per arrivare a questo punto, anche solo per avvicinarsi a lui, per diventare quello che era ora e per farsi amare da lui; era riuscita ad illuderlo come aveva fatto lui una volta e adesso non le bastava altro che fare la stessa cosa, rifiutandolo davanti a tutti e facendogli sapere che lei non era mai stata quell'Isabella.

Lei non era altro che una Puttana.

E allora perché lo guardava e tremava dalla voglia di rispondergli di sì?

Perché voleva solo buttarsi tra le sue braccia e piangere, piangere finché il cuore non finisse di dolergli a forza di mentire?

Perché lo invidiava per come riusciva ad amarla così facilmente?

Perché non gli rispondeva?

<<Isabella>>. Ma lei taceva.

<<Isabella..>>. Ma lei tremava e taceva.

<<Bella..>>. Ma lei...

Finalmente Isabella alzò sguardo dopo averlo tenuto nascosto dietro i capelli e sorrise, uno di quei sorrisi amari e piedi lacrime represse; uno di quei sorrisi in cui vorresti solo urlare e disperarti e cerchi invece di trattenere tutto, mascherandolo dietro ad un stupido muro di menzogne.

<<Bella..>>. Si guardarono a lungo, finché lui timoroso di quello che stava per succedere le prese le mani tra le sue e solo allora lei si accorse che un'inquietante silenzio era sceso sulla sala. Tutti aspettavano una sua risposta, ma più di chiunque altro lui aspettava una sua risposta, possibilmente affermativa.

Sì, Edward.

Ma non voleva più mentire, non voleva più soffrire e non voleva essere chi era...

<<No, Edward>>.

La reazione di lui fu facilmente prevedibile: stupore, incredulità, sconforto, dolore, rabbia, rancore e ancora dolore. Ma lei l'aveva abilmente ignorata, lasciando con forza la presa delle sue mani e scivolando lontana da lui, fino ad uscire definitivamente dalla sala e chiudendosi dietro di sé le porte in un orribile tonfo.

L'aveva fatto, ci era riuscita, aveva compiuto la sua vendetta, ma... Il sapore era decisamente troppo amaro per esultare come avrebbe voluto e desiderato.

Aveva perso Edward, aveva perso la nuova Isabella, aveva perso ogni possibile futuro ed ora non le rimaneva niente, se non il suo stupido orgoglio e il suo essere una perfetta Puttana.

Non sapeva nemmeno chi era, e lei continuava ad amare Edward.

Le lacrime spingevano con forza di uscire al solo pensiero dello sguardo perso del suo uomo -voleva considerarlo suo ancora per un po', infondo lei lo amava-, ma si era ripromessa che non l'avrebbe fatto e infatti non lo fece, esteriormente. Dentro il suo cuore piangeva per lei, quasi moriva dopo il colpo che da sola si era inflitta e di questo n'era felice perché se lo meritava.

Ma non riusciva ad accettare il fatto che tutto fosse finito, che tutto fosse semplicemente morto; avrebbe voluto tornare indietro e impedire a se stessa di non commettere lo stesso errore. Non avrebbe voluto incontrare Edward quella notte al bar, non avrebbe voluto baciarlo per ringraziarlo, non avrebbe voluto illudersi mentre lui la faceva sua quella -ormai troppo lontana- notte, non avrebbe voluto scappare dall'hotel e incontrare di nuovo il suo sguardo di ghiaccio, non avrebbe voluto decidere di vendicarsi, non avrebbe voluto costringersi di conoscerlo e poi di amarlo, non avrebbe voluto innamorarsi di lui sul serio questa volta, non avrebbe voluto scegliere di portare avanti con orgoglio il suo piano invece che abbassarsi all'amore che provava per lui, e non avrebbe voluto dirgli di no.

Non avrebbe voluto essere ancora La stessa orgogliosa Puttana di sempre.

*****

Edward non l'aveva raggiunta dopo che era scappata via dalla sala, era rimasto semplicemente immobile, a guardare il vuoto che lo circondava dopo che tutti gli invitati se n'erano andati poco a poco, con ancora il cofanetto contenente l'anello per Isabella in tasca. Non l'aveva seguita e di questo non si pentiva, perché aveva riconosciuto quello sguardo, il sorriso amaro e sconfitto della donna che amava, una donna però che non l'aveva mai ricambiato del tutto.

-Non avrebbe cambiato niente. No, per niente e, anzi, avrebbe potuto solo scoprire la verità, verità che non avrebbe voluto sapere.

Non l'aveva seguita, non l'aveva cercata e non l'aveva più vista.

Continuava ad Amarla però. Si costringeva a ricordarla per come l'aveva vista l'ultima volta, con quel vestito nero pizzo, con i tacchi alti e quel sorriso seducente sulle labbra. Già lì, quando l'aveva osservata scendere le scale dell'hotel, avrebbe dovuto capire che qualcosa era cambiato, che qualcosa stava per cambiare. Ma lui pensava alla sua proposta, lui pensava al suo amore e non aveva dato peso alla donna del suo amore, dimenticandosi di notare come in sole poche ore lei era diventata un'altra persona.

Quella non era la sua Isabella, non era la Bella che amava.

Fu inevitabile ripensare al suo precedente quasi-matrimonio, un matrimonio che non aveva mai voluto, ma che aveva invece dovuto accettare per far felice suo padre, accasandosi con la figlia di un ricco imprenditore -naturalmente super amico di Cullen Senior-. Quella volta però, per la prima volta, aveva fatto qualcosa per sé, invece che dare retta sempre agli altri e aveva conosciuto una ragazza.

La Puttana”, così aveva chiamato la ragazza che era riuscita a dargli molto di più che del semplice sesso, e questo solo perché voleva nascondere la rabbia che aveva provato nell'essere stato così debole. Lei con il suo completino da spogliarellista al bar, lei con il suo sorriso a parlare di cose futili, lei con quel suo bacio della buona notte che l'aveva fatto scattare come non mai, lei con quella passione, quegli occhi, solo lei.

E invece l'aveva chiamata Puttana.

Edward ricordava bene com'era distrutto, terribilmente arrabbiato con se stesso e quanto si odiava per quello che aveva fatto, detto, o anche solo pensato. Si odiava, oh come si odiava, ma non riusciva a pentirsi in fondo; cosa avrebbe dovuto dire? Di certo non poteva rivelarle quanto era stato bene e che era la prima volta che sentiva una forte attrazione verso una ragazza, non doveva dirle che se non fosse stato per il suo imminente matrimonio sarebbe scappato con lei, ovunque, ma con lei.

Non poteva, ma si odiava lo stesso.

Poi aveva incontrato Isabella.

In poco tempo, in pochi sguardi verso gli occhi cioccolato di lei, aveva dimenticato, rimosso del tutto quella notte, quella ragazza e quel suo comportamento da stupido.

Isabella aveva occupato tutti i suoi pensieri e ogni proposito di cercare quella ragazza, di cui non sapeva nemmeno il nome e che a causa dell'alcol ingerito la sera precedente persino il volto gli era distorto, ogni futuro tentativo di farsi perdonare per quella rabbia verso un sentimento nuovo che l'aveva accecato a tal punto da farlo parlare a sproposito, era volato via con il vento ed ora, come la stessa Isabella che l'aveva abbandonato definitivamente.

Ma nonostante tutto non capiva, non riusciva a comprendere il vero motivo dell'abbandono della sua donna.

Edward non l'aveva seguita, non l'aveva cercata e non l'aveva più vista, e questo solo perché era un'idiota.

**

Un disguido, un incomprensione, una casualità, una mancanza, un motivo, sono tutti componenti della causa per cui sia Edward che Isabella non sono riusciti a stare insieme. L'idiota e l'orgogliosa, non combinano niente di buono insieme perché purtroppo le relazioni, sia quelle nate in un modo che in un altro, non sono a senso unico e se in questo caso tutti e due si fossero fermati un attimo a capire, anche ad ascoltare di più quello che li circondava, probabilmente adesso la situazione sarebbe diversa, anche migliore se vogliamo.

L'idiota aveva vissuto per tutta la vita in una realtà stretta, decisamente non sua, ma quando aveva avuto l'opportunità di farsi una vita per sé, l'aveva subito buttata via, rifugiandosi nella stessa realtà che aveva ripudiato da sempre. In più, nemmeno dopo il definitivo abbandono di Isabella si era sforzato in alcun modo di capire, anzi ere voluto restare dov'era a ripescare vecchi ricordi ed altre idiozie.

L'orgogliosa era quel che era: una puttana, un'insicura, una ragazzina innamorata, una Bella. Purtroppo però c'era un limite al cambiamento e per Isabella questo era stato il suo punto debole, perché per quanto lei si sforzasse di essere chi non era e più la vera Isabella, La Puttana, veniva a galla. Edward non se n'era mai accorto perché era troppo accecato dal suo amore, ma invece per Bella era difficile continuare a mentire su ogni cosa, dai suoi gusti musicali al suo carattere e così aveva preferito dare un taglio netto a tutto e riprendersi quello che Edward le aveva tolto tempo prima: l'orgoglio.

RINGRAZIO CHIUNQUE ABBIA AVUTO LA FORZA PER ARRIVARE FINO IN FONDO E SPERO CHE -CHI MI CONOSCEVA GIA' E SPERAVA IN UN MIO RITORNO- QUESTA SHOT GLI ABBIA FATTO PIACERE LO STESSO.

GRAZIE LO STESSO A TUTTI E VI AUGURO UNA BUONA NOTTE! :)

Sabe 

  
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