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Autore: Phenex    07/06/2011    1 recensioni
Quante volte ci aveva provato? Milioni, o forse miliardi. Neanche lui lo sapeva con esattezza. In fin dei conti il tempo, nei meandri della fantasia, è quasi impercettibile, a meno che ovviamente non smettiamo di pensare.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quante volte ci aveva provato? Milioni, o forse miliardi. Neanche lui lo sapeva con esattezza. In fin dei conti il tempo, nei meandri della fantasia, è quasi impercettibile, a meno che ovviamente non smettiamo di pensare.

Omega afferrò quel cilindro di vetro fluttuante. Al suo interno c'era un liquido, del thè per l'esattezza, un thè che lui amava da impazzire quando, come tutti, vagava per la realtà alla ricerca di realizzare i propri sogni. Si portò alle labbra il cilindro di vetro e sorseggiò. Per l'ennesima volta non fu soddisfatto del risultato. Rabbioso, lanciò il bicchiere a terra o meglio nel nulla. Un nulla né bianco, né nero dove Omega fluttuava privo di peso e massa. Osservò il bicchiere cadere sospirando. Si chiedeva perché. Non ottenne risposta. Come poteva ottenerne una se in quello spazio esisteva solo lui e ciò che immaginava?

La sua capacità di creare era grande, talmente grande che avrebbe potuto creare il mondo dal nulla per poi farlo scomparire allo stesso modo, ma qualcosa mancava di continuo, come quel fantomatico pezzetto che da bambini vediamo raffigurato nelle confezioni delle costruzioni, e che mai riusciamo a trovare per completare la nostra fantastica nave spaziale.

Omega si portò la mano alla testa e si sedette su una sedia di legno comparsa alle sue spalle. Lentamente quel nulla che lo circondava cominciò a prendere forma. Il soffitto si trasformò in un cielo azzurro adornato da nuvole candide e soffici. Sul pavimento cominciarono a comparire lunghe lastre di pietra che si interrompevano per dare spazio a lunghe ferrovie.

In pochi secondi, lì, dove il nulla era tutto ciò che si poteva vedere per quanto si sforzasse gli occhi, si era generata una stazione ferroviaria affollata da decine di persone che si spingevano e si scontravano nel tentativo di non tardare a salire nel loro treno, un treno che li avrebbe portati in mezzo ad altri individui, tra nuovi spintoni e nuovi scontri.

Tutto quel via e vai di persone un tempo avrebbe fatto andare su tutte le furie Omega, ma questo accadeva molto tempo prima, quando quelli non erano solo immagini create dalla sua mente ma esseri viventi veri e propri che con molta probabilità non erano poi così diversi da quelle proiezioni prive di sogni e scopi. Omega li osservò tutti con attenzione. Si era sempre chiesto, ogni volta che si ritrovava in mezzo alla folla, quali pensieri invadessero le menti di quelle persone che ogni giorno affrontavano la vita senza mai fermarsi. Egli si chiedeva perché, perché riuscivano ad andare avanti con il sorriso; lavoravano per più di metà giornata con solo una pausa per mangiare un panino poco saporito e scarsamente nutriente. Omega, al contrario, si sentiva stanco al solo pensiero di dover impiegare il suo tempo un'ora o due. Il solo sapere che un giorno avrebbe dovuto comportarsi come quella gente, lo faceva sentire debole e triste, talmente triste da fargli stringere il cuscino prima di dormire per abbandonarsi in un pianto silenzioso e colmo di malinconia.

L'attenzione di Omega fu attratta da un ragazzo seduto in una panchina della stazione con lo sguardo rivolto verso il pavimento morto. Il ragazzo aveva i capelli e gli occhi castani e indossava un pesante giaccone blu scuro. Tra le mani teneva il portafoglio da cui aveva appena estratto un foglietto scritto da entrambe le facciate. Omega si alzò dalla sedia e si avvicinò al ragazzo che, sorpreso da una folata di vento, perse il foglietto. Il pezzetto di carta volò al di là delle recinzioni della stazione. Il giovane si alzò di scatto dalla panchina ma dopo pochi passi si fermò e fissò il foglio volare via con lo sguardo di chi perde qualcosa di valore, come un gioiello o un orologio d'oro.

Omega si avvicinò al ragazzo. Si sentì in grado di percepire come si sentisse in quel momento.

Perdere quel foglietto, dove aveva scritto cosa pensava sul mondo e sulle persone, per lui doveva rappresentare come una fiamma su cui riscaldare le mani congelate durante l'inverno, quando le temperature scendono sotto zero ed è come se il freddo si trasformasse in tanti pugnali che ti perforano la pelle senza pietà. Così doveva sentirsi quel ragazzo, pugnalato dalla monotonia e dalla solitudine, ogni giorno della sua vita.

Omega sospirò. Viveva quel ricordo molto spesso, lui era quel ragazzo che tristemente osservava il suo falò, rappresentato da un fragile foglio di carta, svanire dalla sua vita. Ricordarlo lo faceva soffrire, figurarsi riviverlo. Però ogni volta sperava che la sua stretta fosse più forte di quella del vento, sperava di rivedere il foglietto al sicuro nel suo portafogli, sperava di vedere per lo meno dove quel suo tesoro fosse finito, ma i suoi ricordi terminavano lì ed altro non poteva sapere se non quello che ricordava.

Lentamente tutte quelle persone che lo accerchiavano, tutti quei rumori che rimbombavano, cominciarono a svanire per dare spazio di nuovo a quel nulla. Si guardò intorno riesumando nella sua testa i ricordi delle prime costruzioni che aveva generato in quello spazio vuoto e privo di consistenza. Questo bastò per riempire quel nulla di tantissime immagini in movimento che iniziarono a roteare attorno ad Omega. Molte di quelle immagini rappresentavano la distruzione del mondo, una sorta di apocalisse reale dove le persone venivano torturate e uccise. Quelli erano i primi pensieri che avevano riempito lo spazio vuoto, un mondo dove l'umanità veniva punita per i suoi peccati e dove lui, Omega, era il giudice di quella intera razza ingrata per i suoi criteri. Quelle immagini avevano sempre lo stesso tema ma cambiavano di continuo, come se Omega avesse distrutto più volte il genere umano cambiando sempre il sistema. Quei ricordi gli fecero tornare alla mente i primi giorni trascorsi in quel paradiso che era nella sua fantasia. Finalmente aveva ottenuto la sua vendetta sul mondo e si era liberato da ogni frustrazione, ma ciò non lo aveva soddisfatto. Nuovi ricordi s'aggiunsero. Immagini di ragazzi adolescenti, soldati, ragazzine carine, sofferenza e divertimento. Quelle erano le storie che Omega aveva scritto durante il suo tempo libero e che grazie alla sua mente aveva potuto vedere come un film.

Aveva potuto parlare con quei personaggi che lui stesso aveva creato, quei personaggi su cui fantasticava ogni minuto della sua giornata, ma anche questo non lo aveva appagato.

Le immagini svanirono nel nulla così come erano arrivate, tutte tranne una che si allargò fino a far immergere Omega nel suo contenuto.

Il paesaggio cambiò ancora trasformandosi in un bel prato verde, illuminato da un raggiante sole estivo. Omega inspirò quell'aria inesistente a pieni polmoni, poi afflitto e con la delusione stampata sul volto, si lasciò cadere sull'erba. Si mise ad osservare verso l'alto. Il sole luminoso non restringeva le sue pupille, né riscaldava la sua faccia. Rimase in silenzio a contemplare il cielo che aveva creato, riflettendo come la fantasia che gli consentiva di sopravvivere alla realtà lo aveva portato alla prigionia eterna. Ironia della sorte, ciò che lo manteneva in vita adesso lo stava ammazzando per la disperazione. Ma perché?

Poteva avere tutto ciò che voleva in quel mondo dove si trovava, era praticamente diventato un Dio e poteva creare esseri dotati di intelligenza e personalità! Poteva dare vita a un mondo migliore di quello reale, cosa gli mancava? Una risposta. Ecco cosa gli mancava.

Per quanto la sua fantasia potesse essere perfetta, per quanto potesse essere bella, la realtà aveva qualcosa che nonostante la sua crudeltà e la sua mostruosità la rendeva migliore dei sogni. La realtà era reale, così come il sapore del thè, come un foglio di carta.

Omega doveva affrontare quella questione, la realtà. Per quando odiata, il reale possedeva il dono dell'imprevedibilità che lo spingeva a vivere senza essere divorato dalla disperazione. Doveva svegliarsi, uscire fuori.

Ma una volta svegliato? Cosa avrebbe fatto? Si sarebbe ritrovato ancora in quel mondo abitato da esseri che vivevano come robot gli impegni della vita? Lui odiava la realtà, la odiava ancora più di prima perché questa gli aveva fatto detestare anche la sua fantasia trasformandola in un incubo di insoddisfazione. Omega si asciugò con la mano le lacrime, che avevano cominciato a solcare il suo viso, lacrime che non bagnavano le superfici su cui si posavano. Poi cominciò a considerare quella sua drastica decisione. Vivere ancora in quei sogni, nel tentativo di emulare le sensazioni della realtà, oppure svegliarsi e continuare la sua vita come l'ingranaggio della società senza nulla di importante per cui vivere, né qualcuno con cui condividere le proprie emozioni?

Chiuse gli occhi, strinse le palpebre il più possibile, tentò di svegliarsi ma sentì solo un forte dolore alla spalla sinistra, un dolore che aumentava inesorabilmente. Ma a lui non importava. Se per svegliarsi doveva morire sarebbe stato meglio di quell'agonia fatta di illusioni.

Il dolore divenne presto insopportabile e Omega spalancò gli occhi, ma non vide il cielo azzurro che aveva creato.

Di fronte ai suoi occhi c'era un soffitto bianco con un neon del medesimo colore che illuminava la stanza in cui si trovava. Sotto di lui non c'era più l'erba ma un materasso.

Si girò verso destra e vide accanto al suo letto un elettrocardiogramma.

Tentò di muovere il braccio sinistro dolente ma era come immobilizzato. Allora aiutandosi con il braccio destro si mise seduto su quel letto dove giaceva chissà da quanto tempo. Una volta avuta la panoramica della stanza comprese che si trovava in un ospedale.

"Ti sei svegliato!" Una voce femminile fece sobbalzare Omega che si voltò di scatto alla sua sinistra e vide una giovane ragazza, intenta a scribacchiare in un taccuino di fianco al letto. Aveva i capelli castani lisci lunghi fin sopra le spalle

"Che... Che mi è successo?" chiese Omega. Impiegò una insolita fatica nel parlare, come se non vi fosse più abituato.

La ragazza chiuse il libro forzando un sorriso.

"Sei caduto alla stazione ferroviaria nel tentativo di recuperare un foglio che ti era volato via di mano. Sei svenuto e hai battuto la testa nei binari... Per fortuna in quel momento non transitava nessun treno..."

Omega si guardò intorno. Era tornato alla realtà. Quella ragazza non l'aveva pensata o immaginata. Era uno spettro estraneo di cui non sapeva nulla.

"Capisco... E tu chi sei? Un' infermiera?" chiese Omega fissando la ragazza.

"Io? Ehm... No, no, assolutamente! A proposito è meglio chiamare i medici e dire che ti sei svegliato!"

La ragazza parve imbarazzata, quasi arrossì prima di uscire dalla stanza in fretta e furia. Omega guardò ai piedi del letto e vide la sua borsa a tracolla, tentò di raggiungerla ma era troppo stordito e dolorante per muoversi. Si accasciò contro il cuscino tirando un respiro di sollievo. Era buffo, ma anche solo aspettare il medico lo eccitava. Aveva vissuto nella monotonia del nulla. In quel momento qualsiasi immagine lo rendeva felice.

Pochi minuti dopo il dottore entrò nella sala. Era un uomo dai capelli grigi e con un lungo camice. "Allora finalmente ci siamo svegliati, hai preso una brutta botta!" esclamò con un ampio sorriso sulla faccia.

Omega pensò che fosse normale per i dottori essere allegri quando un paziente si riprende.

"Immagino di essere in ritardo a scuola..." fece Omega. Non aveva perso la sua ironia.

"Diciamo che potrà iniziare a frequentarla anche dopo le vacanze estive." affermò il medico.

Omega sobbalzò. Era rimasto incosciente per tutto l'anno scolastico?

"Ma per quanto sono...?" Rispose Omega.

Il dottore lo fissò incredulo.

"E' rimasto in coma per poco più di due mesi. La ragazza che veniva sempre a trovarla non le ha detto nulla?"

"Quella ragazza... cosa?! Io non la conosco... perché..."

Il dottore si grattò la testa imbarazzato. Poi si avviò verso l'uscita.

"Dovrà rimanere a riposo per un bel po'..." aggiunse socchiudendo la porta.

Dopo pochi istanti rientrò la ragazza con in mano una lattina di thè freddo.

"Ecco, finalmente puoi berlo!" disse

Omega osservò dubbioso la lattina e la prese dalle mani della ragazza.

"Ma tu..." bofonchiò Omega, scrutando la giovane che tornò a sedere accanto al letto.

"Bè... Mentre eri in coma parlavi sempre del thè freddo "Voglio un thè freddo, mi va un thè freddo" devi andarne proprio matto..." La ragazza si fece sfuggire una risatina che fece piacere a Omega.

"Oh... Dimenticavo... Sei finito qui per rincorrere questo, immagino che tu ci tenga molto. L' ho recuperato e ho aspettato che tu ti svegliassi per ridartelo."

La giovane porse ad Omega un foglietto accuratamente ripiegato, scritto su entrambi i lati. Omega ricordò e di scatto afferrò il foglio

"T...Ti ringrazio molto... Per fortuna..." disse Omega.

"Piacere, mi chiamo Emily, anche se preferirei che il mio nome fosse Rady, ma ahimè i miei genitori hanno scelto questo!" fece la ragazza porgendo la sua mano.

"Perchè? Cos'hai contro il tuo nome?" chiese Omega.

"Beh, sono dell'idea che il nome dovremmo darcelo da soli perché altrimenti sembra una sorta di etichetta affibbiata alla nascita per tenerci sotto controllo."

Omega a quelle parole si sentì il sangue gelare nelle vene. Stava ancora sognando forse? Una persona che la pensava come lui riguardo ai nomi, che cosa insolita... Anche lui si era auto-nominato Omega perché detestava il suo nome. Poi strinse la mano della ragazza sforzando un sorriso.

"...Riguardo al nome... Sono d'accordo, sai... Anche io vorrei essere chiamato con un nome diverso..."

La ragazza sorrise.

"Dimmi pure quale, non mi scandalizzo! Pensa che Rady è un personaggio di una storia che sto scrivendo..." aggiunse la ragazza sorridendo. Ancora una volta la sua dolce risata risuonò nella stanza e fece tranquillizzare Omega che rispose ricambiando lo sguardo della ragazza.

"A... Anche il mio... E'... il nome di un personaggio immaginario, inventato da me..." esclamò Omega in preda all'eccitazione.

Rady lo fissò dubbiosa per poi lasciare la mano.

"Non mi hai ancora detto quale è questo nome..." disse.

"Oh... Giusto! Scusami... Mi chiamo Omega... Piacere di conoscerti, Rady."

I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Omega era imbarazzato, non gli era mai capitato di provare interesse per un'altra persona.

"Allora... Dimmi, che tipo di personaggio è Omega?"

Quella domanda fece impazzire il cuore di Omega. Nessuno si era mai interessato alle sue storie, nessuno... tranne quella ragazza che gli aveva riportato il suo foglietto e che condivideva alcuni dei suoi pensieri.

"Omega è... Ecco..."

Rady notò che Omega sembrava in difficoltà e sospirò.

"Dai, stai tranquillo... Hai tutto il tempo per raccontarmelo... E magari io posso parlarti di Rady, sempre se ti va."

"C...Certo! Assolutamente si!"Esclamò Omega, felice.

"Non è per essere impertinenti... Però c'è una cosa che vorrei sapere subito." disse Rady sorridendo.

"Certo, chiedi pure..."

"Quel foglietto... Sei quasi morto per recuperarlo... Posso sapere cosa contiene?"

Omega abbassò lo sguardo e improvvisamente gli fu tutto molto più chiaro. Forse il suo fu un atto impulsivo del tutto privo di fondamenta logiche ma sentiva di doverlo fare. Afferrò il foglietto alle due estremità e lo strappò per poi gettarlo a terra sotto lo sguardo incredulo della sua nuova amica.

"Fidati, nulla di importante..."

Omega sorrise a Rady che, stupita da quell'azione, si grattò la nuca per poi ricambiare il sorriso del ragazzo.

"Allora..."disse Omega. "Ti va di parlarmi del tuo personaggio? Sono curioso!"

   
 
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