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Autore: RiceGrain    08/06/2011    3 recensioni
Monroe ha paura di tante cose.
Dei clown, tanto per cominciare. Dei temporali estivi. E del suono del telefono nel bel mezzo della notte. Ha paura della solitudine e di quella voragine che sempre più spesso sente crescere dentro di sè.
Gerard è un po' come lei. Un giovane fumettista dalle vedute troppo larghe e dai sogni ingombranti.
Entrambi fragili, entrambi soli.
Ma il destino, si sa, a volte ci mette lo zampino.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Five.




Guardai Gerard così fiero di sé mentre stringeva il bastoncino di zucchero filato color rosa confetto e mi venne da ridere.

-Ridi?- disse semplicemente, senza neanche guardarmi, solo accennando un mezzo sorriso con le labbra rosee.

-No- scossi la testa e gli presi un morso dalla nuvola zuccherosa.

-Non ti facevo tipo da zucchero filato, Gerard.-

-Io non ti facevo tipo da ruota panoramica invece. Dio, ma davvero vuoi salire su quell'aggeggio infernale?- alzò lo sguardo pensieroso verso l'enorme ruota illuminata di rosso e verde, stagliata contro il blu scuro della notte come un faro immenso e splendente.

-Mi sento bene con te.- non so nemmeno perchè lo dissi, ma glielo dissi. Così, diretta.

E lui sorrise ancora di più e prese un altro morso di zucchero filato.

Aveva i capelli ancora più arruffati dal vento quella sera e nel complesso sembrava proprio il personaggio un po' malconcio di qualche romanzo apocalittico sulla fine del millennio.

-Poi me lo dirai, vero?- all'improvviso fu come se tutto si fosse oscurato e nonostante fosse già buio la sua figura continuò a brillare di luce propria.

-Cosa?-

-Dov'è che stai andando.- buttò il bastoncino ormai solo unto in un cestino ricolmo di carta straccia e fazzoletti sporchi di ketchup e poi si voltò ed ogni volta che quegli occhi mi guardavano, non potevo fare a meno di sentirmi intimorita.

-Io non sto andando da nessuna parte.- ma forse lo dissi troppo veloce e non riuscii a dargliela a bere.

-Tu sei dappertutto tranne che qui, Monroe.-

-Saliamo sulla ruota, dai- lo strattonai e lui mi venne dietro, come un cagnolino ubbidiente.

Poi si fermò non appena giungemmo ai piedi dell'attrazione e guardò in alto. -Sarà alta almeno 200 metri.-

-Non avrai mica paura di un po' di metri di altezza, Gerard artista decadente post moderno?-

Lui allora mi afferrò bruscamente la mano e mi condusse dritta davanti al bigliettaio. Da vero gentiluomo fece i biglietti per tutti e due e senza aggiungere una parola mi fece accomodare nel sedile di fronte a noi.

-Significa molto per me.- gli dissi io, dopo un po di tempo semplicemente stanca di recitare una parte non mia.

Lui non disse niente e rimase in silenzio. Vidi che guardava di sotto con attenzione maniacale e solo quando gli tirai un leggero pugno sulla spalla, si voltò a fissarmi.

-Scusa.- scosse la testa

-Gerard non moriremo, se è questo che stai pensando. Penso che ce la faremo a sopravvivere.-

-Sì forse sì.-

-Sei assurdo.- scossi la testa e poi mi bloccai un istante perchè proprio in quell'esatto momento a me apparve chiaro chi fossi. E chi fosse Gerard.

E Travis e il suo sorriso da manicomio mi attraversarono il cervello come una saetta e chiusi gli occhi di scatto.

-Monroe- la sua mano fredda scivolò sulla mia e il suo profumo di Marlboro invecchiate mi investì.

-Gerard, ho paura.- e finalmente lo dissi. Le sue dita ghiacciate mi strinsero la mano e se la portarono al petto.

-Lo so.-

Non disse altro. Solo quello. E a me bastò. Probabilmente per l'eternità, pensai.

-C'è una parte di me che è introvabile. Ed è persa. Persa per sempre.- sottolineai quel per sempre con un'occhiata di ghiaccio e mi sentii morire dentro. Un altro pezzo di me stessa che si sgretolava, mentre parlavo.

-No.- lui scosse la testa e i capelli brillarono con l'intermittenza delle luminarie rosso verdastre attorno a noi.

-Tu sei tutta qui.- dipinse il contorno della mia figura con le mani e immaginai avesse un carboncino in mano piuttosto. E una tela e magari qualche acquerello.

E il ritratto che avrebbe fatto di me stessa me lo sarei appeso accanto al letto, se ne avessi mai avuto uno da chiamare mio.

-A volte sei del colore dell'argento come il tuo sorriso l'altra sera quando mi hai dato un bacio- e sorrise, leggermente imbarazzato.

-Altre volte sei cobalto, come il blu della tua maglia. Mi piace. Sai questi occhi meravigliosi che ti ritrovi brillano più che mai.-

-Dai adesso non esagerare, mi imbarazzi- gli risposi io e lui rise proprio come se avesse sempre voluto fare esattamente quello e basta. Ridere, cioè. Sì, come se avesse sempre e soltanto voluto solo ridere per il resto dei suoi giorni.

-Dov'è Travis?- e tutto piombò nuovamente nel baratro dell'oscurità tagliente che avvolgeva le spire di me stessa in una morsa ogni giorno più soffocante.

-Travis...- balbettai.

-Lui non è qui. E perchè ti importa poi? Cosa gli dovresti dire?-

-Niente.- mosse la testa e il piccolo sedile oscillò un po', sotto il peso delle nostre vite sconclusionate.

-E' che lui è qui, invece.-

Mossi lo sguardo rapida verso di lui, poi sotto di noi, come colpita da un pensiero fulminante. Forse mi aveva trovata ed era venuto a prostrarsi ai miei piedi, chiedendomi perdono.

-E' qui, non te ne accorgi? E' in tutto quello che fai, e che dici. E come ti muovi, anche. Dio Monroe, è così palese.-

-No...- balbettai e chiusi gli occhi e poi no...non di nuovo Sally, ti prego no no no -Vai via.- mi presi la fronte fra le dita e le conficcai così profondamente da farmi venire mal di testa.


-Vieni Roe-

-Sally è tardi. La nonna ha detto che dovevamo essere a casa per le 7-

-Dai, ormai manca poco. Voglio arrivare a quegli scogli laggiù.-


-Monroe- la voce di Gerard mi riportò giù sulla Terra e lontano dal passato.

-Non volevo farmi gli affari tuoi, scusami.-

-Lascia perdere dai.- mi alzai dal sedile e misi un piede per terra. Per fortuna la ruota aveva finito il suo giro.

-Vado a casa e tu non cercarmi. Non cercarmi più, Gerard.-

Non avevo intenzione di fare in modo che il passato e qualsiasi orribile pensiero ancora provocasse in me, mi tormentassero fino a farmi sconfinare in quella pazzia che si era già prematuramente impossessata di mia madre, no.

Io avrei lottato. Ma per farlo, avevo bisogno di solitudine. E silenzio.

E Gerard e il suo sguardo da bimbo sperduto tutto facevano tranne che stare in silenzio, urlandomi quasi addosso esattamente quanto ci fosse di sbagliato in me.

-Aspetta, dai!- mi bloccò per un braccio tirandomi a sé e di nuovo la sua mano gelida si serrò attorno al mio polso, lacerandomi il respiro.

-Niente ha senso. Nemmeno io, nemmeno tu. E nemmeno questo pomeriggio insieme lo ha avuto.- svicolai bruscamente dalla sua stretta e mi allontanai rapidamente.

-Cerchi qualcosa che il senso ce l'ha?- mi urlò dietro lui e poi si fermò ed io mi fermai e il vento si fermò e nonostante volessi piangere non lo feci.

-Non sarà facile-

Non sarà facile e allora tutto crollò addosso alla me stessa che ostentavo al mondo di essere e mi buttò fisicamente a terra, tanto che quando la ghiaia ruvida e sdrucciolevole mi scivolò fra i palmi arrossati delle mani, mi sentii invadere da una sensazione ultraterrena e particolare.

-La gente c'è morta dietro a questo fottutissimo senso.- continuò ad urlare Gerard, quasi risentito della mia volontà di fuga.

-Non sei mai chi credi di essere, lo sai questo?-

-E questo che cazzo c'entra?-

E poi corsi via, senza neanche aspettare una risposta, e non mi voltai mai indietro, nemmeno per un secondo e Gerard non fece altro per fermarmi.

Credetti veramente che quella sarebbe stata la fine per noi.

Lo credevo perchè i suoi occhi, insieme alla punta acuta della sua voce in quell'ultima battuta finale, mi avevano fatto credere che non ci poteva essere spazio per altro.

Ed invece mi sbagliavo.


-Ah. Sei tornata.-

Tre parole. Dodici lettere. Trenta respiri accelerati.

Chiusi la porta cercando di fare il minor rumore possibile, ma per quanta accortezza avessi messo nel muovermi, non impedì affatto a Travis di sbucare come un lampo dalla pseudo cucina disastrata, separata dal resto da una misera tenda a fiori.

Non c'erano parole che avrebbero mai potuto rendere effettiva giustizia al temporale dei miei sentimenti nell'attimo in cui avvertii il ghiaccio dei suoi occhi posarsi un po' dappertutto su di me.

-Hai preso il latte e le uova?-

-Travis dobbiamo parlare- e mi avvicinai e lui indietreggiò. E non l'aveva mai fatto prima.

-No- mosse la testa da una parte all'altra e sorrise abbagliante -Cazzo, non mi rifilerai queste stronzate. Sei stata a lezione da quella puttana dei tatuaggi?-

C'era qualcosa di sconcertante nella sua abilità di rifilarmi offese taglienti sotto pelle in maniera del tutto priva di tatto, come se fossi stata io stessa a chiedergli di ferirmi.

Chissà, probabilmente era così davvero. In fondo Travis sapeva leggermi l'anima e anche di più.

-Marie non lavora più da Spencer.- risposi semplicemente io, aggrappandomi disperatamente alla convinzione che quella fosse l'unica parte importante del discorso.

-E non hai nemmeno preso il latte e le fottutissime uova. Sei inutile.- stavolta quando si avvicinò, alzò una mano e la strinse attorno al mio collo. -Completamente inutile.-

-Sei andata a farti fottere da qualcuno, è così? Ormai ti conosco. So che sei una sgualdrina, Monroe. Del resto da me ti sei fatta scopare subito. O mi sbaglio?- sorrise piegando un po' il labbro superiore.

-Non hai esitato un secondo a farti sbattere sopra a quel tavolo, o era nel cesso di quel locale a Downtown?-

-Perchè devi essere così orribile?- tentai di svicolare dalla sua presa ferrea ma riuscii solo a peggiorare le cose. Lui aumentò la stretta ed io smisi di respirare.

-E non piagnucolare, cazzo.- mi lasciò andare dopo qualche istante, sputando veleno insieme alle parole e scuotendo la mano come se fosse dolorante.

-Mi dai la nausea.-

-Vorrei semplicemente lasciar perdere tutta la merda nella quale siamo avvolti. Solo questo.- riuscii a dire, alla fine.

Lui alzò lo sguardo e passò un secondo, poi un altro e un altro ancora prima che mi rispondesse.

-Siamo noi la merda, amore.-

C'era qualcosa di distruttivo nel modo in cui lo disse e per qualche ragione io mi accorsi che niente di ciò che io e Travis eravamo stati, sarebbe mai stato chiaro a qualcun'altro all'infuori di noi due.

Lui con i suoi capelli color sabbia e gli occhi gelati e il sorriso psichedelico, ed io con la fronte larga e la piega malconcia della gonna e la tristezza in fondo allo sguardo.

Ma insieme eravamo grandi.

Lui scriveva ed io leggevo.

Lui suonava ed io cantavo.

Lui dipingeva ed io sognavo.

E dove pensi di andare, adesso? gli avrei voluto urlare e non lo feci però, perchè sapevo che da dietro le parole avrebbe tratto conclusioni errate. Travis era fatto così. Forse era quel pezzo di Bronx che si portava dentro a renderlo ermetico nei confronti del mondo, ma io avrei tanto voluto poter scalfire almeno di poco quella spessa cortina di ghiaccio e fare in modo che l'immensità della sua anima fluisse nel disordine del mondo devastato.

-Dove sei stata, Rory?- come se fossero le prime parole che mi rivolgeva da che avevo messo piede lì dentro.

-Non lo so, non lo so. E perchè poi dovrebbe interessarti? Non ti è mai interessato niente di me.- gli presi il volto fra le mani e quasi mi scottai e le tolsi bruscamente, non sapendo se fosse stata la temperatura della sua pelle, del mio sangue, del nostro legame a bruciarci.

E, inaspettato ma bramato con la stessa intensità, arrivò il ricordo della scarica di corrente elettrica che mi aveva attraversato a contatto con Gerard eil suo animo chiuso dentro scatolette di cristallo infrangibile.

E Travis forse se ne accorse, e nonostante non potesse immaginare quale volto ci fosse nascosto dietro le mie palpebre serrate, seppe che qualcosa era accaduto.

-Tu non te ne andrai mai più.- disse, sibilando quasi e mandandomi all'altro mondo perchè quel gelo e quella cortina d'acciaio al posto dell'argento che erano state le sue risate i primi tempi che uscivamo insieme, mi davano la nausea.

L'avevo visto come la personificazione stessa di Shelley. Oh povera me.

Come l'essere meraviglioso e diverso. E sbagliato. Che poteva essere mio.

La prima volta che mi aveva portato alle prove col resto del gruppo il mio mondo si era completamente capovolto. C'era stato Dale e il suo basso, e Brian con la sua lattina sempre in mano e gli occhi simpatici e le pacche sulle spalle e i sussurri alle mie spalle E' uno schianto, Bowart. Ma dove l'hai trovata?

E poi c'era stata la musica sprigionata dagli accordi della sua Gibson SG color caramella e quella melodia, quella commistione intensa di melodia, ritmo e armonia e il basso e le sue vibrazioni ed io mi ero sentita travolgere da una verità che in fin dei conti mi era sempre stata davanti.

Per quanto avessi mai potuto camminare, per quanti chilometri avessi mai potuto percorrere, non sarei mai andata da nessuna parte senza la musica.

E gli occhi di Travis, molto più che le sue mani avide sotto la stoffa della mia camicetta quando c'eravamo rinchiusi in camera dei genitori di Brian, sì i suoi occhi accesi e vibranti e la sua voce bassa e poi la fine o forse l'inizio di tutto, tutto mescolato insieme.

Cerchi qualcosa che il senso ce l'ha? Gerard o più precisamente la sua voce rimasta intrappolata da qualche parte dentro di me, mi scosse.

Sussultai e Travis mi strinse a sé, prima di passarmi una mano sulla fronte ed emettere un lieve sospiro. -La smetto, giuro che la smetto Rory.- poi alzò lo sguardo sul mio e sorrise -E tu sei così bella, Dio.-

Ma davanti ai miei occhi ormai c'era solo Gerard e quasi inconsapevolmente mi ritrovai ad allontanare Travis da me, non riuscendo a pensare ad altro che non fosse il suo profumo e il contatto gelato con le sue mani grandi e delicate.

C'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che mi stava intorno, nello sguardo schizofrenico di Travis e nella sua mano che era tornata ad afferrarmi per un polso.

Nei miei ricordi taglienti delle ore trascorse su quella ruota panoramica e del modo quasi impercettibile che Gerard aveva avuto nel leggermi dentro qualcosa che neanche sapevo di provare.

E all'improvviso capii di dovermene andare da lì, dalla distruzione di ciò che era rimasto di integro di me stessa, dalla grandezza assordante di Travis e dalla sua droga.

E lo feci.

Mi chinai a raccogliere la borsa scivolatami per terra e mi voltai verso la porta, lasciandolo allibito a fissarmi incredulo.

-Sai che tornerò.- gli dissi dalla soglia, trovando il coraggio di guardarlo in faccia.

-Lo farò sempre, Travis.-

Lui non aggiunse nient'altro, assolutamente impreparato a quel repentino cambio di eventi, ed io non mi voltai indietro nemmeno una volta.

C'era una sorta di strana liberazione nel chiudersi quella porta alle spalle, nel sapere di aver preso in mano la situazione ed essersene andata senza rimorsi.

Iniziai a correre, lasciando una scia di ricordi dietro di me, desiderosa di seppellirli tutti dentro un enorme scatola da scarpe 3 metri sotto terra.

Travis si affacciò alla finestra del bagno e mi gridò qualcosa che riuscii a capire solo per metà, ma il cui intento era chiaro come il sole.

Non avevo nessuna intenzione di tornare indietro, però.

Non adesso che la strada mi sorrideva dalle pozze di luce dei lampioni stradali.

Le porte di Marie sarebbero state sempre aperte per me, almeno di questo non avrei avuto di che preoccuparmi.

Forse sarei andata a cercare Gerard. O forse no.

Forse il destino me l'avrebbe portato, così come l'aveva messo sul mio cammino inaspettatamente la prima sera, ed allora nessuno dei due avrebbe potuto ribellarsi alla volontà dell'universo stesso, che probabilmente ci voleva insieme.

Ma non al momento.

Quando arrivai da Marie, lei era ancora sveglia. Aveva appena mandato via la babysitter di Daisy e si stava struccando.

-Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi.- disse, sollevata.

Annuii e basta, sedendomi sul piccolo lavabo del bagno accanto a lei.

-E' una cosa temporanea, Marie.-

-E' l'inizio della tua nuova vita.-

Forse lo credevo anche io, già. Ecco perchè le sorrisi nel riflesso del piccolo specchio sulla parete.

Ma le cose, in realtà, erano ben diverse.

Salve ragazze!

Ehm, la faccio breve. Anzi, brevissima.

Sono la bellezza di quasi 2 mesi che non aggiorno.

Lo so.

E uno, quindi, si aspetterebbe un bel capitolo lungo denso di avvenimenti e qualche romanticheria magari. E invece no. E invece si ritrova una cosina minuscola e per nulla interessante.

No ecco, tutto questo per dirvi che ne sono cosciente. E' che non potevo aspettare oltre ad aggiornare ed ormai, essendomi venuto in tal modo il capitolo (stamattina non so parlare, non fateci caso) non ho saputo cambiarlo.

Per cui scusatemi immensamente e sappiate che capirò completamente la vostra totale mancanza di interesse nei suoi confronti!

Comunque vi ringrazio da morire, soprattutto per tutte le cose fantastiche che mi avete detto che non credo assolutamente di meritare.

Grazie davvero :)


   
 
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