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Autore: Tuvia    08/06/2011    4 recensioni
Trovare la bellezza nei luoghi e nelle persone nei momenti meno opportuni è cosa assolutamente Decadente (voluta capital letter D). Eppure, il buon gusto e la moralità del diciottenne Severus Snape (durante il pre ed il post Marchiatura) affiorano quasi con tenerezza; mentre un Voldemort completamente rivisitato scende a compromessi con una Bellatrix -come sempre- lussuriosa e depravata.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Mangiamorte, Severus Piton, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Deserve and Grace


“Pity the world, or else this glutton be,
To eat the world's due, by the grave and thee”

Sonnet’s written in early 1595 by
William Shakespeare

 “La verità è che mio marito mi annoia mortalmente. Russa! E poi, tu sei così giovane, questo mi piace molto”, la donna aggirò il tavolino che la separava dal ragazzo magro e pallido. Lo raggiunse, lì seduto nell’ enorme poltrona di pelle verde in una villa fin troppo sfarzosa; il muscolo della mascella gli si contrasse rapidamente e deglutì ricacciando dentro un balbettio disconnesso.
“Quindi – continuò lei incurante della tensione del giovane – giocherò un po’ con te”, si sedette sui bracciolo della vasta poltrona sistemandosi la gonna dell’ abito nero.
“Signora Lestrange, non vorrei deluderla ma non…”, lei lo interruppe poggiandogli un dito sulle labbra, mentre con l’ altra mano prendeva ad accarezzargli distrattamente i capelli corvini.
“Sei un bel ragazzo, Severus. Perché rovinare tutto con inutili parole?”, si chinò su di lui insinuando la lingua tra il colletto dell’ austera giacca di Severus e la pelle lattea, muovendola lungo il collo e mordendogli infine il lobo dell’ orecchio.
Severus rimase immobile stringendo le mani sulle ginocchia, aprì la bocca per parlare ma la donna lo zittì di nuovo; così, il pozionista corrugò la fronte ed incrociò le braccia sul petto.
Lei rise malignamente e saltò giù dalla poltrona mettendoglisi di fronte, sollevò maliziosamente un sopracciglio, raccolse la gonna e si sedette a cavalcioni sulle sue gambe, esibendo un sorriso compiaciuto al contatto con il sesso del ragazzo.
“Signora Lestrange, la prego, lei è sposata e io ho…”, Severus impallidì mentre lei si protendeva in avanti e con ostentata lentezza gli leccava le labbra, sbottonandogli la giacca. Il respiro caldo della donna sul viso e sul collo lo fece fremere impercettibilmente, le strinse i fianchi e delicatamente la spinse indietro.
 Qualcuno colpì ripetutamente e con impeto la porta, Bellatrix Lestrange alzò gli occhi al cielo e si sollevò riluttante. Severus si affrettò a chiudere i bottoni della giacca e a mettersi in piedi. La donna lasciò entrare due uomini dall’ aspetto poco piacevole, Rosier e Dolohov, che fecero cenno a Snape di seguirli.
Mentre Bellatrix lo salutava ironicamente con la mano sfoggiando un broncio infantile, Severus le rivolse un’ occhiata indecifrabile e seguì i due fuori dalla stanza.
 “Snape, mai interromperlo, mai contraddirlo, mai deluderlo. Ne va della tua vita”, disse Dolohov mentre l’ altro Mangiamorte sghignazzava.
 Alla fine di un corridoio illuminato da torce che proiettavano ombre sinistre sui muri, giunsero ad un androne circolare completamente spoglio. I tre si avvicinarono all’ unica porta; Dolohov –con il suo marcato accento dell’ Est- annunciò il loro arrivo mentre un vigoroso senso di determinazione irrigidiva Severus e gli rendeva il viso totalmente inespressivo.
 La porta verniciata di nero si spalancò immediatamente rivelando uno spazio cupo illuminato da candele bianche ed ammobiliato da un lungo tavolo con sedie, un camino vuoto e poche poltrone. Dietro ad una di queste si mosse qualcosa, Rosier poggiò la grossa mano sulla schiena di Severus e lo spinse dentro richiudendo la porta, silenziosamente.
“Vieni qui”, ordinò una voce fredda e penetrante, completamente sconosciuta. Severus avanzò sfregandosi le mani contro i pantaloni per asciugarne i palmi sudati, guardò incerto oltre la poltrona e si stupì di trovarvi una figura dal profilo sottile e slanciato, avvolto in un abito nero, le lunghe gambe accavallate elegantemente, il viso completamente glabro dalle linee ancora vagamente umane, ed annoiate.
Snape deglutì e lo fronteggiò.
“Quante nuove giovani reclute – scandì lentamente le parole – Mi hanno detto della tua propensione per le Arti Oscure e della tua risolutezza di spirito”; Severus annuì.
“Severus Snape, mezzosangue, madre strega e padre babbano”, disse con tono mellifluo l’ uomo accomodato nella poltrona.
Il ragazzo annuì nuovamente, “Sì, mio Signore”.
Negli occhi cupi di Voldemort balenò un luccichio poco rassicurante “Quanti anni hai?”, domandò.
L’ interrogato gli rivolse uno sguardo furtivo, “Diciotto, mio Signore”.
Voldemort si sollevò con grazia e gli si avvicinò, Severus trattenne un sorriso nello scoprirsi affascinato dai tratti del viso dell’ altro, ancora gentili ed armonici. La pelle diafana talmente sottile da sembrargli trasparente, e sotto questa – attorno agli occhi – vibranti come stretti rigagnoli, le sottili vene azzurre.
“Dammi il braccio sinistro”, ordinò ancora con voce gelida.
La mano destra di Severus scattò verso il polsino della giacca e della camicia, ne slacciò rapidamente i bottoni e tirò su la manica protendendo il braccio nudo.
Sul volto di Voldemort affiorò un sorriso, gli afferrò il polso e torse il braccio di Severus esponendo l’ avambraccio interno, “Sarai fedele a me, sempre”, disse lavando un dito.
“Sì, mio Signore. Sempre”, replicò lui mentre lo sguardo gli saettava dal viso di Voldemort alla sua mano levata a mezz’ aria.
“Dicono faccia male”, si limitò a dire l’ altro con un ghigno, mentre Severus serrava la mascella e si preparava ad entrare a tutti gli effetti nei ranghi dello stregone.
Voldemort premette l’ indice sull’ avambraccio di Severus, con un sorriso sadico che gli rendeva il visto disgustoso e disumano, poi prese a mormorare parole incomprensibili ed un dolore acuto trafisse Severus completamente. Gli sembrò di prendere fuoco improvvisamente, la testa in fiamme, il corpo denudato di ogni singolo lembo di pelle.
Pregò in cuor suo che quell’ agonia finisse, e così fu; lasciandogli un latente e diffuso malessere, Voldemort lasciò la presa. Con la vista annebbiata dal dolore, Severus guardò il marchio impresso sul muscolo pulsante ed arrossato, si appoggiò allo schienale di una sedia lì vicino e si sforzò di riappropriarsi della sua flemma, “Grazie, mio Signore”, disse lasciando cadere il braccio lungo il fianco.
“Mi ringrazierai non appena ti avrò affidato il primo compito, ragazzo. Adesso sei un Mangiamorte e come tale devi obbedire ai miei ordini, se mi deluderai sta’ pur certo che le conseguenze saranno di sicuro meno piacevoli della marchiatura”, spiegò. Prese posto, nuovamente, nella poltrona e mosse la mano spalancando la porta.
Prima che Severus potesse raggiungerla allacciando il polsino della camicia bianca, aggiunse “Bellatrix allevierà le tue pene”.
 
 Il ragazzo raggiunse la sala che, strada facendo, definì –con una certa nausea- come quella d’ accoglienza.
La donna era mollemente adagiata sul divano e giocava distrattamente con le stringhe di raso del corsetto nero, guardò Severus entrare nella stanza e richiudere la porta alla sue spalle.
“Mi sei mancato”, tubò salutandolo di nuovo con la mano, si mise a sedere e gli fece cenno di raggiungerla, ma lui rimase fermo, con la schiena contro la porta.
“Il piccolo Severus è arrabbiato con me?”, domandò con voce da bambina. Lui le rivolse uno sguardo di disprezzo e si allontanò dalla soglia accomodandosi su una grande sedia imbottita.
“Il Signore Oscuro ti ha marchiato e ti ha fatto male?”, chiese ancora con lo stesso tono.
“Zitta!”, sbottò Severus portandosi istintivamente la mano al braccio sinistro.
La risata stridula della donna riempì lo spazio quasi claustrofobico  mentre gli si avvicinava con incedere lento tirando i lacci del corsetto, lasciandolo poi aperto, rivelando il seno pieno e candido.
Severus distolse lo sguardo e si alzò dalla sedia, raggiungendo nuovamente l’ uscio; Bellatrix gli puntò contro la bacchetta che aveva sfilato dalla lingerie di pizzo, “Voltati immediatamente”, lo intimò.
Severus inspirò e si voltò di scatto; “Spogliati”, ordinò lei, ancora.
“No”, asserì lui allungando le mani verso il bustino della donna, chiudendolo alla meglio con alcuni degli esili ganci.
“Ora!”, urlò Bellatrix puntandogli la bacchetta alla gola. Severus le strinse il polso e l’ allontanò scuotendo la testa.
“Oh – disse lei con sorriso falsamente dolce – sei vergine”, sorrise di nuovo e lo guardò estasiata, lasciando scivolare la bacchetta sul pavimento.
“No”, negò lui reprimendo dolorosi ricordi appartenenti a pochi anni prima.
“Allora non ti piaccio”, mormorò di rimando, con il solito odioso ed infantile broncio.
“Lei è molto bella, signora Lestrange, ma è anche sposata ed io non cerco rogne”, rispose lui restando lì, fermo, non sapendosi decidere ad andar via. Di certo gli sembrava impossibile anche solo pensare di poter mettere in scena un dignitoso amplesso sessuale con una donna sposata, era più di quanto la sua moralità richiedesse. Ma lei esercitava sui suoi sensi ancora giovani un fascino scabroso che gli rendeva impossibile la decisione di girare i tacchi ed andarsene.
“Tutti sanno che mio marito è impotente. Vuoi forse negarlo? E poi sbaglio o lo stesso Signore Oscuro ti ha detto di passare da me? Io accolgo i giovani, dolci, inesperti novellini per un po’ di piacere personale”, Bellatrix lo costrinse ad arretrare verso il muro  e gli sbottonò i pantaloni facendoglieli scivolare lungo le gambe.
“No, mi dispiace. Non posso”, Snape tirò su le braghe ma non uscì.
“Mi prendi in giro, zuccherino? Lo so che mi vuoi, o saresti andato via da un pezzo”, rise di nuovo ed andò al divano, dove si stese, “Lo fanno tutti, Severus. Non sentirti in colpa”, aggiunse sfilandosi le scarpe.
“Lei non merita questo trattamento”, disse lui scuotendo appena il capo.
“Io lo chiedo, è ciò che voglio in cambio della mia fedeltà al mio Signore. E’ il mio capriccio”, spiegò giocando con i boccoli neri che cadevano disordinatamente sul divano formando un ventaglio.
Severus Snape la guardò e provò sincera compassione per quella bellissima, infelice, perfetta bambola di porcellana vestita da sgualdrina. Come desiderare che qualcuno abusasse di lei?
Le si avvicinò e le si sedette accanto prendendole con garbo la mano, piccola, calda, bianca. La baciò con tenerezza e si sollevò.
“E’ sbagliato”, le accarezzò il viso, sorrise e si allontanò. Sulla soglia le rivolse un cenno ossequioso e sparì lungo il corridoio buio.




• Tuvia

 

  
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