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Autore: fri rapace    08/06/2011    10 recensioni
Tonks Appellò una GiraTempo, fissando Remus risoluta:
“Potrei tornare a quel giorno. Potrei impedire a Greyback di attaccarti.”
Terza classificata al "Modà contest" indetto da Xela 182
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La GiraTempo di Tonks Tonks stava inciampando allegramente verso la sua camera da letto, pensando che, ultimamente, tutto quello che faceva le veniva ‘allegramente’, quando sua madre quasi la travolse.
Lo sguardo che le lanciò fu uno solo, ma sul serio spaventoso.
“Tuo marito è un uomo impossibile!” sibilò, prima di sbranare con lunghe e decise falcate il breve corridoio, lasciandola ad alzare gli occhi al cielo davanti al nulla.
L’esasperazione comunque l’abbandonò subito - anche perché non aveva senso se non c’era nessuno a guardarla esasperarsi - così tornò al piano iniziale e si intrufolò silenziosamente nella propria stanza.
Teddy dormiva beato nella sua culla, mentre Remus era rotolato fino ad occupare il posto nel lettone accanto al piccolo, dove di solito dormiva lei.
La luna piena si stava avvicinando e lui non era molto in forma.
“Allora, come va?” gli chiese sottovoce, sedendosi a gambe incrociate al centro del letto.
“Va,” le sorrise educatamente lui, con gli occhi pieni di sonno e i capelli che aveva tormentato con le dita tanto aggrovigliati da sembrare una versione più soffice e meno colorata dei suoi.
“Hai fatto di nuovo arrabbiare la mamma?” lo interrogò, senza lasciarsi sfuggire il modo cauto in cui si era mosso per evitare di scoprirsi.
“Potrebbe essere altrimenti?” si strinse nelle spalle lui, tenendo saldamente la coperta di lana grossa con entrambe le mani. “E poi ora ho smesso.”
Tonks tamburellò con le dita sul labbro superiore.
“Hai smesso? Non per scoraggiarti, ma l’unico modo per andare d’accordo con la mamma è darle sempre ragione. Pensi di farcela?”
Lui fece una smorfia buffa.
“Non ho detto che ho smesso per sempre. Ma neanche per dieci minuti, o mezz’ora. Solo… ora.”
“E il fatto che ora lei non sia qui aiuta, immagino,” ridacchiò Tonks, comprensiva.
“Hai centrato il punto.”
C’era un po’ d’amarezza nella sua voce, quel malumore che lasciava venir fuori solo quando era molto preoccupato o malato.
Forse avrebbe dovuto sentirsi offesa dal suo tono, ma non ci riusciva: solo con lei si lasciava abbastanza andare da mostrarsi debole e lamentoso come era normale che fosse una persona che si sentiva male.
“Ha provato di nuovo a fregarsi i tuoi vestiti?” cercò di indovinare.
“Non le permetterò mai di lavare la mia biancheria intima!” s’immusonì lui. “Ma no.”
“E allora per cosa ti dava il tormento, stavolta?”
Remus si morse le labbra, allungando le mani sotto la coperta e stringendole tra le ginocchia.
“Voleva prendere Teddy e portarlo a dormire in camera sua. Sosteneva che svegliandosi mi avrebbe disturbato.”
Era dura ammetterlo, ma…
“Beh, ha ragione. Non farti imbrogliare dall’aspetto innocuo che ha Teddy mentre dorme: hai bisogno di riposo e lui si sveglierà sbavando e ululando come un Crup davanti a una montagna di vecchi, succulenti pneumatici!”
Remus, stranamente, non si congratulò con lei per il ritratto estremamente realistico che aveva appena fatto del loro bebè, disse soltanto:
“Non voglio stare solo.”
Era così serio e, infilato in quel pigiama che gli cadeva addosso come se a indossarlo fosse un attaccapanni, le parve tanto fragile che non resistette all’impulso di sdraiarsi accanto a lui e stringerlo forte.
“Ho appena dato ragione a mia madre!” spiegò. “Avrò bisogno di vagonate di coccole per superare questa… roba.” Lo sentì sorridere contro il suo collo, incoraggiandola così a proseguire. “Sai… vorrei poter cambiare le cose. Ci hai mai pensato? Seriamente, intendo.”
Remus sciolse il suo abbraccio.
“No, non ci penso,” disse, guardando lei e poi Teddy, come se loro le avessero già cambiate, le cose, e lui non avesse perso dieci chili in pochi giorni come preludio al peggio che stava ancora per venire.
“Però… però…” rifletté lei ad alta voce.
“Però cosa?”
“Beh, io ho trovato questa,” ammise, alzando la bacchetta e Appellando una GiraTempo, che li raggiunse fiondandosi nella stanza attraverso la porta socchiusa.
“Uhm,” fece Remus, poco convinto. “E sai cosa potrebbe succedere se tu decidessi di usarla?”
Tonks lo fissò risoluta.
“Potrei tornare a quel giorno. Potrei impedire a Greyback di attaccarti.”
Lui tacque per un lungo istante, la fronte aggrottata mentre infine le dava il via libera.
“Va bene. Proviamo.”
Tonks non si chiese il perché della tristezza nella sua voce.


2 febbraio 1966
… e l’Avada Kedavra colpì il lupo mannaro in pieno petto: la bestia era morta.
Tonks, nascosta dall’alta vegetazione del sottobosco, osservò il bimbo singhiozzare convulsamente a gattoni tra le felci, le lacrime che tracciavano strisce rosee sulle sue guance imbrattate di fango.
Gli promise mentalmente che presto sarebbe passato tutto, che non avrebbe più dovuto soffrire. Mai la sua futura suocera l’avrebbe minacciato di farsi un porta bacchetta con la sua coda a ciuffo, perché non ne avrebbe mai posseduta una.


12 luglio 1995
Ninfadora Tonks, nuova recluta dell’Ordine della Fenice, stava osservando di sottecchi i suoi colleghi, attività che la occupò per non più di due secondi. Le successive sette ore di riunione le trascorse concentrandosi su uno solo di loro.
Non era pallido, né troppo magro e dimostrava qualcosa meno dei suoi trentacinque anni, soprattutto quando sorrideva.
Remus - così si chiamava - le piaceva, anche se, senza che riuscisse a capirne il motivo, non poteva fare a meno di pensare a quanto lo trovasse diverso.
Il fatto è che non riusciva a capire in cosa fosse diverso. O meglio, senz’ombra di dubbio era diverso da un ananas e da altre milioni di cose che proprio non gli somigliavano per niente (altra frutta, ortaggi, Troll, Acromantule, Severus Piton) ma visto che lo aveva appena conosciuto le era impossibile trovare termini di paragone più appropriati.
Finita la riunione, chissà come si ritrovarono seduti vicini sul vecchio divano tarlato del salotto di casa Black.
Remus le sorrise con lo sguardo e persino i suoi occhi le parvero diversi. Sbagliati.
“Non dovrebbero essere così,” pensò.
“Mi piacciono molto i tuoi capelli, sai?” spezzò il ghiaccio lui, vedendola sulle spine.
Tonks arrossì, lusingata.
“Dovrò dire a Rosy di prendere in considerazione il rosa. Anche se temo che a lei non donerebbe tanto quanto dona a te.”
“Rosy? Nome buffo per un gufo.”
“Rosmerta è mia moglie,” la corresse lui, divertito.
Sentì precipitare il cuore negli scarponi: non poteva essere vero! E la cotta che si era già presa per lui?
“Ma porco licantropo! Tu sei… tu sei sposato?”
Remus scoppiò a ridere, chiaramente stupito dalla sua reazione.
“Sì, da molti anni. E ho anche tre bellissimi bambini. E tu?”

***
“Oh,” mormorò Tonks e Remus smise di raccontare, prendendole la GiraTempo dalle mani. Se la posò davanti al viso e la schiacciò, strappandole un suono buffo.
“Visto che questo è solo un giocattolo di gomma,” disse, lo sguardo basso. “Se vorrai starmi vicino dovrai accettarmi per quello che sono, temo.”
Tonks, pur sentendosi terribilmente egoista, tremò all’idea di quello che avrebbe potuto perdere se fosse venuta in possesso di una vera GiraTempo.
Perché sapeva che se in passato ne avesse avuto l’occasione l’avrebbe usata. Per Remus, che la stava guardando con tenerezza, e dai suoi occhi si capiva che stava fantasticando su quella vita diversa che aveva ipotizzato poco prima.
“Potrei impazzire a vederti mano per mano con uno che non sono io e la tua bocca che sorride per dei discorsi non miei,” le mormorò, come soprappensiero.
Tonks sentì salire il sangue alla testa e allungò un braccio, cacciandogli un indice accusatorio in un occhio.
“Da che pulpito!” lo accusò incredula. “Sei tu quello che si è sposato con un’altra!”
“Ahi!” gemette lui.
“Esatto! Voglio vederti struggere per quello che hai fatto!” Teddy si agitò nella culla e lei ridusse la voce a un brontolio sommesso. “Fare figli con un’altra, ma si può?! Non so cosa mi trattenga dal suonartele.”
“Il mio occh…” Remus si interruppe prima che lei riuscisse ad afferrare le sue parole.
Si teneva ancora insistentemente addosso la coperta e lei, sull’onda dell’arrabbiatura, non riuscì più a trattenersi:
“Si può sapere cosa stai nascondendo lì sotto?” sbottò e con uno strattone lo scoprì completamente.
“Oh, ma che bei calzini!” trillò con una certa soddisfazione una volta individuato il fulcro della sua vergogna.
“Quelli non sono miei,” precisò lui, fingendosi offeso anche se era evidente che gli scappava da ridere.
Tonks invece non ci provò neppure a trattenere l’ilarità, quando notò la gobba del tallone tutta vuota e stiracchiata che sostava a metà della pianta dei suoi piedi.
“Insomma, tu hai dei piedi enormi, le strisce arancioni e magenta non donano molto alle tue caviglie e devi essere matto per infilarti i miei calzini.”
“Grazie per la critica costruttiva, Dora.”
“Prego. Ma perché l’hai fatto? Speri che mia madre lo scopra? Astuto… scommetto che hai già pronta una scusa strappalacrime per giustificarti!” partì subito in quarta lei.
Remus scosse la testa.
“Non sono una peste come te, mi sono solo confuso. Prima che tu diventassi mia non mi succedeva mai.”
“Quindi è questo il tuo problema?”
“Beh… ho sbagliato cassetto e li ho infilati senza farci caso. Poi me li sono visti addosso e ridendo ho deciso che un paio non mi bastavano.”
Tonks non capiva dove volesse arrivare - a parte confessarle che se ne era infilato due paia, dei suoi calzini - e Remus se ne accorse.
“Il mio problema, Dora, è che finché ci sarai tu malato sarò io. Quell’uomo, quello del passato alternativo, aveva il mio stesso nome e la mia faccia, più o meno,” si grattò distrattamente con un dito la cicatrice che gli tagliava il sopracciglio. “Una vita più facile, credo. Ma non ero io. Lo sai cosa gli mancava?”
“Tu non sei la tua malattia, Remus!” lo interruppe lei con forza.
“Non volevo dire quello.”
“Di solito sì.”
“Non è vero. Non oggi. Quell’uomo non era un licantropo, il che è un bel vantaggio, ma quello che gli mancava di più erano i tuoi calzini. Non li avrebbe voluti indossare neppure se gliene fosse capitata l’occasione, ne sono certo, perché non capiva cosa si sarebbe perso. Ma io… io lo so,” Remus fece una faccia strana. “Non sono disposto a pagare un prezzo così alto per cambiare le cose.”
Tonks rimase senza parole, ma solo per un istante.
“I miei calzini,” ripeté.
“Mmm-mmm.”
“E…?” lo spronò, perché sapeva quanto bisogno avesse di ricevere qualche spintarella, ogni tanto.
“E… sono felice, Dora. Sono felice con te. E ho paura. Non so neppure se tutto questo durerà fino a domani.”

2 maggio 1998
“Remuuuuuus! Corri, per Merlino, corri!”
Remus arrivò in un baleno, bacchetta alla mano, pronto a difendere la sua bellissima moglie da qualunque cosa la stesse minacciando.
“Eccomi, Dora!” ansimò, mettendosi tra lei e… “Teddy?”
Un enorme sorriso le illuminò il viso.
“Teddy ha fatto la sua prima magia!” annunciò tutta contenta, spingendolo da parte per prendere in braccio il piccolo.
Remus oscillò come un birillo: rigido e con lo sguardo sbarrato, si era fatto pallidissimo.
“Temevo che… i Mangiamorte, la battaglia decisiva…” balbettò.
“Remus, ma di che stai parlando?”
“Tu Sai Chi?” tentò, ma senza troppa convinzione.
“Uff… quello là è morto ieri sul tardi, non te l’avevo detto?”
Lui chiuse i pugni lunghi i fianchi, fulminandola con lo sguardo.
“No, ti deve essere sfuggito!”
Tonks non fu particolarmente colpita dal suo tono adirato, perché l’aver tralasciato di informarlo, in fondo, era stata una cosa di poco conto.
“Oh, beh, te lo sto dicendo adesso, comunque.”
Le parve sul punto di scoppiare: era diventato tutto rosso e tremava, persino.
“Non so cosa sta succedendo, ma la morte di ‘Quello Là’ mi sembra una cosa piuttosto importante, o sono forse impazzito?”
Lei sbuffò, senza smettere di ninnare Teddy.
“Lo era ieri, suppongo. Solo che è morto in una maniera tanto ridicola che la faccenda ha perso completamente di pathos.”
“Oh. E come sarebbe morto?”
“Soffocato. Ha ingoiato la lingua mentre cenava.”
“Ma lui non ha…”
“Remus, era il naso, quello che non aveva. E ieri sera gli si è staccata pure la lingua, tutto qui.”
“Oh.”
Sembrava non riuscire a capacitarsi della notizia e Tonks iniziò a temere che stesse per venirgli un esaurimento nervoso.
“Tutto ok?” gli domandò premurosamente, dando sfoggio ancora una volta della sua infinita pazienza.
“Mmm…”
“Lo vuoi sapere o no qual è stata la prima magia di Teddy?”
Finalmente Remus spostò l’attenzione sul bimbo, che faceva bolle di saliva sulla sua spalla.
“Ok, dimmi.”

Tonks tacque, osservando divertita Remus.
“La morte di Tu Sai Chi…” iniziò lui, storcendo la bocca. “Non sei riuscita a inventarti niente di meglio?”
“Mpf… quello non si merita niente di meglio.”
Remus si lasciò sfuggire un sorrisetto.
“E la prima magia di Teddy? Insomma, ti sei interrotta così, sul più bello…” protestò, evidentemente roso dalla curiosità.
“Il due maggio è domani… o pensi di non essere qui con lui, domani?”
“E dove altro potrei essere?”
Tonks lo baciò sulla bocca, lì, nel loro letto. Lo baciò piano piano, convinta che avessero a disposizione tutto il tempo del mondo.
“Allora lo scopriremo presto.”






Lo so, fa schifo, ma è un periodo molto brutto per me e non ho la minima voglia di rivedere questa ff, solo il modificare un "da" in un "in" mi è costato una fatica :-P
La pubblico solo perché passerà molto tempo prima che abbia qualcosa d'altro da pubblicare, che è una motivazione stupida, ma tant'è.
Sotto copio il giudizio della povera Xela, la giudiciA, e mi spiace molto che mi sono trovata in questa situazione proprio quando ero iscritta al suo contest :-(
le citazioni sono prese da una canzone dei Modà (Mia) che ammetto di non conoscere e di non aver neppure ascoltato.


3° posto, medaglia di bronzo, 38,2 punti:
Fri rapace, "La giratempo di Tonks"

Grammatica e stile: 4,8/5
Benchè l'abbia letta diverse volte la prima frase la trovo davvero incartata; sarebbe stato meglio che l'inciso fosse tra parentesi, come hai fatto due frasi dopo. Questo inizio mi spiace l'ho trovato pesante ed è quello che ti ha un po' penalizzato.
Ho segnato anche "ma sul serio spaventoso" che io avrei invertito (spaventoso sul serio) e la frase "da cosa fosse diverso", è più corretto "in cosa fosse diverso" perchè si capisce che lei lo trovi diverso dal Lupin che conosce, ma non capisce in cosa lo sia.

IC: 15/15
Direi che su questo non c'è nulla da eccepire, Tonks è una meravigliosa moglie affettuosa, forse addirittura più materna col marito che non col figlio, Remus è un autentico spasso e Andromeda, seppur nella fulminea apparizione è lei!
Mi è piaciuto molto anche il Remus alternativo, che è comunque sostanzialmente lui.

Canzone: 12/13
La prima citazione usata secondo me è forzata; Tonks lo ha già accettato, tornerebbe indietro per sollevare lui da una pena, quindi non mi sembra appropriata.
La seconda la trovo fuori contesto; come dice la stessa Tonks è lui che ha un'altra famiglia, non lei, quindi perchè è geloso? Forse detta da lei ci sarebbe stata meglio.
Infine la terza non l'ho capita a pieno; in che senso è malato? Del fatto che Tonks lo ha contagiato con la sbadataggine?
Avresti dovuto spiegare meglio le sue parole.

Originalità: 5/5
Beh che Dora viaggi nel tempo senza combinare danni è già originale, che poi si scopra che la giratempo è di gomma è spassoso, così come al morte di Voldemort!

Giudizio personale: 1,4/2
Ci sono degli spunti, come quello dei calzini, che mi sono piaciuti tantissimo, e così la storia in generale, ma penso che forse tu abbia messo troppa carne al fuoco e hai lasciato alcune idee non espresse al massimo.


   
 
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