ONDINE.
C’è un audace marinaio
che attendo dentro al cuore
non so niente di quell’uomo
ma ho bisogno del suo amore…
Una voce lontana cantava una canzone. Era triste o almeno lo era la sua voce.
Perché il destino le aveva teso una trappola e il suo cuore si era spezzato.
Ogni suo gesto era ormai inutile perché senza il suo amore non valeva la pena di vivere.
Poi quelle note si persero, nel vento e nel mare, così come il suo corpo animale.
Perché quella ragazza triste era una sirena e ormai non era più che un’inutile falena.
Attirata dalla luce che poi l’aveva bruciata. Il suo nome era Karina e la sua vita una notte ormai inoltrata.
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Non c’era bambino, ormai ragazzo o adulto, che sull’isola non conoscesse questa storia.
Una favola, una leggenda. Nessuno lo aveva mai saputo davvero. Un alone di mistero avvolgeva l’identità dell’autore.
Fin da piccola era sempre riuscita a incantarmi, quasi nascondesse tra le righe un incantesimo.
Da quando l’avevo ascoltata la prima volta, la sensazione che la storia fosse reale mi attraversava il corpo.
Certo era una cosa impossibile che una sirena fosse esistita e per altro giunta sull’isola, ma non sempre ciò che non vediamo non esiste.
Prendete l’amore. Pur non avendo forma o peso, non si può negare che non esista.
O la vita, che di per sé è la favola più fantastica.
Per questo non ho mai smesso di credere in un mondo sconosciuto abitato dal Popolo del mare.
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Fin da piccoli ci riempiono la testa di favole, storie, leggende.
Ci dicono anche che gli amori più grandi sono quelli più folli.
E se una favola fosse realtà e non tutti gli amori, una pazzia?