Era sempre la stessa storia, ma d’altronde -avrebbe potuto dire Pix a sua discolpa - non era colpa sua, lui era uno spiritello del caos. Che volevano facesse? Non poteva andare contro la sua stessa natura. Quindi quando anche quel giorno si levò un grido dal bagno delle ragazze, non furono in molti a preoccuparsi.
Mentre due giovani streghe scappavano in corridoio tra strilla isteriche, Pix se ne stava raggomitolato su se stesso, ridendo. Una scena che aveva un che di dejà vou, pensò Mirtilla, fluttuando leggera accanto al poltergeist.
«Hai visto che facce?» sghignazzò Pix, ma il fantasma non ci trovava niente da ridere, anzi iniziò - come al solito - a lamentarsi.
Che c’era di così divertente? Proprio non lo capiva. E questo le dava fastidio, andava ad aumentare la già innumerevole lista di cose su cui piangere e lamentarsi.
Perché non poteva ridere anche lei?, si chiedevano entrambi.
Pix ci provava, si dava da fare alla grande, triplicando il numero di scherzi che faceva di solito, ma Mirtilla non cambiava.
Silente li trovò così, l’uno accanto all’altro: uno a ridere, l’altra a piangere.
«Eternamente giovani, eternamente immaturi» borbottò rassegnato, lasciandoli soli.


 

 
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