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Autore: kithiara    10/06/2011    1 recensioni
Una ragazza come tante, un vampiro come pochi, legati in maniera inspiegabile e apparentemente indissolubile.
Cosa si cela dietro gli strani sogni che lei fa ogni notte? Quale destino la porterà a Sunnydale alla ricerca della vecchia Scooby gang?
Fate doppio click sul titolo di questa storia e lo scoprirete.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Una come tante
 

E’ una giornata come tante, la nebbia avvolge Londra col suo manto ovattato e nell’aria l’odore degli scarichi si mescola a quello del croccante e dello zucchero filato delle bancarelle natalizie che come ogni anno affollano le vie.
Gli artisti di strada inondano i lunghi sotterranei della subway con le allegre note dei jingles più conosciuti e gli autobus che attraversano la città fino a Piccadilly Circus, sono affollati di gente con le mani stracolme di borse variopinte e pacchetti regalo.
Persino gli uomini d’affari più seri della City si concedono un sorriso alla vista delle vetrine addobbate a festa, mentre con i loro bicchieri Starbucks colmi di fumante caffè nero attraversano la città diretti ai loro moderni uffici.
 
Dicembre è in assoluto il mio mese preferito, l’atmosfera di festa rende sopportabile persino il lungo tragitto in metropolitana fino al lavoro.
Incastrata fra due persone leggermente over-size, mi perdo fra i miei pensieri, cullata dal movimento della métro e dalla cadenza ritmica delle ruote sui binari.
Passo il tempo osservando con curiosità la gente che mi circonda, perché non c’è folla più variegata dei londinesi in metropolitana.
Puoi trovare i fidanzatini della porta accanto, tutti baci e sospiri. Osservandoli, perennemente mano nella mano, farebbero venire il diabete a chiunque.
Si possono ammirare vari esemplari di giovani rapper che fanno a gara fra di loro per l’abbigliamento più strambo a base di pantaloni modello tre-taglie-più-larghi, dal cavallo improponibilmente basso e cappellini dai colori improbabili calati sulla fronte.
C’è la mamma manager, che con una mano stringe il passeggino e con l’altra regge la ventiquattr’ore. La si riconosce perché culla il bambino con la suoneria del cellulare che squilla incessantemente.
C’è il predicatore, un barbone con i capelli radi e decisamente troppo alcol in corpo che preannuncia anche per quest’anno la fine del mondo. Meglio stargli alla larga se non volete prendervi la vostra dose di insulti quotidiani!
 
E poi ci sono io.
Avete presente la ragazza dai vaporosi capelli biondi? Quella col cappotto rosso e la minigonna di pelle nera che lascia scoperta una generosa parte delle lunghe gambe mozzafiato? Sì, proprio quella che sembra appena uscita da una rivista di moda.
Bene, quella non sono io.
 
Tranquilli, è normale sbagliarsi, mi capita sempre.
Se non lo aveste notato, il tono era ironico. No, decisamente non sono la bionda.
Io sono l’altra, quella a fianco, pensandoci bene sono sempre quella a fianco.
Sono quella che non si nota, quella troppo infagottata nel suo piumino nero per essere visibile. Quella che si vergogna non appena incrocia lo sguardo di uno sconosciuto, la stessa persona che fa delle gaffes il suo pane quotidiano.
Ecco, bravi, quella sono io.
 
La voce registrata annuncia la prossima fermata…è la mia. Devo scendere.
Mi avvicino all’uscita con non poca fatica, cercando di farmi largo in mezzo alla ressa dei pendolari, ma quando si apre la porta vengo letteralmente travolta da un’anziana signora, armata di bastone, che senza grazia alcuna mi pesta un piede e se ne va, non prima di avermi lanciato uno sguardo infastidito e borbottando come una pentola di fagioli.
Certa gente ha tutti i coraggi…e certa gente non ne ha nessuno, come me.
Oddio, se può definirsi coraggio non svenire durante un prelievo di sangue, allora sì posso definirmi coraggiosa.
Per tutto il resto però, sono una vera frana. Diciamo che tendenzialmente vengo travolta dalla vita, non la cavalco.
Forse è per questo che a volte preferisco vivere di riflesso la vita degli altri, perché è più semplice.
Così fantastico, inventando una storia per ognuna delle persone che incrociano anche solo per pochi istanti il mio cammino.
Me la cavo bene in questo, generalmente ho in mente per tutti una vita interessante, piena di immense fortune, grosse soddisfazioni, teneri amori, grandi passioni.
E’ perchè penso che per tutti possa arrivare l’avventura, quella con la A maiuscola, quella che capita una volta sola nella vita e quando arriva, te la stravolge.
Ho detto per tutti? Ho sbagliato. Intendevo per tutti gli altri, ma non per me.
 
Ecco lo sapevo, ci casco sempre, nel vittimismo intendo.
Mia madre me lo dice sempre devi pensare positivo, sei tu che decidi della tua vita…ma se è così, perché non la pianta di dirmi cosa devo fare? Perché vuole costringermi…a cambiare?
Procedo con calma fra le vie della città, sono leggermente in ritardo, ma non ho nessuna fretta di arrivare. Conosco il percorso a memoria e questo mi dà la possibilità di camminare pur continuando a rimuginare su altro.
Si diceva: perché cambiare?
Non fraintendetemi, anch’io odio il mio carattere, non mi entusiasma essere una vigliacca, ma a volte trovo che sia più semplice convivere con questa mia pavida essenza, piuttosto che cambiarla.
In fondo odio anche dover portare gli occhiali, ma è anche vero che se non li portassi non ci vedrei nulla. Quindi, meglio questo che niente.
Forse è lo stesso per il mio carattere, non mi piace, ma se sono così ci sarà pure un motivo! E magari è pure un buon motivo.
Forse la mia grande avventura è quella di essere una come tante.
 
Svolto a destra e mi blocco improvvisamente: sono arrivata.
La gente mi passa a fianco e mi scansa senza problemi, come se non fossi lì.
Sì, questo mi viene bene, riesco ad essere perfettamente invisibile quando mi ci metto d’impegno.
Il chè succede pressochè ogni giorno, esattamente a partire da…adesso.
E con adesso intendo il momento esatto in cui varcherò la soglia di questo elegante edificio in stile vittoriano al 510 di Lombard Street, sede storica della C&C Associates, uno degli studi legali più affermati di tutta Londra. E finirà nel momento in cui, psicologicamente distrutta, ne uscirò, sola, per ritornare al mio minuscolo appartamento nel West End.
Per inciso, se pensate che io stia esagerando, è perché non avete ancora conosciuto i miei amorevoli colleghi.
 
Sospiro rassegnata guardando le porte di vetro automatiche che si spalancano davanti a me, invitanti quasi quanto i portoni dell’inferno.
Il solito groppo alla bocca dello stomaco mi assale; nervosamente, mi sistemo una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio e finalmente entro nell’edificio.
Si comincia

  
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