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Autore: Martin Eden    10/06/2011    3 recensioni
Seguito di "Compagni di sventura - Resistance". La guerra dell'Anello continua per i nostri eroi, fra alti e bassi, vittorie e sconfitte: riusciranno a sopraffare il Male? Ma a che prezzo? Perdere la battaglia contro Sauron è veramente la cosa più terribile a questo mondo? Non per tutti... Buona lettura! E recensiteeeeeee :)) grazie mille!
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn, Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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4 – PER LILIAN

 
 
 - Legolas, quanto manca per Minas Tirith? - urlò Aragorn, non vedendo altro che foschia sul fiume Anduin.
L'elfo corse alla prua della nave, diede una rapida occhiata:
 - Sì, ne vedo la sagoma! Siamo molto vicini, attracchiamo qui? - esclamò di rimando.
 - Troppo presto! Lo sferragliare della battaglia è avanti ancora circa mezzo miglio, non vi sembra? - lo corresse Lilian.
 - Con questa catapecchia non faremo molta strada, faremmo prima ad andare a piedi! - commentò Gimli.
Aveva ragione, purtroppo: quella nave, rubata agli orchi appostati un miglio più indietro, era lentissima e puzzava di marcio, nonostante galleggiasse, per fortuna. Doveva trasportare a Minas Tirith solo quattro persone con peso consistente: gli spiriti erano come aria.
Continuarono a navigare ancora per un po', finchè il rumore assordante della battaglia non si fece estremamente vicino: Aragorn però non si sentiva affatto impaurito, con sè aveva un esercito praticamente imbattibile.
 - Ci siamo! - gridò Legolas  - Tutti giù! -
Lilian, Gimli e l'uomo si avvicinarono all'elfo e si appostarono per bene sotto il bordo della nave; una voce proveniente da terra si levò, tonante:
 - Era ora che arrivaste! - gridò un orco, credendo che sull'imbarcazione ci fos -sero i suoi compagni - Siete sempre in ritardo! -
A quel punto Legolas e gli altri balzarono fuori dal loro nascondiglio, e con loro anche gli spettri: gli orchi rimasero talmente sorpresi che non presero nemmeno in mano le armi e furono uccisi senza che se ne accorgessero.
Davanti agli occhi di Aragorn si aprì un terribile panorama: la battaglia infuriava, grossi olifanti calpestavano chiunque incappasse sulla loro strada e le mura di Minas Tirith erano state messe a dura prova.
Aragorn divise il suo piccolo esercito in due parti: una avrebbe combattuto davanti alle mura, una avrebbe liberato la città.
Legolas e Lilian decisero di andare con quest'ultima e trovare Gandalf, ma la missione si rivelò alquanto difficoltosa.
Nonostante gli spettri dessero loro un valido aiuto, gli orchi e gli uruk -hai sembravano spuntare dalla terra: Lilian e Legolas si divisero, in modo da trovare più facilmente lo stregone.
La ragazza percorse tutta la città sgozzando creature, ma di Gandalf nessuna traccia: che stesse combattendo ai piedi delle mura?
Invertì bruscamente rotta, ritornando velocemente sui suoi passi e precipitando nel vuoto orde di uruk -hai; immense torri di legno si avvicinavano a Minas Tirith, portando con sè un numero sempre maggiore di nemici.
Recuperando qualche torcia, Lilian dette fuoco a due di esse e continuò per la sua strada: ebbe come la sensazione che, grazie agli spiriti della Montagna, la situazione stesse volgendo lentemente a suo favore.
Non aveva idea di dove si trovasse Legolas, nè di dove fosse finito Gandalf: ora, mentre agitata correva e scivolava sul vischioso sangue dei morti, la ragazza perse del tutto la coscienza di essere sola.
Solo una cosa: aveva la strana sensazione che qualcuno le stesse tendendo una trappola. Ma era troppo occupata per pensarci.
Una voce nel profondo del suo io le disse di cambiare direzione, di sparire fra gli stretti vicoli della città, e di rifugiarsi alla reggia dei Sovrintendenti, poco lontano da lì.
Ma perchè mai doveva farlo? Il suo compito era trovare Gandalf, no? Perchè doveva perdere tempo a nascondersi? Non aveva paura, lei.
(vero?)
La piccola strada secondaria che aveva imboccato portò Lilian al portone principale: incredibile, forse l'esercito di Mordor stava...perdendo.
Era rimasto solo un reggimento, ancora lontano per essere un pericolo.
Ebbra di gioia, Lilian diede del suo meglio e uccise altre dozzine di nemici: la situazione al di fuori delle mura, però, si rivelò tanto facile quanto traditrice.
Lì gli orchi arrivavano a frotte, ed era impossibile batterli tutti da sola: la ragazza si vide presto costretta a rifugiarsi da qualche parte.
Troppo tardi: i nemici la stavano crudelmente chiudendo in un cerchio senza la minima uscita.
Alle spalle, le mura di Minas Tirith e qualche cespuglio, davanti, un selvaggio muro di combattenti di Mordor: nessun uomo poteva darle aiuto, erano troppo impegnati nella città.
Lilian sfoderò l'asta magica, mentre i nemici le si avvicinavano grugnendo di eccitazione: la ragazza chiuse gli occhi, alzò il bastone....
Prima che potesse pronunciare qualche arte magica, ben sapendo che sarebbe servita a poco, qualcuno la urtò, facendola ritornare bruscamente al mondo in cui si trovava: un'ombra snella le stava davanti, la proteggeva strenuamente.
 - Legolas! Che ci fai tu qui? - esclamò la ragazza appena si rese conto di chi era il suo salvatore.
 - Non c'è tempo per le spiegazioni! Fuggi, fa' presto! - ribattè l'elfo continuando a lanciare frecce - Ti coprirò le spalle! -
Puntò l'arco verso destra, e scagliò in quella direzione più dardi che potè: Lilian balzò via come un fulmine, e grazie all'amico riuscì ad aprirsi una breccia nelle fila nemiche e sparì alla vista.
Solo in quel momento Legolas si rese conto che la sua faretra era vuota; e gli orchi stavano già stringendosi intorno a lui.
A meno che non intervenisse qualcuno in suo favore, l'elfo era spacciato: i nemici erano troppi, troppi!
Sfoderò le spade, pensando che se avesse dovuto morire, l'avrebbe fatto combattendo, e con la convinzione che le sue gesta sarebbero state sempre ricordate da Lilian: quel pensiero lo consolò, mentre grosse gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
Ormai Minas Tirith aveva vinto, mancava solo un reggimento di Mordor e Minas Tirith avrebbe vinto: non importava se lui stesso moriva o no, avrebbe vinto. Aragorn avrebbe vinto.
L'elfo non aveva proprio più scampo:
 - Per te, Lilian. - sussurrò, e si lanciò furioso sulle immonde creature che lo tenevano in pugno: quante ne uccise, non seppe contarlo, ma alla fine avvertì le fa -tiche di quel suo ultimo disperato gesto e le spade gli vennero sottratte.
Qualcuno lo fece cadere a terra e lo tenne fermo con la stessa forza di due tenaglie: pesanti mazze ferrate gli si strinsero attorno come affamati predatori, e in un secondo calarono come fulmini.
 
Lilian non si voltò indietro finchè non arrivò in un posto sicuro dentro Minas Tiri -th: il panorama che vide la sconvolse in tutti i sensi.
Niente più nemici per le strade della città, niente più combattimenti: l'ultimo reggimento di Mordor si era fermato a una certa distanza dalle mura e là rima -neva. Forse significava una tregua. In qual caso avevano praticamente vinto.
Vinto.
La ragazza scorse Aragorn poco più in là, che parlava con Gandalf: entrambi sor -ridevano. Ma lei no. Lei non poteva ancora ridere guardando i cadaveri dei suoi nemici abbandonati per le vie.
Legolas non l'aveva seguita.
Lilian raggiunse Aragorn e gli spiegò che era successo al loro amico: dovevano aiutarlo, subito!
L'uomo raccolse un esiguo numero di uomini e si diresse ai piedi delle mura, l'ultimo luogo dove Lilian avesse visto Legolas: ma là non c'era più nessuno.
Gli orchi stavano tornando alla torre del loro ultimo reggimento rimasto intatto: per terra, avevano lasciato solo cadaveri. Un mare.
La ragazza pensò subito alla terribile possibilità di trovare Legolas lì, morto, e di dover piangere disperatamente sul suo corpo martoriato e lasciato a marcire al sole come tanti altri: non si meritava una fine così indegna. In fondo...le aveva solo salvato la vita.
Fu parecchio sorpresa quando scoprì, dopo mezz'ora di vane ricerche, che il corpo di Legolas non c'era: questo avrebbe dovuto rallegrarla, in un certo senso, invece le fece solo balzare il cuore in gola.
Che gli era successo? Dov'era finito?
 - Dove può essere? - si chiese ansimando per la preoccupazione.
 - Forse è riuscito a salvarsi, è forte.. - propose Aragorn mentre continuava a cercare.
 - Con almeno un centinaio di orchi che gli stanno attorno? - sbottò Lilian con una nota di isterismo - Con la faretra vuota e due misere spade come difesa? -
L'uomo le si avvicinò e l'abbracciò forte, nonostante lei si dimenasse:
 - Ssssshh.. Capisco cosa provi, ma se non è qui è molto probabile che sia riuscito a scappare: solo che non capisco dove possa essere andato.. -
La ragazza non si sentiva affatto tranquilla da quell'affermazione. Non era assolutamente possibile che Legolas se la fosse svignata: lei l'aveva vista, quella tenaglia di orchi, e sapeva che da lì non si usciva.
Niente però le impediva di sperare, anche se era un po' scettica sull'argomento.
Quella sera, con Gimli che cercava inutilmente di consolarla
(tanto lo so cosa sta pensando)
Lilian aspettò invano, sobbalzando a ogni minimo scricchiolìo del portone: poteva essere lui, in qualsiasi momento. A meno che non avesse già intrapreso un viag -gio senza ritorno.
 
Quella notte Legolas non l'avrebbe mai dimenticata. Mai.
Non era da tutti i giorni essere trattati così duramente: e ora, mentre sentiva correre per la schiena il suo stesso sangue, il dolore delle sue ferite si faceva più acuto. Almeno, credeva, l'avrebbero lasciato in pace per tutta la notte.
Gli orchi non l'avevano ucciso come temeva: le mazze ferrate che avrebbero dovuto finirlo si erano fermate all'ultimo momento proprio sopra la sua testa.
Fra i nemici che lo circondavano era comparso un orco più grosso, probabilmente il loro capo: aveva guardato Legolas con i suoi occhi desiderosi di guerra e di -struzione.
 - Aspettate - aveva detto ai suoi soldati - perchè ucciderlo adesso? Ho visto che è successo.. -
La sua mano deturpata aveva stretto la gola dell'elfo fino a fargli temere di poter soffocare:
 - Al posto tuo c'era una ragazza, vero? E tu sei intervenuto per salvarla: non c'erano strade per raggiungerla, e tu sei saltato fuori da chissà dove. Vuol dire una sola cosa... -
L'aveva stretto più forte, da fargli mancare il fiato:
 - Da qualche parte c'è un passaggio segreto per arrivare dentro Minas Tirith, e tu, miserabile, lo sai, nevvero? Dove? Dov'è?! Parla! -
Legolas non aveva proferito parola: quell'orco lo stava letteralmente strozzando, e anche se così non fosse stato, non avrebbe rivelato nulla.
Certo sapeva del passaggio segreto: l'aveva scoperto per caso mentre cercava Lilian. E sapeva anche che portava fino ai piedi della reggia. Un cunicolo che collegava due botole ben nascoste e impossibili da scoprire per chiunque non possedesse una vista da elfo.
L'orco aveva allentato la presa alla sua gola, sperando di ricevere una risposta alla sua domanda; Legolas aveva colto quell'occasione solo per sputargli in un oc -chio.
Di colpo la creatura aveva indietreggiato, permettendo all'elfo di respirare, e stava ancora tentando di pulirsi il viso quando un pugno ben assestato aveva cen -trato lo stomaco di Legolas, facendogli quasi perdere i sensi.
 - Fermi! - aveva urlato il capo degli orchi - Ho detto di non ucciderlo, idioti! Anche se testardo ci serve per vincere questa guerra. Tanto non durerà a lungo il suo silenzio: ci condurrà dentro Minas Tirith! -
Il reggimento aveva esultato a quell'idea, e il loro capo aveva rivolto a Legolas il suo sorriso più maligno:
 - Mai! Preferirei morire! - aveva cercato di gridare Legolas, ma dalla sua gola era usciti solo un paio di rochi sibili e un fiotto di sangue.
 - Dicono tutti così.. - aveva risposto affabile l'orco - ...ma prima o poi anche i più duri demordono! - poi, rivolto ai suoi soldati - Andiamo all'accampamento! -
L'orda ai suoi ordini si era subito incamminata verso una torre poco distante, l'ulima speranza di Sauron: avevano legato l'elfo, prima, poi l'avevano trascina -to di peso fino alla loro meta.
Legolas aveva opposto una strenua resistenza, ma era stato inutile: Minas Tirith si allontanava sempre più, e con essa anche ogni possibilità di salvezza.
(Lilian Aragorn)
Forse avrebbe dovuto gridare in quel momento, ma le sue poche forze gli con -sentivano solo di assistere impotente agli eventi: non ne sarebbe uscito vivo, era fin troppo evidente.
Ma questo non importava, perchè non avrebbe mai rivelato l'esatta posizione del passaggio, e avrebbe protetto quel segreto a tutti i costi: se Mordor avesse saputo dove si trovava, per Minas Tirith, per Aragorn, per Lilian sarebbe stata la fine.
Gli orchi l'avevano condotto nella gigantesca torre di legno, e ogni cosa era diventata buia: c'erano poche fiaccole laggiù, ed erano molto fioche.
Legolas pensava che l'avrebbero sbattuto in una cella, ma si era sbagliato di grosso: l'avevano letteralmente appeso per i polsi a qualche palmo da terra, e avevano preso subito a tempestarlo di domande.
Ma la risposta ad ognuna di esse era il silenzio, l'unica arma di cui poteva ancora disporre.
Il capo degli orchi non demordeva, ma la testardaggine di Legolas riusciva a esa -sperarlo: certo, per l'elfo la situazione poteva diventare pericolosa da un mo -mento all'altro, dato che era esposto a qualsiasi tipo di attacco.
 - Me ne sono capitati pochi cocciuti come te... - aveva esordito il capo degli orchi dopo una buona ora di interrogatori - mi costringi a usare le maniere forti.. -
Legolas non aveva battuto ciglio di fronte a quella minaccia: tremare dalla paura avrebbe rappresentato una debolezza che poteva facilmente ritorcersi contro lui stesso.
Il grosso orco gli aveva rivolto un sorriso compiaciuto, e aveva fatto cenno a un suo scagnozzo: Legolas aveva sentito tonfi attutiti di armi che cadevano dietro di sè, ma la sua malaugurata posizione non gli aveva permesso di vedere che stava accadendo oltre la sua schiena.
 - Allora? - aveva chiesto il capo nemico - Parli? -
L'elfo aveva scosso la testa con decisione.
L'orco aveva fatto un altro cenno: e allora Legolas aveva sentito per la prima volta il secco schioccare di una frusta che gli lacerava la carne, e che l'avrebbe colpito ancora, ancora e ancora.
L'elfo aveva resistito alle prime percosse, stringendo i denti per non far uscire il grido di dolore che aveva pronto in gola, ma quando le frustate avevano cominciato a essere troppe, il suo coraggio era venuto meno: si era lasciato sfuggire un solo, disperato urlo.
 - Allora non hai perso la lingua.. - lo aveva canzonato il capo degli orchi, conce -dendogli un po' di tregua - che ne diresti adesso di rispondere alla mia doman -da? -
 - No! - era riuscito a gridare ancora l'elfo.
 - No? D'accordo, facciamo come vuoi tu.. -
La frusta aveva di nuovo schioccato sul dorso di Legolas.
Non avrebbe più smesso fino a notte inoltrata, quando gli orchi avrebbero rin -chiuso l'elfo, troppo esausto anche per rivelare segreti, in una qualunque delle loro celle.
Ora, mentre la notte veniva lentamente sostituita dall'alba, Legolas ripensava a quello che gli era accaduto, cercando di aggrapparsi col pensiero ai bei ricordi: pensava a Lilian, pensava a quanta sofferenza le aveva risparmiato, a quanto a -vrebbe voluto rivederla ancora una volta, per dirle l'unica cosa che meritava di sapere e che lui aveva nascosto per tanto tempo e così gelosamente.
Se solo avesse potuto parlarle, bastava un minuto, giusto per dirle la verità, e se ne sarebbe andato all'altro mondo senza un lamento.
Si stava abbandonando a questi dolci pensieri, quando la porta della cella si spa -lancò e comparve sulla soglia il capo degli orchi: aveva sulle labbra gonfie e pie -ne di croste il solito sorriso arcigno che non prometteva nulla di buono.
Ordinò a un paio di soldati di portare il prigioniero nell'altra stanza: i due non fe -cero tanta fatica questa volta, poichè Legolas era troppo debole anche per pun -tare i piedi e impedire l'avanzata.
Lo condussero nello stesso posto dove l'avevano percosso il giorno prima: questa volta, però, fu diverso. Terribilmente diverso.
 - Visto che resisti addirittura alla frusta, ho trovato un altro modo: vediamo se funziona.. - con il solito tono canzonatorio, il capo degli orchi prese un ferro ro -vente e si avvicinò con uno strano bagliore negli occhi.
Legolas capì all'istante che voleva fare e la cosa lo spaventò: ma non avrebbe parlato neanche così, mai...mai!
 - Questo lo sai cos'è, vero? - continuò l'orco capo agitando con impazienza il ferro rovente - Non esiterò a usarlo... -
Guardò l'elfo dritto negli occhi e sorrise:
 - Non mi piace molto l'arroganza che c'è nel tuo sguardo: ma sono di -sposto a passarci sopra. Sempre che tu mi riveli dove si trova quel famoso pas -saggio... -
Legolas si rendeva perfettamente conto che cosa stava rischiando: se non aves -se parlato ora, quel ferro rovente gli avrebbe tolto l'unica virtù che ancora pos -sedeva: la vista.
(se solo non avessi le mani legate!)
L'orco che gli stava dinnanzi stava diventando impaziente:
 - Che aspetti? Vuoi che ti accechi? Sappi che a me non fa nè caldo nè freddo! - ruggì avvicinando di più il ferro al viso di Legolas.
Solo allora l'elfo si accorse che il braccio del suo nemico era alla sua portata: un calcio ben assestato e la pericolosa arma che teneva in mano quell'orco si sa -rebbe allontanata dai suoi preziosi occhi.
E poi?
Non poteva certo tenere testa a un intero reggimento, nelle sue condizioni. Però, sperava, forse una minima possibilità di salvezza..poteva esserci...
 - Allora? - sbraitò di nuovo il capo.
 - NO! - gli urlò in faccia Legolas, e con una ginocchiata colpì la mano deturpata del nemico, facendo roteare per aria il ferro rovente.
Gli altri orchi ebbero un attimo di smarrimento, e l'elfo riuscì a utilizzarlo a suo favore: con uno scatto, si liberò dalle mani possenti che lo tenevano fermo e tentò una magra resistenza a base di calci.
Riuscì a tagliare le corde che lo imprigionavano grazie a una spada sguainata e dimenticata su una rastrelliera, poi la afferrò, ricominciò a lottare con accanimento.
All'inizio parve funzionare, ma presto Legolas si accorse che il suo era stato un deprorevole errore: i nemici erano troppi, esattamente come quando l'avevano catturato.
Ciononostante, combatté con tutte le poche forze rimastegli finchè non si vide scon -fitto: qualcuno riuscì ad afferrarlo e lo colpì alla testa con un oggetto pesante.
Legolas cadde a terra privo di sensi: le ultime cose che vide, prima che il buio completo s'impadronisse di lui, furono il ferro rovente che piroettava nell'aria e che si andava a conficcare nel braccio del capo degli orchi.
L'ultima eco che l'avrebbe accompagnato per il resto della sua vita fu l'urlo del nemico e le sue parole, rivolte a lui:
 - Me la pagherai elfo... -
Poi, il nulla.

  
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