Per te qualcosa ancora
Sono seduto da due ore sul divano ancora avvolto nella
plastica dopo il trasloco, precisamente da quando un candido gufo ha bussato
elegantemente alla mia finestra chiusa. Erano dieci anni che non la vedevo ma
l’avrei riconosciuta tra mille. Forse non lo ricorda ma c’è stato un periodo in
cui io e Athena (così si chiama) eravamo molto amici. Veniva a trovarmi tutti i
giorni con una certa regolarità. Allora i messaggi erano molto brevi: posto,
ora , un ‘ti amo’ scarabocchiato nell’angolo in basso a desta. E l’iniziale del
tuo nome.
Il biglietto che ha consegnato poco fa è abbandonato sul
tavolino che ho di fronte, insieme a una bottiglia di whisky semivuota. Con il
bicchiere colmo stretto nella mano, fisso la scrittura semplice e lineare,
priva di fronzoli superficiali. Così tua. Poche parole chiare e dirette. ‘Ho
saputo che sei tornato. Vieni a trovarmi più tardi, se ne hai voglia’.
Se ne ho voglia Herm? Non ne sono sicuro. Per tutto
questo tempo ho creduto di averti dimenticata. L’America è lontana ed io avevo
così tante cose da fare. Pensavo di aver voltato pagina. Ora sono tornato,
nemmeno io so bene per quale motivo, e dopo meno di una settimana spunta
Athena. Quando l’ho vista, il mio stomaco ha fatto una strana capriola e la mia
mente è partita per un viaggio di sola andata verso il malinconico Paese dei
Ricordi. Ogni cosa in cui credevo è svanita in uno sbuffo di fumo. Il mio
lavoro, la mia nuova vita, persino Hester. Magari è solo la nostalgia per
quello che è stato. Bevo tutto il liquore nel bicchiere e mi alzo.
Leggo l’indirizzo che hai scritto sulla pergamena e mi
Materializzo in un vicolo buio, che scopro conduce a una piazza quadrata. Un
forte odore di mare e di pane appena sfornato mi colpisce le narici. Mi guardo
intorno. Hai scelto proprio un bel posto dove vivere. Semplice eppure
caratteristico, speciale. Rispecchia molto il tuo modo di essere. O almeno, il
tuo modo di essere dieci anni fa.
Nonostante siano le cinque del pomeriggio ci sono poche
persone per la strada. Una bambina a spasso con i genitori mi saluta con la
mano ed io le sorrido. Nell’angolo opposto a dove mi trovo io c’è un fioraio.
Non posso presentarmi a mani vuote. Cinque minuti dopo esco con un enorme mazzo
di rose e girasoli, i tuoi fiori preferiti. Tolgo dalla tasca dei jeans il
biglietto e cerco la tua casa. Non ci metto molto.
Casa tua mi piace.
Sa
di calda pace
spesa in due.
Un anno in
più sul viso
non hai.
È
una graziosa villetta a due piani, con tanto di giardino magnificamente curato.
Il cancello dello steccato di legno bianco si apre al delicato tocco della mia
mano. Il paese ha tutta l’aria di essere uno di quelli da cartolina, o magari
delle favole, dove tutti si conoscono e nessuno farebbe mai del male ad altri
intenzionalmente. Più tardi mi ricorderò di scattare qualche foto. La ghiaia
del vialetto scricchiola sotto la suola delle mie scarpe e produce un rumore
familiare, casereccio. Ad ogni passo mi sento sempre più estraneo e non riconosco la forza che mi fa avanzare fino al
tappeto con scritto ‘benvenuti’. Forse ho fatto uno sbaglio a venire. Uno gnomo
da giardino mi guarda con insolenza, quasi con aria di sfida. Lo fisso
immobile. Davvero ho paura di rivederti? Mi decido a suonare quel maledetto
campanello Weasley-Granger e sospiro. Non posso più tirarmi indietro ormai.
Dopo qualche secondo la porta si apre e appari tu.
Indossi
un grembiule e hai il viso sporco di farina. Sorridi, sinceramente contenta di
vedermi, e provi a ripulirti. Sei bella da mozzare il fiato, Hermione. Ancora
più di quanto ricordassi. Mormori qualche scusa imbarazzata e mi lasci entrare.
Lui non c’è, naturalmente. La tua casa è molto bella. Calda, accogliente. Sa di
amore e felicità. Ovunque, foto di voi due. Sistemi i fiori in un vaso e ci
sediamo al tavolino del salotto davanti a una bella tazza di tè. Ti osservo con
attenzione. Dieci anni sono passati eppure non hanno lasciato tracce sul tuo
viso. I tuoi occhi eclissano ancora il sole d’agosto. Il tuo sorriso dà ancora
speranza a chi si è perso.
Tu di me mi chiedi.
Sono
qui: mi vedi.
Dimmi tu.
Mi trovi un po’ cambiato?
Non so.
Parliamo di tante
cose. Perché tante cose sono successe da allora. Sembriamo davvero due amici di
vecchia data che non si vedono da tempo. La risata per la mia ultima battuta si
spegne lentamente e tu assumi un’aria seria. D’improvviso mi chiedi se sto
bene. La schiettezza della tua domanda mi lascia senza parole. Questa mattina
avrei giurato di sì. Credevo di essere cambiato. Forse sono solo lo stesso
senza di te. Non lo so. Apro le braccia e tu rispondi al mio sorriso. Ho
superato il tuo esame a quanto pare. Prendo un po’ della crostata alla frutta che
mi hai offerto e cerco di non pensare a quelle domande la cui risposta mi
spaventa troppo perché possa farmele sul serio.
Ti
ringrazio del pensiero.
Non
credevo che
fosse
giusto rivederci.
L’hai
fatto tu per me.
So
che lui conosce
bene
chi sia io:
prima
che ritorni
scusa
ma andrò via.
È stato molto carino da
parte tua cercarmi dopo tutto questo tempo, propormi di rivederci. Un gesto che
non mi aspettavo minimamente. Hai avuto coraggio, senza dubbio. Non so se io
avrei fatto lo stesso. La mia vita era stabile. Mi ero completamente adattato a
Boston, la città dove mi ero rifugiato dopo la guerra per inseguire i miei
sogni. Facevo il lavoro che avevo sempre desiderato. E ho trovato una donna
fantastica, Hester, che mi ha fatto di nuovo battere il cuore. Tu te ne eri
andata dalla mia mente, dalla mia anima. Ed io stavo bene. Tuttavia, leggere
quelle tue parole questa mattina mi ha fatto un effetto che non avrei mai
immaginato. Ci ho messo ore per decidere se era la cosa giusta. Da una parte
ero tentato di accettare. Sarebbe stato bello rivederti. Ma ero spaventato da
quello che questo avrebbe potuto significare, dalla scossa con la quale avresti
minacciato la mia serenità. Poi è rispuntato il tuo viso dalla nebbia dei
ricordi, e ho ceduto. Mi stavo preoccupando troppo per una visita cordiale a
una vecchia amica.
Mentre bevo un sorso di tè
la mia attenzione è catturata da uno scintillio all’anulare della tua mano sinistra.
Tutti si sono sempre aspettati che avresti sposato lui e così è stato. Lui,
Ronald Weasley. Il migliore amico del Bambino-Che-È-Sopravvissuto, Auror di
fama internazionale, rispettabile e ben voluto. Tu, Hermione Granger. Altra
grandissima amica di Potter, Medimaga di altissimo livello al San Mungo, la
studentessa prima e la strega poi più brillante di sempre. Fra voi, il sottile
filo rosso dell’Amore. L’eco lontana del matrimonio del decennio ha raggiunto
persino la comunità magica americana. Lui mi conosce. Sa che a scuola facevo
parte della banda Serpeverde e che ero il migliore amico di Draco Malfoy. Ma
dubito che sappia che non ho mai voluto unirmi a Voldemort, né che per un
intero anno io e te ci siamo amati. Sa che dopo la scuola ho lasciato l’Inghilterra
e la magia e sono andato a Boston per vivere come un Babbano e per realizzare
il mio sogno di essere un fotografo. Però non sa che per difendere la mia
scelta ho perso te. Non ce l’ho con lui, davvero. Ma non ho voglia di farmi
trovare qui quando tornerà. Troppe spiegazioni da dare, troppe bugie da dire
anche a lui, oltre a me stesso e a te. Me ne andrò prima e sono certo che
capirai.
Vedo
che i capelli adesso
non
li tagli più
in
quel modo strano
in
cui tu mai sembravi tu.
Dolce
più serena
è
la voce tua.
Vedo
tutto intorno
nuova
fantasia.
Continuiamo a chiacchierare
amabilmente e non posso fare a meno di notare i riflessi d’oro che il sole
lascia sui tuoi capelli. Non sono più crespi e cespugliosi come a scuola, ma
ricadono sulla tua schiena in morbidi ricci ordinati e lucenti. Ho sempre adorato
accarezzarli. Cosa non darei per poterlo fare ancora. Immergere le mie dita in
quei fili di sensuale seta, annegare nel loro profumo di miele. Sento la tua
voce che mi chiama e mi riscuoto. Mi sarò perso nei miei pensieri. La mia
faccia deve essere molto divertente perché tu scoppi a ridere. E io ascolto la
tua risata come chi sta per morire di sete ascolta lo scroscio di una fontana.
Ti sistemi una ciocca dietro l’orecchio e ricominci a parlare dell’ospedale.
Non m’interessa e mi concentro sulla tua voce. È la stessa di tanto tempo fa,
ma più dolce. Non ha più quell’inquietudine malcelata per la guerra, la
costante insoddisfazione per la vita grigia e vuota di quando ci siamo
conosciuti, la frustrazione verso chi non condivideva i tuoi ambiziosi progetti.
Adesso sembra davvero che tu abbia tutto quello che volevi. Il Bene ha
trionfato sul Male, hai un lavoro che ti piace e un marito che ti ama. Sei
felice e io sono contento per te.
Te
lo ricordi com’eri allora?
Come non parlavi?
Fra
gli entusiasmi
della mia mente
solo mi lasciavi.
Ora ne parli
della tua vita,
della vostra intesa.
In
questo mondo
che ti appartiene
quanto
sei più bella, adesso.
Improvvisamente ti alzi e
corri a prendere qualcosa di sopra. Al tuo ritorno porti con te un grosso album
di fotografie e un grande sorriso sulle labbra. E io ti vedo crescere senza di
me. Ansiosa, il tuo primo giorno in ospedale. Serena, con quegli svitati dei
tuoi amici. Semplicemente meravigliosa, al tuo matrimonio. Felice e innamorata,
con lui. Sei cambiata tanto, e non solo fisicamente. Non sei più la ragazzina
che rispettava scrupolosamente tutte le regole, timida e nascosta dietro le
protettive pagine di libri più grandi di lei. Hai acquisito una nuova
sicurezza. Sei decisa, determinata. Allora era difficile persino farti parlare.
Io ti raccontavo dei miei sogni, dei miei desideri per il futuro. Volevo
scappare da questo mondo che ormai mi stava stretto. Volevo essere libero di
scegliere la mia vita e volevo che tu ne facessi parte. Ma tu avevi i tuoi
progetti qui in Inghilterra. Ti aspettavano il successo e la fama che ti sono
sempre stati destinati. Avevi troppo valore, troppo da dare e da ricevere
perché li mollassi per amore. Non eri pronta a lasciare tutto, non per me. E
quando sono salito su quell’aereo, nemmeno il tuo fantasma è venuto con me, ma
appena ho appoggiato il piede a Boston mi sono sentito a casa. Cominciava il
primo capitolo della mia nuova vita; non ho mai pensato a te.
L’argomento “amici” si
esaurisce e arriviamo al punto che ho temuto fin da quando ho deciso di venire:
Weasley. Ti prego, raccontami qualche stupido aneddoto sul vostro primo
appuntamento, raccontami perché avete scelto quel colore per le pareti della cucina,
raccontami quello che vi piace fare la domenica pomeriggio. Ma non come ha
preso il mio posto nel tuo cuore, quello non so se potrei sopportarlo. La
magica empatia che c’era tra noi deve essersi affievolita con il poco
esercizio, perché è proprio di questo che mi parli. Mi dici tutti i motivi per
cui ti sei innamorata di lui, ma... C’è poco entusiasmo nella tua voce e i tuoi
occhi non brillano. Malignamente desidero che ti ripeta quest’elenco ogni
mattina ma sembri davvero felice e io mi vergogno di me stesso.
La verità è che in quelle
foto con te vorrei esserci io; vorrei che fosse il mio nome ad essere nascosto
nel tuo anello d’oro; vorrei portarti la colazione a letto e dirti che sei
bella. Sei bella, Hermione, e io non ho mai smesso di amarti. Me ne accorgo
solo ora quando siamo qui, seduti nel tuo salotto, e tu parli di tuo marito e
io della mia fidanzata. Sembri felice e a me manca il coraggio. Davvero ti
strapperei al tuo mondo? A questo mondo che è tuo e che io ho rifiutato?
Quanto amore
dal
tuo sonno
lui
svegliò per sé.
Ciò
che sempre,
inutilmente,
io
chiedevo a te.
Sai
che cosa scopro,
d’improvviso,
io?
Non
ho mai pensato
di
sbagliarmi, io.
Lui ti ha fatta innamorare.
A me volevi bene, certo, ma quell’amore con la ‘a’ maiuscola, quello unico,
sincero, travolgente, che ti fa fare follie... È questo che provi per lui,
vero? Come diavolo ci è riuscito? Io ho tentato un anno intero, in tutti i
modi. Te l’ho anche esplicitamente chiesto, di amarmi. Naturalmente la risposta
era sempre sì, però non mi amavi. Stavamo insieme e io avrei fatto qualunque
cosa per te, ma tu sembravi non darci peso. Tutta presa dal tuo piccolo
perfetto mondo e dalle sue regole e per me non c’era posto. Ho sempre pensato
che la colpa fosse tua, se c’eravamo lasciati. Ma adesso è probabile che
qualche errore l’abbia commesso anch’io. Ti amavo troppo... Eri diventata la
ragione della mia vita e l’unico motivo per cui ho avuto la forza di partire
anche senza di te, è stato la consapevolezza di essere nel giusto. Non mi amavi
come avrei voluto e come ti amavo io, perché dovevo restare e continuare a
giocare secondo le tue regole? Forse col tempo avresti imparato, ma ero
giovane, testardo e orgoglioso. E con una voglia matta di vivere e inseguire i
miei sogni. Forse doveva solo andare così.
Prima che vada
per
la mia strada
dimmi,
sì, che, in fondo,
ha
avuto un senso
nei
nuovi giorni
anche
un po’ il mio mondo.
Fammi
pensare
che
potrei darti
qualche
cosa ancora.
Fammi
pensare
di
aver paura
che
lui possa rientrare,
adesso.
Guardo l’orologio. Non è
tardi ma io cerco scuse per andare via. È successo esattamente quello che non
volevo: ho scoperto di amarti ancora. E mi dispiace, perché sono troppo codardo
per dirtelo e troppo ipocrita per lasciare Hester. Torno alla mia vita e non ci
vedremo più stavolta. Non so cosa ti ho detto ma mi alzo e lo fai anche tu. Mi
accompagni alla porta. Di scatto ti giri e mi guardi negli occhi. Vorrei dirti
tante cose ma è uno il pensiero che mi tormenta ora. In questi dieci anni,
mentre costruivi mattone dopo mattone la tua nuova vita, quanto sono stato
importante? Quanto abbiamo contato, io e il mio amore, nella realizzazione di
quei sogni che ti hanno portata via da me? Che senso ho avuto e cosa pensavi di
me guardando vecchie foto polverose che credevi di aver buttato? Hai avuto un
briciolo di rimpianto o ero solo uno con cui sei stata per un po’ e che si è
fatto da parte giusto in tempo per non intralciare la tua carriera? Scuoti
leggermente la testa e una lacrima ti riga la guancia. Sorrido, triste. Allora
la nostra alchimia non è sparita del tutto, li senti ancora i miei pensieri.
Non ho la forza di parlare ma non ho niente da perdere. Faccio un passo verso
di te e ti asciugo la lacrima con il pollice. Tu chiudi gli occhi e a me sembra
di avere di nuovo sedici anni.
Dimmi che posso ancora darti
qualcosa e dimmi che tu puoi darla a me. Dimmi che non è mai troppo tardi.
Dimmi che faresti ora quello che non hai fatto dieci anni fa. Al mio ultimo
pensiero riapri gli occhi e allontani il tuo viso dalla mia mano. Non mi guardi
e il mio cuore sprofonda. Mi ami. Mi ami ma ci sono troppe cose che ti tengono
legata. Di nuovo, metti la tua perfetta vita prima di me. Allora era la
prospettiva di quello che saresti stata a trattenerti, ora è quello che sei. Le
mie dita sfuggono al controllo del mio cervello e salgono ad accarezzarti i
capelli. Sento che dovrei avere paura di tuo marito, potrebbe tornare da un
momento all’altro. Ma non m’importa. Tanto non ci rivedremo più. Questo ti
spaventa e mi guardi di nuovo. Però stavolta non cedo. Hai fatto la tua scelta.
Addio, Herm. Apro la porta, ma mi sento trattenere per il polso.
“ Aspetta, Blaise. Vengo con
te... ”