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Autore: _Calypso_    10/06/2011    4 recensioni
«Avanti, continua» la spronò Pansy, avida di informazioni. «Vedrai: più ne parli, più starai meglio» aggiunse gravemente, con l’aria di chi la sapeva lunga. Si sedette sul letto sul quale Daphne era sdraiata, travolta da quelle lacrime che avevano iniziato ad investirla due giorni prima. Finora, non aveva avuto occasione di parlare con nessuno della mostruosa visione che i suoi occhi color cobalto avevano dovuto sopportare, in quanto Pansy aveva trascorso le vacanze di Natale nella tenuta di famiglia e Millicent non era esattamente la miglior confidente per problematiche di quel tipo. Non appena la sua migliore amica aveva fatto ritorno al castello di Hogwarts, quindi, l’aveva travolta con il racconto di quella terribile scoperta.
[Questa storia si è classificata terza al "Time to Say Goodbye" contest, indetto da NeverySayNever90 e giudicato da IvanaEfp]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Non lo negherò: poter finalmente pubblicare questa storia mi dà una gioia immensa, è stato uno dei pezzi la cui stesura mi ha messo davvero di buon umore. So che ciò è avvenuto a discapito della povera Daphne, con cui sono stata davvero impietosa, ma non m'importa.

La dedico alle ragazze deluse, tradite e abbandonate, in modo che una bella risata se la facciano, in particolare alle più giovani! Mi raccomando, quando si chiude una porta si apre un portone. Lo dico perché domani sarà il mio ultimo giorno di scuola e sono ultradepressa, nonché rimango la regina della coerenza. Adesso la smetto di blaterare.

Questa storia si è classificata terza al "Time to Say Goodbye" contest, indetto da NeverySayNever90 e giudicato da IvanaEfp, che ringrazio come non mai. Il suo accuratissimo giudizio sarà al fondo.



Gioco da Serpi




«E quindi?» mormorò Pansy, passandole una mano tra i lunghi capelli biondi «è successo proprio così?» aggiunse, mentre il suo tono si alzava di un’ottava, a causa dello scandalo che era stato per lei la notizia appena ricevuta.

«Proprio così» ringhiò Daphne, tirando un pugno al cuscino sul quale si era rifugiata. «È un grandissimo…» e non riuscì a continuare, in quanto la sua voce era rotta dai singhiozzi.

«Figlio di sua madre: mai espressione fu più appropriata!» decretò la mora, alzandosi in piedi e mettendo le mani sui fianchi, con aria minacciosa. «Piuttosto, dimmi un po’…» continuò, cercando un fazzoletto di stoffa da porgere all’amica.

«N-no» balbettò l’altra ragazza, voltandosi su se stessa fino a raggiungere la posizione supina. «Ero entrata nella stanza del dormitorio dove stanno mia sorella e quelle del suo anno per chiederle se aveva ricevuto un gufo dai nostri genitori e li ho beccati mentre… mentre…» Così dicendo strappò il fazzoletto dalle mani dell’amica e si soffiò il naso fragorosamente.

«Avanti, continua» la spronò Pansy, avida di informazioni. «Vedrai: più ne parli, più starai meglio» aggiunse gravemente, con l’aria di chi la sapeva lunga. Si sedette sul letto sul quale Daphne era sdraiata, travolta da quelle lacrime che avevano iniziato ad investirla due giorni prima. Finora, non aveva avuto occasione di parlare con nessuno della mostruosa visione che i suoi occhi color cobalto avevano dovuto sopportare, in quanto Pansy aveva trascorso le vacanze di Natale nella tenuta di famiglia e Millicent non era esattamente la miglior confidente per problematiche di quel tipo. Non appena la sua migliore amica aveva fatto ritorno al castello di Hogwarts, quindi, l’aveva travolta con il racconto di quella terribile scoperta.

«Beh, Blaise mi aveva detto che alle tre sarebbe andato in biblioteca a scrivere un rotolo di pergamena sulla Soluzione Singhiozzante per Lumacorno, ma io avevo così tanta voglia di vederlo, quindi ho pensato di fargli una sorpresa sedendomi al tavolo dove lui fa i compiti di solito. Ho aspettato per mezz’ora poi mi sono stufata e sono tornata qui nei sotterranei. Mi annoiavo a morte, allora ho pensato di andare da mia sorella… non l’avessi mai fatto!» disse tutto d’un fiato, calcando la voce sull’ultima frase. Puntellandosi sui gomiti si mise a sedere accanto a Pansy, la quale con un “Tergeo” aveva pulito il fazzoletto con il quale Daphne si era ripetutamente asciugata le lacrime.

Si soffiò il naso ancora una volta e appoggiò la testa sulla spalla della mora, che le baciò i capelli con affetto. Daphne e Pansy erano migliori amiche dalla più tenera età: le loro madri erano cresciute insieme e i loro padri lavoravano allo stesso piano del Ministero della Magia. Spesso una delle due famiglie teneva un brunch o una cena servita dagli elfi domestici di casa, secondo la perfetta tradizione delle famiglie Purosangue da generazioni: le due ragazze, sin da bimbe, erano solite scappare via prima del secondo per abbandonarsi a confidenze e pettegolezzi. Pansy era stata la prima a cui Daphne aveva raccontato del serrato corteggiamento e degli innumerevoli tentativi di seduzione a lei perpetrati da Blaise Zabini, un ragazzo incredibilmente affascinante del loro anno, dagli occhi color ebano e la pelle color cioccolato. La mora, pur apprezzando i gusti in fatto di ragazzi dell’amica, sempre decisamente impeccabili – soprattutto in quanto non tenevano in considerazione Draco Malfoy, quello che voleva fosse il suo ragazzo da più di un lustro – aveva espresso le sue riserve riguardo il figlio di quella strega mantide religiosa, com’era stata definita dal Settimanale delle Streghe, di cui Pansy si faceva recapitare ogni numero al proprio tavolo della colazione. Era perfettamente a conoscenza, infatti, che Blaise aveva spezzato il cuore di varie ragazze: la sua fama di sciupafemmine era ovviamente giunta anche a Daphne, la quale tuttavia si era gettata anima e corpo in una nuova relazione, senza considerare il fatto che, puntualmente, c’erano altissime probabilità che le sarebbe toccata la stessa sorte. E in quel freddo pomeriggio di gennaio, la primogenita della famiglia Greengrass, stringendo un fazzoletto con il disegno di due serpenti intrecciati, rifletteva sulle parole dell’amica, rimpiangendo di non avervi posto sufficiente attenzione e di non essersi fidata.

«Ho aperto la porta, dato che Astoria mi aveva sempre lasciata entrare in camera sua… e l’ho trovata avvinghiata al mio Blaise!» proruppe Daphne, continuando a piangere. «Ovviamente, quando ho aperto la porta hanno smesso di… hai capito, no? Poi lui si è rivestito in fretta e furia ed è scappato via, senza lasciarmi il tempo di insultarlo o di lanciargli una maledizione. E mia sorella era lì, sul letto, immobile, senza dire niente. Ora che ci penso, oltre ad essersi ripetutamente scusata non mi ha rivolto la parola, in questi due giorni.»

«E lui?» bisbigliò l’amica, stringendola al petto «non ti ha detto niente?»
«Oh, sì. Sono andata a parlargli ieri. Ti faccio vedere, perché se te lo raccontassi sono sicura che non ci crederesti.» Così dicendo si alzò in piedi e prese un piccolo bacile di pietra scura, simile all’ossidiana. In seguito, si puntò la bacchetta alla testa e vi fece uscire un rivolo argenteo, che depositò nell’oggetto che aveva appena prelevato.
Le due ragazze si strinsero la mano e si tuffarono nel Pensatoio, l’una pronta a rivivere la conversazione avuta con l’ex-ragazzo, l’altra pronta a scoprire le misere parole che aveva utilizzato Blaise per scaricare la fanciulla che frequentava ormai da un anno e tre mesi.
 
«Ciao, Daphne» disse il giovane Zabini, entrando nella Sala Comune di Serpeverde, in quel momento deserta. Si appoggiò pigramente su un divano, giocando con un cuscino rivestito di seta verde e argento di cui tracciava svogliatamente i ricami con l’indice destro.

«Andiamo subito al punto: da quant’è che va avanti questa storia?» ringhiò la ragazza, schiumando di rabbia, marciando verso di lui a grandi passi. Non aveva alcuna intenzione di sedersi: ogni fibra del suo corpo tremava per la furia, la furia cieca per l’essere stata tradita due volte: la prima dal ragazzo da cui pensava di essere amata, la seconda da sua sorella, sangue del suo sangue e carne della sua carne.

«Qualche settimana, mese forse. Tua sorella è così… disponibile» ridacchiò il ragazzo, alzando lo sguardo verso la bionda, che aveva appoggiato la mano sinistra su un tavolo a fianco.

«Ci è voluto molto di meno di te a convincerla, sai?» continuò, alzandosi in piedi e cominciando a camminare verso Daphne. Questo suo gesto fece scattare un moto di rabbia in Pansy, che sarebbe stata pronta a scagliare una maledizione a Blaise. La Daphne del ricordo rimase ferma, mentre una lacrima iniziava a rigare il suo pallido e grazioso volto. Il suo ormai ex-ragazzo si riferiva ad un momento della loro relazione che era stato per lei incredibilmente importante, ovvero la loro prima volta. Per Daphne si trattava della prima volta in generale, per Blaise era soltanto una delle tante: in quel momento, la ragazza si rese conto che avrebbe dovuto capire che lei, per lui, non contava davvero niente di niente.

«Perché?» gli chiese, lanciandogli uno sguardo con tutta la crudeltà di cui i suoi occhi color azzurro scuro erano capaci. «Credevo stessimo bene insieme» aggiunse, fissando il pavimento con un’occhiata torva e piena di risentimento, ma allo stesso tempo colma di tristezza e dolore.

«Mi annoiavo, sai» replicò lui languidamente «e poi, se devo essere sincero… volevo fare il bis» sogghignò, tirando un filo del cuscino con il quale stava giocherellando.

«Ti annoiavi, eh?» urlò la ragazza. «Io mi fidavo di te! Io credevo in noi, nella nostra relazione e nel nostro amore!» aggiunse, gemendo violentemente.

«Sappi che mi vendicherò, fosse l’ultima cosa che faccio. Probabilmente, anzi, sicuramente sorriderò al pensiero che qualcuno ti faccia presto quello che mi stai facendo» sbottò Daphne tra le lacrime, singhiozzando, mentre il ricordo svaniva e le due ragazze venivano di nuovo catapultate nella stanza del dormitorio femminile di Serpeverde del sesto anno.

«Per Salazar, allora è davvero uno stronzo!» strillò Pansy, gettando le braccia al collo dell’amica, la quale si era accasciata su una poltroncina in velluto, appoggiando la testa su uno dei due braccioli. La mora posò un lieve bacio sulla guancia della bionda e si sedette sul letto, incrociando le braccia con fare risoluto. «Dobbiamo fare qualcosa, mia cara» proruppe, rimanendo seria.

Improvvisamente si alzò e si diresse verso un’elegante specchiera che recava il blasone di Serpeverde in cima. Su di essa, oltre a vari trucchi magici tra cui il Rimmel Auto-allungante che Millicent Bulstrode aveva dimenticato, vi era una pergamena rosa dall’aspetto decisamente kitsch.

Pansy la prese in mano con determinazione. «Tiri Vispi Weasley, Servizio Ordini Via Gufo» lesse ad alta voce, sogghignando. «Filtri d’Amore… potremmo pensarci, sai?» aggiunse, continuando a ridere.

«Ehi!» pigolò Daphne, furibonda. «So di essere appena stata scaricata ma… non sono male, vero?» Anch’essa si avvicinò allo specchio, il quale rivelò l’immagine di una ragazza bionda dagli occhi cerulei, contornati da polvere d’antimonio. La superficie riflettente le cinguettò un “Sei meravigliosa, tesoro!”,riuscendo a farle incurvare leggermente le labbra, che si aprirono in un lieve sorriso.

«Veramente» soggiunse Pansy, pazientemente «non sarai tu a berla, tesoro. Lascia fare a me, vado un attimo in Guferia e torno! Ci vediamo a cena» disse, lasciando l’amica con un palmo di naso.

«Sì, sì, ciao» sussurrò Daphne a voce bassa, con una reazione a metà tra lo sbigottito e l’indignato. Proprio questi due stati d’animo l’avevano accompagnata nei giorni precedenti all’arrivo di Pansy.

La bionda era rimasta dapprima senza parole: non solo era finita la sua relazione, ma quella visione aveva determinato la fine di un’era, per lei che prima d’ora non aveva mai avuto niente di cui preoccuparsi. La suaadolescenza. Era tutto finito, svanito, perduto.

La sua innocenza, quella che aveva affidato a Blaise sperando che se ne prendesse cura e che la coltivasse come il germoglio di un fiore incredibilmente raro e puro, anzi purissimo. Il bocciolo era cresciuto, si era aperto grazie alla luce del sole dell’amore che il ragazzo aveva mostrato inizialmente nei suoi confronti, ma ben presto aveva iniziato ad appassire: il chiarore si era rivelato essere una luce artificiale e innaturale, il fiore aveva iniziato a screziarsi, per poi venire infine calpestato e schiacciato al suolo.

La sua famiglia, non quella in cui era nata, ma quella che si era costruita negli anni: un ragazzo che la amava e una sorella che non era soltanto una persona nata dagli stessi genitori, ma soprattutto qualcuno nel quale poter riporre la fiducia più assoluta. Era stato proprio il tradimento, la morte di quella fiducia ad averla lasciata da sola con i fantasmi dei membri della sua famiglia, e non più dei parenti in carne ed ossa. Blaise e Astoria erano state per lei delle costanti, delle vere e proprie pietre di volta, sulle quali Daphne aveva costruito un castello, che si era rivelato essere assolutamente, completamente, totalmente fondato su basi effimere ed evanescenti.

Tuttavia, vi era un membro di quella famiglia acquisita che non l’aveva abbandonata: su di esso poteva davvero stabilire le fondamenta di una nuova era, di un nuovo periodo della sua esistenza. Si trattava di Pansy Parkinson, la sua migliore amica. Daphne non aveva mai perso molto tempo a riflettere: era una ragazza – ormai quasi una donna, a dire il vero – propensa all’azione e alle parole, inoltre era sempre stata abituata a dare per scontato ciò che possedeva, quindi non soltanto il suo infinito guardaroba, pieno di innumerevoli vesti di ogni foggia e fattura, ideati dai migliori stilisti del Mondo Magico, ma anche le persone. La primogenita della famiglia Greengrass aveva, possedeva una compagna davvero unica e speciale: forse in certi momenti poteva apparire un po’ gretta e materialista, ma tuttavia era fedele come un cagnolino, proprio come un carlino al quale, secondo alcuni maligni, Pansy assomigliava.

Daphne voleva vendicarsi, era arrabbiata, arrabbiata e furibonda per ciò che aveva potuto soffrire, e nello sguardo determinato dell’amica aveva visto un piano. Non sapeva che cosa fare, ma sapeva soltanto che l’avrebbe seguita, sperando che questo avrebbe finalmente placato la sua sete di vendetta.
 
«Eccomi di ritorno» disse Pansy, ridendo tra sé e sé. «Ho preparato l’ordine, promettendo una lauta mancia se riusciranno a mandarmi il tutto entro domani sera.» Il suo arrivo distolse Daphne dai pensieri negativi, alimentando tuttavia ulteriormente il suo desiderio di vendicarsi.

«Sai, mentre andavo in Guferia mi è venuta in mente una cosa» aggiunse. La bionda era stanca: aver ripercorso tutte le tappe di quel tradimento era stato davvero estenuante, per cui avrebbe lasciato parlare l’amica, persino se si sarebbe trattato delle solite lamentele su quanto Draco Malfoy fosse dimagrito e, per giunta, la stesse ignorando di più ogni giorno che passava.

«Dicevo, non solo Zabini si è comportato da vero e proprio bastardo, ma anche tua sorella… insomma, come ha potuto?» ringhiò. «Beh, se proprio devo essere sincera, proprio se non ti offendi ti dico quello che ho sempre pensato su di lei»
Daphne inarcò un sopracciglio, volgendo all’amica uno sguardo pensieroso ma allo stesso tempo lievemente divertito.

«Tua sorella, Daphne, è una zoccoletta» proruppe Pansy seriamente, mentre la bionda le lanciava un cuscino. «Con questo, in realtà, voglio dire che Blaise ha ragione, lei è facile. Per lui sarà stato semplice come lanciare una Maledizione Imperius su un troll convincerla che è la donna della sua vita. Insomma, è solo parzialmente colpevole» disse, atteggiandosi come un giudice del Wizengamot.

«Aspetta… vuoi dirmi che farai bere il Filtro d’Amore a lei?» strillò Daphne, indignata.

«Beh, sì» ribatté l’amica, senza nascondere un certo compiacimento. «Come hai fatto a capirlo?» le chiese, ammirata.
«Dunque, se dici che lei è un po’ troppo amichevole con i ragazzi, nessuno se ne accorgerà che ci abbiamo messo il nostro zampino, giusto? Così riuscirò a vendicarmi» sbottò, soddisfatta.

«Siamo proprio due menti criminali! Potremmo diventare Mangiamorte!» cinguettò Pansy, travolta dai sogni di gloria. «No, dai, senza esagerare! Per ora pensiamo a mettere a posto Zabini, in modo che lui rimetta nelle mutande quel maledetto…»
«Grazie Pansy, credo di aver capito» la interruppe Daphne tra le risate. «Metteremo il Filtro nel succo di zucca che mia sorella beve a cena, che ne dici?» continuò eccitata. «Vado in Biblioteca, prima o poi devo scrivere anch’io quel dannato rotolo di pergamena per Lumacorno. A dopo, cara, e grazie di tutto. Davvero» concluse, stringendo forte l’amica e abbandonando il dormitorio.

Dopo essersene andata, raggiunse la sala comune per prendere alcuni libri: era pressoché deserta, fatta eccezione per un paio di studenti del primo anno che si sfidavano a Gobbiglie e nientemeno che Blaise Zabini in persona, sdraiato sul divano a rileggere Dodici infallibili passi per sedurre una strega, probabilmente per l’ennesima volta.

«Chi non muore si rivede» borbottò il ragazzo rivolgendosi a Daphne, la quale gli si avvicinò di scatto e gettò a terra il libro al quale Blaise stava dedicando la sua attenzione.

«Ciao, Blaise» disse lei ad alta voce. I due ragazzini, avvertendo il vago sentore di una tempesta, se ne andarono in fretta e furia, raccattando alla bell’e meglio il loro set di Gobbiglie.

«Hai qualcos’altro da dirmi rispetto a ieri?» mormorò lui sprezzante, mentre la ragazza torreggiava su di lui con aria minacciosa.
«Da dirti, se devo essere sincera, no» sussurrò Daphne con aria malevola. «Da farti, invece…» aggiunse, lasciando trapelare una certa malizia. «Dai, alzati.» Così dicendo lo afferrò per il bavero e lo trascinò per poche decine di centimetri, fino a spingerlo contro un tavolo lì nei pressi. Blaise, credendo che la ragazza stesse tentando di sedurlo, non mosse alcun tipo di opposizione. La bionda, invece, si allontanò rapidamente e, con un solo, rapido gesto della bacchetta urlò: «Evanesco

Improvvisamente l’uniforme di Blaise svanì, lasciando il ragazzo in boxer e calzini di spugna. Il moro era decisamente sorpreso dall’incantesimo della sua ex-ragazza, ma di nuovo non le impedì alcun movimento. Piuttosto, si sporse verso il tavolo per cercare di afferrare la sua bacchetta, ma Daphne fu più veloce, gettandola su una poltroncina vicino all’ingresso della sala comune.

«Va bene, carina, facciamo a modo tuo. Devo dire che non ti ho mai visto così intraprendente» sogghignò lui, tentando di accarezzarle una guancia. La bionda sorrise e, con un altro colpo di bacchetta, fece svanire anche il resto degli indumenti che Blaise aveva ancora addosso.

«Daphne, siamo in mezzo alla sala comune… qualcuno potrebbe vederci!» le disse il ragazzo sensualmente, ormai nudo come un verme.
«Vederci? Credi davvero che, dopo tutto quello che mi hai fatto, io voglia fare qualcosa con te? Oh, adesso vedrai, adesso capirai che cosa significa essere tradita. Petrificus totalus!» gridò. Blaise cadde a terra come uno stoccafisso, mentre la ragazza abbandonava la sala comune ridendo fragorosamente.

 
Due giorni dopo
«Avete sentito?» trillò Lavanda eccitata, gettando le braccia al collo di Ron e stampandogli un bacio sulla guancia. «Qualcuno ha pietrificato Zabini e l’ha lasciato nudo in mezzo alla sala comune di Serpeverde!» La notizia scatenò le risate del gruppetto di Grifondoro radunato intorno ad un tavolo per finire gli ultimi compiti delle vacanze di Natale e la totale indifferenza di Hermione Granger, immersa nella lettura della sua Teoria Avanzata degli Incantesimi.

«Chiunque sia stato, andrò a stringergli la mano» proruppe Harry, continuando a ridere. Calì, la quale tentava di leggere le foglie di tè in una tazza, la interruppe, aggiungendo allegra: «Beh, per quel ragazzo non è un gran periodo, vero? Sentite questa: dopo aver lasciato la maggiore delle sorelle Greengrass ha iniziato ad andare con la più piccola, Astoria, e sapete questa cos’ha fatto?» disse, mentre Harry, Ron e Hermione si allontanavano: avevano sempre trovato quei pettegolezzi decisamente noiosi.
«Dai, dimmi!» trillò Lavanda eccitata, pendendo avidamente dalle labbra dell’amica.

«Ha baciato Theodore Nott al tavolo della colazione! Davanti a tutti!» esclamò indignata Calì, ridendo sempre più forte.

«Certo che sono proprio delle serpi eh, quelli! Chi li capisce i loro giochetti!» concluse la bionda, chinandosi per guardare nella tazza dell’amica, senza soffocare le risate che ormai l’avevano travolta.













3° posto: Gioco da Serpi di _Calypso_
grammatica 10/10
lessico e stile 4/5
Sviluppo del tema 12/15
Caratterizzazione personaggi : 10/10
Utilizzo prompt 5/5
Utilizzo frasi 10/10
Gradimento personale 4/5

Totale 55 /60

E’ davvero una bella storia e, grammaticalmente, la più corretta.
Non ho trovato nessuna frase contorta, né virgole fuori posto o errori di battitura; su questo campo, almeno, sei stata impeccabile.
C’è da dire, però, che la storia non mi ha emozionata e, conoscendo le tue storie e le forti emozioni che riesci ad esprimere, mi chiedo il perché, davvero, non sei riuscita ad immergerti completamente in questo tema.
Ti sei soffermata molto sulle descrizioni, sulla rabbia e sulla caratterizzazione dei personaggi; hai, soprattutto, riportato quelli che sono i ‘classici’ discorsi che anticipano la fine.
Adoperare ‘il tradimento’ è stata una buona idea; molte, troppe coppie forse, finiscono a causa sua.
La carne è debole e troppo spesso si assecondano gli istinti invece del cuore perché, per quanto io ne sappia, è la carne a tradire, è il sesso ad allettare e non l’amore a finire.
Può darsi che un uomo ami ancora la sua donna ma che dia più importanza alle esigenze carnali.
In questo caso, per esempio, Daphne mi sa molto di psicopatica che inveisce senza risolvere nulla, ecco. Posso capire che tu abbia deciso di descrivere, così com’è, quello che è successo, ma manca qualcosa.
Manca il VERO dolore di Daphne, i veri sentimenti.
Mancano loro, Calypso; manca il conoscere quelli che sono i sentimenti che hanno spinto entrambi a diventare quelli che sono diventati.
Ti sembrerà strano e forse mi manderai dritta a quel paese ma, in alcune parti, io ho riso.
Qui, per esempio “… in modo che lui rimetta nelle mutande quel maledetto”
Ed è forse questo il motivo per cui ti ho penalizzata nello sviluppo del tema; si chiedeva di parlare della fine di un amore e delle sue ‘catastrofiche’ cause.
Tu, invece, hai messo su una specie di parodia u___u
Magari l’ho letta male ma, davvero, è stata la storia più divertente delle quattro.
E non vai assolutamente penalizzata del tutto, per questo, perché sei stata originale, o no?
Per non parlare della simpatica fine che ha fatto Blaise u___u
E dell’idea del filtro d’amore.
Insomma; la storia in sé per sé è davvero bella, ricca di descrizioni e di accurata attenzione ma, perché quel ma mi torturerà a vita, avresti dovuto giocare un po’ di più sul drammatico che c’è in te.
   
 
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