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Autore: Feel Good Inc    10/06/2011    3 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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32

Qualcosa da proteggere

 

 

 

Le ruote ticchettavano leggermente sul marciapiede, ma nel silenzio e nell’oscurità quasi totale il suono sembrava moltiplicarsi all’infinito, sovrastando il rumore appena percettibile dei suoi passi. Quando passarono sotto un lampione, Axel osservò l’espressione distesa e naturale di Roxas.

«Come mai non hai voluto aspettare Sora?»

«Stanotte dormirà fuori.»

«Ma almeno avvertirlo...»

«Perché metterlo in pensiero?» Roxas lo guardò con un sorrisetto. «Tanto ci sei tu, no?»

Che ironia. Il lupo con l’agnello.

Axel distolse gli occhi.

Solo un’ora prima, Sora aveva lasciato l’ospedale: appena dopo averlo visto svoltare l’angolo dalla finestra, Roxas aveva detto a Squall Leonhart che era pronto a tornare a casa. Il medico avrebbe voluto farlo accompagnare, ma il ragazzino aveva scosso la testa con un sorriso, dichiarando che un altro viaggio sulla sua sedia a rotelle non gli avrebbe certo fatto male. L’uomo si era arreso, poi gli aveva stretto calorosamente una mano e con la sincerità nella voce gli aveva augurato buona fortuna.

Axel era l’unico a sapere che quella notte Roxas sarebbe tornato al condominio. In un certo senso, era come se avesse voluto con sé soltanto lui. Di nuovo.

Provava uno strano senso di inadeguatezza, di disagio; ma al tempo stesso sapeva che niente avrebbe potuto impedirgli di stargli vicino in quel momento.

Nemmeno i due fari che li seguivano a distanza costante sin dall’ospedale.

Il marciapiede svoltò; Axel si sistemò in spalla la borsa con le cose di Roxas e seguì la sedia a rotelle verso il condominio alla fine della strada. Rivisse per un attimo il momento in cui aveva visto per la prima volta il palazzo sotto la pioggia, in un’altra epoca e in un’altra vita. E dire che quella notte, all’inizio della sua latitanza, non avrebbe mai pensato di poter davvero ‘mettere la testa a posto’...

«Perché sorridi?»

La domanda di Roxas lo colse impreparato.

«Non sorrido.»

«Sì, invece. Ti ho visto sorridere.»

Si voltò. Il biondino era ancora concentrato sul movimento regolare delle ruote, ma lo stava fissando di sottecchi, evidentemente divertito. Axel sbuffò.

«Fai troppe domande, bimbo.»

«E tu dai poche risposte.»

«Mi sembra di avertelo già detto. Io sono per i fatti, non per le parole.»

«Va bene, va bene.» Roxas alzò le spalle. «Resta il fatto che sorridevi.»

Axel ridacchiò e scosse la testa. Non aveva la minima intenzione di rispondere alla sua domanda e di fargli capire che sorrideva perché ora, soltanto ora, si sentiva giusto.

Arrivarono all’ingresso del condominio e, come aveva già fatto quando erano tornati dal parco, la prima e unica volta che si era deciso a uscire di lì, Roxas fece salire la sedia sulla passerella rialzata accanto alle scale. Nel corso della manovra, Axel lo vide portarsi una mano al fianco e reprimere una smorfia di dolore. La ferita doveva ancora dargli qualche fitta. Si sforzò di fingere di non averlo notato, ma quella vista gli fece male all’anima.

Non avevano più parlato di Marluxia o di qualsiasi altro aspetto di quella sporca faccenda. Cercava di convincersi che quel silenzio era solo per non farlo soffrire, ma la parte più nascosta del suo subconscio urlava con chiarezza qualcos’altro.

Parlarne gli avrebbe strappato la verità. E cioè, che Marluxia aveva cercato di togliergli la cosa più importante.

Non era stato, come aveva detto a Roxas, uno sbaglio di mira. Ne era sicuro. Ma ammetterlo ad alta voce avrebbe spaventato il suo amico, e ancor di più avrebbe spaventato lui.

Perché mai avrebbe pensato di poter davvero trovare qualcosa da proteggere.

Roxas si fermò davanti all’uscio e bussò; le sue chiavi le aveva date a Sora. Axel lo raggiunse.

«Non sarebbe ora di metterci un citofono o almeno un campanello, in questo condominio di quarta categoria?»

«Vallo a dire a Vexen

«Si può sapere chi diavolo è a quest’ora?!»

La voce del vecchio era risuonata appena oltre la porta. Doveva essere ancora in piedi, o non avrebbe fatto così presto a raggiungerla. Axel sospirò silenziosamente; quell’uomo era un classico, odioso pignolo senza la minima possibilità di recupero.

«Parli del diavolo...» sorrise Roxas, con l’aria di divertirsi da matti.

La porta si spalancò e comparve il portinaio, avvolto nella stessa vestaglia nera da vampiro rachitico con cui aveva accolto l’arrivo di Axel tra le misere fila dei suoi condomini. Vexen puntò loro addosso uno sguardo acido.

«Vi avverto, ragazzini. Non posso tollerare quelli che buttano giù dal letto gli onesti cittadini nel cuore della notte.»

Axel e Roxas ricambiarono l’occhiata, entrambi impassibili. Quando sembrò metterli a fuoco, il vecchio sbuffò sonoramente.

«Ah, voi.» Si soffermò in particolare su Roxas. «Di ritorno dal mondo dei morti, mi sembra di capire.»

In quel momento, Axel sentì di odiarlo sul serio.

Roxas gli scoccò il più innocente dei sorrisi. «Ci scusi, signor Vexen. Non avevamo intenzione di disturbarla.»

«Tutti uguali, voi giovani. Non avete il minimo rispetto per chi ha più anni di voi, più esperienza, più...»

Axel smise di ascoltare a metà discorso; aveva appena notato il bagliore dei fari illuminare la parete del palazzo alla sua destra. Sorrise tra sé. All’improvviso gli faceva piacere la compagnia di quella macchina discreta e silenziosa.

Si concentrò di nuovo sul monologo di Vexen, che Roxas stava ascoltando e accettando come un bravo bambino.

«... E in quanto a te» sputò di colpo il vecchio, guardandolo con evidente disprezzo, «sappi che non manca molto alla scadenza dell’affitto. Spero che non te ne dimentichi. Sono ancora sicuro di non potermi fidare.»

Axel sorrise ancora, cercando di assomigliare il più possibile ad uno sponsor di dentifrici, ma sapeva bene che il suo sorriso era molto meno bendisposto di quello di Roxas.

«Di quello che pensa lei, signor Vexen, non me ne può fregare un cazzo di meno. Ora, se vuole scusarci, il mio amico ed io siamo molto stanchi e ce ne andiamo a letto. Buonanotte.»

Superò lo scandalizzato portinaio, urtandolo con la borsa e augurandosi che il trauma gli facesse venire un colpo apoplettico. Mentre attraversava l’ingresso e si dirigeva all’ascensore, sentì la sedia di Roxas affrettarsi alle sue spalle.

«Axel! Non avresti dovuto rivolgerti a lui così!»

Si voltò a guardarlo senza fermarsi. «Vogliamo parlare di come si è rivolto lui a te?»

Roxas rimase per un attimo incerto. Poi sospirò, scosse la testa e si lasciò sfuggire una risatina.

Axel si fermò davanti alle porte dell’ascensore e, incurante della raccomandazione di usarlo «solo per le emergenze», pigiò il pulsante di chiamata.

«Che c’è da ridere?» chiese.

Roxas si fermò al suo fianco. Non lo guardò; scosse di nuovo il capo.

«Niente. È che... Qualche settimana fa mi avrebbe dato fastidio, credo, questa tua presa di posizione. Invece adesso...»

«Bimbo» sbuffò Axel, «guarda che non ti stavo difendendo. L’ho fatto solo perché morivo dalla voglia di farlo da tre settimane; memorizzato?»

Il ragazzino si voltò verso di lui, sollevando le sopracciglia. «Stavo cercando di ringraziarti

«E per cosa? Per aver insultato Vexen? Se è per questo, guarda che posso farlo un altro mezzo miliardo di volte. Non c’è problema, non mi dà nessun fastidio.»

Roxas rise di nuovo. «Sei proprio tutto matto.»

«Lo so. Sono diventato amico tuo.»

Mentre l’ascensore arrivava e si apriva davanti a loro, il rumore sferragliante e arrugginito che si mescolava all’eco della risata di Roxas, Axel non poté trattenersi dal sorridere con lui.

 

 

* * *

 

 

Il portinaio era tanto scioccato che ancora indugiava sull’uscio aperto, quando le due figure sparirono nel buio del condominio. Mentre si avvicinava a quell’uomo, Tifa Lockhart ridacchiò tra sé per la lingua tagliente e l’encomiabile faccia tosta di quel teppistello di Axel.

Arrivata sui gradini, vide che il vecchio si era finalmente accorto di lei.

«Il signor Vexen?» indagò.

L’altro annuì, cercando di riprendersi dal colpo di essere stato praticamente mandato al diavolo da un personaggio che aveva meno della quarta parte dei suoi venerabili anni.

«Che cosa vuole?» abbaiò poi.

Però, che ripresa rapida.

Tifa si fermò sull’ultimo gradino del portico e mostrò il distintivo. «Tenente Lockhart, polizia cittadina.»

Alla luce incerta delle stelle e delle poche luci in strada, le sembrò di vederlo cambiare espressione. Di certo il suo tono si ammorbidì in modo notevole.

«Che posso fare per lei?»

Sembrava anche un po’ intimidito. Tifa ripensò alle parole che gli aveva sentito pronunciare poco prima. Quelli che buttano giù dal letto gli onesti cittadini... Per un attimo osservò quel volto intriso di malignità, chiedendosi se appartenesse davvero a un ‘onesto cittadino’, ma alla fine decise di pensare soltanto al motivo della sua presenza al cospetto di quel vecchio dall’aria ostile. Non c’era altro di cui le importasse ora, davvero.

«Per me, nulla. Ma io posso fare qualcosa per lei. Devo raccontarle una cosa.»

Ora Vexen era soltanto sorpreso. «Come?»

«Già. Il motivo per cui ci vorrà un po’ di tempo prima che la nostra comune conoscenza possa pagarle l’affitto che lei gli ha gentilmente ricordato poco fa...»

 

 

 

 

 

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Capitolo corto e un po’ stupido. Ma il ritorno a casa di Roxas va trattato piano piano, così come il fatto che Axel – non dimenticate – ora è sotto stretta sorveglianza. E qualcuno doveva pur dirlo a Vexen, vi pare? xD

Vi ringrazio tutti, come sempre. Amo alla follia ogni lettore.

Aya ~

   
 
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