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Autore: A Dream Called Death    11/06/2011    1 recensioni
< Pensi a lei qualche volta? > chiese poi.
< In continuazione > risposi.
Mi alzai dallo sgabello.
Lui mi fissò, incuriosito.
< E come faccio a sapere che con lei al mio fianco tornerò a vivere? Può essere l'anestetico al dolore? > chiesi.
< Lei non è l'anestetico al tuo dolore... Ma potrebbe essere la cura definitiva. >
Anno 2006.
Il tour mondiale di American Idiot è stato appena cancellato ed i Green Day tornano in America dopo tre mesi dalla partenza.
Ma qualcosa è cambiato, fuori e dentro il gruppo.
Per Billie Joe Armstrong lo scontro con le ombre del passato non è mai finito.
I pensieri, i dubbi e le insicurezze di un uomo che deve fare i conti con se stesso: una vita spesa per la musica e per la propria band, ma anche colma di bugie e alcol, nemico ed amico da sempre del protagonista, unico rimedio al dolore ed alla rassegnazione.
Ma un incontro lo sconvolge, mescola i pezzi del puzzle della sua vita, lo mette di fronte alla cruda realtà: non si può fingere per sempre, si deve trovare il coraggio di prendere la decisione più difficile di tutte... Essere felici.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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La ragazza.
Quella ragazza.
E' qui, a pochi passi da me.
Al piano di sopra, stesa sul suo letto... quel bianco, enorme, letto di morte.
Ed io sono qui, perennemente impotente, chiuso, con lo sguardo
rivolto verso l'alto ad aspettare la sentenza.
Solo questo ridondante pensiero nella mente: una mente che pulsa.
Pulsa un solo nome.
Jane.
Andai a sedermi sul divano: ginocchia piegate, mento sulle mani,
occhi stanchi e quasi lucidi.
Ma chi sono io per poter piangere?
Il pianto è nobile e non è concesso a tutti.
Ad interrompere quell'amaro silenzio fu il rumore di pochi passi.
Passi funebri, quasi, che mi vennero incontro.
Mi alzai in piedi, con le mani lunghe sui fianchi.
Il padre della ragazza ed il medico si avvicinarono a me.
Quest'ultimo mi guardò perplesso.
-Come... Come sta?- domandai per primo.
Il dottore scosse garbatamente la testa.
-Temo che la malattia stia peggiorando- affermò, con tono basso.
Lo guardai.
-La prego, lei... Lei deve dirmi, deve aiutarci... Non può lasciarla lì,
così. Che-che dobbiamo fare, dottore?- domandai.
-Jane non mangia da giorni- continuò lui, interrompendomi.
-E' fortemente debilitata. L'unica cosa che possiamo fare è aspettare,
tutto quello che posso dirvi è che si riprenderà, se supererà la notte-.
Dov'è il cuore?
E' caduto.
Non lo trovo.
Ma caduto dove?
Dov'è, come faccio a rintracciarlo, come faccio a prendermi cura di lui?
Come diavolo faccio se quelle parole, come lame, mi feriscono
lacerandomi l'anima, penetrandomi le ossa?
E forse, facendomi sanguinare?
Come faccio io... ad andare avanti senza Jane?
Questa notte, tutte le notti della mia vita?
Come cazzo faccio?
Scossi la testa.
-Dottore, devo vederla-.
-No, signor Armstrong, la prego di stare tranquillo-.
Afferrai le sue mani, le strinsi più forte, attorcigliandole alle mie.
Legandomele al cuore.
Digrignando i denti come una lenta ed inesorabile smorfia di dolore.
Una lacrima scese dall'occhio sinistro.
E bastò.
Quella sola bastò.
-Io... Io devo andare- supplicai.
-L'ho tirata fuori io da quel cesso. Ora devo vederla, sotto un attimo,
solo un minuto. Questa notte potrebbe essere l'ultima-.
Il padre di Jane iniziò a piangere.
Il dottore si tolse gli occhiali.
-Signor Armstrong, signor Rosenberg ascoltatemi- rispose.
Noi ci girammo.
-C'è un'altra cosa che devo dirvi riguardo a Jane. Ho aspettato prima di
dirvela perchè.. mettetevi seduti, prego-.
Io e John ci guardammo e ci sedemmo sul divano.
-Che succede?- domandò John, impaurito.
Il medico sospirò.
-Ho visitato sua figlia, prima. E sono rimasto abbastanza colpito nel notare
un particolare...- continuò.
-Cosa?-.
Lui alzò la mano.
-Non è niente di grave, stia calmo. Anzi. E' qualcosa che non mi sarei mai
aspettato di vedere in sua figlia. Qualcosa che... giuro, io sono rimasto
sorpreso e lo sono tutt'ora nel darvi la notizia-.
Io alzai gli occhi.
Illuminato.
Forse perchè sapevo, immaginavo.
Nutrivo dentro di me che la morte non era l'unica cosa che mi teneva
legato a lei... Non più.
-Signor Rosenberg, Jane aspetta un figlio-.

   
 
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