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Autore: sedative    14/06/2011    1 recensioni
Hermione, prima dello scontro finale, scappa. Scappa via dal suo amato paese, che fatica a lasciare, per recarsi in Francia. Passano sei mesi, ma è costretta ad abbandonare anche questo per ignoti motivi. Ora si trova nella capitale Danese, a Copenaghen, per cercare di ricominciare. Appena arrivata, tuttavia, qualcosa turba il suo quieto vivere.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass, Harry Potter, Nuovo personaggio, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo I°.

 
Era in quella città da soli tre giorni, e già la vita in un altro Paese si faceva sentire.
Tutto sommato, però, le andava tutto bene: aveva trovato in pochi giorni un lavoro da cameriera in un bed&breakfast vicino la città e distava pochi minuti dalla sua nuova casa. E i suoi coinquilini? Anche loro andavano bene: riservati, silenziosi, insomma non le facevano “troppe” domande sul suo passato.
E cosa poteva desiderare di più?
Ah, era meglio che quella domanda non se la ponesse mai: le avrebbe, come minimo, rovinata l’intera settimana, che era appena iniziata.
Il lunedì a Copenaghen era sublime: c’era silenzio ovunque, la città era calma, nessun brutto rumore brusco.
-Fantastico.. – era il suo primo lunedì in quella città, e aveva già pronunciato quella parola una decina di volte.
La prima settimana della sua nuova vita era appena cominciata.
Doveva recarsi al lavoro, e doveva arrivare là alle otto e quindici precise: non poteva permettersi di fare ritardo.
E in più, in quei tre giorni, aveva imparato ad amare quella sensazione di pace che la fresca aria danese le donava appena usciva dalla casa dove alloggiava con altre tre persone.
Fresca, genuina e.. pura, sì. Era così quell’aria, e la sensazione che le donava non era paragonabile.
Comunque sia, doveva muoversi: niente ritardi, se l’era promesso sabato, quando aveva affrontato il colloquio che le permetteva di permettersi quella vita. E no, il fatto che quello fosse il suo primo giorno non la disturbava più di tanto.
Come poteva lei aver paura del primo giorno di lavoro?
Lei che aveva affrontato la morte in faccia?
No, non poteva temere quel primo giorno.
Con questi pensieri, infatti, si avviò, con passo svelto, verso il bed&breakfast.
L’abitazione destava circa dieci minuti da quel piccolo hotel, e quindi preferiva fare la strada a piedi, invece di prendere il pullman.
Tuttavia, ci sarebbe stato un piccolo problema: il danese.
Lingua fluida, morbida e molto lontana dal suo inglese. Conosceva alcuni frasi, le più principali, ma sembrava sempre una troglodita mentre cercava di parlare quella lingua che ancora non era sua.
In effetti, restò molto sbalordita quando la accettarono al lavoro: doveva dare un bell’aspetto all’hotel, ma se avrebbe aperto bocca quel “bell’aspetto” andava a farsi benedire.
Era inutile, però, pensare a queste cose: ormai era fatta!
Comunque sia, ci mise qualche minuto in più ad arrivare all’hotel, a causa del suo brutto vizio del fumo che non riusciva più a togliere. Anche se, si perse per qualche istante in quella nuova città che sarebbe diventata la sua casa.
 

Il bed&breakfast era di proprietà di una donna della bellezza di ottant’anni, ma ne dimostrava circa la metà: alta, slanciata, con lunghi capelli biondo platino che teneva legati in un alto ed elegante chignon.
Sembrava una donna a metà: era una donna professionale, algida e fredda, ma al con tempo le trasmetteva una sensazione del tipo “di me ti puoi fidare”, ma ciò lo avrebbe dedotto solo dopo altro tempo.
Tuttavia, quella donna faceva bene al piccolo hotel: famoso in tutta Europa e anche nell’estrema Russia, era una grande costruzione di sei piani, e, prima di diventare bed&breakfast, era un antico Palazzo di una potente e nobile famiglia.
Infatti, all’occhio della ragazza, non sfuggirono tanti piccoli particolari: quadri che ritraevano persone, piccoli oggetti di valore e antichi scrittoi, ma questi avevano qualcosa che non andava.
La ragazza riteneva che avessero molte cose più “britanniche” che “danesi”: monete e ritratti con il viso della Regina Vittoria, libri di scrittori e poeti inglesi, come Sheakspeare e Blake, e molti quadri che ritraevano la storia dell’odierno Regno Unito.
-Forse gli ex proprietari erano originari del Regno Unito.. – aveva rivelato ad Amelia, una sua coinquilina, la quale era di origini Australiane.
Tuttavia, questo, come il carattere della proprietaria, lo avrebbe scoperto strada facendo. 

Arrivata all’imponente cancello del bed&breakfast, si maledì mentalmente per essere arrivata con cinque minuti di ritardo: cinque minuti sì, ma pur sempre di ritardo.
Cercò, però, di evitare di far sì che questo pensiero potesse ostacolare il suo lavoro. Per questo motivo varcò il cancello con celata insicurezza e si avviò all’interno dell’hotel.
Non trovò, tuttavia, nessuno ad aspettarla nella Hole dell’hotel e non sapeva come muoversi.
-Hermione, Hermione! –
Si sentì chiamare dall’alto.
E, in effetti, alzando lo sguardo trovò un giovane ragazzo che sventolava la mano in sua direzione.
-Oh, arrivo.. – disse, nel suo danese migliore.
Cercando di mantenere la calma per evitare di fare brutte figure (come inciampare mentre sale le scale), salì le scale e si avvicinò in direzione del ragazzo.
-Hermione, oh cara! Possiamo darci del tu? – disse il ragazzo parlando, sorprendendo la giovane, un perfetto inglese.
Ora che era vicina a questo sconosciuto giovane, capì che non era il classico nordico: alto e slanciato con la pelle di un colorito “normale” e capelli biondo scuro con s occhi erano di un castano intenso. Portava un lontano parente dello smoking: jeans, camicia bianca e cravatta.
-Oh, certo. Ma tu parli inglese, come.. – tentò di dire la ragazza.
-Te lo spiegherò strada facendo. Ah, io mi chiamo James Rider e sì, sono di origini inglesi proprio come te! - le disse il giovane mentre camminavano verso destinazione ignota, fermandosi solo per darle la mano.
-Hermione, Hermion Jane Granger! – rispose Hermione, ostentando tutta la sua sicurezza e stringendo la mano del ragazzo.
-Bene.. – dise lui, riprendendo il cammino –Ora ti porterò in una specie di stanzino dove dovrai cambiarti. Troverai un piccolo armadietto con scritto il tuo nome, ci saranno parecchie cose lì dentro, ma non tutte ti serviranno: dei vestiti, che dovrai indossare, questi che indossi ora li potrai sistemare lì dentro, e una piccola cartellina color rosso, che dovrai prendere –
Come parlava veloce quel ragazzo!
Oramai lei non riusciva più a parlare e camminare contemporaneamente: il fumo glielo aveva impedito.
Aveva immaginato che si sarebbe dovuta cambiare: non poteva fare certo le pulizie con dei jeans!
Comunque sia, dov’erano?
Stavano percorrendo un lungo corridoio, in più non si nè sentiva nè vedeva nessuno in giro.
“Dove saranno tutti? Questo non è il primo piano?”
Le sue domande ebbero risposte quando iniziò a vedere le pareti: porte, porte, porte.
E sì, quello era il primo piano.
101, 102, 103, 104..
Qualcosa, tuttavia, non le quadrava.
-James.. – decise allora di parlare –Ma dove mi stai portando? –
-Siamo arrivati! – le rispose un ragazzo.
“Arrivati? Siamo davanti un ascensore!” pensò la giovane.
E questo suo pensiero la porto ad incarnare la sopra ciglia destra.
-Su via! Ci conosciamo da poco, ma fidati di me – continuò il giovane, facendole segno di entrare nell’ascensore che si era appena aperto.
“Ci conosciamo da poco? Non ci conosciamo affatto!” gli avrebbe voluto rispondere la ragazza. Ma si trattenne: perchè metterselo contro?
Chiuse le porte dell’ascensore, il ragazzo premette il tasto ‘-3’, e l’ascensore cominciò a scendere.
“Meno tre?”
C’era qualcosa che non andava.
-Sta tranquilla, ero sicuro che lei non ti avesse detto niente, quindi, alla fine della mattinata saprai tutto. Per adesso, stai tranquilla: non siamo sette religiose o un antico ordine Templare – la rassicurò il ragazzo sorridendola.
Lei?”
-La paura è ciò che meno mi colpisce – rispose un po’ sgarbatamente la ragazza.
Ma James non ci fece caso, le fece solo segno di uscire perchè erano arrivati a destinazione.
Il corridoio dove si trovavano ora era ben diverso dal precedente: le porte alle pareti sembravano chiuse con cemento e ognuna delle porte aveva accanto un piccolo schermo, e sul soffitto erano poste tante piccole luci.
-Niente setta, niente antico ordine, eh? – si lasciò sfuggire la ragazza.
James non disse niente, continuò a camminare finche non arrivarono ad una porta: gliela aprì, la fece entrare e la lasciò con un “il tuo armadietto è lì in fondo, a dopo”.
Quando la porta si chiuse fece un lieve rumore. 

Lo stanzino era chiuso e non c’era alcuna finestra.
Ma che stava pensando, non voleva di certe scappare!
-Ovvio che no.. – si sussurrò la ragazza.
Si avviò verso quell’armadietto che doveva essere il suo (e infatti vi trovo posto sopra il suo nome) e lo trovò già aperto.
-Grande privacy! – commentò sarcastica.
Vide cosa c’era all’interno: una busta e la cartellina rossa.
Del “parecchie cose” neanche l’ombra, ma lei non ci fece caso.
Aprì la busta e trovò dei vestiti, ma rimase sorpresa: non era la ‘divisa’ da cameriera che si aspettava, no no, era un completo composto da una camicia di lino bianca, una gonna nera, una giacca e una cravatta del medesimo colore.
Solo allora si ricordò l’abbigliamento di James.
In più, sempre nella busta, vi trovò due paia di scarpe: uno col tacco alto e nere, l’altro erano delle ballerine, anch’esse nere.
Vicino l’armadietto era posto uno specchio grande, che riportava riflessa la figura intera di una ragazza di quasi vent’anni, con grandi occhi castani e piccole labbra rosee; il viso pallido e delicato era incorniciato da un chioma di capelli non più folta, non più riccia, ma ben sì corta.
Li aveva tagliati dopo la morte di Voldemort.
A quel pensiero se li tocco i capelli, ma non provava rimpianto per averlo fatto.
Si vestì velocemente, riponendo i suoi vestiti nella busta.
Scelse le ballerine: non voleva dare troppo nell’occhio.
-E ora? – si chiese.
-E ora mi segua – rispose una voce femminile dalle sue spalle.
Voce che fece spaventare l’ex Grifondoro.
-Oh, non l’avevo sentita entrare, mi scusi – parlò in inglese, certa che lei l’avrebbe capita.
Si trovava davanti ad una donna giovane, di circa quarant’anni con un completo pantalone-giacca che andava sull’arancione. Era bassina, con qualche chilo di troppo, e con una chioma enorme di capelli.
-Forza, cammini – le disse quella donna, con una voce un po’ troppo imponente.
Hermione non proferì, la seguì e basta.

L’ ‘ignota destinazione’ non era altro che una stanza molto grande con otto scrivanie, ognuna delle quali era occupata da qualcuno, tranne tre.
Hermione si guardava intorno, cercando di capire che diavolo stava succedendo: quella situazione la innervosiva non poco.
-Hermione! – quella era la voce di James, che apparve alle sue spalle.
-James! Un viso conosciuto! Mi spieghi che sta succedendo? Credevo di dover fare la cameriera! – gli chiese la ragazza, quasi esasperata.
-Ti spiegherò tutto! Però adesso ti presento un tuo futuro collega! –
E dalle sue spalle uscì lei: quella persone che non avrebbe mai voluto vedere per nulla al mondo, quella persona che apparteneva al suo passato ed era certa che non l’avrebbe più visto.
Semplicemente lui.
-Hermione, lui è.. – disse James, ma venne interrotto proprio da quel lui.
-Signorina Granger, io sono Draco Malfoy – glielo disse con quel suo solito ed odioso ghigno, tendendole addirittura la mano.
-Noto già che conosce il mio nome – rispose Hermione, stringendo la sua mano e guardandolo negli occhi.
Quel tuffo nel passato faceva male, ma doveva essere affrontato.

 

 

Note autrice: eilà, salvee :) sono nuova in questo ‘campo’, bè, veramente sono nuova e basta. Mi diletto a scrivere qualcosa, ma mai di questo genere. Devo ammettere, però, che questa coppia mi ha spinta provare, quindi, proviamo!
Comunque sia, questa è una storia un po’ OOC, ma non tutti i caratteri verranno modificati, più che altro quello che verrà molto, ma non troppo, cambiato sarà il carattere di Hermione, come ovvio che sia.
Bè, il titolo della storia si ricollega ad una canzone, una delle mie preferite:  La canzone dell’ amore perduto, di Fabrizio de Andrè, che è il Poeta per eccellenza. :)
Cercherò di spostare i capitoli ad intervalli di cinque, sette giorni, la scuola è finita ed ho più tempo. Ovviamente, se avete critiche, consigli, insomma, qualsiasi cosa che possa aiutarmi a migliorare la storia fatelo, vi scongiuroo ahahha :)
Ora basta, vi aspetto alla prossima :)

   
 
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