CAPITOLO
VII: Fly me to the moon.
Impiegammo poco
più di trenta minuti per raggiungere
Shreveport.
Durante il tragitto avevo
goduto dello splendido silenzio
che ero in grado di assaporare solo in presenza di vampiri.
A quanto pare era
impossibile per me sentire i loro pensieri
e potevo finalmente gustare quella quiete che avevo desiderato per
tutta una
vita.
Il silenzio era stato
interrotto dalla vampira bionda che si
era preoccupata di spiegarmi che il Fangtasia era il locale notturno di
proprietà di Eric, anche se in quel periodo era chiuso per
“motivi di ordine pubblico”,
aveva detto.
Secondo Jason quello era
uno dei più famosi bar per vampiri
dell’intero stato della Louisiana ed era frequentato da
moltissimi umani.
La maggior parte di questi
umani, aveva aggiunto mio
fratello, erano veri e proprio fangbangers in cerca di un vampiro dal
quale
farsi mordere.
O con il quale fare sesso.
Probabilmente avrei dovuto
essere sconvolta da quest’ultima
affermazione ma per quello che ricordavo anch’io avevo fatto
sesso con un
vampiro e mi ero lasciata mordere da lui.
Per quanto ne sapevo,
magari anch’io potevo essere stata una
fangbanger.
Il solo pensiero mi faceva
sprofondare nella vergogna.
Fortunatamente non ebbi il
tempo di riflettere a fondo
sull’argomento visto che eravamo già arrivati al
Fangtasia.
L’esterno del
locale era piuttosto semplice: un edificio
abbastanza anonimo, con una piccola porta d’ingresso accanto
alla quale un
insegna di neon rosso riportava il nome del bar.
La vampira scese dalla
macchina e in un batter d’occhio si
spostò davanti l’entrata, facendo cenno di
seguirla.
Esitai un momento, poi
feci un lungo respiro e mi indirizzai
verso la porta.
Jason entrò nel
locale subito prima di me e fu di colpo
bloccato da una ragazza bionda che gli era praticamente saltata addosso.
La cosa non mi
stupì più di tanto. Voglio dire, mio fratello
ha sempre avuto delle “ammiratrici” un
po’ ovunque.
Solo non mi aspettavo che
ne avesse anche in un locale per
vampiri. Mi soffermai per un attimo ad osservare la ragazza.
Aveva
un’aria familiare.
Aspetta.
Io conosco
quella ragazza, pensai, l’ho
vista in
tv, in quei dibattiti contro i vampiri!
Che diavolo ci faceva la
moglie del Reverendo Newlin con mio
fratello? E soprattutto, che diavolo ci faceva in un locale del genere?
Pensava a quanto fosse
felice di trovarsi in quel luogo, di
essere con Jason, di essersi allontanata dal marito e da quelle
maledette
streghe. La sua mente trasmetteva in modo chiaro e preciso,
tanto che
fui persino in grado di cogliere delle immagini.
Vidi un locale abbandonato
alla periferia di Shreveport,
Titty Twister diceva l’insegna, poi vidi Sarah scrivere un
biglietto d’addio
per il marito.
Ok, era decisamente il
momento di uscire dalla mente di
quella donna.
Mi voltai in preda
all’imbarazzo.
Non avrei MAI dovuto
sbirciare nei pensieri più intimi di
Sarah Newlin!
Sollevai lo sguardo dal
pavimento e dopo aver rivolto un
cenno e un sorriso alla Newlin, che comunque era troppo presa da mio
fratello
per notarmi, mi inoltrai all’interno del locale.
Immediatamente il mio
sguardo si posò sul lato sinistro
della stanza come se fossi stata attratta da una calamita di qualche
genere.
Eric mi stava osservando,
seduto su un trono posto in un
angolo leggermente rialzato rispetto al resto della stanza.
Non appena lo vidi, qualcosa scattò nella mia mente.
Una
strana sensazione di déjà-vu, e in un lampo
davanti ai
miei occhi vidi Eric, appollaiato su quello stesso trono che mi
rivolgeva uno
sguardo lascivo mentre con una mano mi faceva cenno di avvicinarmi.
Al suo fianco, una Pam con
i capelli raccolti e un
aderentissimo completo in pelle nera gli sfiorava i lunghi capelli
biondi.
Quando riaprii gli occhi
scoppiai a ridere e mi avvicinai ad
Eric.
- Cosa
c’è di tanto divertente? –
chiosò il vampiro senza
battere ciglio.
- Niente. –
risposi con una chiara espressione divertita
dipinta sul volto - Avevi proprio dei bei capelli lunghi! –
accennai cercando
di trattenere le risate.
- Credevo che a voi donne
piacesse lo stile “corteggiatore
di Uomini e Donne”... – farfugliò,
abbozzando un sorriso anche se mi parve di
cogliere un espressione leggermente turbata sul suo volto.
- Sei, sembri preoccupato
da qualcosa. – affermai tutto d’un
fiato.
- Dobbiamo andare. Il sole
sorgerà nel giro di un’ora e
abbiamo bisogno di un luogo sicuro. –
Detto questo, si
sollevò di scatto dal trono e corse
incontro a Pam, sussurrandole qualcosa a voce bassissima.
Notai che la vampira aveva
un’espressione a dir poco seccata
ma, in una manciata di secondi, lei, mio fratello e Sarah Newlin erano
spariti
dalla mia vista.
Mi stropicciai
istintivamente gli occhi per lo stupore.
- Dove sono finiti tutti?
–
- Pam li ha portati in un
posto sicuro. Tu verrai con me. –
Sentii le sue possenti
braccia che mi afferravano per la
vita e, senza avere neppure il tempo di reagire, mi ritrovai
avvinghiata al
corpo di Eric Northman che stava…stava VOLANDO!
D’istinto
iniziai ad urlare e a scuotermi per il terrore
mentre Eric serrava la presa su di me.
- Cerca di stare ferma.
– disse il vampiro con un filo di
voce guardandomi intensamente negli occhi – Non aver paura,
fidati di me. –
Fidati
di me.
Quelle parole risuonarono
nella mia mente come un mantra e
in pochi attimi riuscii a tranquillizzarmi.
Non sapevo spiegarmi il
perché ma ero certa che il glamour
dei vampiri non avesse alcun effetto su di me. Eppure quelle
parole…erano
riuscite a infondermi una profonda quiete.
Appoggiai la testa sul suo
petto, socchiudendo gli occhi, e
lasciai che il silenzio assoluto mi avvolgesse, regalandomi una nuova e
inaspettata sensazione di benessere.
Atterrammo poco dopo in
uno splendido viale alberato che faceva tanto
Wisteria Lane, attorno a noi, una lunga serie di classiche villette a
schiera. Mancava solo che spuntasse Bree Van de Kamp da una
delle siepi!
- Dove ci troviamo?
– chiesi cercando di non barcollare dopo
il nostro “atterraggio”.
- Questa è la
casa in cui sto durante il giorno. – rispose
Eric mentre mi porgeva una mano per sorreggermi e guidarmi verso la
porta
d’ingresso.
Rimasi a dir poco stupita.
Nelle mie fantasie Eric il
vampiro viveva, non so, in un
castello o in un’enorme villa d’epoca. Non
avrei mai immaginato di trovarmi di fronte un’anonima
villetta a schiera, immersa nel centro residenziale di Shreveport, ecco
tutto.
- Nessuno si sognerebbe
mai di cercare uno come me in un
luogo come questo. – disse mentre digitava a
velocità supersonica il codice
dell’allarme che bloccava la porta d’ingresso.
Beh,
su questo aveva
maledettamente ragione!, risposi tra me e me.
L’ingresso era
abbastanza ampio, arredato con molta
semplicità e sulla destra potevo intravedere una piccola
cucina.
- Devo fare una
telefonata. Aspettami qui. – affermò Eric in
un soffio prima di sparire dalla mia vista.
Sapevo che non avrei
dovuto eppure non riuscii a fare a meno
di entrare a curiosare.
La cucina era piuttosto
piccola, d’altronde era sempre la
casa di un vampiro, ma molto ben attrezzata, con mobili ed
elettrodomestici
modernissimi. Sembrava appena uscita da un catalogo
d’arredamento e pensai che probabilmente
nessuno l’aveva mai usata finora.
Senza quasi riflettere
aprii leggermente l’anta dell’enorme
frigorifero che si trovava alla mia destra.
Una quantità
assurda di True Blood e quelle che ipotizzai
fossero sacche di sangue occupavano quasi tutti i ripiani, ad eccezione
di uno,
nel quale erano stipate delle bottiglie d’acqua e del cibo
per umani.
Richiusi immediatamente il
frigo, poggiando la schiena
contro lo sportello.
Che
sciocca che sono,
pensai, sicuramente moltissime umane
saranno entrate in questa casa con Eric!
Lentamente scrollai la
testa, come per allontanare quel
leggero barlume di gelosia che sentivo salirmi addosso.
Poi mi spostai nella
stanza adiacente, il salotto.
Una parete colorata con un
intenso blu oceano si stagliava
sullo splendido parquet di legno chiaro, mentre un moderno divano in
pelle
nera, posto di fronte al camino, dominava l’intera stanza.
Mi avvicinai piano piano
al divano e mi tolsi le scarpe.
I piedi mi dolevano in
modo insopportabile ma Pam non mi
aveva permesso di tornare dentro casa per indossare le mie adorate
Nike.
Una
gran perdita di
tempo, aveva detto.
Sollevai i piedi e li
appoggiai cautamente sulla seduta del
divano, continuando a guardarmi intorno per esplorare con lo sguardo
quella meravigliosa
stanza.
Accanto a me, su un
piccolo tavolino di vetro, notai un
libro semiaperto. Lo presi tra le mani spinta dalla
curiosità: Cent’anni
di
solitudine.
Beh, per lo meno questi
vampiri avevano un certo senso
dell’umorismo!
Quel pensiero mi fece
iniziare a ridere rumorosamente e
proprio in quel momento mi accorsi che Eric era appoggiato alla parete
e mi
stava guardando.
- Sono contento che ti
trovi a tuo agio, Sookie! –
Scattai in piedi in un
lampo.
- Oh, Eric!
Io…ero solo curiosa…la tua casa è
bellissima. –
quelle furono le uniche parole che riuscii a mettere insieme.
– Mi chiedevo…Ero
mai stata in questa casa prima d’ora? –
- In realtà
nessuno, a parte me, Pam e il maggiordomo che si
occupa della casa, era mai entrato in questo posto. –
affermò mentre si
avvicinava lentamente a me e mi tendeva una mano – Dobbiamo
spostarci, Sookie.
Il sole sta per sorgere. –
Presi la sua mano e
lasciai che mi conducesse verso il piano
interrato, nel quale si estendeva un lungo e tetro corridoio illuminato
solo da
piccole appliques.
Sulla destra notai una
porta e senza che io facessi in tempo
a domandare Eric mi spiegò che si trattava della stanza di
Pam.
- Oh, credevo che tu e
Pam… -
- Cosa? Che io Pam
dormissimo assieme? – chiosò scuotendo la testa.
Poi mi condusse verso il
fondo del corridoio dove, nascosta
nella parete e protetta da un’altra lunga serie
d’allarmi, si trovava la sua
camera da letto.
Un enorme letto king size
con la testata e le lenzuola di color cioccolato padroneggiavano la
stanza, anche questa con pareti del
blu più bello che avessi mai visto.
D’un
tratto, Eric si sfilò la maglia.
Mi sentii il sangue
affiorare sulle guance, ormai
vistosamente arrossite.
Cercai di distogliere lo
sguardo da quel corpo marmoreo ma
ogni tentativo era inutile.
- Avevi detto che dovevi
parlarmi di qualcosa. – sussurrai,
tutto in una volta, per cercare di limitare l’imbarazzo.
- Credo sia meglio che ti
sieda, Sookie. – disse mentre
lasciava cadere sul pavimento i suoi jeans, rimanendo seminudo con solo
dei
boxer rossi addosso.
Per un istante credetti di rimanerci secca, tant’era la vampata di calore che mi aveva sopraffatto alla vista del suo splendido sedere.
Poi lui si
voltò verso di me, sorridendomi e sollevando un sopracciglio
con fare malizioso.
In un istante fu a meno di
un centimetro dal mio corpo.
- Se continui a fare
così finirai per uccidermi, min älskling.
– mi sussurrò in un orecchio.
Potevo sentire
tutto
il mio corpo fremere alla ricerca di un contatto con il suo. Riuscivo a
sentire
che i suoi canini erano completamente estesi e mi sporsi leggermente in
avanti
per permettergli di accarezzarmi con maggiore intensità.
- Non farò sesso con te, stanotte. – aggiunse lui, abbassandosi a sfiorarmi il collo con le labbra – Manca poco all’alba e ho bisogno di parlarti di alcune faccende importanti. –
Le sue mani
continuavano a sfiorarmi la schiena, il collo e le braccia.
- Inoltre, quando
deciderò di fare sesso con te – mormorò
con le labbra quasi contro la mia bocca
– dovrà essere un’esperienza
indimenticabile, min älskling.
–
Potete credermi se
dico che in quel momento, se mi avesse presa e sbattuta sul letto, non
avrei
avuto la minima obiezione da fare.
Eppure, si
limitò a
baciarmi velocemente sulle labbra e si allontanò lentamente
fino ad adagiarsi
sul letto, continuando a sorridere soddisfatto.
Maledetto vampiro!
- Di…Di cosa
volevi parlarmi? – borbottai cercando di
ricompormi e di focalizzare la mia attenzione su un altro argomento che non fosse il suo corpo fantastico.
- So che ti
sembrerà una follia ma credo che una strega, una
potente strega stia per tornare. E credo anche che avrà
bisogno di te per
farlo. –