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Autore: Natalja_Aljona    14/06/2011    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Sessanta - Il protetto di Ibrahim Pascià


I'm the kind of guy

Who never used to cry


Io sono quel genere di ragazzo

Che non è abituato a piangere

(Misery, The Beatles)


Mar Egeo, 2 Ottobre 1828


-Dannazione!-

Il Turco alzò gli occhi al cielo, trovandolo ancora più pumbleo e minaccioso di prima.

-La tempesta arriverà a breve- annunciò ai marinai presenti, sospirando di rassegnazione -Agite di conseguenza-

Il piccolo Geórgos seguiva il movimento delle onde, affascinato dalla schiuma bianca e vaporosa che spiccava come un frammento di nuvola in quella massa d'acqua impetuosa e assurdamente blu.

-Raccolse le nubi, ed il mare sconvolse, alto squassando il tridente, poi adunò le procelle- il ragazzino fece una pausa ad effetto, sorridendo -Odissea, Libro V- recitò con fierezza, volgendo poi lo sguardo ai Turchi che lo guardavano un poco confusi.

-E di questo cosa pensano di farne? Un letterato in miniatura? - intervenne il primo, divertito.

- Anch’io trattar so il ferro e dar la morte, e a dritta e a manca anch’io girar lo scudo, e infaticato sostener l’attacco- George lasciò qualche secondo ai Turchi per riconoscere la citazione, dopodiché aggiunse, sconfortato: -Iliade, Libro VII-

-E tu sapresti trattar il ferro e dar la morte, eh, piccolino?-

-Il mio metro e quattro centimetri e mezzo non dovrebbe influenzare la tua opinione sul mio conto- e con queste parole il piccolo sgusciò alla destra del turco, con inaspettata lestezza gli sfilò la pistola dal cinturone e gliela puntò contro, proprio come aveva spesso visto fare da Leonida.

L'uomo incassò il colpo, sebbene piuttosto infastidito dalla dimostrazione del ragazzino.

-Ehi, Achille, ce l'hai già una fidanzatina?-

George scrollò le spalle, socchiudendo gli occhietti luminosi in un'espressione pensierosa.

-Tutte, a Sparta, sono le mie fidanzatine-

-E bravo Georgie!-

-Ma quella che veramente sarà la mia fidanzata, l'unica, avrà i colori del sole di Spárti e degli abissi dell'Egeo-

Il Turco annuì.

-Con gli occhi azzurri, quindi-

-Oh, no. Azzurra è la superficie dell'Egeo, gli abissi sono d'argento liquido e polvere da sparo, di fumo chiaroscuro e fuliggine stellata. Ecco, lei dovrebbe essere così-

I marinai si scambiarono un'occhiata che George non seppe interpetare, sorridendo.

-Sai cosa andiamo a fare in Egitto, piccolo Georgie?- gli chiese un turco dalla folta barba bruna.

George scosse la testa, spalancando gli occhi incuriosito.

-Cosa?-

-Mehmet Alì vuole la Siria. Potrebbe volerci ancora qualche anno per riuscire ad organizzare l'attacco, ma l'esercito, un esercito compatto, scattante e ben addestrato, deve essere pronto subito-

George aggrottò la fronte, pensieroso.

-Conquistare la Siria è una cosa da eroi?-

-Che vuoi che ne sappia, piccolo? E' quello che vuole lui-

-E se i Siriani non sono d'accordo?-

Il turco rise di gusto, scompigliando i capelli del piccolo greco.

-Se non sono d'accordo li convinciamo noi-

-Voi siete miei amici?- domandò ancora, sospettoso.

-Ma certo-

Il turco gli rivolse un largo sorriso.

Gli occhi di George s'illuminarono.

In fondo non erano poi così male, gli Ottomani.

Non sembravano quelli delle descrizioni che aveva sentito all'accampamento: quei marinai turchi gli sembravano tutto meno che cattivi.

Forse si era sbagliato a giudicarli. Forse, chissà, si erano sbagliati anche i Kléftes.

-Allora lasciate libera la Grecia?-

Lo sguardo del turco s'indurì.

-Sei proprio uno sciocchino, Georgie-

O forse non si erano sbagliati affatto.


Stringeva i pugni per non piangere, George.

Il sole gli faceva bruciare gli occhi e quei marinai turchi suoi amici non lo erano affatto.

La nave era diretta in Egitto e gli Egiziani avevano circondato e costretto suo nonno a buttarsi dalla scogliera -l'unica via di fuga-, l'anno prima.

Era sopravissuto, ma sua madre aveva pianto tanto e perfino la coraggiosissima Talia era stata incapace di ricacciare indietro le lacrime.

Gli Egiziani volevano conquistare la Siria e a lui i Siriani non avevano fatto niente.

Lui non voleva essere un traditore.


L'Egeo era agitato, quel giorno.

George osservava preoccupato le belle onde accavallarsi l'una sull'altra, innalzarsi in un'esplosione di schizzi, schiumare con furia e poi infrangersi impetuose contro l'Anuket, spezzandogli il respiro per l'emozione.

Ariadni gli raccontava spesso della notte del 26 Febbraio 1821, della straordinaria tempesta che aveva accompagnato la sua nascita, ma non gli era mai capitato di vederne una da così vicino.

Dalle cabine degli ostaggi di guerra arrivava un flebile pianto infantile.

Poi, all'improvviso, un gigantesco vascello ottomano gli si stagliò davanti, costringendolo ad indietreggiare.

Niente a che vedere con le fregate affondate da Leonida a Navarino.

-Ardashir!- gridò un marinaio, agitando le braccia.

Dietro di lui, altri Ottomani sparavano e gridavano, incitando alla battaglia l'equipaggio dell'Anuket.

Il turco barbuto si fece avanti, sorridendo.

Aveva capito in fretta, George.

Era un ragazzino sveglio: quelle erano cose che succedevano, in guerra. Imprevisti da mettere in conto, anche se poi nessuno lo faceva.

I Turchi non erano amici suoi, ma certo nemmeno degli Egiziani.


-I bambini! Spingete avanti i bambini!-

Non era giusto, non era giusto.

Qualunque cosa gli Ottomani avessero in mente, era un'autentica crudeltà.

I prigionieri di guerra erano sempre i primi a morire, anche in occasioni del genere.


Non poteva piangere, non doveva.

Lui era il nipote di Leonida, il capo dei Rivoluzionari.

Lui era il nipote di Leonida, il capo dei briganti.

Suo nonno non piangeva mai.

E lui era Geórgos, brigante e Rivoluzionario esattamente quanto lui.


Con il suo corpo cercava di fare scudo ai bambini più piccoli, futuri schiavi provenienti da ogni parte della Grecia, catturati dalle truppe di Pascià come vendetta per la sconfitta subita a Navarino.

Aveva paura, tanta, ma cercava di non darlo a vedere.

Aveva paura e pensava alla Grecia, a quella sua Grecia tanto bella e lontana, la sua triste e dolce Patria.

Poi il turco barbuto lo afferrò per un braccio e lo schianto più volento che avesse mai sentito gli fece mancare il respiro.


-Ardashir Bahram!-

George ancora non lo sapeva, ma avrebbe ricordato per la vita quel nome.

George non sapeva nemmeno questo, ma avrebbe ricordato per la vita anche l'uomo che aveva parlato.


-Lui no-

Il capo degli Egiziani, terribile e splendente anche dopo la sconfitta, l'aveva raggiunto a grandi passi e l'aveva spinto indietro.

Ibrahim Pascià, in realtà, di splendente aveva ben poco.

Terribile, invece, era proprio il termine giusto.

Trentanove anni che sembravano cento, una pancia informe traballante nella divisa e il volto scavato e butterato in modo quasi osceno.

E gli occhi, poi.

Di un grigio lucente e affilato, con quella parvenza di metallo che traduceva ogni suo sguardo in una costante minaccia.

In quel momento, però, non facevano più tanta paura.

C'era qualcosa, nel suo gesto, che George avrebbe definito protettivo, se non fosse stato a dir poco surreale.

-Lui no- ripeté, avanzando verso gli Ottomani in rivolta.

Sorrideva.

Gli spari, i colpi che seguirono, George non li sentì.

Lo stupore brillava negli occhi di Ardashir Bahram, la confusione nei suoi.

Era dunque lui, il protetto di Ibrahim Pascià?


Ho corso in mezzo ai prati bianchi di luna
Per strappare ancora un giorno alla mia ingenuità
E giovane e violento mi son detto tu vedrai, vedrai

Vedrai

Strada facendo vedrai

(Strada facendo, Claudio Baglioni)



Note


Anuket: Dea egiziana del fiume Nilo.


Gli Ottomani hanno davvero cercato di impedire il ritorno di IbrahimPascià e davvero, dopo la sconfitta di Navarino (20 Ottobre 1827) hanno catturato dei bambini greci da portare come schiavi in Egitto.

Anche la descrizione di Pascià si basa un po' sulle informazioni che ho trovato un po' sulla mia immaginazione.

Il nome Ardashir Bahram in realtà non sarebbe turco ma persiano, infatti sono nomi di imperatori persiani, Artaserse e Vararane.

Mi raccomando, tenete d'occhio il turco barbuto!

Tutto il resto è di mia invenzione.

Tutto il resto è la storia di George.

Vi invito a riflettere solo su una cosa...la data di nascita di George. Che, naturalmente, non è la vera data di nascita di George.


A presto!

Anzi, poiché è andato bene l'esame di matematica...a prestissimo! ;)

Marty

  
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