Sono riuscita a scrivere un altro capitolo in poco tempo!! Eh lo so! Non credo nemmeno io!...xD...Spero che sia di vostro gradimento,anche se non mi sembra l'augurio adatto a questo capitolo,dato che sarà...come dire??!! triste...Ormai per chi mi conosce lo sa bene.... Mi fa piacere vedere che nonostante ci metto tanto a postare continuate a seguirmi ragazze....Quindi vi dico solo una parola che ne riassuma tante: GRAZIE!!!
BUONA LETTURA A TUTTI!! Kussen,Vostra Alice,,,
CAPITOLO
15:
Con
la vista ancora
annebbiata appoggiai di peso la testa contro il sedile. Non riuscivo a
crederci,era davvero troppo per me. Nonostante non fosse stato un buon
periodo
tra noi due non potevo sopportare una cosa del genere. Solo ora che
rischiavo
di perdere l’ultima persona della mia famiglia ,capivo che in
realtà non l’avevo
mai odiata,nemmeno quando pensavo che il nostro legame si fosse
consumato sotto
i nostri sguardi carichi di disprezzo. Le lacrime oramai fuoriuscivano
copiose
dai miei occhi,per riversarsi sul mio volto sconvolto. Per tutto il
tragitto
regnò il silenzio,si sentiva solo il rumore dei nostri
respiri pesanti che si
perdevano nell’aria circostante. Persi la cognizione del
tempo,quando
finalmente raggiungemmo l’ospedale. Mi sembrava che fosse
passata un
eternità,quando invece non era passata neanche
mezz’ora. Scesi quasi di corsa,e
seguii velocemente Tom,fino a raggiungere il piano in cui si trovava
Jessica. Fuori
dalla sua stanza trovammo Bill,che appena mi vide mi venne incontro per
poi
stringermi in un abbraccio di conforto,mentre altre lacrime bagnavano
la sua
maglia. Mi aggrappai letteralmente a lui,sfogandomi tra i singhiozzi
sommessi
che emetteva la mia bocca. Bill mi lasciò fare,limitandosi a
tenermi
stretta,quasi avesse paura che scomparissi se mi avesse lasciato
andare. Quando
ritrovai la forza necessaria chiesi come stava.
-“Non
credo che sia
io la persona più adatta a dirtelo.” Mi rispose
Bill,guardando verso suo
fratello Tom.
Quest’ultimo era
rimasto in disparte sino ad
ora,così lo raggiunsi dall’altro lato del
corridoio e non appena la vicinanza
me lo permise lo cinsi in un abbraccio. Lui posò
delicatamente le sue labbra
sui miei capelli e inspirò profondamente il mio profumo. Io
feci altrettanto,tenendo
la testa sulla sua spalla. Poi riformulai la domanda anche con lui.
-“Come
sta mia madre?”
la mia voce,seppure cercassi di controllarla,pareva tremare.
-“Eve,lei
è…è in
coma. Mi dispiace.” Mi
rispose
abbassando lo sguardo,come se non avesse la forza emotiva di guardarmi
negli
occhi mentre lo diceva. Non so perché ma fin
dall’inizio avevo intuito che si
trattava di qualcosa di grave. Il respiro mi si fermò per
vari istanti e quando
ripresi a espirare ed inspirare ebbi un lieve giramento di testa e
vacillai. Tom,accorgendosene,aumentò
la stretta su di me,per poi guardarmi ansioso.
-“Ehi,piccola.
Tutto bene?”
mi domandò poi. Le sue sopracciglia erano leggermente
incurvate verso il basso,
sottolineando la sua evidente preoccupazione per tutto.
-“Si,tranquillo.
Ma…com’è
successo?”
-“Ero
riuscito a
convincerla ad andare in Questura,ma ero dovuto a scendere a un patto.
Lei ci
sarebbe andata,ma solo a costo che noi non l’accompagnassimo.
Così ho accettato
affinchè denunciasse quel ragazzo là. Ha fatto un
incidente con l’auto mentre
si dirigeva dalla polizia,c’era un cane in mezzo alla strada
e lei ha cercato
di scansarlo,con il risultato che si è capovolta con
l’autovettura ed è finita
fuori strada. Quando l’ambulanza l’ha raggiunta sul
posto stava perdendo molto
sangue ed era a malapena cosciente. Poi ci hanno chiamato e io ti sono
venuto a
prendere a scuola. Quando Bill è giunto qui era
già in coma. Non ci hanno
ancora fatto entrare,la stavano visitando.”
Nel
frattempo un
infermiera si stava avvicinando,timorosa di disturbarci,o almeno
così mi parve.
Io alzai di più lo sguardo su di lei,come a darle il
permesso di parlarci,quasi
sorrisi di tale impressione.
-“Qualcuno
di voi è
imparentato con la signora Jessica?” domandò lei.
-“Io
sono sua figlia.”
Risposi.
-“Nell’incidente
sua
madre ha perso molto sangue. Sarebbe necessaria una
trasfusione,altrimenti sua
madre rischierebbe di morire,glielo dico senza giri di parole
perché in questi
casi bisogna essere schietti. Il gruppo sanguigno di tua madre
è 0 positivo. Il
suo qual è signorina?”
-“Il
mio è B
positivo. Non posso donarle del sangue.”
Sull’ultima frase la voce mi si stroncò,rendendola
un sussurro disperato.
-“Faremo
tutto il
possibile per salvarla!” esclamò,poi si rivolse ai
gemelli “Voi sareste disposti
a donarle del sangue?”
-“Se
avessimo lo
stesso gruppo sanguigno si,ma purtroppo non è
così.” A rispondere fu Bill.
-“Se
riusciamo a
trovare qualcuno disposto a compiere la trasfusione vedremo come
reagisce il
suo corpo. Di solito,quando una persona è in coma e ha perso
molto sangue,con
una trasfusione si cominciano a notare dei miglioramenti. La paziente
ha dei
genitori?”
-“In
realtà se n’è
andata di casa all’età di tredici anni,non si sono
più contattati ed io non so
niente di loro.” Solo in quel momento mi resi conto di quanto
fosse importante
anche l’appoggio dei genitori nelle scelte della vita,cosa
che a mia madre era
mancata.
-“Capisco.
Quindi non
sono per niente contattabili?”
-“No,non
so nemmeno
il loro nome,e poi non so neanche se sono ancora vivi. E prima che me
lo
chieda,non ha né fratelli né sorelle,nessun
familiare contattabile,nemmeno il
marito…è morto.”
-“A
questo punto sarà
meglio se ci mettiamo subito alla ricerca di un donatore.”
Disse,cominciando
già ad avviarsi lungo i corridoi dell’ospedale.
Non appena se ne fu andata
cercai sostegno nello sguardo di Tom.
-“Rischia
di morire. Ti
rendi conto? E non
abbiamo nemmeno avuto
il coraggio di raccontargli di noi,le abbiamo mentito…non le
ho più detto che
le voglio bene,se non prima di litigare nuovamente.”
-“Eve,stai
tranquilla. Jessica si riprenderà presto e noi avremo la
possibilità di dirle
del nostro amore.”
-“E
se non si
riprendesse? E se i dottori facessero tutto il possibile
inutilmente?” ormai
ero nel panico,stavo sprofondando nella paura,nel senso
d’abbandono
totale,nella disperazione.
-“Eve,guardami
negli
occhi.” Mi sussurrò all’orecchio.
Obbedire fu talmente naturale che mi sorpresi
di me stessa. Quando i miei occhi si scontrarono con i suoi,parte della
mia
angoscia si placò,ma sapevo che si sarebbe trattato di poco
tempo prima che l’ansia
ritornasse mia protagonista. Tom percepì il mio stato
d’animo e mi baciò con
disperazione,anche lui non ne poteva più di tutto questo. Le
sue labbra si
muovevano frenetiche sulle mie,senza darci il tempo necessario per
respirare. Le
nostre lingue erano più agitate delle nostre menti,mentre si
congiungevano dopo
tanto. Fui io,poi,ad interrompere il contatto. Il distacco improvviso
fu come
una fitta lancinante al cuore.
-“Non
possiamo
baciarci qui. Non mentre mia madre sta lottando tra la vita e la morte.
Anche se
lo abbiamo fatto per disperazione,è un gesto
irrispettoso.”
-“Hai
ragione,scusami,mi sono lasciato trasportare dall’ansia e
dalla paura di
perdere anche te. So che non c’entra niente,ma è
più forte di me.” Così ci
limitammo ad abbracciarci,prendendo posto nella sala
d’aspetto,di fianco a
Bill,in attesa di una notizia. Passarono i secondi,così come
passarono i
minuti,e poi le ore. Nessuna notizia ci venne recapitata,ed io
cominciavo a
preoccuparmi. Proprio mentre perdevo ormai ogni
speranza,l’infermiera di prima
ci raggiunse stanca.
-“Abbiamo
appena
trovato il donatore. Ci serve una firma qua,per il consenso.”
Annunciò,porgendomi
dei fogli. “Sei maggiorenne vero?”
-“In
realtà ho solo
17 anni.” Risposi.
-“In
questo caso la
scelta spetta a noi,e siccome lo riteniamo necessario, compieremo la
trasfusione immediatamente.” Con ciò ci
lasciò un'altra volta soli,mentre
continuavamo a sperare in qualcosa di buono. Passò
più di un ora,io nel mentre
mi ero addormentata con la testa contro il muro,leggermente inclinata
verso la
spalla di Bill. A svegliarmi fu il dolce tocco di una mano sulla mia
fronte. Aprii
lentamente gli occhi e la prima cosa che vidi fu il volto di Bill.
-“Hanno
finito la
trasfusione da una mezz’ora piena. Ha detto
l’infermiera che puoi andare da
lei,se vuoi. Ovviamente è incosciente,i miglioramenti si
dovrebbero vedere più
tardi.”
-“Grazie
Bill.” Dissi
riconoscente,con la voce un po’ rauca,dovuta dal pianto e
dalla dormita. Poi mi
alzai lentamente,intenta a raggiungere la stanza dove era ricoverata
mia madre.
Quando giunsi al suo interno mi misi a sedere nella sedia vicina al suo
letto e
presi le sue mani tra le mie. Vederla lì,così
indifesa, mi faceva male. Sapevo che
di solito parlare alle persone in coma ne stimolava il
risveglio,così cominciai
a raccontarle della nostra vita,di come era bello quando
c’era ancora papà con
noi,delle giornate che passavamo insieme al mare. Poi decisi di
raccontarle di
me e di Tom,almeno nel caso che non riuscisse a sopravvivere (cosa a
cui non
volevo pensare) avrebbe saputo tutto. Le dissi che se lo avevo fatto
era perché
lo amavo davvero,e sapevo che lei ci si era messa per
comodità,e se fosse stato
il contrario non mi sarei mai permessa di fare una cosa del genere e
poi
pronunciai le parole per me più importanti:
-“Ti
voglio
bene,mamma. E sempre te ne vorrò.”
Alla
fine del mio
lunghissimo discorso mi lasciai andare all’ennesimo pianto.
Tanto che non mi
accorsi che c’era qualcosa che non quadrava. Il monitor a cui
era attaccata mia
madre aveva cominciato a fare un rumore che conoscevo troppo bene,il
bip
prolungato si estendeva per tutta la stanza. Nello stesso istante la
sala fu
riempita dai dottori,e mentre io urlavo a squarciagola cercando di
negare ciò
che era evidente,fui portata fuori a forza da un infermiere,che mi
richiuse la
porta in faccia. A quel punto mi lasciai cadere di peso sul
pavimento,il duro
contatto che ebbero i miei ginocchi per terra mi causò la
metà del dolore che
provavo dentro. Tom e Bill,avendomi sentito urlare,mi raggiunsero,e
quando mi
videro inginocchiata in terra Tom mi tirò su,cingendomi in
un abbraccio di
conforto. Ma sia lui che Bill si stavano lasciando andare ad un lungo
pianto
soffocato.