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Autore: _YeongWonhi_    14/06/2011    5 recensioni
Quando odi una persona non puoi farci niente,l’odio è un sentimento che viene pur sempre dal cuore,e a quest’ultimo non si comanda. Nessuno può farmene una colpa. E fin qui niente problemi,a parte la mia ostinazione nei confronti del mio “patrigno” ,più grande di me solo di qualche anno. I problemi si fanno vivi quando l’odio tramuta in amore,un amore impossibile,complicato. Non posso amare il presunto "fidanzato" di mia madre!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono riuscita a scrivere un altro capitolo in poco tempo!! Eh lo so! Non credo nemmeno io!...xD...Spero che sia di vostro gradimento,anche se non mi sembra l'augurio adatto a questo capitolo,dato che sarà...come dire??!! triste...Ormai per chi mi conosce lo sa bene.... Mi fa piacere vedere che nonostante ci metto tanto a postare continuate a seguirmi ragazze....Quindi vi dico solo una parola che ne riassuma tante: GRAZIE!!!

BUONA LETTURA A TUTTI!! Kussen,Vostra Alice,,,

CAPITOLO 15:

 

Con la vista ancora annebbiata appoggiai di peso la testa contro il sedile. Non riuscivo a crederci,era davvero troppo per me. Nonostante non fosse stato un buon periodo tra noi due non potevo sopportare una cosa del genere. Solo ora che rischiavo di perdere l’ultima persona della mia famiglia ,capivo che in realtà non l’avevo mai odiata,nemmeno quando pensavo che il nostro legame si fosse consumato sotto i nostri sguardi carichi di disprezzo. Le lacrime oramai fuoriuscivano copiose dai miei occhi,per riversarsi sul mio volto sconvolto. Per tutto il tragitto regnò il silenzio,si sentiva solo il rumore dei nostri respiri pesanti che si perdevano nell’aria circostante. Persi la cognizione del tempo,quando finalmente raggiungemmo l’ospedale. Mi sembrava che fosse passata un eternità,quando invece non era passata neanche mezz’ora. Scesi quasi di corsa,e seguii velocemente Tom,fino a raggiungere il piano in cui si trovava Jessica. Fuori dalla sua stanza trovammo Bill,che appena mi vide mi venne incontro per poi stringermi in un abbraccio di conforto,mentre altre lacrime bagnavano la sua maglia. Mi aggrappai letteralmente a lui,sfogandomi tra i singhiozzi sommessi che emetteva la mia bocca. Bill mi lasciò fare,limitandosi a tenermi stretta,quasi avesse paura che scomparissi se mi avesse lasciato andare. Quando ritrovai la forza necessaria chiesi come stava.

 

-“Non credo che sia io la persona più adatta a dirtelo.” Mi rispose Bill,guardando verso suo fratello Tom.

 

 Quest’ultimo era rimasto in disparte sino ad ora,così lo raggiunsi dall’altro lato del corridoio e non appena la vicinanza me lo permise lo cinsi in un abbraccio. Lui posò delicatamente le sue labbra sui miei capelli e inspirò profondamente il mio profumo. Io feci altrettanto,tenendo la testa sulla sua spalla. Poi riformulai la domanda anche con lui.

 

-“Come sta mia madre?” la mia voce,seppure cercassi di controllarla,pareva tremare.

 

-“Eve,lei è…è in coma. Mi dispiace.”  Mi rispose abbassando lo sguardo,come se non avesse la forza emotiva di guardarmi negli occhi mentre lo diceva. Non so perché ma fin dall’inizio avevo intuito che si trattava di qualcosa di grave. Il respiro mi si fermò per vari istanti e quando ripresi a espirare ed inspirare ebbi un lieve giramento di testa e vacillai. Tom,accorgendosene,aumentò la stretta su di me,per poi guardarmi ansioso.

 

-“Ehi,piccola. Tutto bene?” mi domandò poi. Le sue sopracciglia erano leggermente incurvate verso il basso, sottolineando la sua evidente preoccupazione per tutto.

 

-“Si,tranquillo. Ma…com’è successo?”

 

-“Ero riuscito a convincerla ad andare in Questura,ma ero dovuto a scendere a un patto. Lei ci sarebbe andata,ma solo a costo che noi non l’accompagnassimo. Così ho accettato affinchè denunciasse quel ragazzo là. Ha fatto un incidente con l’auto mentre si dirigeva dalla polizia,c’era un cane in mezzo alla strada e lei ha cercato di scansarlo,con il risultato che si è capovolta con l’autovettura ed è finita fuori strada. Quando l’ambulanza l’ha raggiunta sul posto stava perdendo molto sangue ed era a malapena cosciente. Poi ci hanno chiamato e io ti sono venuto a prendere a scuola. Quando Bill è giunto qui era già in coma. Non ci hanno ancora fatto entrare,la stavano visitando.”

 

Nel frattempo un infermiera si stava avvicinando,timorosa di disturbarci,o almeno così mi parve. Io alzai di più lo sguardo su di lei,come a darle il permesso di parlarci,quasi sorrisi di tale impressione.

 

-“Qualcuno di voi è imparentato con la signora Jessica?” domandò lei.

 

-“Io sono sua figlia.” Risposi.

 

-“Nell’incidente sua madre ha perso molto sangue. Sarebbe necessaria una trasfusione,altrimenti sua madre rischierebbe di morire,glielo dico senza giri di parole perché in questi casi bisogna essere schietti. Il gruppo sanguigno di tua madre è 0 positivo. Il suo qual è signorina?”

 

-“Il mio è B positivo. Non posso donarle del sangue.” Sull’ultima frase la voce mi si stroncò,rendendola un sussurro disperato.

 

-“Faremo tutto il possibile per salvarla!” esclamò,poi si rivolse ai gemelli “Voi sareste disposti a donarle del sangue?”

 

-“Se avessimo lo stesso gruppo sanguigno si,ma purtroppo non è così.” A rispondere fu Bill.

 

-“Se riusciamo a trovare qualcuno disposto a compiere la trasfusione vedremo come reagisce il suo corpo. Di solito,quando una persona è in coma e ha perso molto sangue,con una trasfusione si cominciano a notare dei miglioramenti. La paziente ha dei genitori?”

 

-“In realtà se n’è andata di casa all’età di tredici anni,non si sono più contattati ed io non so niente di loro.” Solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse importante anche l’appoggio dei genitori nelle scelte della vita,cosa che a mia madre era mancata.

 

-“Capisco. Quindi non sono per niente contattabili?”

 

-“No,non so nemmeno il loro nome,e poi non so neanche se sono ancora vivi. E prima che me lo chieda,non ha né fratelli né sorelle,nessun familiare contattabile,nemmeno il marito…è morto.”

 

-“A questo punto sarà meglio se ci mettiamo subito alla ricerca di un donatore.” Disse,cominciando già ad avviarsi lungo i corridoi dell’ospedale. Non appena se ne fu andata cercai sostegno nello sguardo di Tom.

 

-“Rischia di morire. Ti rendi conto? E  non abbiamo nemmeno avuto il coraggio di raccontargli di noi,le abbiamo mentito…non le ho più detto che le voglio bene,se non prima di litigare nuovamente.”

 

-“Eve,stai tranquilla. Jessica si riprenderà presto e noi avremo la possibilità di dirle del nostro amore.”

 

-“E se non si riprendesse? E se i dottori facessero tutto il possibile inutilmente?” ormai ero nel panico,stavo sprofondando nella paura,nel senso d’abbandono totale,nella disperazione.

 

-“Eve,guardami negli occhi.” Mi sussurrò all’orecchio. Obbedire fu talmente naturale che mi sorpresi di me stessa. Quando i miei occhi si scontrarono con i suoi,parte della mia angoscia si placò,ma sapevo che si sarebbe trattato di poco tempo prima che l’ansia ritornasse mia protagonista. Tom percepì il mio stato d’animo e mi baciò con disperazione,anche lui non ne poteva più di tutto questo. Le sue labbra si muovevano frenetiche sulle mie,senza darci il tempo necessario per respirare. Le nostre lingue erano più agitate delle nostre menti,mentre si congiungevano dopo tanto. Fui io,poi,ad interrompere il contatto. Il distacco improvviso fu come una fitta lancinante al cuore.

 

-“Non possiamo baciarci qui. Non mentre mia madre sta lottando tra la vita e la morte. Anche se lo abbiamo fatto per disperazione,è un gesto irrispettoso.”

 

-“Hai ragione,scusami,mi sono lasciato trasportare dall’ansia e dalla paura di perdere anche te. So che non c’entra niente,ma è più forte di me.” Così ci limitammo ad abbracciarci,prendendo posto nella sala d’aspetto,di fianco a Bill,in attesa di una notizia. Passarono i secondi,così come passarono i minuti,e poi le ore. Nessuna notizia ci venne recapitata,ed io cominciavo a preoccuparmi. Proprio mentre perdevo ormai ogni speranza,l’infermiera di prima ci raggiunse stanca.

 

-“Abbiamo appena trovato il donatore. Ci serve una firma qua,per il consenso.” Annunciò,porgendomi dei fogli. “Sei maggiorenne vero?”

 

-“In realtà ho solo 17 anni.” Risposi.

 

-“In questo caso la scelta spetta a noi,e siccome lo riteniamo necessario, compieremo la trasfusione immediatamente.” Con ciò ci lasciò un'altra volta soli,mentre continuavamo a sperare in qualcosa di buono. Passò più di un ora,io nel mentre mi ero addormentata con la testa contro il muro,leggermente inclinata verso la spalla di Bill. A svegliarmi fu il dolce tocco di una mano sulla mia fronte. Aprii lentamente gli occhi e la prima cosa che vidi fu il volto di Bill.

 

-“Hanno finito la trasfusione da una mezz’ora piena. Ha detto l’infermiera che puoi andare da lei,se vuoi. Ovviamente è incosciente,i miglioramenti si dovrebbero vedere più tardi.”

 

-“Grazie Bill.” Dissi riconoscente,con la voce un po’ rauca,dovuta dal pianto e dalla dormita. Poi mi alzai lentamente,intenta a raggiungere la stanza dove era ricoverata mia madre. Quando giunsi al suo interno mi misi a sedere nella sedia vicina al suo letto e presi le sue mani tra le mie. Vederla lì,così indifesa, mi faceva male. Sapevo che di solito parlare alle persone in coma ne stimolava il risveglio,così cominciai a raccontarle della nostra vita,di come era bello quando c’era ancora papà con noi,delle giornate che passavamo insieme al mare. Poi decisi di raccontarle di me e di Tom,almeno nel caso che non riuscisse a sopravvivere (cosa a cui non volevo pensare) avrebbe saputo tutto. Le dissi che se lo avevo fatto era perché lo amavo davvero,e sapevo che lei ci si era messa per comodità,e se fosse stato il contrario non mi sarei mai permessa di fare una cosa del genere e poi pronunciai le parole per me più importanti:

 

-“Ti voglio bene,mamma. E sempre te ne vorrò.”

 

Alla fine del mio lunghissimo discorso mi lasciai andare all’ennesimo pianto. Tanto che non mi accorsi che c’era qualcosa che non quadrava. Il monitor a cui era attaccata mia madre aveva cominciato a fare un rumore che conoscevo troppo bene,il bip prolungato si estendeva per tutta la stanza. Nello stesso istante la sala fu riempita dai dottori,e mentre io urlavo a squarciagola cercando di negare ciò che era evidente,fui portata fuori a forza da un infermiere,che mi richiuse la porta in faccia. A quel punto mi lasciai cadere di peso sul pavimento,il duro contatto che ebbero i miei ginocchi per terra mi causò la metà del dolore che provavo dentro. Tom e Bill,avendomi sentito urlare,mi raggiunsero,e quando mi videro inginocchiata in terra Tom mi tirò su,cingendomi in un abbraccio di conforto. Ma sia lui che Bill si stavano lasciando andare ad un lungo pianto soffocato.

 

   
 
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