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Autore: Breath_Less    14/06/2011    2 recensioni
Sicuramente questo è un buon momento (direi l'unico nonchè il migliore) per spiegare cosa dovrebbe essere ciò che ho scritto. Piccolo problema: non lo so. Forse sono solo frasi senza significato, forse sono le voci della paura che si ha quando ci si guarda allo specchio e dall'altro lato si scopre un perfetto sconosciuto.
Mi scuso in anticipo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riflesso
 

Ma dove sei stato tutto questo tempo? Gli chiesi.
In fondo al tuo cuore, mi rispose. All’ improvviso aveva smesso di sorridere, o forse non l’aveva mai fatto, e in quella smorfia di dolore, avevo voluto leggere qualcosa che sciogliesse il peso della colpa dal mio petto.
Non me ne sono mai andato, continuò. Parlava ad alta voce, eppure mi sembrava che non avesse mai infranto quel silenzio. Davvero la sua bocca si era mossa? Avrei potuto giurare che fosse una cicatrice quella, o una lacrima. Da tempo ormai avevo smesso di distinguerle. Dolevano entrambe, e nonostante quello che la gente potesse pensare, nessuna delle due sarebbe mai scomparsa. Un dito fatto scorrere sul volto si sarebbe sempre fermato nel punto in cui la ferita si era aperta, e sebbene continuassi a cercare qualcuno che potesse asciugare le mie lacrime, sapevo che da qualche parte quei piccoli frammenti di dolore avrebbero continuato a macchiare il tappeto.
Restava da capire a questo punto, se qualcuno avesse ancora forza a sufficienza per abbassare lo sguardo, anche solo per un istante, e raccogliere quei sorrisi caduti in pezzi, tanto piccoli, che se anche li avessi cercati, ne sarebbe rimasto sempre uno, seminascosto dietro ad un granello di polvere, che non avrei notato; e allo specchio non avrei più riconosciuto il suono della mia risata, ma mi sarebbe parsa quella di un altro.
Se sei sempre stato qui come mai non ti ho mai incontrato? Gli chiesi.
Mi guardò e mi sorrise. Era come il solco di uno specchio infranto. Era innaturale e pesante sul suo volto. Sentivo il dolore ch provava nel distendere ogni singolo muscolo, perché quello sguardo non gli apparteneva, non gli era mai appartenuto forse, e faceva solo parte di una maschera indossata una volta per gioco, che si era dimenticato di togliere.
I suoi occhi erano avvolti in un alone di ombre,come quei pozzi profondi in cui si specchia nelle notti di luna nuova. Non vi scorsi altro che buio. Un buio acceso dalla fiamma bruciante della sofferenza, che scottava sul suo volto come quel sorriso, che ancora ostentava come il dovere di un soldato, come un braccio ferito appeso alla spalla; un compromesso sufficiente per poter tornare a vivere. Un prezzo generoso per riuscire a respirare.
Ah, non lo so, mi disse.
Balle. Lui lo sapeva. Guardai i suoi occhi. Di nuovo. Avevano cercato dovunque risposte a domande sbagliate, ignorando che l’unica vera certezza era annidata di fronte a lui. Le maschere, anche quelle indossate per gioco, anche quelle che coprono tutto il volto, lasciano scoperti gli occhi. Sembrava esserselo dimenticato. O forse io me ne ero scordato?
Non è vero gli dissi rabbioso. Mi stai mentendo. Tu lo sai.
Non mi zittì, ma incrociò le braccia, pronto ad ascoltarmi. La mia sembrava una confessione che aveva atteso da tempo, e che finalmente sembrava disposto ad accettare.
Mi dispiace di avere smesso di cercarti, continuai. La mia voce era diversa ora.
Sorrise di nuovo, ma quello specchio sembrò ad un tratto tornare a ricomporsi, perché dai suoi occhi brillava una luce nuova, come se all’improvviso fosse sorta la luna piena, e qualcosa in fondo al suo sguardo, era riuscito a sottrarsi dalle fauci della notte.
Non fa niente, rispose. Ciò che importa è che ora tu mi abbia trovato.
Annuii.
E che tu abbia capito, continuò.
Annuii di nuovo, poi tutto all’improvviso fu silenzio, non di quelli dove il rumore di frasi mai pronunciate riempie le stanze e appesantisce l’aria, ma di quelli dove non è rimasto altro, dopo che ogni parola è stata finalmente consegnata a colui per cui un tempo senza pianti, senza risate, nacque.
È trascorso molto tempo da allora.
Ma adesso mi sono allontanato dallo specchio.
Mi sono allontanato dal mio riflesso.
Mi sono allontanato da me stesso.
L’ho lasciato andare. Non l’ho trattenuto, non stavolta, perché sapevamo entrambi che non se ne sarebbe mai andato.
E ogni volta che ho il coraggio di fissarmi, è lui che vedo.

  
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