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Autore: crazyfred    15/06/2011    16 recensioni
Il destino può cambiare in un momento. Due anime scontrarsi e fondersi in un solo istante, senza preavviso, legate per non staccarsi mai. Non era lei quella che immaginava e quello non era il luogo che aveva in mente. Ma lui la guarderà negli occhi ... e saprà di non essere solo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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When you crash in the clouds - capitolo 13
When you crash in the clouds





Capitolo 13
Decisions












“Come tua madre?” mi chiese lei; più che stupita o nervosa, la sua espressione sembrava letteralmente terrorizzata all’idea di conoscere qualcuno che non fosse Aidan o me.
C’era da capirla: d’altronde, non aveva avuto molti contatti con il mondo esterno da quando lavorava in quello strip club. Ed ora che se l’era lasciato alle spalle, chiunque poteva sembrarle una minaccia, soprattutto per il modo poco ortodosso che avevano usato per darle il benservito.
“Stai tranquilla” le fui subito accanto, circondandole le spalle con un braccio e massaggiandole la schiena con la mano libera; era così rigida e tesa, che a poco servirono le mie tecniche rudimentali di fisioterapia a calmarla.
“Io non capisco” si lamentò “New York è sommersa dalla neve, e lei viene da te proprio oggi … ma che cazzo!!!”
Avrei riso del suo disappunto in altre circostanze, ma non nel momento in cui avrei dovuto avvertirla di qualcosa che mi riguardava, a proposito di mia madre.
“Veramente” iniziai, preoccupato fin dal principio per la sua quasi certa reazione catastrofica alla notizia che stavo per darle “veramente l’ho chiamata io”.
Me ne ero pentito non appena lei aprì bocca dopo averle annunciato dell’arrivo di mia madre, ma quando l’avevo fatto mi era sembrato non esserci soluzione migliore; sperai con tutto il cuore che potesse comprendere le mie ragioni.
Le diedi la notizia tutto d’un fiato, allontanandomi da lei e da ogni possibile traiettoria di volo di oggetti contundenti, tenendo timorosamente lo sguardo lontano dai suoi occhi: non volevo scorgere, né scatenare in lei rabbia o qualsivoglia sorta di malumore.
Come biasimarla del resto: era mezza nuda e stava per conoscere la madre del ragazzo con cui era andata a letto ma con cui non aveva esattamente quelle che si definiscono  intenzioni serie.
“Cos’è che hai fatto tu?” mi chiese, con una voce che, per fortuna, sembrava contenere quella rabbia che invece immaginavo prorompente e distruttiva.
“Le ho mandato un messaggio, per la precisione” confessai, come un bambino che fa sì una marachella, ma che poi non è così pentito; in fondo l’avevo fatto solo per il suo bene. “Ieri sera, quando sono andato a prenderti la maglia asciutta.  Eri sconvolta, ferita, e pensavo che nessuno meglio di lei avrebbe potuto aiutarti. È un’assistente sociale, te l’ho detto …”
Probabilmente avevo utilizzato le due parole meno appropriate tra tutte quelle a mia disposizione; quelle due paroline, indicanti una professione, che erano bandite dal vocabolario di Allison, anche se sinceramente faticavo a comprendere il motivo di tanta avversione per delle persone così altruiste e generose. Certo, la burocrazia tende sempre a rovinare tutto, ma mia madre ed i suoi colleghi non erano poi affatto male nel loro lavoro.
La vidi sedersi sul letto, portandosi le mani tra i capelli; decisamente dovevo averla sconvolta, anche se la sua reazione non era scomposta come probabilmente sarebbe stata agli inizi della nostra conoscenza: “Tu … Tyler … tu hai fatto la cosa più stupida di tutte!!!! Grazie per l’impegno che ci stai mettendo per mandarmi in galera! Lo sai benissimo come funzionano queste cose: assistente sociale uguale polizia …. Vaffanculo!”
Ringraziai che casa mia era al settimo piano di un vecchio palazzo alto e senza ascensore, anche il più allenato ci avrebbe messo un po’ a salire tutto quelle scale fino al mio appartamento. In quei pochi secondi che avevo ancora di vantaggio sull’arrivo di mia madre, avrei dovuto assolutamente rassicurare Allison e riacquistare quella fiducia che, da perfetto coglione quale ero, riuscivo ogni volta a sgretolare con le mie stesse mani.
“Allie ti assicuro …” mi gettai letteralmente ai piedi del letto, in ginocchio dinanzi a lei  “ anzi … ti giuro … quella è proprio l’ultima delle mie intenzioni. Non ci finirai in galera … dovessi andarci io per impedirlo. Te lo prometto!”
Sembrava non volermi dare ascolto questa volta, chiusa in se stessa come poche altre volte aveva fatto. Ma chi me l’aveva fatto fare? Per quanto sembrasse la cosa più buona e giusta del mondo perché avevo mandato quell’sms a mia madre? Nuova lezione imparata: mai cercare di fare una buona azione. Ma ormai c’ero più dentro di lei in quella vita di casini e toccava a me ballare se lei non voleva farlo; oltre che per lei, era diventata una faccenda personale tra me ed il destino beffardo e bastardo che si divertiva a giocarci tiri mancini ogni minuto.
“Andrà tutto bene” le sussurrai “devi fidarti di me hai capito?”
Ma Allison aveva ormai alzato le barricate dell’astio e del silenzio contro di me ancora una volta.
“Allie?” la chiamai scuotendola un po’ ma oltre ad un muso lungo ed al capo girato dall’altro lato, non rispose al mio appello.
Mia madre bussò alla porta, visto che il campanello era fuori uso da una vita, ed andai ad aprirle; avrei volentieri lasciato la porta aperta già da prima e rimanere così vicino ad Allison, ma non sai mai chi può intrufolarsi in casa a New York neanche con mezzo metro di neve per terra.
Mi diressi a malincuore verso l’ingresso, controllando la mia peste ribelle e musona con la coda dell’occhio.
Feci a malapena in tempo a salutare mia madre, e lei a poggiare in terra un paio di borse che aveva con se nel tentativo di abbracciarmi, che la porta della mia stanza si chiuse alla nostre spalle e la serratura fece un doppio scatto.
Allison si era appena chiusa dentro.
Corsi disperato verso quella porta appena mi accorsi cosa stava accadendo, nella speranza di evitare, ma invano, la chiusura a doppia mandata; mia madre mi venne dietro, in apprensione per una ragazza che non conosceva, ma che evidentemente le stava già a cuore: forse era pura deformazione professionale per lei, ma in un certo senso sapevo che, con un po’ più di conoscenza, si sarebbero adorate. E poi, mia madre si fidava di me, questo non l’avrei mai messo in dubbio e sapeva che se tenevo a qualcosa, o qualcuno, ne valeva sempre la pena.
Allison aveva bisogno di qualcuno che la guidasse, per quanto riuscisse a cavarsela benissimo da sola, ma una ragazza di quasi 18 anni non può vivere senza una madre, o almeno un supporto per i problemi tipici di quell’età.
A sentirmi ragionare in quei termini sembravo mio nonno o qualcosa del genere, ma il mio lato di fratellone protettivo era sempre in agguato quando si trattava di ragazze indifese, sia che fossero la metà di me per età e altezza sia che fossero delle bombe sexy a cui avrei dato l’anima per dividerci il letto.
Immaginai la piccola Caroline senza nostra madre: sarebbe stata persa. Immaginai qualcuno con mille guai più di lei, immaginai Allison e fu per quel motivo che non dovevo pentirmi di quel piccolo messaggio mandato a mia madre alle 3 di notte.
Impressi diversi pugni alla porta della mia stanza, che già si teneva in piedi con un precario equilibrio, tanto che mi sorprese non venne giù dopo il colpo che Allison le aveva inferto per chiuderla.
“Allie! Allie apri questa porta!!!” le intimai, urlando con quanto fiato avessi in gola “non fare la stupida, vieni fuori!”
Mi sembrava anche quella una scena cinematografica, di quelle talmente assurda da poter essere viste solo al cinema, e che ora invece era perfettamente reale. Quella mattina era la seconda volta che vivevo una situazione simile, solo che quest’ultima me la sarei risparmiata volentieri.
“Non ci penso nemmeno! Non finché tua madre è lì!!!”
Tutto era così dannatamente assurdo e quasi comico, che nel bel mezzo delle mie invocazioni mi venne da pensare alla faccia che avrebbe fatto quel cretino del mio coinquilino in una situazione del genere; un secondo dopo, per bilanciare la mia demenza, pensai invece al fatto che Allison avrebbe potuto commettere qualche gesto estremo, come uscire dalle scale antincendio e andarsene.
“Allie per piacere non fare nulla di sconsiderato” la supplicai “non scappare”
Ma bravo Tyler, se lei non ci aveva pensato le hai appena suggerito di fuggire … coglione!
“Incazzata sì … scema no Tyler!” mi rispose, ovviamente “fa freddo e sono praticamente nuda e scalza … dove vuoi che vada?! Ma non apro finché tua madre non se ne va fuori dai coglioni!!!”
Mi voltai verso mia madre, che nel frattempo era rimasta al mio fianco in silenzio; non doveva essere piacevole sentirsi rivolgere quelle parole dal una perfetta sconosciuta, ma forse ci era abituata, perché non sembrò scomporsi più di tanto. Le rivolsi uno sguardo che non poteva lasciare adito a dubbi, invitandola a prendere il mio posto in quella assurda opera di convincimento.
Fece un bel respiro profondo per caricarsi e, con la voce più impostata e modulata che aveva, si avvicinò alla porta invitando Allison al dialogo.
“Allie?! Ciao, io sono la madre di Tyler!”
“Sti cazzi” rispose, molto finemente “non mi interessa chi sei, ma quello che fai. Sei uno sbirro di merda ed io in galera col cazzo che ci vado!”
Non mi ricordavo di averle mai sentito dire tutte quelle parolacce tutte insieme in una sola frase; dalla serie: non si finisce mai d’imparare … ma non mi aspettavo, dopo tutti i progressi fatti, che potesse tornare indietro così di botto, solo perché le avevo messo dentro casa un’assistente sociale.
Vidi mia madre prendere di nuovo un bel respiro, magari per sbollentare la rabbia per quelle imprecazioni che le erano appena state rivolte. “Io non sono uno sbirro, sono un’assistente sociale … e con la polizia non ho niente a che fare …”
“Non è vero!” ribatté lei, convinta della sua posizione “lo dice solo per farmi stare tranquilla, ma io lo so che appena esco da qui mi aspetta una bella cella”
“Ma no tesoro” la rassicurò mia madre, dolcemente “sono sola e non ho chiamato nessuno. Nel mio ufficio nessuno sa che sono qui … e nemmeno ho intenzione di dirglielo. Sono solo Diane, la madre di un tuo amico … che è capitata qui per caso. Ma ora apri questa porta”
Mia madre era così sicura di ciò che diceva, che non mi sarei stupito di vedere Allison uscire da quella stanza non appena mia madre avesse smesso di parlare; ma la conoscevo abbastanza da sapere che purtroppo non l’avrebbe fatto, e con lei ci voleva di più di un paio di parole altisonanti e ben dette.
“Diane?” sentimmo chiamare, timidamente, al di là della porta. “Sono qui … come hai detto che ti chiami tesoro?” “Allie … Allison” “Bene Allison … dimmi piccola”
“Perché sei venuta se sei da sola?” le chiese; forse avevamo istillato in lei il dubbio, la possibilità che non stavamo agendo contro di lei e sperai di poterla spuntare senza essere costretto a mandare via mia madre.
“Perché un’amica di mio figlio era in difficoltà. Ho portato qualche abito pulito … non ti preoccupare … sono praticamente nuovi ... ho il vizio di portami il lavoro a casa” sorrise lei d’impaccio “un kit di pronto soccorso se c’era bisogno di medicare qualche ferita e qualcosa da mangiare … dentro questa topaia non so se ci sia qualcosa di commestibile …”
Vallo a spiegare a mia madre che grazie alla sua intraprendenza, Allison aveva preparato dal nulla una delle migliori colazioni che avessi mai fatto in vita mia. Intanto dalla camera da letto non arrivò alcuna risposta, ma solo un silenzio interminabile, fin quando non sentimmo scattare di nuovo la serratura. Mia madre ed io tirammo un sospiro di sollievo ed io le bacia una guancia di slancio.
“Eccoti finalmente!” proclamò mia madre quando Allison si fece vedere “volevi nascondermi questo bel faccino?!”
Allison si limitò ad accennare un sorriso stento, che sapeva più di timidezza che di disappunto. Non si era data pena di coprirsi un po’ di più: forse voleva che mia madre capisse, o che l’accettasse per com’era.
E, se la conoscevo bene, mia madre non era tipo da lasciarsi influenzare dal lato esteriore: quel commento sul viso, infatti, non fu pronunciato a caso; lei guardava le persone ed era proprio dritto negli occhi che instaurava le migliori conversazione. Certo, era brava ed esperta nel suo mestiere, ma rimaneva comunque dotata di un’immensa sensibilità, affinata anche dalle prove che la vita le aveva offerto.
Le due si spostarono di nuovo verso la camera da letto, anche se, personalmente, avrei evitato volentieri che mia madre si sedesse sul letto ancora sfatto dove io ed Allison avevamo fatto l’amore solo poche ore prima. Magari lei nemmeno l’aveva capito, però saperla lì mi dava un leggero senso di fastidio e pudore, che mai avevo sperimentato prima d’allora; forse anche la vergogna faceva parte della schiera di novità a cui, con l’arrivo di Allie nella mia vita, avevo dato il benvenuto e a cui avrei dovuto fare l’abitudine: non ne sapevo molto di sentimenti … se ne può discutere su milioni di libri e mai trovare una soluzione comune … ma immaginavo che questo mio disagio fosse un modo per proteggerli.
Allison si sedette nel letto, coprendosi con la trapunta, e mia madre andò a sedersi di fianco a lei, mantenendosi però a debita distanza. Ogni suo gesto, ogni sua postura, erano ben studiati e definiti per aiutare Allison a mettersi a suo agio; probabilmente Allie, nella sua intelligenza, doveva averlo capito, ma non sembrava darvi peso più di tanto: anzi, sembrò apprezzare notevolmente il rispetto che mia madre le stava dimostrando.
“Le assomiglia molto Tyler” disse poi a mia madre, con fare confidenziale, come sei io non fossi lì con loro, appollaiato sulla cornice interna di uno dei due finestroni della stanza.
Mia madre, però, contestò la sua impressione, affermando invece, fermamente, che io assomigliassi di più a mio padre.
“Non lo conosco” ribatté lei “ma ora conosco lei …” “ti prego Allison dammi del tu, mi fai sentire vecchia!” Entrambe risero.
“Allora conosco te … e posso garantire che caratterialmente siete due gocce d’acqua”
“Oh questo è poco ma sicuro … l’ho cresciuto io, non poteva essere altrimenti”
Ringraziai il cielo che solo i geni mi hanno reso fisicamente simile a mio padre, ed il danno non si fosse esteso fino a livello cerebrale. Non avrei potuto sopportare di avere ulteriori affinità con quella stessa testa di cazzo perbenista e spocchiosa, lo stesso livello siderale di presunzione, la stessa stronzaggine invadente fino al midollo osseo.
Mi guardarono entrambe ed io, vedendole lì, insieme, quasi complici nelle battute e nelle conversazione come vecchie amiche, riacquistai la speranza di vivere ancora quella piacevole quotidianità che avevo gustato quella mattina.
“allora …” esordì mia madre, cauta, subito dopo i convenevoli, durati già abbastanza “ti va di parlare di qualcosa? C’è qualcosa che vorresti dirmi?”
Allison sembrò pensarci su per un po’; cosa avrei dato per poter sentire la sua mente almeno una volta, per capire ciò che le passa per la testa quando il suo volto diventa la maschera di cera che copre tutte le emozioni. Niente fastidio, niente apprensione, niente offesa …
“Non voglio finire in galera Diane!” la scongiurò Allison, con la voce tremante ed invocante.
“E con ci finirai tesoro, te lo assicuro! Perché dovresti finirci poi?”
“Immagino a questo punto che Tyler ti abbia parlato un po’ di me” esordì lei; effettivamente sì, le avevo accennato qualcosa, ma non immaginavo a quali conclusioni mia madre potesse essere giunta, soprattutto a vederci in quel modo. “Per quanto mi ostini a ripetere a me stessa e agli altri che sono una ballerina io sono una prostituta!”
Era la prima volta che la sentivo parlare di se stessa a quel modo, sfogandosi e ammettendo, senza vergogna, la verità. Forse l’aveva celata per pudore, forse per non farsi del male o poter continuare a fare quella vita senza farsi schifo, ma finalmente era riuscita ad aprirsi,  con la speranza di aprirsi ad un futuro pulito e sempre più possibile
“ … e poi non è solo per questo” continuò “ho rubato, ho anche spacciato droga in quel locale dove lavoravo” di lei sapevo davvero poco, ne ero consapevole, e la punta dell’iceberg ora in secca, mostrava una montagna di male e violenze che aveva dovuto subire nonostante la sua giovane età.
“Questo è un bel guaio, lo riconosco” annuì mia madre, non lasciando trasparire dal suo volto alcun giudizio e sapevo che Allison, questo, lo avrebbe apprezzato molto “ma con un buon avvocato si potrà dimostrare che tu l’hai fatto solo perché costretta. E vedrai che te la caveresti con poco e potresti uscire con la cauzione … una multa o dei lavori socialmente utili”
“E chi pagherebbe la cauzione o la multa per una come me?” chiese, lamentandosi.
Mi sentii quasi offeso dalla sua domanda, come se la risposta non fosse praticamente ovvia. Così mi avvicinai e poggiai la mia mano sulla sua: lei mi guardò, sorpresa, probabilmente comprendendo il significato di tale gesto e sorridendomi grata di rimando. Non mi interessava che ci fosse mia madre a spiarci e ad indagare cosa potesse esserci tra noi, che pensasse quello che le pareva; Allison aveva ragione, stavamo talmente bene così, che complicarsi la vita con inutili definizioni era una perdita di tempo. Io ci sarei stato per lei e lei di sicuro per me: tanto bastava ad entrambi, per ora.
“Però per farlo ho bisogno che tu aiuti te stessa … devi denunciarli Allison!”
“No, non posso farlo … non posso!!!”
“Perché no Allie?!” le chiesi; sentivo che si sarebbe rifiutata, e così la spronai a tirare fuori le sue paure.
“Perché loro saprebbero chi è stato e verrebbero a cercarmi …” entrò nel panico, con la voce ancora più tremante e concitata nei gesti “no … è troppo pericoloso! Io … io … loro si vendicherebbero!”
“Ma avresti tutta la protezione del mondo credimi!” la sostenni “io non permetterei mai che ti accada nulla di male, lo sai, e poi la polizia ti aiuterebbe …”
“Tyler ho troppa paura e non voglio immischiarti in questa storia ... ti ho dato già abbastanza problemi”
“Credi che così andrà tutto bene?” intervenne mia madre, seria e severa “cosa hai intenzione di fare per ora? Startene qui, nascosta, ad aspettare che qualcuno ti trovi e venga a chiuderti la bocca comunque?”
Né io, né lei probabilmente, avevamo considerato questa ipotesi. Effettivamente mia madre aveva ragione, e le maschere di ghiaccio che erano i nostri volti sbiancati e gli sguardi agghiacciati ci fecero comprendere che quella poteva rivelarsi molto più che un’ipotesi.
“Ed in prigione sarei molto più al sicuro … naturalmente”
“Non sto parlando di prigione Allison.” Mia madre capì di aver messo a disagio Allison così si fermo un attimo a prendere fiato per far calmare i nervi di entrambe. “C’è qualcosa che vorresti fare, ora che non lavori più in quello night club?”
“Beh dovrei trovarmi un lavoro, una casa dove stare … e se riesco a mettere da parte qualche soldo mi piacerebbe riprendere la scuola e diplomarmi”
“E questo è esattamente quello che ho da offrirti” la incoraggiò mia madre “saresti protetta, avresti un tetto sopra la testa e potresti studiare o lavorare, come preferisci. Ci sono delle strutture che accolgono ragazze poco fortunate”
“Ma non accoglierebbero me …” sbuffò, scoraggiata, Allison.
“Ma che stai dicendo?” le chiesi, non capendo dove volesse arrivare.
“So come funzionano queste cose … c’ho pensato mille volte ad andarmene e mi sono informata. Ti mandano in queste case-famiglia, ti reintegrano nella società e tutti vissero felici contenti come nelle favole. Ma ovviamente non sarei Allison se per me non ci fosse un destino diverso: io verrei rispedita ad Indianapolis … e lì sarebbe peggio che andare al fresco”
“Ma perché?” la interrogai. Avevo bisogno di sapere, era necessario perché io potessi aiutarla concretamente, assieme a mia madre.
“Perché lì ho sì dei parenti … ma non una famiglia, pronta ad accogliermi a braccia aperte” scoppiò “anzi, il loro disprezzo e le loro accuse sono state abbastanza gravi da farmi scappare 3 anni fa, ora mi ucciderebbero”
“Ma cosa …?”
Ora c’ero troppo dentro, incominciavo a sapere troppe cose, ma erano informazioni troppo frammentarie perché io potessi capirci qualcosa; la pregai di spiegarsi meglio, le chiesi il perché di quest’astio nei confronti della sua famiglia, soprattutto perché nemmeno mezz’ora prima aveva parlato con affetto e malinconia dei suoi genitori.
“Possiamo evitare di parlarne ora? Ti prego …”
Lasciai stare, come sempre. Come sempre sapevo che aveva i suoi tempi e che prima o poi si sarebbe degnata di rispondere alle mie domande. Sapeva che di me poteva fidarsi e non l’avrei giudicata, quindi non temevo di non ricevere risposta. Non mi sarei mai stancato di aspettarla, ne valeva terribilmente la pena e sarei stato ricompensato prima o poi, anche se non sapevo esattamente come.
Nel frattempo mia madre sembrava averci lasciato un po’ di privacy, allontanandosi dal letto e passeggiando avanti e indietro per il corridoio, rimuginando. Lì per lì neanche c’eravamo accorti della sua assenza, impegnati a sciogliere la trama intricata della vita di Allison. Quando la sentimmo parlare tra sé però, iniziammo a preoccuparci. Lei allora si voltò verso di noi, rivolgendosi ad Allison: “Quanti anni hai?” “Ne compio 18 il 20 gennaio”
“È perfetto!” esclamò mia madre di rimando.
“Che intendi dire mamma?” chiesi, dubbioso. Era una donna troppo cervellotica e la sua mente correva era molto più veloce della mia, che stentavo il più delle volte a starle dietro.
“Ascoltate” ci disse, ma rivolgendosi particolarmente ad Allison “ho trovato il modo per darti la sicurezza di cui hai bisogno senza esporti a casini vari con denunce o robe simili”
Sia io che Allison eravamo ansiosi e concentrati nell’attesa di scoprire cosa avesse architettato, così mia madre non perse altro tempo.
“Vieni a stare da me” la invitò mia madre, orgogliosa della sua trovata geniale.
“Cosa … come vengo a stare da te?” non sembrava sconvolta negativamente, ma sicuramente nessuno dei due aveva immaginato niente di simile; non so nella sua mente, ma nella mia vedevo già me stesso, lei ed una vecchia auto e la Route 66 spianata davanti a noi nel deserto dell’Arizona. I pensieri della solita mente malata.
“Ma sì” commentò divertita mia madre “non mi dire che avevi intenzione di rimanere qui con questi maiali …”
Magari non era nelle sue intenzioni, ma nelle mie era una più che forte speranza; non solo per la compagnia migliore che aveva da offrirmi, rispetto ad Aidan, ma perché con la sua presenza e le sue capacità casalinghe saremmo certamente tornati in un mondo più civile e igienico. Allison rise e sospirò, evidentemente l’esperienza mattutina tra rimasugli di cibo andato a male e sporcizia le era basta ed avanzata.
“Verrai a stare con me” proseguì ancora “naturalmente sarà una sistemazione temporanea … fino a quando non diventerai maggiorenne e allora deciderai quello che è meglio per te … e nessuno potrà costringerti a tornare con la tua famiglia”
Il quadro che aveva prospettato non sembrava così male: avrebbe avuto un posto sicuro, tranquillo e per bene dove stare, dove io avrei potuto continuare a vederla ed avrebbe conosciuto la mia Caroline … non vedevo l’ora … ed avrebbe vissuto una vita normale e tranquilla, all’interno di una vera famiglia. Avrebbe fatto bene a lei, a mia madre, a mia sorella: sarebbe stato un bene per tutti; eppure c’era qualcosa che ancora stonava.
“Sei sicura che andrà tutto bene ma’?” le chiesi, in apprensione “se ti scoprono sarai in un mare di guai … lo sai”
“No Diane” intervenne Allison “non voglio che qualcuno paghi per me … starò bene qui. Anzi, appena troverò un lavoro mi troverò una camera ammobiliata e me ne andrò … do fastidio anche a loro”
“Ma non se ne parla nemmeno” obiettò mia madre “i miei colleghi non si sognerebbero mai di venire a casa mia, il lavoro lo lasciano sempre in ufficio … e se qualcuno dovesse fare domande ti presenterò come mia nipote … o qualcosa da improvvisare. Ma fidati, non succederà nulla”
Forse non era così, ma mia madre sembrava fiduciosa e serena che le cose sarebbero andate nel verso giusto, come da lei previsto; questo non poté far altro che tranquillizzare anche noi ed Allison si fidò di lei ed accettò infine la proposta di mia madre.
Non perdemmo tempo e organizzammo il trasloco per quello stesso pomeriggio, mentre la città si riattivava dopo la bufera e gli spazzaneve e spargisale preparavano la città al nuovo turbine notturno. Mentre Allison era sotto la doccia io e mia madre riordinammo i libri che avevamo messo ad asciugare la notte prima, per lasciare che li portasse con sé. Le spiegai meglio tutta la situazione e lei commentò: “è una cara ragazza, Ty, non mi stupisce che tu ne abbia tanta cura … ma non giocare con lei”
“Io non sto giocando, assolutamente …” la rassicurai.
“Quindi suppongo che farsi distruggere la faccia ti sia venuto dal cuore!?”
“È colpa mia” intervenne Allison, pulita e pronta per uscire nel completo che mia madre le aveva portato.
“Mmmmm … domani andiamo a fare un po’ di shopping come si deve Allison … non pensavo fossi tanto magra!”
Effettivamente gli abiti che mia madre le aveva portato erano un po’ larghi, ma almeno decenti e nuovi, rispetto agli stracci con cui si era trascinata fino a casa mia.
“È colpa mia se Tyler è stato picchiato” ribatté Allie “lui voleva difendermi ed invece io mi sono comportata da stupida”
Volevo che la smettesse di sentirsi in colpa: ognuno è responsabile delle proprie azioni e delle loro conseguenze. Io avevo assalito quel vecchio nel locale e mia era la colpa per essere rimasto passivo di fronte alle percosse. Mi avvicinai a lei e l’aiutai ad indossare il giaccone: “Non voglio sentirti più parlare così. Non guardare più al passato … ora pensa ad essere felice perché è quello che meriti”
Si strinse nella morbida e calda giacca e sorrise alla verità delle mie parole: “agli ordini signor Hawkins … non vedo l’ora!”





soundtrack






NOTE FINALI
Questa volta ho messo la canzone che di solito accompagna il capitolo alla fine, come un ponte che condurrà verso i capitoli che verrano.
Iniziamo a ricostruire il puzzle della vita e del passato di Allison e per farlo sia lei che Tyler dovranno avere tanta forza.
Sono qui anche per dirvi che per un po' mi prenderò una vacanza dalla pubblicazione.
Questo è un periodo un po' difficile e devo concentrarmi in altre cose.
Quando sarò pronta per tornare a pubblicare non so, ma la storia non rimarrà incompleta, questo è poco ma sicuro.

Grazie mille per il vostro supporto e le vostre splendide, numerose, recensioni.

à bientot


Federica

   
 
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