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Autore: Natalja_Aljona    15/06/2011    2 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Sessantuno - Aver paura d'innamorarsi troppo


Mai più come te

Nessun'altra mai

Perché dopo te

Io sì che m'innamorai

Sempre più di te

Quanto tu non sai

(Mai più come te, Claudio Baglioni)



-Dev'essere molto stanca- mormorò George, guardando con occhi pieni di dolcezza il visetto assonnato della piccola Natal'ja, visibilmente sul punto di addormentarsi.

-Che ti aspettavi? Abbiamo viaggiato per giorni...e poi è rimasta qui a vegliare te. Ha dormito un poco stanotte, ma ha ancora tante ore di sonno da recuperare- spiegò Anželika, severa.

George annuì, sorridendo beato.

-Ma è cooosì carina!- fece una pausa, dopodiché alzò lo sguardo, sospettoso -Mi sogna?-

-Oh, sei un bel presuntuoso, sai? Perché mai dovrebbe sognare proprio te?-

-Io la sogno sempre- asserì il brigante, più serio che mai.

-E cosa fa nel sogno?-

-Uh...nel sogno? Cammina...ma sta anche ferma. Cioè, non proprio ferma...insomma, è viva-

Anželika scrutò con sospetto il sorriso imbarazzato del ragazzo.

-Ho capito, ho capito- sospirò infine, alzando gli occhi al cielo.

-Avete capito cosa sogno?- esclamò George, preoccupato.

-Ho capito che non me lo vuoi dire- specificò la siberiana -E forse ho capito anche il perché-

-Non...non...-

-Tranquillo. So quanto siete orgogliosi voi uomini-

-Or...orgogliosi?-

George era confuso.

-Tranquillo, ho detto! Forse lei sta sognando lo stesso-

Il povero ragazzo avvampò.

-Ah...sì?-

-Sempre un avvenimento magico, il matrimonio...-

-Ah...il matrimonio? Che bello, il matrimonio... Lo sogno davvero tutte le notti, il matrimonio!-

-Appunto, il matrimonio- sottolineò Anželika, lanciandogli un'occhiata che George non seppe interpretare.

-Prima di lei, sapete, io...-

-Sei stato con mezza Sparta, lo so. Lo sa anche lei-

-No! No, con mezza Sparta no. Tendo a preferire le patrassine, sono meno violente. Non che Patrasso sia dietro l'angolo, ma è lì che attracca la nave di mio padre, in genere. Le argive no, troppe storie per la Cinuria. Però, passando per Micene devo dire che...-

-Non devi dire, ecco. Non mi interessano le tue tresche e nemmeno a mia nipote-

-Io non intendevo...io stavo dicendo...stavo dicendo che prima di lei...se mi aveste lasciato finire di parlare!-

-Certi uomini hanno più attitudine per il silenzio- lo interruppe gelidamente Anželika, impietosa.

-Adesso mi dovete lasciar parlare! Volevo dire che io, prima di lei, questo maledetto cuore non l'avevo mai sentito battere-

-Non scherziamo, giovanotto. Mia nipote mi ha parlato della tua leggendaria miopia, se poi dobbiamo mettere in conto anche una probabile sordità o problemi cardiaci, tanto vale che vi sposiate direttamente al cimitero-

-Ma io ci sento benissimo, signora! Solo che il mio battito cardiaco non era mai stato...avete mai sentito un'upupa esibirsi nel suo tipico verso? Houp-up-pu! Houp-up-pu! Ecco, non aveva mai fatto così. Solo che poi l'upupa è caduta dal ramo...-

George si chiese se quello fosse il paragone giusto.

Probabilmente se lo chiese anche Anželika, ma preferì sorvolare.

-Oh. Un infarto, quindi?-

-Lieve. Avete presente i pitoni quando soffiano? Fanno fff, fff, fff, sembrano instancabili...poi però si stancano eccome, si innervosiscono e mordono-

-Il tuo cuore soffiava?- Anželika aggrottò la fronte, turbata -O forse mordeva?-

-Il cuore bruciava. Ero io a soffiare, come i pitoni, appunto. Solo che non avevo i denti per mordere, non più-

-Interessante. Ma se anche li avessi avuti non avresti morso mia nipote, vero?-

-No! No, cosa andate a pensare...- George sospirò profondamente, lanciando uno sguardo adorante alla sua ragazzina.

-E' che lei è davvero troppo bella, Zeus-

Le sue mani tremarono mentre si chinava a sfiorare un ciuffo ribelle di quei capelli che erano scintille di cielo.

-Assomiglia ad una di quelle belle schiave azteche dei tempi di Hernán Cortés, come Malintzin...o ad una sacerdotessa troiana dagli occhi lucenti, come Briseide o la turca e ricciuta Ecamède. Ha un tale sguardo...come se fosse appena caduta prigioniera di un nemico troppo forte e dovesse consumare la sua malinconia in dolci sorrisi da dea. Eppure è così libera...e i suoi occhi sono d'argento lucente, proprio come...-

Anželika chiuse gli occhi.

I paragoni di quel ragazzo la inquietavano.

-...le squame delle orate, avete presente?-


S'era svegliata piano, la fanciulla dagli occhi come squame d'orata.

Aveva aperto gli occhi lentamente, ancora avvolta da quel torpore dolce che prima l'aveva fatta addormentare, subito vittima del candore stordente del sorriso un po' ebete d'un certo filibustiere greco che la guardava con ben poca innocenza, a dir la verità.

Con immensa emozione, di sicuro.

Un sorriso soltanto e quel sorriso, chi sono io per raccontare cotanta poesia di ardore e imperscrutabile luminosità, recise le parole dalla sua aria, non cerano più parole per la giovane Luce, che dentro di sé un pochino stava morendo, eppure era ancora lì accanto a lui, perché era lì, con lo stupore nei grandi occhi colore del sogno e delle squame delle orate, che doveva rimanere.

Per Luce non cera niente di più pregiato, dolce e incredibilmente meraviglioso del pizzicorino irriverente dei sorrisi strappati, quelli che proprio non si riesce a trattenere, che spuntano anche la notte, quando si dorme e quasi non ci si pensa, ai mille motivi che potrebbero far spuntare un sorriso.

Quella era sincerità bruciante, la stessa che accendeva i sorrisi.

Un sorriso spontaneo era più eterno del fuoco, più inebriante del profumo dellaria di certe sere invernali, anche dell’aria che riempiva la sala del ricevimento di quella sera, in cui svolazzavano gli aromi di biscotti speziati, arrosti grandi come cattedrali e pernici trafitte da interi stiletti di rosmarino.

E George glieli strappava eccome, quei sorrisi.

Difficile era immaginare, ahimè, come il tremare e il silenzio della piccola Morrison stesse risvegliando nell’ inconscio dell’ignaro giovane brigante i più remoti tormenti romantici.

E al diavolo l'Illuminismo, per una volta, una volta sola.

Voltaire, perdonerai mai un tuo giovane discepolo deviato dall’amore per una minuscola ma illuminata ragazzina, candida come il tuo Candide ou l'optimisme e dal passo dalla cadenza lieve della neve che scivola al suolo nel frangente d'un sorriso?

Brian George, che a quattro anni era stato visto alzarsi in piedi sul tavolo della cucina e una volta in alto, levare il pugnetto al cielo e gridare, ispirato: “Liberté, Égalité, Fraternité! Se questo è il migliore dei mondi possibili, gli altri, come sono?”.

Luce lo sapeva, com'erano.

Di questo solo era certo, l'illuminato Brian George, lo stordito e rivoluzionario Gee Gibson, che tanto rideva di giorno quanto di notte piangeva, pensando al sorriso quasi innocente d’una fanciulla troppo lontana e iridescente per essere sua.

Paura d'innamorarsi troppo, la si poteva chiamare.

Solo che George e Luce, che fosse coerente con la loro filosofia o meno, innamorati troppo erano nati.


Anželika si era allontanata in silenzio.

Non era una nonna senza cuore, per quanto carogna potesse rivelarsi in certi momenti.

-Adesso però ci alziamo... Anche tu, che ti lamenti tanto per la ferita ma in fondo stai meglio di me!-

-Certo- concordò George, appoggiando la testa sulla spalla della fiammiferaia.

E l'intenzione c'era tutta, ve lo assicuro.

Solo che non sarebbe mai bastata.



Poi nel buio, senza parlare, ho dormito con te sul cuore

(Montagne verdi, Marcella Bella)



Note


Cinuria: Leggendaria pianura contesa tra Sparta e Argo.

Malintzin: Leggendaria schiava azteca di Hernán Cortés.

Ecamède e Briseide: Due delle schiave menzionate nell'Iliade, la prima, originaria di Tenedo (Turchia) di Nèstore e la seconda, prima dell'arrivo dei Greci sacerdotessa troiana, schiava di Achille.


Ok, sono troppo pigri, 'sti due.

Però...però...ci sono troppo affezionata!

Il titolo del capitolo è preso dalla bellissima canzone omonima di Lucio Battisti, mentre i brillanti paragoni di George mi sono venuti dal cuore ;)

Che gli esami facciano veramente male come dicono? Io mi sto quasi divertendo, in tutta sincerità. Sarò strana ma è così! Oggi inglese, domani spagnolo...e poi tre giorni di pausa prima delle Invalsi.

E intanto questo capitolo, penso l'ultimo prima del cambio di server di EFP, il prossimo lo dovrei postare venerdì.

Un po' dolce, un po' buffo, un po' così.

Spero via sia piaciuto! ;)

Ah, e la citazione di Mai più come te è per Beth, in quanto sua canzone peferita.

L'ho trovata perfetta ed eccola qui. ;)

Mentre la citazione finale di Marcella Bella...oh, può significare tante cose. Tante, tante, tante cose. ;)


A presto!

Marty

  
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