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Autore: FuoriTarget    15/06/2011    7 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-16-








Manuel fu il primo a svegliarsi.
Rimase immobile in silenzio ad osservare le dita di Alice posate sul suo petto e il ritmo lento del respiro che le muoveva le membra. Era pieno giorno ormai, la luce del sole filtrava dalla finestra facendo riprendere vita ai colori della stanza; tutta la casa giaceva immobile in un silenzio ovattato, quasi irreale, solo il respiro di Alice e il sibilo del condizionatore accompagnavano la sua veglia.
Poi un ronzio conosciuto a intervalli regolari attirò la sua attenzione, cominciò a scandagliare le zone limitrofi al letto alla ricerca di quella fonte di disturbo. Individuò i suoi jeans abbandonati a terra e con cautela si sfilò dall'abbraccio della ragazza accompagnandole il capo su un cuscino.
Si mosse piano agguantando i jeans dal letto, e vide il nome dello scocciatore lampeggiare sul display.
Un moto d'ira lo invase ma premette comunque il tasto di risposta dopo aver valutato vari modi per uccidere Giovanni Zonin.
-Giuro che prima o poi ti ammazzo! Che vuoi imbecille??-
-Ohi Manu! Perché parli piano? Dove sei finito, ti avrò chiamato già dieci volte e nemmeno tuo padre ha saputo dirmi niente...-
-Non urlare cazzo!- si voltò a controllare se Alice si fosse svegliata e di nuovo si rivolse all'amico sottovoce: -Mio padre? Perché hai chiamato mio padre?-
-Sono venuto a casa tua a cercarti ma tuo padre era un po' girato perché ha detto che hai dormito fuori senza nemmeno avvertire. Ma sei a casa di una?-
Jack continuava imperterrito ad urlare.
-Zitto! Non urlare o giuro che appena ti becco ti riempio di botte se la svegli!-
E arrivò la domanda cruciale: -Chi è, la conosco?-
Per un attimo fu tentato di dirglielo, infondo lui era Jack, il loro primo sostenitore, sapeva tutto quello che era successo e parteggiava clamorosamente per Alice. Poi si ricordo di quanto era successo poche ore prima e concluse che non era più tempo di fare certe scelte da solo.
-No e non sono cazzi tuoi...Perché mi cercavi?-
-Volevo dirti che alla fine noi non siamo andati al lago perché nessuno ha la macchina oggi, quindi siamo al campetto del parco a fare due tiri e abbiamo portato un po' di roba da magiare. Se dopo vuoi raggiungerci ti aspettiamo.-
Si voltò a cercare il corpo di Alice abbandonato al sonno con le lenzuola aggrovigliate tra le gambe e un sorriso gli sorse sulle labbra senza premeditazione.
-Non so cosa decideremo di fare..-
Jack esplose letteralmente in un ululato dall'altro lato della cornetta costringendolo a tapparla con la mano: -Uhuhuh parli già al plurale!?!? Allora è una cosa seria, dai sbottonati: dimmi chi è?-
Quel plurale gli era davvero scappato, non ci aveva riflettuto era uscito così...spontaneo.
-Scordatelo imbecille.- borbottò Manuel.
Ci fu una piccola pausa al di là della cornetta, capì che erano già al parco dai rumori di sottofondo.
-Non è che...- probabilmente Jack si stava allontanando dagli altri a giudicare dal respiro alterato e dai rumori in lontananza: -Se per caso adesso decidessi di passare sotto casa di Alice, vedrei la tua moto parcheggiata lì davanti vero!?-
Attimi di panico per Manuel Bressan.
Si voltò istintivamente verso il muro per attutire il suono degli insulti che era sul punto di tirargli: -Jack non fare il coglione per favore. Abbassa la voce, anzi: sta zitto che è meglio!- l'altro gli rispose con una risata fragorosa.
Chiuse la conversazione violentemente lanciando il cellulare sul pouf peloso vicino all'armadio. Si voltò di nuovo verso il letto deciso a tornarci, sul suo percorso incontrò i suoi boxer e li infilò distrattamente.
Pian piano scivolò accanto alla ragazza con cui aveva passato la notte appoggiando la testa sul cuscino e rimanendo a guardarla dormire.
Lei, sveglia, aveva sentito tutta la conversazione e si voltò verso di lui per abbracciarlo, accoccolò il volto sul suo petto così com'erano prima che lui si alzasse per rispondere.
-Buongiorno..- borbottò contro la sua pelle.
-'Giorno- le rispose sogghignando sotto i baffi alla sua voce impastata.
-Che voleva Jack?- continuò con gli occhi di nuovo chiusi.
-Allora eri sveglia, perfida vipera?- le passò una mano sui capelli afferrandone una ciocca: -Mi ha detto che non sono andati al lago perché non avevano abbastanza posti in auto, così hanno optato per rimanere al campetto, si sono portati da mangiare là e volevano sapere se ho intenzione di raggiungerli.-
-Vuoi andarci?-
Non sapeva che rispondere, quindi temporeggiò.
-Tu che fai?-
-Oggi tornano i miei: alle due devo andare all'aeroporto a prenderli, prima però sarebbe meglio che tentassi di rendere decente questa casa, altrimenti mia madre mi trucida.-brontolò sbuffando più rivolta a se stessa che a lui.
-Io invece ho mio padre a casa, il che rende questo weekend fin troppo lungo e insopportabile, non vedo l'ora che sia martedì per tornare a scuola tanto sono disperato! Penso che mi unirò agli altri per pranzo pur di non vederlo- trattenne il fiato al pensiero di dover tornare a casa a cambiarsi, poi arrivò il momento delle questioni irrisolte: -Vuoi venire con me?-
Quella domanda ne sottintendeva molte altre.
Alice lo sapeva. E anche Manuel.
Era rimasta sin troppo in bilico la questione, si erano detti fin troppe cose per una notte sola. Ma era giunta l'alba e con lei la luce di un nuovo giorno che avrebbe aperto un nuovo corso, c'era bisogno di chiarezza e di certezze, solide fondamenta su cui costruire scintillanti palazzi di vetro.
Nei pochi secondi in cui attese la risposta di Alice mille possibilità invasero la sua mente.
Avrebbe dovuto essere più diretto? O chiarirle prima la sua posizione? Come si sarebbero dovuti comportare al di fuori di quelle mura, alla luce del sole? Come avrebbero reagito tutti gli altri? Suo padre, Sonia, gli amici? Come avrebbero giustificato questa improvvisa unione? E poi in definitiva cos'erano ora loro due? Una coppia, un esperimento, un tentativo di ricostruirsi un'immagine? Gli avrebbe chiesto di trasformarsi in un fidanzato amorevole e premuroso?
Alice si tirò a sedere sul letto e voltandosi verso di lui si portò dietro tutto il lenzuolo. Lo guardò con attenzione prima di parlare, con un misto di preoccupazione ed orgoglio negli occhi: -Ci ho pensato anch'io, prima mentre parlavi al telefono con Jack e stanotte mentre dormivi. Ci ho pensato bene e ho valutato molte variabili e, nonostante tutto, vorrei tenere la cosa per noi, almeno per un po'. So che avresti scommesso il contrario, ma è che ora che ho la possibilità di stare con te, vorrei godermela un po' senza intrusioni. Sai bene cosa succederebbe se lo dicessimo subito agli altri: diventeremmo l'attrazione principale della scuola e non avremmo più un attimo di pace. Saremmo costretti a rispondere a domande per le quali ancora non abbiamo risposte e ci costringerebbero ad essere qualcosa che non siamo. In più io ho appena chiuso una relazione fin troppo sbandierata, non voglio cadere di nuovo negli stessi errori.-
All'inizio non disse nulla, si portò entrambe le mani dietro la nuca e la guardò con scherno.
-E così proponi di continuare ad agire nell'ombra e a vederci di nascosto??-
-Lo fai sembrare un crimine con quel tono??- Alice si offese e strinse meglio il lenzuolo contro al seno incrociandovi le braccia contro.
Manuel scoppiò a ridere davanti alla sua smorfia risentita e l'abbandonò sola nel letto, afferrò i jeans da terra e si avviò al bagno bloccandosi però sulla soglia a contemplarla.
-Per una volta sono d'accordo con te: prima di coinvolgere il resto del mondo dovremmo assestarci meglio e trovare un equilibrio tra noi. Non ci sarà bisogno di nasconderci o mentire basterà solo un po' di discrezione.- la vide rilassare spalle e braccia alla sua risposta e afferrò la maniglia per chiudersi in bagno, quindi lanciò la stoccata finale: -In fondo potremmo anche scoprire di essere un fallimento totale come coppia no??-
Un attimo dopo stava ridendo a crepapelle dietro la porta, avendo appena evitato per un soffio una scarpa volata verso il bagno.
Fecero a turno per la doccia, e quando venne quello di Alice, Manuel ne approfittò per studiare un po' meglio quella stanza.
Di frugare per scovare i segreti più torbidi della ragazza non sarebbe stato corretto, quindi si limitò a studiare attentamente ogni particolare.
Era tutto perfettamente aderente all'immagine di sé che Alice aveva creato per gli altri. Le alte pile di scatole di scarpe allineate sul fondo dell'armadio, i cassetti strabordanti di abiti pressati all'inverosimile pur di farceli entrare, le riviste di moda in bella mostra sotto la finestra, il poster di un bel chirurgo da telefilm sulla porta del bagno.
Proprio sopra alla testata del letto una bacheca di sughero attirò la sua attenzione, non l'aveva guardata bene la sera prima, per cui si inginocchiò sul letto per avvicinarsi. Era piena di foto: Alice, Chiara e Laura erano i soggetti principali, c'erano anche foto del gruppo o con i compagni di scuola, in qualcuna appariva anche lui. In una di queste Alice doveva aver avuto sui dieci anni ed era seduta con i suoi davanti alla Tour Eiffel, per la prima volta vide sua madre dalla quale aveva inequivocabilmente preso i lineamenti aggraziati e la bellezza morbida che la distinguevano dalle altre, e suo padre che le aveva donato gli occhi azzurri e limpidi, e lo sguardo attento. C'erano un paio di buchi dove probabilmente erano state tolte alcune foto di lei e Edoardo.
Una lo colpì più di tutte. Doveva essere stata scattata poco tempo prima al campetto, Alice indossava una sciarpa leggera su una maglietta bianca, aveva i capelli legati in disordine e nemmeno un filo di trucco, era seduta in braccio a Jack ma nessuno dei due guardava l'obiettivo, stavano ridendo con qualcun'altro che non era stato inquadrato. C'era qualcosa in quella foto di puro: Jack le cingeva la vita con un braccio ma non riusciva ad essere geloso di quel gesto, e Alice aveva una mano tra i suoi capelli neri, non c'era malizia ne una velata attrazione nonostante la posizione fosse ambigua. Chiunque l'avesse scattata aveva colto l'essenza stessa di quel legame.
Guardandosi di nuovo attorno notò che nulla stonava in quella stanza al di fuori della scrivania.
Quella -e si vedeva bene- era il vero mondo di Alice: di quell'Alice sveglia e intelligente che aveva nove in fisica e prima di dormire leggeva libri sulla meccanica razionale, di quell'Alice un po' sfigata che usava uno spazzolino da denti per pulire le componenti del suo pc, quella che gli aveva detto che tentare di comunicare con lui era come cercare di dividere per zero, o quella che tentava di convincerlo a farle smontare la sua moto per vederne i componenti.
Alice era tutto questo e molto di più, con i suoi libri di fisica applicata e i quaderni pieni di grafici.
In quel momento la ragazza riemerse dal bagno coperta da un asciugamano azzurro, si voltò verso il letto ma lui non c'era, scorse velocemente il resto della stanza e lo trovò seduto alla scrivania con suo iPod in mano.
-Che fai?- gli chiese afferrando un paio di mutande a caso dal cassetto.
Non rispose, si limitò a squadrarla con occhio critico e sbuffare contrariato, Alice non comprendendo quel gesto lo insultò mentalmente per la solita loquacità che dimostrava ad ogni buona occasione, allacciandosi il reggiseno lontano dal suo sguardo malizioso.
Quando almeno le parti importanti erano coperte lanciò l'asciugamano sul letto e si diresse verso l'armadio, seguita a vista da Manuel.
-Vediamo un po'- mormorò affondando con due mani tra le grucce.
Dopo qualche secondo e vari brontolii sommessi di cui lui non aveva capito nulla, scelse un paio di shorts di jeans e una maglietta a righe orizzontali decisamente oversize.
-Qui urge un intervento correttivo immediato!- insorse improvvisamente Manuel alle sue spalle: -Hai della musica orrenda...ascolti davvero le PussycatDolls??-
Sembrava realmente sconvolto.
-Beh alcune canzoni sono carine e mi danno la carica di mattina!- si giustificò non capendone a pieno il motivo.
-Decisamente non ci siamo, dobbiamo rivedere interamente la tua cultura musicale. Gli Stones danno la carica, i Metallica, oppure i Linkin Park se preferisci il new metal: ma NON le PussycatDolls!- continuò a scorrere la lista dei brani con uno sguardo sempre più preoccupato: -Oddio pure Masini? Siamo quasi ad un livello irrecuperabile!- interpretando perfettamente il pricipino del melodramma.
-Smettila di fare il cretino..ci sono anche canzoni vecchie che non ascolto da una vita!- tentò di recuperare il suo lettore, ma lottare contro Manuel era davvero un'impresa senza speranza.
-Lo spero per te! Avverti subito se hai anche Gigi d'Alessio perché me ne vado immediatamente e ti risparmio il mio sguardo profondamente deluso.-
-Sempre spiritoso eh?? Piuttosto pensi di uscire a torso nudo o con la tua maglietta stile Pulp Fiction?-
Parve un attimo spaesato come se non avesse pensato minimamente all'eventualità di lasciare quella stanza, si riscosse dopo un attimo facendole spallucce.
Alice lo ignorò prima di perdere la pazienza e si mise a pensare a come risolvere il problema.
-Ho un'idea..perché non ti metti la mia camicia? Quella azzurra?-
-Intendi la mia camicia, che tu hai rubato e hai deliberatamente indossato per provocarmi?!?-
Fece finta di non capire di cosa stesse parlando scrollando i capelli ancora bagnati e sorridendogli angelica, dopodiché si tuffò di nuovo con entrambe le braccia nell'armadio alla ricerca del capo in questione. Sfilò la camicia dalla stampella dopo un paio di minuti di ricerca e gliela lanciò, Manuel la studiò un secondo poi la infilò arrotolando le maniche fino ai gomiti e aprì le braccia mostrandole il risultato finito.
Graffi e tagli sul sopracciglio a parte, era prefetto, la camicia gli cadeva sulle spalle come un guanto e gli avvolgeva i fianchi nella giusta misura, ne troppo stretta ne troppo larga, esaltandone il fisico magro e longilineo. Gli avambracci abbronzati lasciati scoperti preannunciavano un corpo tonico e muscoloso che la camicia celava rendendolo fascinoso ed elegante.
In poche parole: un sogno erotico su due gambe.

Alla fine decisero di separarsi.
Manuel avrebbe raggiunto gli amici al campo, mentre Alice sarebbe rimasta a casa per riordinare e andare a prendere i suoi. Si offrì di accompagnarla all'aeroporto con un po' di titubanza, giusto per una questione di gentilezza, ma lei rifiutò al volo dicendo che spiegare la sua presenza sarebbe stato troppo per un giorno solo. In quel momento la amò profondamente.
Quando si presentò a casa per cambiarsi, suo padre gli rifilò una sorta di ramanzina sul fatto che avrebbe quantomeno dovuto avvertire prima di decidere di dormire fuori.
-Non era in programma-
-Quindi dove hai dormito??-
-Da..- titubò un attimo indeciso se dire qualcosa al padre, forse in fondo gli avrebbe fatto piacere: -Da Alice-
-Alice chi?-
-Alice Aroldi, è un'amica della ragazza di Jack-
Suo padre lo studiò mentre Manuel si aggirava irrequieto per la stanza senza fare nulla di concreto, spostando oggetti e aprendo cassetti senza prendere alcunché: -Capisco... E com'è questa ragazza?-
Manuel si bloccò improvvisamente colpito da tutta quella partecipazione. Quella conversazione padre-figlio stava diventando piuttosto curiosa, erano mesi, forse anni, che non si parlavano in quel modo.
-In che senso?-
-Non lo so, ma suppongo che sia interessante visto quanto ti turba parlarne.- e suo padre sfoderò un sorriso ambiguo e furbo che non gli vedeva dai tempi delle medie, in cui si divertivano a fare scherzi alla mamma.
-E'...- cercò di trovare una parola sola per descriverla, fallendo: -E' bella, molto bella.-
Si fermò davanti alla poltrona e dandogli le spalle cominciò a spogliarsi per infilare vestiti più consoni per una partita al campetto: -E' molto sveglia, anche se completamente diversa da me, ha la testa sulle spalle insomma. E' un po' troppo magra e ha i capelli rossi-
-E' passato parecchio tempo dall'ultima volta che hai avuto una ragazza fissa, devo dedurre che o ti sei divertito abbastanza, oppure questa Alice ti ha fatto perdere la testa..- il signor Bressan seduto in poltrona nella stanza di suo figlio, per la prima volta dopo molto tempo lo vide felice, e tanto gli bastò per adorare questa ragazza: -E dalla tua faccia opterei decisamente per la seconda!-

Quando Manuel arrivò nelle vicinanze del campetto capì che quello sarebbe stato un momento che non avrebbe mai dimenticato.
Casco alla mano, la faccia piena di graffi e un sopracciglio tagliato, attraversò il prato a testa alta ignorando tutte le altre persone che affollavano il parco in quell'assolata giornata d'inizio giugno, dirigendosi direttamente verso le panchine a bordo campo.
I fratelli Zonin, Paolo e Andre stavano giocando due contro due sotto un unico canestro e si fermarono non appena lo videro scavalcare le transenne: lì davanti ai loro sguardi interrogativi capì che non si poteva più tornare indietro su quanto era successo.
Più di tutte fu la faccia di Jack a stupirlo, non era sorpreso come gli altri tre, anzi sembrava che fosse perfettamente preparato a vederselo arrivare conciato in quella maniera, tanto che gli fece sorgere il dubbio che non avesse già chiamato Alice per farsi spifferare tutto.
Ma fu suo fratello a rompere lo stallo di silenzio.
-Cos'hai fatto alla faccia?-
Filippo già sapeva. Glielo leggeva in faccia.
Si conoscevano da troppi anni perché gli bastasse un'occhiata per capire che nel bene o nel male qualcosa era cambiato radicalmente nel suo amico dalla sera prima. Dal canto suo Bressan era pronto a quel tipo d'inquisizione e insieme ad Alice avevano preparato un copione da esibire a tutti.
-Sono caduto in moto ieri sera-
Filo non disse nulla, annuì e distolse lo sguardo incrociandolo per un attimo con quello del fratello.
Se c'era una cosa in cui Manuel era sempre stato ligio alle regole era l'uso del casco, per questo quelle escoriazioni erano incompatibili con una caduta in moto, ed entrambi lo sapevano perfettamente.
-Giochi?- domandò Andre perplesso quanto gli altri dalla strana espressione di Manuel.
Annuì dondolando il casco con la mano destra: -Prima mi metto il tutore però, sennò finisce che stasera non cammino e non posso certo abbandonarvi senza di me al BM.-
Quella battuta sulla festa e sullo stato del suo ginocchio tolsero definitivamente ogni dubbio ai quattro che gli stavano davanti; non era da lui scherzare sul suo stato di salute, era stato un argomento taboo fin dalla dimissione dall'ospedale, ne sulla sua partecipazione alle feste sulla quale lasciava sempre un velo d'incertezza. Invece lo videro accennare una risata e avviarsi alle panchine dove stavano Charlie, il Vigna e le ragazze.
-'Giorno- brontolò il Vigna vedendoselo davanti, gli rispose con un cenno, mentre alle ragazze fece un mezzo inchino omaggiandole con un sommesso: -Signore, i miei omaggi-
Lo accolsero con tutti gli onori dopo quell'uscita, facendolo accomodare tra loro e offrendogli acqua e un panino che rifiutò. Dopo un iniziale tentennamento tutti ripresero le loro occupazioni: le donne spettegolavano prendendo il sole, il Vigna dormiva con la testa sulle gambe della sua ragazza e Charlie si lamentava della costanza con la quale i suoi amici cercassero di farsi venire un colpo correndo sotto il sole.
Manuel mollò tutti i suoi averi alle cure di Chiara, l'unica lì in mezzo che sembrasse avere un minimo di attenzione, e si dedicò al posizionamento del maledetto tutore. Colse solo frammenti di conversazione, dei quali nemmeno capiva il soggetto, ma fu un nome a fargli rizzare le antenne tenendosi sulla difensiva.
-Chichi alla fine Ali ti ha risposto al messaggio?- fu Laura a introdurre la questione. Impossibile capire se sapesse già qualcosa.
-Si, mi ha mandato un sms dieci minuti fa, diceva che ha dormito troppo e non ha sentito le nostre chiamate. Comunque non viene nemmeno dopo pranzo perché deve andare a prendere i suoi all'aeroporto verso le due.-
-Quella il cellulare non lo sente mai!- fu la replica inviperita dell'altra.
-A te non ha risposto?-
-Non ci ho nemmeno provato a mandarle un sms, tanto se non sente le chiamate, figurarsi un messaggio!-
-Allora c'è qualcosa che non torna! Come faceva a sapere che siamo venuti qui invece che andare al lago!?! Io non le avevo ancora detto nulla!-
In quel momento un brivido ghiacciato bloccò i movimenti di Manuel. Si erano traditi da soli, come avevano fatto ad essere tanto idioti?
Il primo istinto fu quello di afferrare il cellulare per mandarle un messaggio pieno di insulti per la sua imbecillità, poi in pochi secondi mille scenari gli vorticarono in mente: che avrebbe dovuto fare se avessero manifestato qualche sospetto? Avrebbe dovuto difenderla e dare spiegazioni? Oppure fingere vigliaccamente di non saperne nulla?
Erano decisamente ancora impreparati ad affrontare la comunità alla luce del sole, ma allo stesso tempo per giocare agli amanti avrebbero dovuto affinare le tecniche.
Erano?
Da quanto pensava al plurale?
Fu l'urlo cavernoso di Jack a salvarlo dall'impiccio richiamandolo al campo insieme a Charlie.
Le squadre al campetto erano sempre le stesse. Non era come giocare in squadra, o a scuola con tutti che ti guardano in attesa di una grande azione, l'allenatore che urla indicazioni assurde e gli avversari sempre pronti a saltarti con un ginocchio sulla schiena pur di metterti ko. Al campetto era puro gioco, il basket per il gusto del divertimento, senza agonismo o scorrettezze infami.
Jack Manu e Charlie contro gli altri tre.
L'inesperienza di Charlie era bilanciata dalle capacità e dall'affiatamento di Manu con Jack che avevano giocato per anni in squadra insieme, mentre dall'altro lato l'anello debole era Andre che era molto più votato alla chitarra che al canestro, compensato da Filo e Paolo che conoscevano pregi e difetti degli avversari.
Marcare Manuel era un onere che nessuno voleva mai prendersi, era agile e veloce, sapeva fingere bene ed era pericoloso sia fuori che dentro l'area.
Dopo dieci minuti di gioco la sua squadra dominava già gli avversari superandoli di dodici punti, quindi Andre tentò la carta della pressione psicologica.
-Che hai oggi Bressan?- gli chiese dopo l'ennesimo tiro andato a canestro.
Manuel tirava, saltava e correva lasciandosi dietro gli amici a bocca aperta e prendendosi tutti gli applausi e i complimenti delle ragazze. Era bagnato di sudore come se avesse fatto una doccia eppure non si sentiva affatto stanco, nemmeno la cocaina l'aveva mai caricato in quel modo.
-Nulla!- rispose chinato a sistemarsi gli strappi del tutore: -solo avevo una gran voglia di giocare e mi sento carico come una molla!-
Andre si cacciò a ridere mentre invece Filo cercava lo sguardo di suo fratello che al contrario sembrava altrettanto contento.
-Oddio con chi sei stato stanotte per ridurti in questo modo? Non avrai deciso di sperimentare nuove frontiere, devo preoccuparmi?-
Fu allora che ogni dubbio dei fratelli Zonin venne sfatato, Manuel si alzò in piedi e si stirò le braccia verso l'alto aprendo tutto il torace e mostrando a tutti un succhiotto violaceo vicino all'ombelico scatenando le risate collettive.
-No coglioni, niente di nuovo...-


Dopo un'intensa attività di restauro, Alice Aroldi poteva dirsi davvero soddisfatta.
Aveva passato quasi due ore in bagno tra trucco, capelli da stirare al limite della perfezione e manicure rossa e lucida come la carrozzeria di un'auto nuova.
La scelta dell'abito era stata il nucleo centrale della preparazione, ci si era concentrata maniacalmente al punto da stimolare i sospetti di sua madre che l'aveva trovata davanti all'armadio in preda ad una crisi isterica della serie 'ho-un-armadio-pieno-di-cose-inutili'.
Alla fine in collaborazione con la mamma, che non aveva chiara la ragione di tutta quell'agitazione per una semplice festa, aveva deciso per un abito nero, stretto come un guanto ma rigoroso nel taglio a tubino con uno scollo sia davanti che dietro molto più castigato dei suoi standard. La calze furono un prestito direttamente dall'armadio di Mamma Aroldi che resuscitò da una vecchia scatola una paio di calze di seta con tanto di cucitura posteriore anni '30.
Quando si era presentata a cena già vestita pure suo padre si stupì di vederla già vestita e agghindata, e la riempì di domande sul destinatario di tutte quelle attenzioni.
Davanti alle scatole di scarpe nell'armadio, ovviamente le tornarono in mente le preferenze del suo neo-ragazzo per le Louboutin. E la scelta era stata facile.
All'arrivo di Laura sotto casa sua, era già davanti al cancello con la cluntch in mano e l'ansia ad attanagliarle le viscere.
Doveva essere perfetta in ogni singolo capello per la sua prima uscita pubblica come ragazza di Manuel Bressan.
A metà pomeriggio gli aveva mandato un sms chiedendogli se avesse intenzione di andare alla festa al BM, non le aveva risposto subito (eppure contrariamente alle sue abitudini, non aveva dato in escandescenze) ma l'aveva chiamata una volta arrivato a casa che era quasi sera.
Era la prima volta che vedeva comparire il suo numero sul cellulare con la scritta lampeggiante incoming call.
Le aveva raccontato del pomeriggio e l'aveva pure sgridata per il messaggio che aveva mandato alla sua amica, si erano scambiati una serie di convenevoli, tra cui la notizia che il signor Bressan non sarebbe ripartito per Manchester fino a venerdì, dopodiché Manuel aveva sollevato la questione festa.
-Che facciamo per stasera? Vuoi andare insieme?-
-Andare insieme significherebbe buttare alle ortiche i discorsi di stamattina no?-
-Giusto-
Ci fu una piccola pausa, in cui Alice si mordicchiò il labbro e Manuel si grattò il lobe dell'orecchio.
-Che ne dici di vederci là? Anche Laura mi ha chiesto di andare insieme, se le dicessi che vado con qualcun altro si insospettirebbe e comincerebbe a farmi un sacco di domande.-
Dall'altra parte della cornetta Manuel non disse nulla se non uno sbuffo nemmeno troppo percettibile.
-Che ne dici eh? Poi ti faccio uno squillo quando entro così mi dici dove sei e ti raggiungo.-
-Va bene.- Non sembrava particolarmente entusiasta: -Però dopo andiamo a berci qualcosa da soli!-
Già immaginava il ghigno perverso che aveva Manuel stampato in faccia nel dire quella frase, e venne da ridere pure a lei.
-Allora a dopo-
-A dopo. Ciao.-
In auto Laura la riempì di chiacchiere, tanto da riuscire a distrarla dalla sua tensione all'idea di rivedere Manuel dopo tutto quello che si erano detti quella notte, le pareva quasi di aver fatto un lungo sogno come se avesse passato un'intera giornata in dormiveglia.
Quando arrivarono nel piazzale ghiaiato e parcheggiarono la vecchia twingo di Laura, non ci fu nemmeno bisogno di fingere di fare la fila o chiamare Manuel per farle entrare dall'ingresso privilegiato perché non appena le vide attraversare la strada, Gerry si sbracciò con discrezione verso di loro e il cordone rosso si aprì senza indugi davanti ai loro occhi trasognati.
-Alice, questo è per te.- e un cartoncino bianco piegato in due entro nel suo campo visivo nella manona del buttafuori.
Lo afferrò al volo nascondendolo dalla vista a raggi x di Laura che già la guardava con un sopracciglio eloquentemente alzato e si avviò con lei oltre il portone rosso e la coda di gente accalcata per entrare.
Riconobbe immediatamente la calligrafia disorganizzata e calcata ancor prima delle parole, e già sapeva che sarebbero stati guai.
"Dobbiamo parlare, vieni nel backstage. Ti aspetto lì."






Spazio Autrice:

Ebbene rieccomi qui con il consueto ritardo, ormai non credo di poterci più fare nulla, è qualcosa di cronico...
Comunque alla fine ho pubblicato dai.
La capitolo fa sostanzialmente schifo, è un capitolo di transizione senza infamia e senza lode
secondo me,
ma come al solito l'ultima parola spetta a voi.
Fatemi sapere che ne pensate,
sarò ben felice di rispondere a tutte le vostre domande!

1bacio. Vale.
   
 
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