Meg sbadigliò. La prima cosa che faceva, la mattina appena sveglia, era sbadigliare. Quindi ripeté quel rito, aprendo gli occhi. Si trovava nel suo letto, sotto le sue coperte calde. Non ricordava come ci fosse arrivata, ma un forte mal di testa le stava annunciando che la notte prima aveva decisamente esagerato. Si ricordava quasi ogni particolare della serata, dal pianto con Leana alle varie battute e scherzi con Syn, eppure da un certo momento in poi c’era una fitta nebbia a celarle cosa avesse combinato nelle ore precedenti. Si ricordava che a un certo punto Zee era entrato dalla veranda ed aveva iniziato a dire che quella serata così non andava bene, prendendo i joystick con i quali si stavano sfidando a Call of Duty e dando a tutti una birra. E così era iniziata la sua ‘Sevenfoldizzazione’. Ecco, dalla sesta birra, il quarto bicchiere di Jack Daniels e la seconda bottiglia di vodka non ricordava più nulla. Magici poteri dell’alcol. Quando sentì aroma di caffè nell’aria si drizzò a sedere. Chi c’era in casa sua?
«Oh,
buongiorno principessa. Come stai?»
In
cucina, nella sua cucina, Brian
Haner
le stava preparando la colazione. Meg si bloccò sulla
soglia. L’aveva chiamata principessa?
Si stropicciò gli occhi,
strizzandoli. Doveva star ancora sognando, ed era anche un bel sogno,
visto che
il ragazzo le stava porgendo una tazzina di caffè e
un’aspirina con un bel
sorriso stampato in volto. Ingurgitò entrambi sotto gli
occhi esterrefatti del
chitarrista, ustionandosi la lingua, la gola e probabilmente anche
l’esofago.
Boccheggiò, rendendosi finalmente conto che quella era la
realtà, che il caffè
era bollente e la sua gola era in fiamme. Syn ebbe la prontezza di
riflessi di
porgerle un bicchiere d’acqua gelata, così che la
ragazza riuscì finalmente a
respirare in maniera normale.
«Ma
sei pazza?» rise il ragazzo, fissandola con sguardo
divertito.
«Pensavo
fosse un sogno… Cosa ci fai in casa mia?»
Poche ore prima
«Non
preoccuparti, dato che non c’è Mich
l’accompagno a casa io.»
Alcol.
Tanto, tanto alcol in circolo da parecchie ore in casa Sanders. Meg era
accucciata sul pavimento, addormentata, accoccolata contro Leana, che a
sua
volta poggiava su Val, tutte mezze nude dopo aver improvvisato uno
striptease ed
essere state bloccate da Matt, con disappunto di Zacky e Syn. In casa
erano
rimasti soltanto loro, Gena se n’era andata parecchio tempo
prima, visto che la
mattina doveva lavorare. Lacey e Johnny erano spariti a metà
serata, Zee si era
addormentato sul divano e in quel momento un po’ di saliva
gli colava
dall’angolo della bocca. Matt era davanti alla tv, intrapreso
in una qualche
missione di Call of Duty.
«Davvero
Gates? Guarda che può anche dormire qui.»
asserì il suo cantante mentre
sterminava eserciti nemici.
«Meglio
di no. Dai porto a casa anche ZeeVee. Leana penso possa restare
dov’è.»
Matt
annuì, premendo i tasti del joystick con frenesia.
«Va
bene allora. Ti do una mano a caricarli in macchina. Sicuro di riuscire
a
guidare? E tra l’altro, sai dove abita Meg?»
Syn
si guardò intorno, per poi dirigersi verso il chitarrista
addormentato sul divano
e sfilargli con grazia un foglietto dalla tasca.
«Ecco.
ZeeVee non se lo ricordava e se l’è scritto. E poi
certo che riesco a guidare,
ho già smaltito tutto. Per chi mi hai preso?»
L’interlocutore
rise e non rispose, caricandosi Zachary in spalla e aprendo la porta di
casa.
«Quindi
mi hai portata qui tu?» domandò Meg addentando una
fetta di toast con la
nutella.
«Esatto.
Eh, ah, visto che non sapevo dove Zee avesse messo le sue chiavi di
casa l’ho
poggiato comodamente sul tuo divano.»
«Pensavo
voi aveste le chiavi di casa l’uno
dell’altro.» affermò la rossa,
sorseggiando
un succo di frutta freddo per riprendersi dall’ustione che il
caffè le aveva
causato.
«Non
da quando Gena ha fatto cambiare la serratura perché
entravamo sempre nei
momenti peggiori.» asserì il ragazzo, scuotendo la
testa con aria contrariata.
Meg rise, finendo la sua colazione ed alzandosi in piedi, per poi
esclamare:
«Io
vado a fare una doccia. Mi sento tutta appiccicosa come se invece di
bere alcol
ci avessi rotolato in mezzo.»
Il
ragazzo la guardò con un sorriso divertito, scuotendo la
testa ricoperta da
capelli scuri.
«Vai, vai. Intanto sveglio Zacky e vedo se ha bisogno di
qualcosa.»
La rossa si diresse verso il bagno, aprendo l’acqua del box
doccia e aspettando
che diventasse abbastanza calda da potervi entrare. Amava farsi lunghe
docce
calde, finché ogni specchio o vetro della stanza non si
appannava a causa della
condensa, lei non ci pensava minimamente ad uscire da sotto il getto
d’acqua.
Si sfilò i vestiti e li lasciò in un angolo della
stanza, per poi finalmente
sciogliersi in mezzo all’acqua bollente che le schizzava il
corpo abbronzato. Si
stava insaponando quando sentì la porta del bagno aprirsi.
Si era dimenticata
di chiudere a chiave, vivendo in casa da sola non c’erano mai
problemi che
qualcuno entrasse e la vedesse nuda.
«Ma cos’è tutto sto
vapore…»
La
voce confusa e addormentata di Zacky le giunse alle orecchie, mentre
lei
ringraziava il cielo del fatto che tra loro si frapponesse una spessa
parete
trasparente appannata causa temperature elevatissime.
«Zachary James Baker esci immediatamente da questa stanza!
C’è il bagno di
servizio vicino la cucina!»
Il
ragazzo parve interdetto nel sentire una voce che gli parlava da tutta
l’umidità che permeava la stanza, ma
uscì senza farsi troppe domande,
chiudendosi la porta alle spalle. Meg tirò un sospiro di
sollievo. Fortuna che
era davvero addormentato, altrimenti si sarebbe messo a guardarsi in
giro
allegramente, senza dubbio.
«Sia ringraziato il cielo per averci donato i
postumi.»
Quando finalmente Meg rimise piede in cucina, Zack era accasciato sul
tavolo,
mentre Brian sedeva in maniera più composta e pareva stesse
parlando al
telefono. La donna si accomodò tra i due, scompigliando
dolcemente i capelli a
Zack che alzò la testa dal ripiano con uno sguardo confuso e
disperato.
«Ciao.» soffiò e tornò ad
accasciarsi sul tavolo. Meg rise, restando poi a
fissare Syn che parlava al telefono. Quando si accorse di essere
osservato si
alzò con calma e andò a continuare la
conversazione in un’altra stanza.
«Stava parlando con Michelle che doveva tornare oggi da New
York.» Lo sguardo
della ragazza, che aveva seguito Brian allontanarsi, venne spostato sul
moro
che aveva alzato nuovamente il capo a guardarla con quei suoi occhi
chiari e
brillanti, che la facevano rabbrividire ogni volta che li poggiava su
di lei.
«E invece?»
«E
invece a quanto pare si fermerà lì per
un’altra settimana.»
Meg
non chiese null’altro, non le interessava impicciarsi nelle
loro vite più di
quanto già stesse facendo.
«Come
stai Zacky caro? Ti vedo molto sveglio.» scherzò
la ragazza, mentre
l’interpellato le faceva un gestaccio a farle capire in quali
condizioni
versasse.
«Pensavo
che sarei dovuta essere io a strisciare stamattina, non tu!»
«Capita a tutti di esagerare un po’, ogni tanto,
no?» disse lui, scuotendo la
testa e subito fermandosi perché si rese conto che quel
movimento gli causava
forti emicranie.
«Una doccia e passa tutto.» consigliò
Meg, mentre la voce di Brian nell’altra
stanza giungeva più forte.
«Lo
spero. Prima però devo farmi portare a casa da Gates, che
pare avercene ancora
per un po’ con quella telefonata. Sto iniziando ad odiare
Mich.»
Ci fu un attimo di silenzio interrotto soltanto dalle parole del
chitarrista
che nell’altra stanza litigava con la sua donna,
finché Zacky parlò nuovamente.
«E
scusa per l’invasione in bagno prima, ero troppo
rincoglionito anche solo per
rendermi conto di dove mi trovavo.»
La
rossa rise, scuotendo con tranquillità la testa e dicendo
che non c’erano
problemi. In quel momento Brian fece la sua ricomparsa nella stanza,
con
un’espressione terrea sul viso e le sopracciglia aggrottate.
«Vengeance, tempo di andare.» affermò
fissando i due ragazzi che
chiacchieravano amabilmente.
«Uh,
okay. Grazie per l’ospitalità Megghie.»
sorrise il moretto, passando una mano a
scompigliarle i capelli e dirigendosi verso la porta con
l’amico che si
osservava intorno con espressione funerea. La donna li
accompagnò alla porta,
affermando:
«Sono io che devo ringraziare voi per la serata e grazie
Brian per avermi
accompagnata a casa.»
Dopo
che Syn ebbe mugugnato qualcosa che suonava come un “non
c’è di che” i due si
chiusero la porta alle spalle, lasciando Margaret sola, infine. Si
sedette sul
divano accendendo la televisione e facendo distrattamente zapping.
Sentì in
lontananza il suo cellulare squillare, così
scattò in piedi e si mise a
cercarlo, riuscendo a recuperarlo nella borsa solo quando oramai aveva
smesso
di squillare. Vide il nome di Layla apparire sul display luminoso,
così
richiamò l’amica.
«Meg ma quanto ci metti a rispondere al telefono?»
La voce irritata dell’amica
la fece sorridere.
«Dimmi
Lay, che c’è?»
«Volevo
invitarti a pranzo fuori! Così parliamo un po’ del
prossimo album.»
L’idea le piaceva, così si misero
d’accordo sul dove incontrarsi. Avrebbero
passato un bel pomeriggio, come sempre quando si trattava di Lay,
sapeva come
farla divertire.
*
Zachary
era steso sul suo letto, a pancia in su, con gli occhi chiusi e il
respiro
regolare. Poteva apparire addormentato, ma in realtà dentro
quella sua
testolina fervevano mille pensieri, molti dei quali senza capo
né coda. Brian
l’aveva riaccompagnato a casa e l’aveva abbandonato
lì, senza spiegargli cosa
non andasse con Michelle, il perché avessero litigato.
Nulla. L’aveva salutato
in malo modo ed era sgommato via. Zack era entrato in casa, certo di
non
trovare Gena perché ancora al lavoro, e si era gettato sul
letto vestito. In
quel momento cercava la forza di andarsi a fare una doccia. Non avrebbe
pranzato, ancora aveva una leggera nausea a perseguitarlo,
però era certo che
dopo una doccia, come aveva detto Megghie, si sarebbe sentito meglio.
Si mise a
sedere, decidendo di chiamare Matt prima di andarsi a lavare. Voleva a
tutti
costi scoprire cosa non andasse tra Mich e Brian.
«Pronto?
Zack? Perché chiami a quest’ora?» La
voce nasale del suo cantante preferito
rispose al telefono in maniera piuttosto scocciata.
«Dormivi?»
chiese il chitarrista sconvolto.
«No,
ma pensavo lo facessi tu visto com’eri ridotto ieri
sera.» rise Matt all’altro
capo della linea.
«Spiritoso.
Val come sta?»
«Si
sta riprendendo. È ancora un po’
rimbambita.»
Sentì
la voce della donna urlare qualche protesta in sottofondo ma non
riuscì bene a
distinguere le parole, così lasciò perdere.
«Ti
spiace passarmela?» chiese il moretto con voce timida.
«Val,
Zee ti vuole al telefono.»
Qualche
secondo di silenzio e la voce della donna sostituì quella
del marito, molto più
delicata e allegra.
«Ehi
Zacky, dimmi tutto.»
Zack
si domandò perché per una volta buona non si
stesse facendo i fatti propri, ma
la curiosità lo attanagliava dalla litigata di quella
mattina in casa di Meg.
«Sai
perché Michelle è rimasta a New York?»
«Mich
è rimasta a New York?! Ma se ieri sera mi ha chiamato
dicendo che di lì a poco
sarebbe salita sull’aereo per Los Angeles!» La voce
della ragazza si era alzata
di qualche ottava, in preda al panico per la sorte della gemella.
«Ah,
non lo so allora. Stamattina sembrava che fosse rimasta a New York
dalla
litigata telefonica che ha fatto con Brian.»
Il
silenzio dall’altro capo del telefono non fece presagire
nulla di buono al
chitarrista, che quasi si pentì di aver fatto quella
chiamata.
«Adesso
provo a sentirla. Ci sentiamo dopo Zee.» E con voce nervosa
troncò la
comunicazione.
Zacky si sentì un’emerita merda, così
filò sotto la doccia, cercando di lavar
via i pensieri che gli percorrevano la mente.
*
Brian
era incazzato nero. Dopo aver accompagnato ZeeVee a casa sua, era
andato a
pranzare in un fast food e aveva continuato a girare senza una meta per
le vie
di Huntington a tutta velocità, ignorando semafori e
autovelox che l’avrebbero
rallentato nella sua folle corsa senza meta. Nel nervosismo che
l’aveva colto
si ritrovò a guidare fino a Los Angeles senza quasi
rendersene conto. Michelle
si era comportata da vera stronza quel giorno. Sapevano benissimo
entrambi che,
nonostante si fossero voluti sposare, il loro rapporto non era certo
quello
idilliaco che regnava in casa Sanders, dove Matt e Valary erano
così in armonia
da litigare soltanto in momenti di reale crisi. Dagli Haner invece la
situazione era completamente diversa, Michelle perdeva la pazienza per
un sacco
di motivi stupidi, facendo innervosire ulteriormente Brian. Andava a
finire che
non si parlassero per giorni e giorni, che uno dei due scappasse di
casa e
andasse a dormire da qualche altro amico finché le acque si
calmavano quel poco
che premetteva loro di convivere. Nonostante tutto Brian credeva di
amarla
veramente, quindi le perdonava qualsiasi cosa, anche quelle scappatelle
occasionali che in un matrimonio solido non dovrebbero avvenire. Lui
dal suo
canto cercava di essere il più fedele possibile alla sua
donna, anche se
ammetteva di non essere sempre riuscito a esserlo. Quel giorno
però sua moglie
aveva davvero oltrepassato ogni confine. Era partita quasi due
settimane prima,
dicendogli che aveva da fare alcune commissioni importanti a New York e
che una
sua amica voleva vederla, e lui non si era fatto problemi nel dirle di
partire
senza preoccupazioni. Lei gli aveva sorriso e l’aveva baciato
con dolcezza,
come non faceva da un sacco di tempo. E come un idiota lui aveva
sperato che,
quando sarebbe tornata, avrebbero potuto riappacificarsi. Ci aveva
creduto
davvero. Quella mattina lei l’aveva chiamato, dicendo che
invece di prendere
l’aereo aveva deciso di fermarsi qualche altro giorno a New
York. No, non si
sarebbe dovuto arrabbiare. Non se durante la conversazione non avesse
sentito
una voce maschile dire qualcosa a Michelle e lei rispondere con un
risolino a
bassa voce. Brian non ci aveva più visto e aveva cominciato
a sbraitare,
chiedendole dove fosse realmente. Era sicuro che lei avesse preso
quell’aereo e
ora si trovasse a Los Angeles, con un qualche amante. Stava impazzendo
di
gelosia. Non era possibile che la donna che gli aveva giurato eterno
amore
andasse a letto con un sacco di uomini tranne lui. Si sentiva usato,
era un
titolo da sfoggiare, l’essere sposata con una rockstar.
All’inizio del loro
rapporto però non era così. Michelle lo amava
davvero e lui ricambiava. Era per
quello che dopo la morte di Jimmy l’aveva voluta sposare: si
sentiva a pezzi e
desiderava poter contare su qualcuno, poter avere una colonna sicura su
cui
poggiarsi. Quella colonna però si era rivelata essere fatta
di sabbia, ed era
crollata inesorabilmente.
Brian
era giunto a Los Angeles, era entrato nel suo negozio di dischi
preferito,
aveva comprato “The final frontier”,
l’ultimo album degli Iron Maiden e altri
due cd ed era tornato ad Huntington ascoltando Starblind e cercando di
non
pensare alla sua donna tra le braccia di un altro. Senza accorgersene
aveva
guidato fino a casa di Margaret. Perché si trovava
lì? Probabilmente il suo
cervello l’aveva trascinato fino a quel luogo per la semplice
ragione che Meg
l’avrebbe ascoltato senza giudicare, qualsiasi cosa le avesse
detto. Da Matt
non poteva andare, ci sarebbe stata Val e nonostante
l’amicizia profonda che lo
legava a quella ragazza, non avrebbe sopportato la vista della donna
che tanto
male gli stava causando. Zacky sarebbe stato una soluzione, ma sapeva
che in
quel momento, a quell’ora del tardo pomeriggio, probabilmente
era con Gena e
non voleva disturbare il loro tempo insieme, come non voleva farlo con
Johnny e
Lacey. Arin l’avrebbe forse anche ascoltato volentieri, ma
voleva un parere
imparziale riguardo la situazione. Parcheggiò davanti alla
villetta di Meg,
suonando il campanello con pressante insistenza. Non ricevendo alcuna
risposta
si spazientì e diede un calcio all’uscio,
sobbalzando quando una voce alle sue
spalle disse:
«Guarda
che servono le chiavi per aprirla.»
Meg
sorridente e con i capelli rossi tutti disordinati gli passò
innanzi, facendo
scattare la serratura ed invitando con un gesto il chitarrista a
entrare. Lo
fece accomodare in salotto, portandogli poi una birra estratta dal
frigo e
sedendosi al suo fianco.
«Non
pensavo di rivederti così presto tra queste mura. Qual buon
vento ti porta
qui?»
L’uomo
la fissò con sguardo scettico, senza proferir parola e
iniziando a sorseggiare
la bevanda che lei gentilmente gli aveva offerto.
«Vento
di tempesta a quanto pare!» esclamò la ragazza,
sistemandosi meglio sui cuscini
e fissando Brian con interesse.
«Sei qui per un motivo preciso oppure volevi soltanto
sfondare la porta di casa
mia?»
Lui
in risposta le tese un cd, che la rossa prese e osservò con
sorpresa.
«Sei
qui per regalarmi una copia di ‘Diamond In The Rough?
‘» domandò con aria
confusa.
«La
mia è un’offerta di pace. Pensa che l’ho
anche pagato.» ridacchiò il ragazzo,
dicendole poi di farlo partire. Meg lo inserì nel lettore e
Demons cominciò a
tuonare per tutta la stanza. Abbassò il volume per poter
parlare con un tono di
voce normale e si rivolse nuovamente al ragazzo.
«Quindi
perché sei qui in definitiva?»
«Avevo
bisogno di parlare con qualcuno ma al momento la voglia di parlare mi
è
passata.»
Meg
gli dedicò un’occhiata sbalordita, per poi andare
a prendere altre due birre
dal frigo e accendere la tv. C’era Scrubs in quel momento e
per nulla al mondo
avrebbe cambiato canale, così si accoccolò meglio
nella sua postazione sul
divano, allungando le gambe sul tavolino da caffè e
sorseggiando quella birra
ghiacciata. Syn decise che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa,
sistemandosi
nella stessa posizione della ragazza al suo fianco e seguendo il
programma
televisivo. Dopo qualche minuto in cui entrambi erano concentrati sulla
televisione, Nothing Else Matters dei Metallica risuonò
nella stanza, facendo
sobbalzare Brian che estrasse il BlackBerry. Dopo aver letto il nome
sul
display chiuse la chiamata e rimise il cellulare in tasca, con sguardo
furioso.
«Problemi
di donne?» azzardò Meg. Voleva cavargli fuori una
qualche parola riguardo il
suo umore nero. Lui la fissò e poi decise di parlare.
«Michelle
mi tradisce.» disse infatti lui con convinzione. Meg sul
momento non seppe cosa
dire, prese semplicemente il telecomando e spense la tv, aspettando che
dicesse
qualcos’altro. Quando vide che non era intenzionato a
proferire parola fissò
quegli occhi color cioccolato che tanto le piacevano e
domandò:
«Ne
sei sicuro?»
«Non posso non esserlo. Ogni tanto qualche scappatella
l’ho fatta anche io, ma stavolta
sembra una cosa seria.»
La
ragazza stette in silenzio, aspettando il fiume di parole che sapeva
Brian si
stava tenendo dentro da troppo tempo. Eppure tardava ad arrivare,
così
nuovamente incrociò i suoi occhi castani, che erano carichi
di una tristezza
estrema, così pura da farle dolere il petto nel guardarli.
«Speravo
che le cose tra noi si potessero sistemare, ma evidentemente mi
sbagliavo.»
Non
si aspettava di incontrare fragilità nel parlare con Brian.
Le pareva un uomo
tutto d’un pezzo, uno di quelli che non si piegano nemmeno
sotto il peso di
mille difficoltà. Invece evidentemente si sbagliava,
Michelle gli aveva
strappato il cuore dal petto e l’aveva dato in pasto alla sua
libidine, al suo
volersi allontanare da quell’uomo, che però ancora
l’amava, nonostante tutto.
Meg non seppe far altro che abbracciare Brian per esprimergli un
po’ di
supporto, per donargli un po’ di forza. Il ragazzo parve
interdetto da quel
gesto e per qualche attimo lasciò che i capelli rossi di Meg
gli solleticassero
il viso e le sue braccia gli stringessero il collo. Poi
ricambiò l’abbraccio,
posando le sue mani sulla schiena della ragazza e avvicinandola ancora
di più
al suo corpo. Brian aveva sofferto troppo negli ultimi tempi. Jimmy
l’aveva
lasciato senza spiegazioni. Jimmy l’aveva abbandonato e lui
non aveva nemmeno
più lacrime da versare né inutili preghiere da
fare a un Dio in cui nemmeno
credeva, gli restava soltanto la musica e l’amore della sua
vita. Ma quando una
di queste due certezze gli stava scivolando via dalle dita, si sentiva
come un
naufrago alla deriva, portato via dalle onde. Stringere Meg tra le sue
braccia
gli dava la sensazione di essere reale, non soltanto il protagonista di
un
sogno fumoso fatto di fama e successo. Meg invece sentiva di
abbracciare un
masso nello stringere quella montagna di muscoli tra le sue braccia
sottili e
abbronzate. Eppure il suo odore caldo e penetrante, di nicotina e non
sapeva
cos’altro, le davano la sensazione di essere a casa, di avere
un posto a cui
appartenere. Brian si sottrasse leggermente all’abbraccio e
Meg poté nuovamente
incrociare le iridi del ragazzo. Rimasero occhi negli occhi per qualche
minuto
ancora, finché Brian non avvicinò il viso a
quello di Meg. Le sue labbra si
adagiarono su quelle della ragazza, con dolcezza, aderendovi
perfettamente. La
sua lingua fece una leggera pressione, in modo da farle aprire la
bocca. Meg lasciò
che si insinuasse in lei, che la esplorasse con una dolcezza estrema,
calda e
appagante e ricambiò il bacio, d’istinto, senza
pensare alle conseguenze. Seguì
ogni movimento del ragazzo che la teneva stretta a sé,
lasciandosi sciogliere
da quel bacio caldo e passionale, che le faceva contorcere le viscere.
Le loro
bocche si separarono solo quando fu necessario ed indispensabile
reclamare
ossigeno, ma poco dopo le loro lingue ripresero quella danza
libidinosa, mentre
una Meg un po’ più coerente si domandava se fosse
giusto fare una cosa del
genere, se anche lui non stesse semplicemente attuando una ripicca nei
confronti della moglie, tradendola come lei aveva fatto. Ancora una
volta
dovettero prendere fiato, e in quell’attimo di lontananza i
loro sguardi si
incrociarono. Entrambi scuri, entrambi caldi e passionali, carichi di
un’attrattiva proibita. Il chitarrista cercò
ancora una volta di poggiare le
labbra sulle sue ma stavolta Meg lo bloccò, in un attimo di
lucidità.
«Non
si combatte il fuoco con il fuoco.»
Il
ragazzo si bloccò, fissandola per qualche istante. Capiva
cosa intendeva, ma
quel bacio era stata la cosa migliore che gli era capitata in varie
settimane.
Mich non lo baciava così ormai da secoli, la passione
iniziale con lei era
bruciata in fretta. Si
rendeva conto
però che Meg aveva ragione, e che lui non aveva il diritto
di invischiarla nei
suoi affari privati e nei suoi sbalzi d’umore.
«Scusami.»
mormorò, togliendole le mani dai fianchi e allontanandosi un
poco.
Lei
sorrise, anche se c’era del risentimento in quel sorriso.
«Vai
da lei e chiarite le cose.»
Syn
la guardò un attimo, annuendo e alzandosi in piedi. Le diede
un bacio sulla
guancia e la ringraziò. Lei gli tese il cd che lui le aveva
portato, ma non lo
rivolle indietro. Così, appena la porta si fu chiusa e il
rumore del motore fu
lontano, Meg rimise il cd. Demons ripartì e lei stette
lì, seduta, ascoltando
in silenzio e riflettendo.
I tried running away from me
Convince me that I've grown, but I can't
Change so unnaturally, demons they follow me
I quit running away from me
Convinced that I have grown, but found out
All my reasons for insanity, all a part of me.
L'angolo dell'autrice:
L'autrice stavolta non ha troppo da dire. Ringrazio soltanto tanto tanto chi ha recensito, preferito, seguito... E anche solo letto, perché mi sento importante anche soltanto se leggete le mie fatiche. Questo capitolo mi ha preso un po' più tempo del solito perché ho dovuto pensare intensamente a come volevo sviluppare la storia. Penso di aver in mente una trama non ancora ben definita ma qualcosa riuscirò a tirare fuori dalle mille idee che mi perseguitano. Ancora grazie ♥