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Autore: Cherry Berry    15/06/2011    2 recensioni
Margaret era cresciuta con la passione per la musica e il canto, per le strade afose di Huntington Beach, vivendo nella speranza di incontrare la sua band preferita. Eppure la fortuna nemmeno una volta aveva girato dalla sua parte, finché anche lei aveva intrapreso la carriera musicale. Ed era convinta che l'amore fosse inutile e passeggero, volatile come un soffio d'aria.
Quando nasci in California tutti i sogni possono diventare realtà, ma innamorarsi di una rockstar porta inevitabilmente a una serie infinita di guai.
-Dedicata a the Rev.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avengedz
5. We're all so weak, no matter how strong

Meg sbadigliò. La prima cosa che faceva, la mattina appena sveglia, era sbadigliare. Quindi ripeté quel rito, aprendo gli occhi. Si trovava nel suo letto, sotto le sue coperte calde. Non ricordava come ci fosse arrivata, ma un forte mal di testa le stava annunciando che la notte prima aveva decisamente esagerato. Si ricordava quasi ogni particolare della serata, dal pianto con Leana alle varie battute e scherzi con Syn, eppure da un certo momento in poi c’era una fitta nebbia a celarle cosa avesse combinato nelle ore precedenti. Si ricordava che a un certo punto Zee era entrato dalla veranda ed aveva iniziato a dire che quella serata così non andava bene, prendendo i joystick con i quali si stavano sfidando a Call of Duty e dando a tutti una birra. E così era iniziata la sua ‘Sevenfoldizzazione’. Ecco, dalla sesta birra, il quarto bicchiere di Jack Daniels e la seconda bottiglia di vodka non ricordava più nulla. Magici poteri dell’alcol. Quando sentì aroma di caffè nell’aria si drizzò a sedere. Chi c’era in casa sua?

«Oh, buongiorno principessa. Come stai?»

In cucina, nella sua cucina, Brian Haner le stava preparando la colazione. Meg si bloccò sulla soglia. L’aveva chiamata principessa? Si stropicciò gli occhi, strizzandoli. Doveva star ancora sognando, ed era anche un bel sogno, visto che il ragazzo le stava porgendo una tazzina di caffè e un’aspirina con un bel sorriso stampato in volto. Ingurgitò entrambi sotto gli occhi esterrefatti del chitarrista, ustionandosi la lingua, la gola e probabilmente anche l’esofago. Boccheggiò, rendendosi finalmente conto che quella era la realtà, che il caffè era bollente e la sua gola era in fiamme. Syn ebbe la prontezza di riflessi di porgerle un bicchiere d’acqua gelata, così che la ragazza riuscì finalmente a respirare in maniera normale.

«Ma sei pazza?» rise il ragazzo, fissandola con sguardo divertito.

«Pensavo fosse un sogno… Cosa ci fai in casa mia?»

 

Poche ore prima

«Non preoccuparti, dato che non c’è Mich l’accompagno a casa io.»

Alcol. Tanto, tanto alcol in circolo da parecchie ore in casa Sanders. Meg era accucciata sul pavimento, addormentata, accoccolata contro Leana, che a sua volta poggiava su Val, tutte mezze nude dopo aver improvvisato uno striptease ed essere state bloccate da Matt, con disappunto di Zacky e Syn. In casa erano rimasti soltanto loro, Gena se n’era andata parecchio tempo prima, visto che la mattina doveva lavorare. Lacey e Johnny erano spariti a metà serata, Zee si era addormentato sul divano e in quel momento un po’ di saliva gli colava dall’angolo della bocca. Matt era davanti alla tv, intrapreso in una qualche missione di Call of Duty.

«Davvero Gates? Guarda che può anche dormire qui.» asserì il suo cantante mentre sterminava eserciti nemici.

«Meglio di no. Dai porto a casa anche ZeeVee. Leana penso possa restare dov’è.»

Matt annuì, premendo i tasti del joystick con frenesia.

«Va bene allora. Ti do una mano a caricarli in macchina. Sicuro di riuscire a guidare? E tra l’altro, sai dove abita Meg?»

Syn si guardò intorno, per poi dirigersi verso il chitarrista addormentato sul divano e sfilargli con grazia un foglietto dalla tasca.

«Ecco. ZeeVee non se lo ricordava e se l’è scritto. E poi certo che riesco a guidare, ho già smaltito tutto. Per chi mi hai preso?»

L’interlocutore rise e non rispose, caricandosi Zachary in spalla e aprendo la porta di casa.

 

«Quindi mi hai portata qui tu?» domandò Meg addentando una fetta di toast con la nutella.

«Esatto. Eh, ah, visto che non sapevo dove Zee avesse messo le sue chiavi di casa l’ho poggiato comodamente sul tuo divano.»

«Pensavo voi aveste le chiavi di casa l’uno dell’altro.» affermò la rossa, sorseggiando un succo di frutta freddo per riprendersi dall’ustione che il caffè le aveva causato.

«Non da quando Gena ha fatto cambiare la serratura perché entravamo sempre nei momenti peggiori.» asserì il ragazzo, scuotendo la testa con aria contrariata. Meg rise, finendo la sua colazione ed alzandosi in piedi, per poi esclamare:

«Io vado a fare una doccia. Mi sento tutta appiccicosa come se invece di bere alcol ci avessi rotolato in mezzo.»

Il ragazzo la guardò con un sorriso divertito, scuotendo la testa ricoperta da capelli scuri.
«Vai, vai. Intanto sveglio Zacky e vedo se ha bisogno di qualcosa.»
La rossa si diresse verso il bagno, aprendo l’acqua del box doccia e aspettando che diventasse abbastanza calda da potervi entrare. Amava farsi lunghe docce calde, finché ogni specchio o vetro della stanza non si appannava a causa della condensa, lei non ci pensava minimamente ad uscire da sotto il getto d’acqua. Si sfilò i vestiti e li lasciò in un angolo della stanza, per poi finalmente sciogliersi in mezzo all’acqua bollente che le schizzava il corpo abbronzato. Si stava insaponando quando sentì la porta del bagno aprirsi. Si era dimenticata di chiudere a chiave, vivendo in casa da sola non c’erano mai problemi che qualcuno entrasse e la vedesse nuda.
«Ma cos’è tutto sto vapore…»

La voce confusa e addormentata di Zacky le giunse alle orecchie, mentre lei ringraziava il cielo del fatto che tra loro si frapponesse una spessa parete trasparente appannata causa temperature elevatissime.
«Zachary James Baker esci immediatamente da questa stanza! C’è il bagno di servizio vicino la cucina!»

Il ragazzo parve interdetto nel sentire una voce che gli parlava da tutta l’umidità che permeava la stanza, ma uscì senza farsi troppe domande, chiudendosi la porta alle spalle. Meg tirò un sospiro di sollievo. Fortuna che era davvero addormentato, altrimenti si sarebbe messo a guardarsi in giro allegramente, senza dubbio.
«Sia ringraziato il cielo per averci donato i postumi.»

Quando finalmente Meg rimise piede in cucina, Zack era accasciato sul tavolo, mentre Brian sedeva in maniera più composta e pareva stesse parlando al telefono. La donna si accomodò tra i due, scompigliando dolcemente i capelli a Zack che alzò la testa dal ripiano con uno sguardo confuso e disperato.
«Ciao.» soffiò e tornò ad accasciarsi sul tavolo. Meg rise, restando poi a fissare Syn che parlava al telefono. Quando si accorse di essere osservato si alzò con calma e andò a continuare la conversazione in un’altra stanza.
«Stava parlando con Michelle che doveva tornare oggi da New York.» Lo sguardo della ragazza, che aveva seguito Brian allontanarsi, venne spostato sul moro che aveva alzato nuovamente il capo a guardarla con quei suoi occhi chiari e brillanti, che la facevano rabbrividire ogni volta che li poggiava su di lei.
«E invece?»

«E invece a quanto pare si fermerà lì per un’altra settimana.»

Meg non chiese null’altro, non le interessava impicciarsi nelle loro vite più di quanto già stesse facendo.

«Come stai Zacky caro? Ti vedo molto sveglio.» scherzò la ragazza, mentre l’interpellato le faceva un gestaccio a farle capire in quali condizioni versasse.

«Pensavo che sarei dovuta essere io a strisciare stamattina, non tu!»
«Capita a tutti di esagerare un po’, ogni tanto, no?» disse lui, scuotendo la testa e subito fermandosi perché si rese conto che quel movimento gli causava forti emicranie.
«Una doccia e passa tutto.» consigliò Meg, mentre la voce di Brian nell’altra stanza giungeva più forte.

«Lo spero. Prima però devo farmi portare a casa da Gates, che pare avercene ancora per un po’ con quella telefonata. Sto iniziando ad odiare Mich.»
Ci fu un attimo di silenzio interrotto soltanto dalle parole del chitarrista che nell’altra stanza litigava con la sua donna, finché Zacky parlò nuovamente.

«E scusa per l’invasione in bagno prima, ero troppo rincoglionito anche solo per rendermi conto di dove mi trovavo.»

La rossa rise, scuotendo con tranquillità la testa e dicendo che non c’erano problemi. In quel momento Brian fece la sua ricomparsa nella stanza, con un’espressione terrea sul viso e le sopracciglia aggrottate.
«Vengeance, tempo di andare.» affermò fissando i due ragazzi che chiacchieravano amabilmente.

«Uh, okay. Grazie per l’ospitalità Megghie.» sorrise il moretto, passando una mano a scompigliarle i capelli e dirigendosi verso la porta con l’amico che si osservava intorno con espressione funerea. La donna li accompagnò alla porta, affermando:
«Sono io che devo ringraziare voi per la serata e grazie Brian per avermi accompagnata a casa.»

Dopo che Syn ebbe mugugnato qualcosa che suonava come un “non c’è di che” i due si chiusero la porta alle spalle, lasciando Margaret sola, infine. Si sedette sul divano accendendo la televisione e facendo distrattamente zapping. Sentì in lontananza il suo cellulare squillare, così scattò in piedi e si mise a cercarlo, riuscendo a recuperarlo nella borsa solo quando oramai aveva smesso di squillare. Vide il nome di Layla apparire sul display luminoso, così richiamò l’amica.
«Meg ma quanto ci metti a rispondere al telefono?» La voce irritata dell’amica la fece sorridere.

«Dimmi Lay, che c’è?»

«Volevo invitarti a pranzo fuori! Così parliamo un po’ del prossimo album.»
L’idea le piaceva, così si misero d’accordo sul dove incontrarsi. Avrebbero passato un bel pomeriggio, come sempre quando si trattava di Lay, sapeva come farla divertire.

 

*

 

Zachary era steso sul suo letto, a pancia in su, con gli occhi chiusi e il respiro regolare. Poteva apparire addormentato, ma in realtà dentro quella sua testolina fervevano mille pensieri, molti dei quali senza capo né coda. Brian l’aveva riaccompagnato a casa e l’aveva abbandonato lì, senza spiegargli cosa non andasse con Michelle, il perché avessero litigato. Nulla. L’aveva salutato in malo modo ed era sgommato via. Zack era entrato in casa, certo di non trovare Gena perché ancora al lavoro, e si era gettato sul letto vestito. In quel momento cercava la forza di andarsi a fare una doccia. Non avrebbe pranzato, ancora aveva una leggera nausea a perseguitarlo, però era certo che dopo una doccia, come aveva detto Megghie, si sarebbe sentito meglio. Si mise a sedere, decidendo di chiamare Matt prima di andarsi a lavare. Voleva a tutti costi scoprire cosa non andasse tra Mich e Brian.

«Pronto? Zack? Perché chiami a quest’ora?» La voce nasale del suo cantante preferito rispose al telefono in maniera piuttosto scocciata.

«Dormivi?» chiese il chitarrista sconvolto.

«No, ma pensavo lo facessi tu visto com’eri ridotto ieri sera.» rise Matt all’altro capo della linea.

«Spiritoso. Val come sta?»

«Si sta riprendendo. È ancora un po’ rimbambita.»

Sentì la voce della donna urlare qualche protesta in sottofondo ma non riuscì bene a distinguere le parole, così lasciò perdere.

«Ti spiace passarmela?» chiese il moretto con voce timida.

«Val, Zee ti vuole al telefono.»

Qualche secondo di silenzio e la voce della donna sostituì quella del marito, molto più delicata e allegra.

«Ehi Zacky, dimmi tutto.»

Zack si domandò perché per una volta buona non si stesse facendo i fatti propri, ma la curiosità lo attanagliava dalla litigata di quella mattina in casa di Meg.

«Sai perché Michelle è rimasta a New York?»

«Mich è rimasta a New York?! Ma se ieri sera mi ha chiamato dicendo che di lì a poco sarebbe salita sull’aereo per Los Angeles!» La voce della ragazza si era alzata di qualche ottava, in preda al panico per la sorte della gemella.

«Ah, non lo so allora. Stamattina sembrava che fosse rimasta a New York dalla litigata telefonica che ha fatto con Brian.»

Il silenzio dall’altro capo del telefono non fece presagire nulla di buono al chitarrista, che quasi si pentì di aver fatto quella chiamata.

«Adesso provo a sentirla. Ci sentiamo dopo Zee.» E con voce nervosa troncò la comunicazione.
Zacky si sentì un’emerita merda, così filò sotto la doccia, cercando di lavar via i pensieri che gli percorrevano la mente.

 

*

 

Brian era incazzato nero. Dopo aver accompagnato ZeeVee a casa sua, era andato a pranzare in un fast food e aveva continuato a girare senza una meta per le vie di Huntington a tutta velocità, ignorando semafori e autovelox che l’avrebbero rallentato nella sua folle corsa senza meta. Nel nervosismo che l’aveva colto si ritrovò a guidare fino a Los Angeles senza quasi rendersene conto. Michelle si era comportata da vera stronza quel giorno. Sapevano benissimo entrambi che, nonostante si fossero voluti sposare, il loro rapporto non era certo quello idilliaco che regnava in casa Sanders, dove Matt e Valary erano così in armonia da litigare soltanto in momenti di reale crisi. Dagli Haner invece la situazione era completamente diversa, Michelle perdeva la pazienza per un sacco di motivi stupidi, facendo innervosire ulteriormente Brian. Andava a finire che non si parlassero per giorni e giorni, che uno dei due scappasse di casa e andasse a dormire da qualche altro amico finché le acque si calmavano quel poco che premetteva loro di convivere. Nonostante tutto Brian credeva di amarla veramente, quindi le perdonava qualsiasi cosa, anche quelle scappatelle occasionali che in un matrimonio solido non dovrebbero avvenire. Lui dal suo canto cercava di essere il più fedele possibile alla sua donna, anche se ammetteva di non essere sempre riuscito a esserlo. Quel giorno però sua moglie aveva davvero oltrepassato ogni confine. Era partita quasi due settimane prima, dicendogli che aveva da fare alcune commissioni importanti a New York e che una sua amica voleva vederla, e lui non si era fatto problemi nel dirle di partire senza preoccupazioni. Lei gli aveva sorriso e l’aveva baciato con dolcezza, come non faceva da un sacco di tempo. E come un idiota lui aveva sperato che, quando sarebbe tornata, avrebbero potuto riappacificarsi. Ci aveva creduto davvero. Quella mattina lei l’aveva chiamato, dicendo che invece di prendere l’aereo aveva deciso di fermarsi qualche altro giorno a New York. No, non si sarebbe dovuto arrabbiare. Non se durante la conversazione non avesse sentito una voce maschile dire qualcosa a Michelle e lei rispondere con un risolino a bassa voce. Brian non ci aveva più visto e aveva cominciato a sbraitare, chiedendole dove fosse realmente. Era sicuro che lei avesse preso quell’aereo e ora si trovasse a Los Angeles, con un qualche amante. Stava impazzendo di gelosia. Non era possibile che la donna che gli aveva giurato eterno amore andasse a letto con un sacco di uomini tranne lui. Si sentiva usato, era un titolo da sfoggiare, l’essere sposata con una rockstar. All’inizio del loro rapporto però non era così. Michelle lo amava davvero e lui ricambiava. Era per quello che dopo la morte di Jimmy l’aveva voluta sposare: si sentiva a pezzi e desiderava poter contare su qualcuno, poter avere una colonna sicura su cui poggiarsi. Quella colonna però si era rivelata essere fatta di sabbia, ed era crollata inesorabilmente.

Brian era giunto a Los Angeles, era entrato nel suo negozio di dischi preferito, aveva comprato “The final frontier”, l’ultimo album degli Iron Maiden e altri due cd ed era tornato ad Huntington ascoltando Starblind e cercando di non pensare alla sua donna tra le braccia di un altro. Senza accorgersene aveva guidato fino a casa di Margaret. Perché si trovava lì? Probabilmente il suo cervello l’aveva trascinato fino a quel luogo per la semplice ragione che Meg l’avrebbe ascoltato senza giudicare, qualsiasi cosa le avesse detto. Da Matt non poteva andare, ci sarebbe stata Val e nonostante l’amicizia profonda che lo legava a quella ragazza, non avrebbe sopportato la vista della donna che tanto male gli stava causando. Zacky sarebbe stato una soluzione, ma sapeva che in quel momento, a quell’ora del tardo pomeriggio, probabilmente era con Gena e non voleva disturbare il loro tempo insieme, come non voleva farlo con Johnny e Lacey. Arin l’avrebbe forse anche ascoltato volentieri, ma voleva un parere imparziale riguardo la situazione. Parcheggiò davanti alla villetta di Meg, suonando il campanello con pressante insistenza. Non ricevendo alcuna risposta si spazientì e diede un calcio all’uscio, sobbalzando quando una voce alle sue spalle disse:

«Guarda che servono le chiavi per aprirla.»

Meg sorridente e con i capelli rossi tutti disordinati gli passò innanzi, facendo scattare la serratura ed invitando con un gesto il chitarrista a entrare. Lo fece accomodare in salotto, portandogli poi una birra estratta dal frigo e sedendosi al suo fianco.

«Non pensavo di rivederti così presto tra queste mura. Qual buon vento ti porta qui?»

L’uomo la fissò con sguardo scettico, senza proferir parola e iniziando a sorseggiare la bevanda che lei gentilmente gli aveva offerto.

«Vento di tempesta a quanto pare!» esclamò la ragazza, sistemandosi meglio sui cuscini e fissando Brian con interesse.
«Sei qui per un motivo preciso oppure volevi soltanto sfondare la porta di casa mia?»

Lui in risposta le tese un cd, che la rossa prese e osservò con sorpresa.

«Sei qui per regalarmi una copia di ‘Diamond In The Rough? ‘» domandò con aria confusa.

«La mia è un’offerta di pace. Pensa che l’ho anche pagato.» ridacchiò il ragazzo, dicendole poi di farlo partire. Meg lo inserì nel lettore e Demons cominciò a tuonare per tutta la stanza. Abbassò il volume per poter parlare con un tono di voce normale e si rivolse nuovamente al ragazzo.

«Quindi perché sei qui in definitiva?»

«Avevo bisogno di parlare con qualcuno ma al momento la voglia di parlare mi è passata.»

Meg gli dedicò un’occhiata sbalordita, per poi andare a prendere altre due birre dal frigo e accendere la tv. C’era Scrubs in quel momento e per nulla al mondo avrebbe cambiato canale, così si accoccolò meglio nella sua postazione sul divano, allungando le gambe sul tavolino da caffè e sorseggiando quella birra ghiacciata. Syn decise che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa, sistemandosi nella stessa posizione della ragazza al suo fianco e seguendo il programma televisivo. Dopo qualche minuto in cui entrambi erano concentrati sulla televisione, Nothing Else Matters dei Metallica risuonò nella stanza, facendo sobbalzare Brian che estrasse il BlackBerry. Dopo aver letto il nome sul display chiuse la chiamata e rimise il cellulare in tasca, con sguardo furioso.

«Problemi di donne?» azzardò Meg. Voleva cavargli fuori una qualche parola riguardo il suo umore nero. Lui la fissò e poi decise di parlare.

«Michelle mi tradisce.» disse infatti lui con convinzione. Meg sul momento non seppe cosa dire, prese semplicemente il telecomando e spense la tv, aspettando che dicesse qualcos’altro. Quando vide che non era intenzionato a proferire parola fissò quegli occhi color cioccolato che tanto le piacevano e domandò:

«Ne sei sicuro?»
«Non posso non esserlo. Ogni tanto qualche scappatella l’ho fatta anche io, ma stavolta sembra una cosa seria.»

La ragazza stette in silenzio, aspettando il fiume di parole che sapeva Brian si stava tenendo dentro da troppo tempo. Eppure tardava ad arrivare, così nuovamente incrociò i suoi occhi castani, che erano carichi di una tristezza estrema, così pura da farle dolere il petto nel guardarli.

«Speravo che le cose tra noi si potessero sistemare, ma evidentemente mi sbagliavo.»

Non si aspettava di incontrare fragilità nel parlare con Brian. Le pareva un uomo tutto d’un pezzo, uno di quelli che non si piegano nemmeno sotto il peso di mille difficoltà. Invece evidentemente si sbagliava, Michelle gli aveva strappato il cuore dal petto e l’aveva dato in pasto alla sua libidine, al suo volersi allontanare da quell’uomo, che però ancora l’amava, nonostante tutto. Meg non seppe far altro che abbracciare Brian per esprimergli un po’ di supporto, per donargli un po’ di forza. Il ragazzo parve interdetto da quel gesto e per qualche attimo lasciò che i capelli rossi di Meg gli solleticassero il viso e le sue braccia gli stringessero il collo. Poi ricambiò l’abbraccio, posando le sue mani sulla schiena della ragazza e avvicinandola ancora di più al suo corpo. Brian aveva sofferto troppo negli ultimi tempi. Jimmy l’aveva lasciato senza spiegazioni. Jimmy l’aveva abbandonato e lui non aveva nemmeno più lacrime da versare né inutili preghiere da fare a un Dio in cui nemmeno credeva, gli restava soltanto la musica e l’amore della sua vita. Ma quando una di queste due certezze gli stava scivolando via dalle dita, si sentiva come un naufrago alla deriva, portato via dalle onde. Stringere Meg tra le sue braccia gli dava la sensazione di essere reale, non soltanto il protagonista di un sogno fumoso fatto di fama e successo. Meg invece sentiva di abbracciare un masso nello stringere quella montagna di muscoli tra le sue braccia sottili e abbronzate. Eppure il suo odore caldo e penetrante, di nicotina e non sapeva cos’altro, le davano la sensazione di essere a casa, di avere un posto a cui appartenere. Brian si sottrasse leggermente all’abbraccio e Meg poté nuovamente incrociare le iridi del ragazzo. Rimasero occhi negli occhi per qualche minuto ancora, finché Brian non avvicinò il viso a quello di Meg. Le sue labbra si adagiarono su quelle della ragazza, con dolcezza, aderendovi perfettamente. La sua lingua fece una leggera pressione, in modo da farle aprire la bocca. Meg lasciò che si insinuasse in lei, che la esplorasse con una dolcezza estrema, calda e appagante e ricambiò il bacio, d’istinto, senza pensare alle conseguenze. Seguì ogni movimento del ragazzo che la teneva stretta a sé, lasciandosi sciogliere da quel bacio caldo e passionale, che le faceva contorcere le viscere. Le loro bocche si separarono solo quando fu necessario ed indispensabile reclamare ossigeno, ma poco dopo le loro lingue ripresero quella danza libidinosa, mentre una Meg un po’ più coerente si domandava se fosse giusto fare una cosa del genere, se anche lui non stesse semplicemente attuando una ripicca nei confronti della moglie, tradendola come lei aveva fatto. Ancora una volta dovettero prendere fiato, e in quell’attimo di lontananza i loro sguardi si incrociarono. Entrambi scuri, entrambi caldi e passionali, carichi di un’attrattiva proibita. Il chitarrista cercò ancora una volta di poggiare le labbra sulle sue ma stavolta Meg lo bloccò, in un attimo di lucidità.

«Non si combatte il fuoco con il fuoco.»

Il ragazzo si bloccò, fissandola per qualche istante. Capiva cosa intendeva, ma quel bacio era stata la cosa migliore che gli era capitata in varie settimane. Mich non lo baciava così ormai da secoli, la passione iniziale con lei era bruciata in fretta.  Si rendeva conto però che Meg aveva ragione, e che lui non aveva il diritto di invischiarla nei suoi affari privati e nei suoi sbalzi d’umore.

«Scusami.» mormorò, togliendole le mani dai fianchi e allontanandosi un poco.

Lei sorrise, anche se c’era del risentimento in quel sorriso.

«Vai da lei e chiarite le cose.»

Syn la guardò un attimo, annuendo e alzandosi in piedi. Le diede un bacio sulla guancia e la ringraziò. Lei gli tese il cd che lui le aveva portato, ma non lo rivolle indietro. Così, appena la porta si fu chiusa e il rumore del motore fu lontano, Meg rimise il cd. Demons ripartì e lei stette lì, seduta, ascoltando in silenzio e riflettendo.

 

I tried running away from me
Convince me that I've grown, but I can't
Change so unnaturally, demons they follow me
I quit running away from me
Convinced that I have grown, but found out
All my reasons for insanity, all a part of me.




L'angolo dell'autrice:
L'autrice stavolta non ha troppo da dire. Ringrazio soltanto tanto tanto chi ha recensito, preferito, seguito... E anche solo letto, perché mi sento importante anche soltanto se leggete le mie fatiche. Questo capitolo mi ha preso un po' più tempo del solito perché ho dovuto pensare intensamente a come volevo sviluppare la storia. Penso di aver in mente una trama non ancora ben definita ma qualcosa riuscirò a tirare fuori dalle mille idee che mi perseguitano. Ancora grazie ♥


  
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