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Autore: Lau_McKagan    16/06/2011    9 recensioni
Lookin' at the ocean blue
Sittin' thinking' here of you
Cast in light down from the moon
Sweet caress the ocean blue
Breve fanfic scritta tempo fa per una cara persona. La dedico a lei.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come tutte le mattine si era alzata per andare a scuola. Voglia sotto i piedi, ma quanto meno non sarebbe dovuta rimanere a casa… solo il pensiero le dava il voltastomaco. Uscì di corsa, l’aria frizzante le fece scorrere un brivido lungo la schiena. Poi si ricordò… il compito di algebra! Se ne era completamente dimenticata e come ovvio che fosse, non aveva aperto libro. Se la sarebbe cavata forse, ma meglio non rischiare… perché prendersi un votaccio quando in fondo poteva rimandare la cosa per prendere di meglio?
Così invece che proseguire dritta sulla strada che l’avrebbe portata all’Istituto, svoltò in una via laterale recandosi alla fermata del 64… direzione centro città. Voleva giusto prendersi quel libro. Aveva risparmiato parecchio, in fondo se lo meritava no? Steven Adler era stato parte di quel gruppo che lei considerava uno dei suoi miti, e aveva iniziato a risparmiare sulla paghetta da quando aveva saputo dell’uscita della sua biografia, anche se in inglese. Poteva farcela a leggerlo, se la cavava con l’inglese e di sicuro non sarebbe stato un sacrificio impegnarsi un po’ per cercare di capire. La mamma le aveva promesso il biglietto per il suo concerto in Italia, e lei non vedeva l’ora che arrivasse quel momento. Si era già persa Slash e i Guns di Axl, ma Steven… ah, lui l’avrebbe visto! Poi sarebbe arrivato il turno di Duff, prima o poi era certa che anche lui con suoi Loaded avrebbe fatto un salto nel bel paese. Peccato solo per Izzy… il buon Stradlin, suo preferito per eccellenza, pareva non essere così tanto giramondo come i suoi ex-colleghi, e questo effettivamente la rammaricava non poco.
Appena scesa dall’autobus si fiondò nel grande negozio di libri e musica in galleria. Eccolo… subito lo adocchiò tra le nuove uscite. Nikki, quel diario già ce l’aveva, idem per la biografia di Slash e quella del vecchio Ozzy… il libro di Steven sarebbe stata un’altra pietra miliare della sua collezione. Lo afferrò felice per poi soffermarsi nella sezione dei cd… quanti ne avrebbe voluti comprare, troppi! Avrebbe fatto un po’ alla volta, ma prima o poi tutti quelli che voleva sarebbero stati suoi.
“Scusi” domandò al commesso “non è che avete i cd di Izzy Stradlin?”
Il ragazzo la guardò perplesso alzando un sopracciglio “Chi?!”
Sbuffò “Niente lascia stare…” disse girandosi “ma come cazzo li scelgono i commessi dico io, ma ti pare? Chi?! Ma io ti spacco la faccia brutta bestia ignorante che nemmeno sai chi è Izzy! Capra…” continuò a blaterare fino alla cassa. Poi pagò e uscì, per lo meno felice di avere quel libro tra le mani. Dopo tutto quella non sarebbe stata una brutta giornata, forse…

Camminava guardandosi in giro, fiera del nuovo acquisto. In fondo bastava così poco per farla felice. Poi qualcosa attirò il suo sguardo, o meglio qualcuno… Si girava stranito per il corso con le mani in tasca e gli occhiali da sole calati sul viso, guardando in giro con aria piuttosto spaesata. Poteva sembrare uno qualunque ad occhi altrui, in quella tenuta così semplice e anonima… ma per lei no, non poteva sbagliarsi. Il taglio degli zigomi, il naso pronunciato e l’aria da perfetto uomo del mistero. Si stupì di non trovarci attorno gente, ma in fondo che pretendeva… in pochi sapevano, in pochi avevano associato a quell’uomo un nome… quel nome. Per un attimo sentì la terra tremare sotto di lei, si stropicciò gli occhi quasi a voler avere conferma che non stesse sognando. Quando li riaprì lui era ancora lì… a camminare come uno qualunque… ma lui non era uno qualunque, non per lei.
“Oddio… oddio... calma…” prese un respiro e prima che potesse svoltare, gli corse dietro raggiungendolo. Si bloccò un attimo osservandolo più da vicino onde evitare qualsivoglia figura… ma si, era proprio lui! Occasione ghiotta, di certo non se lo sarebbe lasciata scappare “Hey!” chiamò. Vedendo che però il tizio pareva non averla nemmeno sentita, gli si piazzò davanti bloccandogli il passaggio “Hey scusa…” per poco svenne quando lui si tirò su gli occhiali e la guardò in viso sorridendo leggermente… era li, davanti a lei, non poteva crederci.. eppure… allungò una mano toccandogli il braccio per poi arretrarla di colpo, sentendosi una stupida ‘penserà che sono pazza… eppure dovevo toccarlo cazzo! Metti che era un’allucinazione??? Naaaa… l’ho toccato, è vero! In carne e ossa, qui davanti a me!!! Calma calma! Non sono pazza!’
“Scusa, hai bisogno?” si sciolse nell’udire la sua voce. Le stava parlando… Izzy Stradlin in persona stava parlando a lei!
“Co… come?”
“Dicevo se hai bisogno…”
“Oh io… hemm… no no…”
“Ah ok.. no perché sei un po’ pallida… sicura di star bene?”
‘No cazzo! No che non sto bene!!!’  “Si si tutto ok! Sei… bellissimo…” ‘Merdaaaa ma che dico!???!? Ti sembra una cosa intelligente!!! Ma potessi prendermi a sberle lo farei!!!’
“Bhè grazie!” sorrise “quindi a meno che tu sia solita fermare la gente per strada per farle dei complimenti… immagino che tu mi abbia riconosciuto…”
“Si… si si! Izzy! Oh si si Izzy! Izzy!”
“Il mio nome lo sai, ho capito… bhè pensavo di passare inosservato, evidentemente qualcuno ancora si ricorda del vecchio Stradlin”
“Vecchio?! Tu?! Ma per favore! E poi certo, insomma, non avrai la schiera di fans dietro, ma ti ricordiamo eccome!”
“Io non sono mai stato così ‘vistoso’ come i mie compari… ma mi piace, almeno cosi posso girare libero senza che qualcuno mi fermi in continuazione”
“Ah…” ci rimase un  po’ male, dopo tutto lei l’aveva fermato e… a quanto pare lui preferiva evitare questo genere di cose.
Izzy si accorse subito della situazione, in realtà non voleva essere un’offesa alla ragazza, ma a lui davvero quella sorta di anonimato non gli era mai dispiaciuto “No no non dicevo a te! Mi fa piacere che mi hai fermato! Solo non amo le grandi folle, tutto qui”
“Ahhh ok, meno male… per un attimo mi è preso un colpo!”
“Come ti chiami?”
“Alice!”
“Alice… come quella che se ne stava nel paese delle meraviglie eh”
“Si... si... solo che io non sto proprio tra le meraviglie… comunque, tu che ci fai qui invece?!”
“Si chiamano concerti, hai presente?” rispose ironico.
“Con… CHE?!?!?!? Stai scherzando spero!! Tu?! Concerto… qui???”
“Qualcosa in contrario?”
“Noooooo scusa è che… a parte che qui non ci viene mai un cazzo di nessuno, ma poi… no scusa, perché io non lo sapevo?! Cioè fatemi capire, perchè non so mai un cavolo di niente di questa schifosa città! Izzy viene qui a fare un concerto e io non ne so niente! Ohhh ma dico siamo matti! Non esiste!! Non-e-sis-te!!!”
Lui la fissava ad occhi spalancati, incerto se scappare a gambe levate o scoppiare a ridere… quella ragazzina era una furia! “Calmati! Cazzo non pensavo di piacerti cosi tanto!”
“Stai dicendo un’eresia sai? Tu per me sei… sei… cioè.. ah…non puoi capire…”
“Comunque non lo sai semplicemente perché ho suonato in un club privato, non hanno pubblicizzato lo spettacolo, era una serata per pochi che ho fatto solo perché dovevo un favore ad un amico. Al momento non ho in previsione grandi concerti Alice, mi dispiace”
“Ma a me basta che tu sia qui! Sia lodato il tuo amico!!! Anche se bhè, in effetti mi sarebbe piaciuto sentirti suonare… almeno una volta…”
Izzy guardò il suo viso assumere un’espressione un po’ triste. Gli dispiaceva vederla cosi, sembrava una ragazza carina e simpatica e poi era una sua fan! Una grande fan a quanto pareva “Senti Alice, hai impegni?”
“Chi io?! No no! Sono libera, liberissima!”
“Bene, che ne dici di farmi da guida? Mi piace visitare le città in cui vado, ma ho un pessimo senso dell’orientamento, e francamente qua in giro non ci sto capendo proprio un cazzo…”
“Oh si! Mille volte si! Grazie!”
“E di che? Grazie a te…”

Felice lo scortò per la città facendogli vedere le cose più belle e interessanti, facendogli da perfetto cicerone. Izzy la ascoltava interessato, sorrideva in continuazione e lei avrebbe voluto che quella giornata non finisse mai.
“Non hai fame?”
“Si... che mi consigli?”
“Lasagne!!! Conosco un posto dove ne fanno di buonissime!”
Seduti al tavolo della piccola trattoria, di fronte ad un piatto di lasagne caserecce, ad Alice non sembrava proprio vero che quello fosse capitato proprio a lei. Le sembrava di stare in una di quelle storie che si divertiva a leggere e a scrivere sui cinque ragazzi che tanto amava, e la paura che tutto sarebbe presto finito lasciandola alla solita vita di sempre, le saliva continuamente alla gola. La verità è che era felice, li con lui… felice come non era mai stata, specie in quell’ultimo periodo dove le cose a casa non andavano per niente bene.
“A cosa pensi?”
“Come?”
“Eri pensierosa…”
“Si scusa…”
“Cosa hai comprato?” domandò indicando il sacchetto che teneva sulla sedia di fianco a lei.
“Oh! Guarda un po’!” disse mostrandogli il libro.
“Ma non mi dire! Il libro di popcorn!”

“Lo chiami ancora cosi?”
“Ogni tanto… le vecchie abitudini sono dure a morire…” lo prese in mano sfogliandolo. Alice vide una strana espressione comparire sul suo volto, un velo di tristezza forse, o più semplicemente nostalgia.
“Ti mancano?”
“Un po’… ma va bene così… le cose cambiano per tutti”
“Ma… so che ti avranno fatto questa domanda un sacco di volte, per cui non rispondermi se non ti va…”
“Vuoi chiedermi della reunion?” annuì timidamente “A dire il vero io sono quello a cui lo chiedono meno spesso… forse perchè non mi faccio mai vedere in giro e cerco di schivare interviste e partecipazioni varie… ma sai, la verità è che tutti ne parlano, ma tra di noi non ne abbiamo mai parlato. Ci sono troppe cose da valutare e nessuno ha mai preso in mano il telefono per iniziare la cosa… poi sai, di casini da sistemare ce ne sono ancora, specie tra certi cazzoni di mia conoscenza”
“Capisco, credo di sapere a chi ti riferisci”
“Già… ma dopo tutto mi sta bene, non credo che tornare a riformare i vecchi Guns interessi davvero a qualcuno… forse a Steven, credo sa il più nostalgico di tutti… ma ognuno di noi sta facendo cose a cui difficilmente rinuncerebbe per riformare una band che mai tornerà ad essere quella di un tempo, capisci? Siamo cambiati tutti, non sarebbe più la stessa cosa”
“Lo so ma sarebbe bello se almeno tornaste ad essere tutti amici, no?”
“Si, questo sarebbe davvero bello… bene! Non siamo qui per rattristarci no? Ora raccontami un po’ di te Alice, che mi dici?”
“Ah bhe, se non siamo qui per rattristarci lascia perdere, meglio che di me non ti racconti nulla”
“Accidenti… qualcosa non va?”
“Lascia perdere, davvero, non mi sembra il caso…” erano lacrime quelle che vedeva annacquare il suo sguardo? Quella piccola ragazza davanti a lui gli smosse il cuore, facendogli provare una strana  e piacevole dolcezza…
“Lascia stare ok? Tranquilla” sussurrò accarezzandole il braccio “vediamo, cosa posso fare per risollevarti il morale… che ne dici, vuoi che ti racconti qualche aneddoto di quei quattro svalvolati? Vediamo… ah si! Steven non riusciva mai a dormire senza un cazzo di peluche lercio e puzzolente a forma di orso che chiamava Mister Muffin… un ricordo dell’infanzia felice credo, o qualcosa così… scommetto che nel suo libro non ne parla il furbone! Ah ma io lo so, è cosi sai?! Tutte le notti scassava le palle perché non lo trovava! E noi ovviamente ci divertivamo a nasconderglielo ovunque, e dovevi vedere come sclerava!” Alice scoppiò a ridere. Si sorprese nel vedere quanto fosse bello quel sorriso “Sul serio! Poi non ha fatto una bella fine, povero Mister Muffin… Slash gli ha dato fuco con una canna mentre ci si era addormentato sopra sbronzo marcio… Steven ha sbroccato di brutto, e non ha dormito per due settimane! In compenso pretese che Slash dormisse con lui per sostituire l’amato pupazzo… e… sai una cosa?”
“Cosa?”
“Ogni mattina li beccavamo abbracciati!”
Rise di nuovo “Davvero?!”
“Eccome! Sai quante prese per il culo? Siamo arrivati a chiamare Slash Mister Muffin in memoria dell’orso scomparso… dovrebbero esserci anche delle foto da qualche parte, di quei due che se la dormono insieme… chissà che fine hanno fatto”
“Le voglio vedere!”
“E’ merce che scotta quella piccola!”
“Sai che ridere?!”
“Questo è sicuro! Sono proprio buone queste la… come hai detto che si chiamano?”
“Lasagne”
“Lasagne…” in quel momento suonò il telefono di Izzy “Pronto? Si ciao… bene, domani… bhè forse avresti dovuto venire anche tu… si si certo… ciao” appese sbuffando.
“Era la tua… ragazza?” azzardò lei.
“Qualcosa del genere…”
“Ah…” rispose un po’ delusa. Era una cosa stupida pensare che lui non avesse nessuno in effetti, ma per un attimo ci aveva sperato.
“Non va molto bene, quindi non so… forse non dovrebbe essere più la mia compagna”
Trattenne un moto di gioia dentro di se “Non si sa molto della tua vita privata”
“Perchè non c’è molto da sapere… te l’ho detto sono piuttosto solitario”
“Già”
“Andiamo? Dove mi porti adesso?”
“Facciamo un giro! Ti devo far vedere ancora un sacco di cose!”
Alice corse dentro a pagare prima ancora che Izzy potesse fermarla. Poi lo prese per mano, fremendo a quel contatto che mai avrebbe immaginato di riuscire ad avere, e lo trascinò per tutto il pomeriggio in giro per la città, mostrandogli tutto quello che sapeva, ogni posto che le veniva in mente, specie quelli a cui era più legata.

Stavano passeggiando lungo il corso principale dove si erano incontrati. Ormai era quasi sera e lei si era scordata di tutto con la sua compagnia. Tutto… anche i suoi genitori. Le scappò un’imprecazione quando dal cellulare che squillava ripetutamente lesse il numero di casa “Merda!”
“Che c’è?”
“Niente solo… i miei…”
“Ah… non mi ero accorto che fosse cosi tardi! Rispondi, saranno preoccupati!”
“mmm… preferirei di no…”
“Alice, sono i tuoi genitori…”
“Non ricordarmelo” rispose triste spingendo il tasto di chiusura della chiamata. No, non le avrebbero rovinato quel giorno. Non questa volta.
“Perché non hai risposto?”
“Non ho voglia di parlare con loro, tanto urlerebbero e basta”
“Ne vuoi parlare?”
“No…”
“Ok” meglio così… dopo tutto lui non era tipo da impicciarsi dei fatti altrui, non lo era mai stato. Glie l’aveva chiesto però perché Alice con quel viso triste e i grandi occhi luminosi, gli avevano messo addosso una strana sensazione. Una sensazione piacevole, doveva ammetterlo, e vederla rabbuiarsi in quel modo, lo infastidiva “Sei più carina quando sorridi sai?” e così lei non potè fare a meno di aprirsi in un sorrisone smagliante, tutto per lui “Andiamo, è quasi ora di cena. E visto che hai offerto tu il pranzo, permettimi di averti come mia ospite!”
“Moooolto volentieri!”

Durante la cena parlarono del più e del meno, lei  tenne un vero e proprio dibattito sul suo amore per i Guns e per tutti quei gruppi che vedeva come idoli, e che in qualche modo, la aiutavano a superare le difficoltà di cui la sua vita era costellata. Izzy ascoltava sorridente, gli piaceva starla a sentire, era così entusiasta mentre gli raccontava tutte quelle cose. Poi lui invece le raccontò ancora della sua vita passata e qualche aneddoto divertente sui tempi d’oro dei Guns. Si stava sciogliendo, lui che solitamente faticava a socializzare con la gente, si sentiva con lei perfettamente a suo agio ‘Peccato che potrebbe essere mia figlia…’ pensò per un istante.

Finita la cena uscirono, e piano si incamminarono fino a trovarsi di fronte all’hotel dove Izzy alloggiava “Hotel eh? mmm… me ne devo andare quindi…” constatò lei mogia.
“Non puoi stare fuori anche di notte, i tuoi…”
“Oh che si fottano i miei! Non mi importa! Non mi importa niente! Io sono felice adesso, e domani non lo sarò! Perché dovrei tornare a casa? Per sentire urla e tutto il resto?! No grazie, piuttosto me ne dormo in strada, non mi rovineranno questa giorno! No!” senza nemmeno che se ne accorgesse gli occhi le si erano riempiti di lacrime che ormai scorrevano copiosamente sul suo volto. Tirò su col naso asciugandosi con i palmi delle mani ‘Accidenti!’ non voleva farsi veder da lui in quello stato… voleva sembrargli forte, una donna forte e cresciuta… ma in fondo era solo una ragazza giovane e fragile, con troppi pesi sulle spalle per poter riuscire ad essere sempre forte.
“Hey, che ti prende?” le sussurrò dolcemente sollevandole il viso con la mano “Non piangere…”
“Scusa… è che… mi sento uno schifo…”
Non seppe nemmeno che cosa lo spinse a farlo, ma in un attimo se la ritrovò tra le braccia, stretta al suo petto, mentre sentiva la camicia impregnarsi delle sue lacrime. Le accarezzò i capelli stringendola ancora di più a se “Vieni, andiamo…” aveva detto senza pensare. Si perché dopotutto si stava portando in camera una ragazza, che probabilmente i genitori stavano cercando, e per di più minorenne… che cosa gli stava succedendo? Il vecchio Izzy non avrebbe mai fatto una cosa del genere, lui pensava e ripensava prima di fare una cosa… invece ora aveva agito d’istinto, mosso da un senso di protezione quasi paterno, o forse, da altro.

Ancora stretta a lui salì nell’ascensore e poi lo seguì fino alla porta delle stanza. Ecco… avrebbe voluto stare avvinghiata a quell’uomo che tanto l’aveva fatta sognare, per sempre. Del resto non le importava proprio niente ora che c’era lui.
Entrarono, Izzy la fece sedere sul letto, e le si mise di fronte seduto sulla poltrona “Ora mi dici cosa c’è che non va? Potrei mettermi nei guai per averti fatta salire e per farti rimanere qui…”
“Quindi... posso rimanere?”
“Si… a patto che mi dici cosa non va”
Abbassò lo sguardo. Non l’aveva mai detto a nessuno. Non era facile per lei parlare della sua famiglia, ma che scelta aveva? Andarsene o rimanere li, tirando fuori tutto quello che l’angosciava, ma che le avrebbe permesso di passare la notte con lui. Non aveva pensieri maliziosi in quel momento, lei che scherzando con le amiche aveva sempre pensato a lui come un uomo fantastico anche per quel genere di cose. Ora invece tutto quello che voleva era un abbraccio e sentire il calore del suo corpo a proteggerla. Le parole uscirono da sole, mischiate a momenti di silenzio, e interrotte dai singhiozzi del pianto. Gli raccontò ogni cosa… compresa quella costante voglia di mollare tutto e andarsene che ogni giorno le bussava alla testa… ma andare dove? Non aveva nessuno e non aveva niente.
Non c’era alcuna traccia di rimprovero o pietà nel viso di Izzy, solo una grande dolcezza… e un po’ di tristezza, forse… gli aveva rivangato vecchi ricordi assopiti dal tempo.

Quando finì di parlare era stravolta, un po’ per le troppe emozioni e un  po’ per la stanchezza. Si ritrovò stesa nel letto, il viso affondato sui cuscini, e lui steso al suo fianco, mentre delicatamente le accarezzava il viso e i capelli per tranquillizzarla e farla addormentare. Strano come il motivo che attaccò a cantare era proprio quella che lei considerava la sua ninna nanna… la ascoltava ogni sera, prima di addormentarsi…

Lookin' at the ocean blue
Sittin' thinking' here of you
Cast in light down from the moon
Sweet caress the ocean blue
Just a stolen moment through
Coldest night the fullest moon
I can tell you why it happened
Somethings been pullin' me to you
No apologies have been requested
Far beneath a yellow moon
Feeling out the ocean blue
Felt you coming through and new
Kind of frozen dream of you
Lookin' on the ocean blue
Sail away and think of you
Sweet caress the ocean blue
And I know it's not the last time
Somethings been pullin me to you
Tried ta hold it back a long time
Far beneath the silver moon
I have seen a million faces
Somethings been pullin' me to you
Like an ocean pulin' me in
Sweet caress the ocean blue
Sweet caress the ocean blue
Sweet caress the ocean blue


Aprì piano gli occhi infastidita dalla luce che filtrava dalle finestre e le arrivava dritta sul viso. Mugugnò qualcosa prima di voltarsi dall’altra parte nascondendo il viso sotto le lenzuola “Non ho voglia di alzarmi mamma...” biascicò.
Ma quando mise a fuoco le lenzuola in cui era avvolta, si rese conto di non essere nella sua stanza. Poi improvvisamente tutto le tornò alla mente... Izzy… allora… non se lo era sognato! Balzò a sedere, guardandosi in giro. Era in quella che sembrava una stanza d’albergo, quella dove si era addormentata con lui la sera prima “Izzy!” chiamò. Ma nessuno rispose. La stanza sembrava vuota, la valigia e le cose che aveva visto sparse in giro non c’erano più… se ne era andato, era partito, lasciandola, li. Si tirò le ginocchia al petto triste. D’altra parte cosa si doveva aspettare? Non poteva certo pretendere che la svegliasse con un bacio giurandole amore eterno e portandola con sé via da tutto e da tutti. Anche se in parte ci aveva sperato. Ma in fondo aveva passato un giorno intero con lui, doveva esserne felice! A quante persone era concesso un privilegio del genere? Solo… avrebbe voluto almeno salutarlo…
Si stiracchio pigramente, per poi alzarsi, rimettersi scarpe, giubbotto e zaino, e uscire. Aveva spento il telefono, sicuramente l’avevano tempestata di chiamate, ed ora le saliva l’angoscia in gola al solo pensiero di rientrare a casa. Non avevano certamente preso bene la sua bravata… e dopo tutto, sua madre sarà stata davvero in pena per lei. Inspirò profondamente facendosi coraggio e incamminandosi verso casa. Non riuscì a trattenere di nuovo le lacrime… era stato bello finché era durato. Ma perché non poteva anche lei essere felice? Perché l’unico vero giorno felice che aveva avuto da tanto, troppo tempo, era finito cosi presto lasciandole quella spiacevole sensazione di vuoto? Non era giusto… per niente.
Infilò le mani in tasca per cercare un fazzoletto con cui soffiarsi il naso che le colava, quando le sue mani incontrarono qualcosa… tirò fuori il foglio piegato che ignorava di avere e lo aprì… era un post it, poche parole scritte in una calligrafia semplice e chiara, la sua calligrafia… “when you decide to fly away, call me…” e un numero di telefono. Alzò il foglietto fissando incredula il biglietto a cui era attaccato… LOS ANGELES… sola andata.


   
 
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