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Autore: Electra_Gaunt    16/06/2011    3 recensioni
Erano assolutamente ciechi.
Così serrarono gli sguardi spaventati, ed ascoltarono semplicemente il rumore dell’acqua, il calore del sole sulla pelle ed il rombo impetuoso del vento. Non esisteva nient’altro, nessuna sfumatura di rosso o di nero, data dal tramonto, nessuna parola pronunciata a mezza voce dal Capitano.
Niente, assolutamente niente. E videro davvero, dopo tempo immemore.
TERZA CLASSIFICATA AL CONTEST "The Contest of Art" indetto da Valery_23
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.: Ira Divina :.


Non si vede che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine de Saint-Exupèry- Il Piccolo Principe



 

L’occhio si perdeva a contemplare la devastante realtà.
Lo sguardo rimaneva allibito, stupito e sconvolto, dalla terribile verità cui era costretto ad assistere. L’Uomo attendeva incredulo sulla prua dell’imbarcazione, quasi speranzoso di star sognando. Perciò pazientava ancora, convinto che quella furia fosse causata dalla sua mente, eccessivamente preda dell’immaginazione.
Ma l’acqua s’alzava con troppa prepotenza, distruggeva le altre barche con rabbia. Non provava pietà. Appariva come la dominatrice di tutto, imponeva la sua volontà senza prestar ascolto agli uomini che, in quel preciso momento, si disperavano e si gettavano tra le onde del mare impetuoso, riponendovi una fiducia sin troppo spassionata.
Cercavano, forse, una via di fuga?
La notte non era ancora scesa e il sole accennava ad un addio lieve, colpevole. Il buio non era consolatorio ma pressoché abbacinante: illuminava d’una strana atmosfera le zone d’ombra e, nonostante non portasse alcun conforto, era una prova tangibile che rendeva più veritiera la situazione.
Non c’era scampo.
Gli uomini della ciurma si ritrovarono impotenti ad osservare la loro fine, con solenne coraggio, mentre dentro i loro petti, nelle profondità delle loro menti, ascoltavano remissivi le campane dell’Inferno (o erano quelle del Paradiso? ).
Le gioie e i dolori s’unirono in un’unica melodia, perfetta ed armoniosa come poche, che riusciva a riflettere nelle menti di ognuno, la vita vissuta e quella persa per sempre.
Il tempo trascorreva continuo, con la frenesia del quale era caratterizzato.
Sembrava vivo, con il suo respiro regolare simile a soffi di vento, ed il tremore del cuore, così uguale alla luce del tramonto.
Pulsava instancabilmente, facendo giungere il chiarore del sole morente, persino nelle periferie più lontane di quell’anfratto di mondo.
La terra, l’acqua ed il cielo s’impersonavano in figure astratte dai tratti indistinti ma spaventosamente familiari, uguali e perfettamente differenti al contempo. Si univano in certi attimi e si suddividevano in altri. Sussurravano nelle orecchie di coloro che non potevano ascoltare e li punivano dei loro peccati.
Rei d’aver intrapreso un viaggio proibito all’Essere Umano, svergognando il Credo. La Fede.
Non avrebbero dovuto porsi quella meta poiché i Confini del Mondo erano troppo distanti da raggiungere e troppo lodati dalle creature celesti, quasi inviolabili.
Ma quegli sventurati non potevano comprendere appieno il senso, il significato di quel blasfemo gesto, giacché non era dato loro di sapere. La Conoscenza era un dono Divino assai raro e prezioso, per questo non tutti ne erano provvisti a sufficienza.
Cercavano di arrancare in quel mare asfissiante, ingombrante e potente come mai si era presentato ai loro occhi. Molto raramente si fermavano a riflettere sulla condizione in cui la ciurma intera verteva, così sicuri di dominare l’elemento sui cui galleggiavano, carichi delle convinzioni errate della mente. Preda di strani sentimentalismi del cuore, destabilizzanti e sciocchi. Ma ora che potevano scorgere la realtà, oltre quella miriade di chiaroscuri che s’univano in un meraviglioso arcobaleno, la sfacciataggine fuggiva via dalle loro Essenze, trovando rifugio nel Nulla.
Avevano errato quasi per tutta la vita, commettendo errori su errori, abbandonando famiglie intere solo per poter esistere su quegli oceani. L’acqua, nonostante non si esprimesse verbalmente, sapeva manifestarsi in modi molto più convincenti.
La devastazione che, proprio in quel momento stava compiendo, ne era una dimostrazione, una delle tante. Negli abissi celava una forza immensa, tratteneva la rabbia e la faceva crescere, evolvere quasi, costringendola a rimanere rinchiusa nella sabbia, nelle rocce poste sul fondale, sino al momento giusto. Ed era in quei frangenti che tutto, attorno all’Uomo, si tingeva di rosso.
Perché, in fondo, la morte non poteva avere altri colori se non quello.
Come in un meraviglioso incubo da cui si cerca di riemergere, loro annaspavano verso la superficie, incapaci di raggiungerla ed altrettanto inadatti da comprendere che, probabilmente, non ci sarebbero mai arrivati. L’istinto di sopravvivenza li privava dell’oggettività delle loro azioni, contaminandoli dall’interno.
Morbo incurabile fatto di veleno ed ego.
La vista diveniva qualcosa di superfluo, inutile e completamente inadatta alla situazione. Era uno dei cinque sensi più rilevante e superficiale di cui l’uomo era dotato. Era limitato.
Gli occhi di tutta la ciurma erano rivolti al mare che, spesso, era stato l’unico confidente disponibile, nei momenti di sconforto più totale. Ma non riuscivano a scorgere distintamente la Natura.
Erano assolutamente ciechi.
Così serrarono gli sguardi spaventati, ed ascoltarono semplicemente il rumore dell’acqua, il calore del sole sulla pelle ed il rombo impetuoso del vento. Non esisteva nient’altro, nessuna sfumatura di rosso o di nero, data dal tramonto, nessuna parola pronunciata a mezza voce dal Capitano.
Niente, assolutamente niente. E videro davvero, dopo tempo immemore.
Non serviva la vista per scorgere lontano.













Note dell'autrice:

 

Questa storia ha partecipato al "The Contest of Art" indetto da Valery_23, classificandosi terza a pari merito e vincendo il "Premio Pennello". L'obiettivo era quello di interpretare un'opera d'arte attravaerso, apputo, la scrittura. Il dipinto che io ho scelto è di William Turner - La nave negriera. Lascio il link se volete vederla: http://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/turner/joseph_turner_006_la_nave_negriera_1840.jpg
 

                                                                                         

 

  
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