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Autore: SeptemberRain    16/06/2011    4 recensioni
Cronaca delle vicissitudini che portarono al non-matrimonio di David Jude Heyworth Law, erede al trono d'Inghilterra.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II

Robert sorrise lentamente e diede le spalle al nobile uomo che teneva la testa bassa, le dita delle mani intrecciate tra loro e i pensieri ancorati a un tempo che non gli apparteneva più.

«Costringete vostra moglie a fare frequenti visite al palazzo» consigliò il servo, strascicando le scarpe di cuoio lungo il pavimento e descrivendo un percorso senza senso.

«Questo è assicurato» esclamò l'altro balzando in piedi e assumendo un'aria più serena di quanto in realtà non fosse «Sono pur sempre un principe» e fece una giravolta ridendo, sotto lo sguardo lontano del povero.

«Certo che lo siete» sorrise, e solo allora Jude prese cognizione di quanto tempo era passato dall'ultima volta che lo aveva visto sorridere così, di soppiatto, nella sua camera.

Si avvicinò a lui e gli afferrò i polsi con impeto, come faceva spesso quando alla sua mente balzavano idee geniali e generalmente prive di fondamento «Voi sarete con me alla cerimonia» sussurrò, e i suoi occhi balenarono di una luce caleidoscopica.

Robert rise e si chiese perché. Perché era egli stesso colui a cui toccava stare coi piedi per terra e riportare i discorsi a una valenza reale. Chi aveva stabilito i loro ruoli? Gli piaceva pensare che fosse la sua natura povera e materialistica a prevalere sul suo carattere, contrapposta all'aria sognatrice del suo compagno, perso in elucubrazioni intellettualistiche e irrazionali per la maggior parte del tempo sospeso in cui viveva, senza doveri e rinunce. Ma in fondo sapeva che erano stati loro a stabilire i loro ruoli, inconsciamente, quando le loro vite necessitavano di punti fermi  e loro erano soli in mezzo al nulla, tra il lusso estremo e vuoto e la povertà che spogliava di tutto.

«Be', certo» assicurò con voce calma, assaporando quegli attimi in cui lo sentiva tanto vicino da poterne odorare il profumo di sali da bagno.

«Ma non dietro le quinte» il nobile lo lasciò libero dalla morsa e sorrise «Con me»

Se il servo non avesse saputo con chi stava avendo a che fare, avrebbe riso di gusto e avrebbe liquidato la discussione con un gesto noncurante. Ma poiché egli conosceva i suoi polli, e conosceva bene quel pollo in particolare, non rise affatto e assunse un'espressione seria «Oh, vi prego, non è il momento di -»

«Dovranno almeno concedermi di invitare chi voglio» borbotto Jude, assumendo un'aria altezzosa.

«Non credo proprio»

«Voi non credete mai a nulla» ribatté l'altro distogliendo lo sguardo.

«E voi non credete mai a me»

«Soltanto perché voi non credete a me»

«Solo perché io non credo a nulla, lo avete detto voi»

«Siete sempre stato così insopportabilmente astuto?» Jude sorrise e quel sorriso sembrò illuminare la camera per qualche secondo, prima che ombre di varia natura racchiudessero nuovamente il suo sguardo.

«Lo prenderò come un complimento» Era di nuovo ricomparso il suo tipico sorriso, a metà tra lo scherno e l'ironia meno celata. Non si sarebbe mai sognato di rivolgersi in quel modo a qualcun altro, e Jude lo sapeva benissimo. E ne era fiero. Era fiero di essere l'unico uomo all'interno di quelle mura che conoscesse la vera natura del rude e schivo servo.

«Con chi parlerò in futuro?» chiese, il tono semiserio e le dita intrecciate tra loro.

«Con vostra moglie» fu la risposta banale e dal sapore vagamente sarcastico che riuscì a fornire l'altro.

Jude storse il naso «Una donna» dichiarò «Non si può parlare con le donne»

«Su questo sono d'accordo» affermò Robert. Ricordava le rare discussioni con la sorella, che per lo più si basavano su scambi di battute poco piacevoli.

Intanto i loro corpi si erano inconsciamente mossi in modo incontrollato, e le loro figure erano oramai ferme accanto alla finestra da cui trapelava un'aria fresca, tipica della Londra primaverile.

«Resta il fatto che durante la cerimonia vi vedrò per la prima volta ballare con una donna» esultò il Principe, già perso nell'emozione di progetti di cui aveva decretato la riuscita a priori.

Il servo lo fissò come si fissano gli ubriachi, con un misto di compassione e aberrazione «Voi siete assolutamente privo di senno se anche solo immaginate di …»

«Avete già deciso chi portare?» lo interruppe, probabilmente nemmeno sentiva le obiezioni dell'altro, preso com'era dalle fantasticherie «Non posso mica invitare tutta la servitù, a mio padre potrebbe prendere un colpo»

«Credo che vostro padre sarà contrariato in ogni caso» Robert parlò alla svelta, cercando di non permettere all'altro di interromperlo ancora «E comunque non ho nessuna intenzione di partecipare al ballo, e non potete costringermi»

«Sì che posso»

«No, non potete»

«Su, ché morite dalla voglia» lo istigò il giovane Principe, con un sorriso sornione.

Robert aprì le braccia in un gesto di amara consapevolezza della propria impotenza di fronte alla pazzia dilagante del giovane «Ma chi ve le ha messe queste idee in testa?»

«Certamente non voi» affermò l'altro con aria ottusa.

«Certamente!»

«Qual è il problema?» chiese il Principe con aria giovale «La francesina porterà uno stuolo di dame, potrete scegliere una di loro»

Robert guardò la finestra e sorrise sarcastico «Tutto questo non può essere reale» dichiarò alla luna «E poi, non era belga?» domandò cercando di sviare la discussione.

«Fa lo stesso» assentì l'altro «E non cercate di cambiare argomento»

«Non parlo il francese, non capirò nulla di quello che diranno» tentò il servo, titubante.

«A dire il vero, spero anch'io che sappiano parlare l'inglese» Jude guardò in alto, subito imitato dall'altro. Non c'era un bel niente da vedere, e Robert tornò a guardare innanzi a sé. Stava iniziando a preoccuparsi per la salute del suo padrone. Le troppe preoccupazioni gli avevano forse dato alla testa.

«Tutto ciò rasenta la pazzia» dichiarò, infatti, qualche secondo dopo.

Jude lo guardò, raggiante «Ho capito!» esclamò rischiando di farsi udire da mezzo palazzo.

Il servo si spaventò «Cosa?» domandò timoroso.

«Non sapete farlo!»

Robert portò le mani al viso «Spiegatevi in una lingua corrente, per favore» supplicò stancamente.

«Oh, ma non dovete preoccuparvi, è normale! D'altronde, non avete mai fatto nulla di simile in vita vostra» continuò l'altro, sempre più raggiante.

Robert continuava a non capire nulla, e qualcosa trapelò dalla sua espressione, poiché il Principe si decise finalmente a esprimersi in maniera meno –come dire– oscura.

«Suvvia, ballare è forse la cosa più semplice del mondo» sorrise felice come una Pasqua.

Robert rise, e si arrese.

«Io penso che vi serva una bella dormita»

Ma l'altro era serissimo mentre si avvicinava e afferrava la sua mano destra.

«Che cosa state facendo?» la sua voce sembrò esprimere la rassegnazione dei condannati alla forca, quando con un sospiro quasi annoiato il giovane dispose il braccio intorno al collo del servo.

«Jude» esclamò Robert, con una grande voglia di urlare soffocata dall'ultimo residuo di istinto di sopravvivenza ancora presente in lui «Toglietemi le mani di dosso!»

Per tutta risposta il Principe sbuffò e prese il braccio dell'altro portandoselo al fianco «Volete smetterla di comportarvi come una donna?» chiese con aria esasperata «Sto cercando di ricordare la melodia!»

«Donna? Io?» si guardò intorno «Mi state … »

«Insegnando a ballare, se solo vi steste zitto e mi permetteste di ricordare la musica»

«Jude, se qualcuno …»

Jude rise e lo guardò negli occhi. Forse fu quello il secondo in cui Robert realizzò veramente di tenere il suo Principe tra le braccia.

«Robert, abbiamo fatto cose più imbarazzanti»

Il servo sentì ancora quel dolore strano allo stomaco «Ma eravamo piccoli … e poi cosa c'entra? Voglio dire, voi avevate tredici anni e …» sussurrò.

L'altro si distanziò leggermente e fissò ancora di più lo sguardo sul servo «E?» aveva gli occhi un po' lucidi e le guance arrossate.

«E …» zero, nisba, bianco, vuoto totale. Dimenticò in un istante tutto quello che stava per dire –anzi, dimenticò proprio tutto. Qualcosa si era spento, all'altezza del suo cervello. Riusciva solo a percepire il viso del nobile che lo guardava, a pochi centimetri dal suo naso. 

In un paio di secondi, il volto del Principe s'illuminò «No, silenzio! Ho ricordato» mormorò con fare ispirato, prima di disporsi meglio tra le braccia dell'altro.

Robert scuoteva la testa «Jude, vi prego …»

Ma l'altro non vi badò, e iniziò a canticchiare dei tatà a ritmo di valzer.

Dopo un paio di tatà appena sussurrati, Jude annuì, chissà a cosa, rizzò la schiena e sorrise «Pronto?»

Robert scosse la testa «Se dicessi di no, mi lascereste in pace?»

«No» sorrisetto. Sadico, abbastanza sadico.

«Allora sì» sbottò.

Si lasciò trascinare.

Non sapeva nemmeno come diamine si era fatto convincere.

Si muoveva goffamente e a ogni passo sentiva sempre più il desiderio di sprofondare sotto il pavimento della camera.

«Robert» lo chiamò il Principe. Il suo viso era quasi più luminoso del solito. I suoi occhi emanavano bagliori mitici, fantastici, leggendari. E Robert era quasi abbandonato tra le sue braccia, e non sapeva che l'altro stava soltanto pensando a quel tocco che somigliava tanto a un abbraccio.

«Sì?»

«Non guardate in basso, guardate me» gli ordinò.

«La mia dama dovrà essere più bassa di me» ribatté il servo, incapace di alzare il viso.

«Allora faticheremo a trovarne una» rise l'altro.

E il suono della sua risata infranse quel ritmo soave che guidava i loro passi, e in cui Robert avrebbe volentieri voluto annegare, pur di non cedere alla tentazione di stringere il Principe così forte da soffocarlo, e vederlo vivo per un'ultima volta tra le proprie braccia pur di non lasciarlo andare via, pur di non permettergli di abbandonarlo.

Si accorse di ciò a cui stava pensando solo quando il suo cuore si era infranto contro le costole con violenza inaudita e il gelo si era impadronito delle sue membra, ghiacciate come il suo cervello che sembrava stretto in una morsa infernale, omicida.

«Jude …» sussurrò con voce tremante. Lasciami. Lasciami, o impazzirò.

L'altro abbassò il viso e si impose alla vista del servo.

«Visto?» cinguettò «È … semplice»

Robert cercò di sfuggire a quell'uomo, ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi. Cercò di riprendersi almeno la propria identità mentale «È come camminare da idioti» sussurrò, ma il suo timbro non aveva nulla d'ironico.

«No. È …» il Principe sapeva che c'era qualcosa in sospeso, da anni, tra loro. Cercava di decifrare ciò che qualcosa gli sussurrava nella mente, ma non capiva. Provava quel senso di irrequietezza che si percepisce quando si sta per intraprendere un lungo viaggio, e pochi minuti prima della partenza, si insinua nella mente il dubbio di aver dimenticato qualcosa. Si sentiva vuoto. Si sentiva mancante di qualcosa.

«… È seguirsi a vicenda» disse a voce bassa, come confidando un segreto.

Ci fu solo un brevissimo sguardo rubato alla notte, prima che Robert indietreggiasse a occhi bassi, maledicendosi, e si privasse del calore dell'altro nascondendosi nel buio freddo.

 

**



Note: Buonasera e benvenuti al festival della pazzia. Pazzia di Jude (in senso buono, almeno credo. Volevo un personaggio poco prevedibile, ma probabilmente è uscito fuori qualcosa di orribile), pazzia di Robert perché asseconda la pazzia di Jude e pazzia mia per aver ideato questa cosa. Io l'ho detto sin dall'inizio che questa storia sarebbe stata idiota, peggio per voi che non mi avete creduta v.v Non so se sono riuscita a trasmettere un po' di fiabescicità (parola appena coniata, tutti i diritti riservati u_u), ma spero di avervi riempito un po' il cuoricino di speranza... <3<3 Speranza di che? Che ne so u.u  Ho sonno, (alle 3 del pomeriggio, sì) ho fame, ho caldo, e non ho niente da dire, quindi vi saluto sperando di non avervi annoiato/orripilato/provocato istinti suicidi. 
E prima di dileguarmi, voglio solo ringraziarvi ancora, tutti quanti. GRAZIE per il vostro sostegno.  
Vi adoro
♥ Pace e amore a todos

   
 
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