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Autore: Sephora    16/06/2011    21 recensioni
Pansy odiava il silenzio, quel silenzio che sembrava consumare ciò che rimaneva di Draco.
Prima classificata al "25 ore Contest"
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Prima classificata al “25 ore Contest – Per chi ama la velocità” indetto nel forum di Efp.

Seconda classificata al “La mia perla edita” indetto da Pad del forum di Efp.

Prima classificata al “Because we love Het! Flash Contest” indetto da GiulsGryffindor su Efp.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SETTE PASSI

 

 

 

 

 

 

Entrerò nei tuoi pensieri di una notte che non dormi,

e sentirai freddo dentro.

 

 

 

Allacciò frettolosamente i bottoni della camicia, imprecando a denti stretti. Si fermò davanti alla porta, la mano sulla maniglia, gli occhi grigi posati sulla figura rannicchiata sotto al lenzuolo madido, con le mani serrate a pugno vicino al viso, e le gambe nude che sporgevano da quell'ammasso informe di coperte e cuscini; il bianco del letto era sporcato dalle macchie rosse, quelle macchie che lui fingeva di non vedere, così come aveva finto di non udire i suoi lamenti soffocati.

Lei voleva sentirsi grande, e lui l'aveva assecondata: ora Pansy sapeva che i grandi soffrono in silenzio.

C'era una parte di Draco, nascosta anche a lui stesso – ma non a Pansy –, che avrebbe voluto più di ogni altra cosa sdraiarsi accanto a lei, ed aspettare la luce acerba dell'alba lì, in quel letto, insieme a quella ragazza. Ma non l'ascoltò.

Se ne andò via, con le scarpe in mano per non far rumore, lasciandola sola.

Prima di scappare – sei codardo, Malfoy -, però, le allacciò al polso il suo bouquet, ed il profumo delle viole pervase la stanza.

 

 

Quello fu il primo passo verso Pansy.

 

 

 

Ti vedo camminare, è come per magia.

Non sarai pensieri, non sarai realtà.

 

 

 

Blaise lo squadrava. A tratti dischiudeva le labbra, come se volesse finalmente dire qualcosa, poi però le serrava, e ritornava a scuotere la testa, incredulo.

«E perché non dovrei uscire con Pansy?» disse, trattenendosi a stento dal ridere.

Draco prese un respiro. Già, perché non poteva uscire con Pansy?

«Pansy non è più libera, quindi preferirei che nessuno le chiedesse di uscire» scandì con estrema lentezza. Non era mai stato uno da colpi di testa: le risse nei corridoi le lasciava a Theodore e Marcus.

«E se io preferissi chiederle di uscire lo stesso?»

Draco deglutì. Dal canto suo, Blaise era famoso per il suo destro – e lo poteva testimoniare l'occhio destro di Finnigan. Però lo disse lo stesso, senza sapere bene perché: non riusciva a scendere a patti quando si trattava di Pansy.

«Ti direbbe di no».

Si morse la lingua. Avrebbe potuto uscirsene con un “te la dovrai vedere con me”, ma quella frase gli parve una conclusione della conversazione più incisiva e, sopratutto, meno arrogante – ci teneva alla faccia, Draco.

 

 

Quello fu il secondo passo verso Pansy.

 

 

 

Era bello guardarti, e tenerti per mano.

O anche solo immaginarti da lontano.

 

 

 

L'acqua lavava la terra dal sangue, e l'odore della pioggia sembrava restituire una parvenza di normalità agli studenti di Hogwarts. Ma niente sarebbe ritornato come prima, niente: la Guerra aveva cambiato tutti.

Pansy scostò appena il cappuccio del mantello fradicio, ed allungò le mani, proseguendo a tentoni per risalire la scarpata che la separava da lui. Le prime volte si era graffiata coi rovi, ma aveva continuato ad arrampicarsi, perché per ogni ferita che si procurava, per ogni notte passata insonne, arrivava sempre più vicina a capire cosa lui provasse.

Si sedette al suo fianco, aggrappandosi con forza al suo braccio, cercando di riscaldarlo col calore del proprio corpo.

«Draco, vieni con me, per favore. Rientriamo» mormorò in un soffio, scuotendolo appena.

Lui abbassò lo sguardo, incontrando gli occhi scuri di Pansy, che lo pregavano screziati da una perseveranza che nemmeno lui era riuscito a sgretolare. «No, io... Voglio rimanere qui un altro po', Pansy» sospirò.

Solo quando sentì la propria voce spezzata da singulti, si rese conto di star tremando, e si accasciò contro l'unica che era rimasta, affondando il capo sul suo petto, stremato. «Solo un altro po', Pansy. Solo un altro po'». Le lacrime rigarono l'incarnato pallido del ragazzo, e scivolarono sulla pelle di lei, brucianti come carboni ardenti. «Solo un altro po' e ne uscirò, te lo prometto».

 

Draco allungò la mano verso quella di Pansy, e la strinse, accarezzando il dorso col pollice.

 

 

Quello fu il terzo passo verso Pansy.

 

 

 

Ti guardo per l'ultima volta mentre vado via,

Ti ascolto respirare.

Non porterò nessuna traccia dentro me,

niente che dovrò rimuovere.

 

 

 

Pansy amava il rumore. Era violento, brutale. Il rumore la percuoteva, la infastidiva, ma la faceva sentire viva. Un tempo, Draco era stato il rumore.

Draco poggiò la testa sulle mani, sorrette dai gomiti appoggiati sulle ginocchia. Pansy non osò incontrare i suoi occhi, per la paura di trovarli vuoti. È solo un incubo, presto ti sveglierai. Solo un altro po', Pansy. Solo un altro po'.

«Posso rimanere qui?»

Lui aveva pronunciato quelle parole senza rendersene nemmeno conto, prima che potesse fermarsi. E lei l'aveva guidato sul letto – Solo un altro po', aiutalo solo un altro po' –, e gli si era stesa accanto, pronta ad asciugare le sue lacrime.

«Io ci sono, io ci sono, Draco» continuò a ripetergli all'orecchio, fino a che lui non si addormentò.

Pansy odiava il silenzio, quel silenzio che sembrava consumare ciò che rimaneva di Draco.

 

 

Quello fu il quarto passo verso Pansy.

 

 

 

Entrerò dentro ad un sogno quando è già mattino,

e per quel giorno tu mi porterai con te.

 

 

 

Gli spicchi di cielo stellato che riusciva ad intravedere dalle fessure nelle assi illuminavano il suo viso. Al buio, Pansy poteva chiudere gli occhi, e sperare che lui non parlasse con la voce flebile che usava in quegli ultimi maledetti mesi, illudendosi di avere a che fare col suo Draco.

«Parkinson?»

Oh, sì, era quella la voce che la faceva impazzire. Da quant'era che non la chiamava così?

«Uhm?»

Draco si puntellò sui gomiti e si passò una mano tra i capelli. «Niente, niente.»

Alla luce della luna, Pansy scorse un sorriso ostentato che solcava a fatica le sue labbra.

Fu il sorriso più bello che vide in tutta la sua vita.

 

Quello fu il quinto passo verso Pansy.

 

 

 

Se hai sbagliato è uguale, anche se adesso fa male.

Se hai amato era amore, e non è mai un errore.

 

 

 

«Io ti ho dato la mia anima, Draco. Astoria che ti ha dato? I soldi?» singhiozzò, ed ogni sua lacrima fu un pugnale. Pansy si accasciò a terra, prese il lembo della sua camicia tra le mani, strattonandolo fino a che lui non fu costretto a piegarsi. «Perché?» sussurrò, a un soffio dalle sue labbra. «Io ti ho raccolto da terra quando nessun altro l'avrebbe mai fatto, io ho rimesso insieme quel che rimaneva di te!»

Non aveva mai visto Pansy arrabbiata.

Continuava a ripensare a quanto fosse stato crudele a continuare a stare con lei quando il suo matrimonio con Astoria era ormai inevitabile, una scure pronta a calare sul suo collo. E anche su quello di Pansy, a detta di suo padre.

«Vattene, Pan». Le arpionò le spalle e l'allontanò. «Vattene via».

Finché sei in tempo.

 

 

Quello fu il sesto passo verso Pansy.

 

 

 

Era bello sentirti, rimanerti vicino.

Anche solo per lo spazio di un mattino.

 

 

 

«Sai che fiori aveva Astoria Greengrass nel bouquet?»

Pansy serrò i pugni, e si costrinse a sorridere. «Non mi interesso a questo genere di pettegolezzi, Theo.»

Detestava suo marito. Era troppo rumoroso.

«Viole».

 

Quello fu il settimo, e ultimo, passo verso Pansy.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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