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Autore: OhMiracle    16/06/2011    3 recensioni
Questa è la storia di Charlie Gray. Una ragazza di 16 anni comune. Come al solito con le mie fanfic, sarà anche per me una sorpresa vedere come andrà a finire... Speriamo bene xD Buona lettura :D
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – La sbronza.
 
La strana sensazione di calma che si sentiva addosso era abbastanza strana. O almeno così sembrava.
Sentiva uno strano prurito sulla testa, come se una piuma le stesse sfiorando la cute. Alzò la mano per afferrare, o almeno decifrare, l’oggetto che le stava dando tanto fastidio.
Quel qualcosa non riuscì a sfuggire alla presa di Charlie, che improvvisamente sussultò.
“Che accidenti è?” urlò sperando in una spiegazione più che plausibile.
L’unica cosa che gli arrivò in risposta fu una risata stranamente familiare. Peccato che Charlie si ricordasse a mala pena dove fosse.
Si guardò intorno e la sua ultima domanda trovò presto una soluzione. Era a casa sua.
In quel momento riuscì finalmente a collegare la risata ad, evidentemente, qualche parente.
“CALVIN!” strillò impaziente.
Calvin era il secondogenito dei coniugi Grey. Una vera peste, a detta di Charlie.
“Vieni subito qui mostriciattolo!” continuò Charlie alzandosi dalla sedia sulla quale era stata comodamente seduta per chissà quanto tempo.
Si era addormentata nel primo posto che le era apparso abbastanza comodo per passarci la notte e, perché no, anche metà del pomeriggio.
“Abbassa la voce, signorina” si intromise la Signora Grey. Una donna di mezza età dai capelli castani (ovviamente tinti) con delle costanti borse sotto gli occhi. Fatto comprensibile data la vita che conduceva.
Alzarsi presto la mattina per lasciare i figli a scuola (ormai solo il piccolo Calvin, di soli 8 anni, ne aveva bisogno), fare la spesa dall’altro lato della città, andare dal parrucchiere (tintura-time), andare a prendere Calvin a scuola, preparare il pranzo, pulire la casa, guardare “Beautiful”, controllare che i figli (si, entrambi) facessero i compiti, preparare la cena, pulire la cucina e finalmente dedicarsi al marito e dormire. La solita routine, insomma.
“Che hai da urlare, si può sapere?” chiese la madre sbattendo il piede sul pavimento nervosamente.
“Calvin mi ha svegliata in malo modo” spiegò in fretta Charlie, nonostante il volto della madre la fissasse impassibile.
“E qual è il problema? Sono le cinque del pomeriggio, Charlie” la guardò stizzita la madre, con un’espressione sul volto che sembrava volerle dire: “Sei forse impazzita?”.
“Ma mamm-…” stava per replicare Charlie ma improvvisamente portò il polso sinistro all’altezza del naso e fissò stranita l’orologio che segnava le 17,12. Il suo viso prese un colorito leggermente pallido e lei continuò a fissare imperterrita l’ora, come se sperasse di cambiarla guardandola ininterrottamente.
“Ti senti bene?” lo schiocco delle dita di sua madre davanti al suo naso riportarono Charlie alla realtà.
“S-si, certo. Tutto apposto” rispose fissando un punto imprecisato del muro dietro le spalle della madre.
“Sei diventata pallida tutt’un tratto, che succede?”
E quella frase bastò per riportarle alla memoria la serata passata il giorno prima. Spostò bruscamente di lato la madre e si fiondò in bagno. Chi non odia gli attacchi di vomito improvvisi?
E purtroppo quello non sembrava voler durare poco. Si accasciò al pavimento del bagno ricoperto di piastrelle celesti ed aprì il water.
Intanto il suo cervello sembrava sfogliare i momenti della serata trascorsa, come delle foto in un rullino appena riempito.
“Maledizione…” fu l’unica cosa che riuscì a dire, prima di essere colpita da un altro attacco improvviso. Fortunatamente non si era spostata di un millimetro, ma non ne avrebbe avuto la forza.
Una festa. Una festa di diciotto anni, più precisamente. O, ancora meglio, la festa di Jenna Filingard.
Jenna era una delle migliori amiche di Charlie e tutti si sono sempre chiesti come mai.
Charlie era una ragazza sistemata, abbastanza riservata e semplice.
Jenna era snob, ricca quindi spendacciona, bionda da fare paura e snob. Anche se lo avevo già detto.
Eppure erano migliori amiche ed era, per loro, la cosa più bella del mondo. Ma in realtà loro erano il perfetto trio, insieme a Karla.
Charlie, Jenna e Karla. Tre ragazze completamente diverse tra loro, l’unica passione in comune era il gossip. Ed era così che passavano intere giornate insieme. A spettegolare.
Alla festa di Jenna c’erano una marea d’invitati, ovviamente. Alcolici e fumo a mai finire.
A Charlie, che stava ancora abbracciando affettuosamente il water, si accese la lampadina in testa.
L’avevano fatta ubriacare. E molto bene, a quanto sembrava.
Un altro conato di vomito la raggiunse un istante dopo quando realizzò una cosa terribile, per lei almeno.
“Merda!” riuscì a trattenere un urlo, a casa non aveva mai detto parolacce o roba del genere.
L’unica cosa che le balenava in testa era l’immagine di lei che barcollava davanti agli occhi sbalorditi di LUI. Non sapeva nemmeno se questo pensiero se lo fosse appena inventato, ma era orribile.
Lui non poteva averla vista così. Non Michael.
Michael Donners, figlio del rinomato plurimiliardario Jeff Donners, medico chirurgo di fama mondiale, era il primo amore di Charlie.
Un ragazzo dai capelli di un castano scuro ammaliante (a detta di Charlie che il quel momento aveva gli occhi a forma di due cuoricini), gli occhi altrettanto scuri ed altrettanto ammalianti ed un sorrido da finlandese. Inoltre Michael aveva sempre fatto palestra e le sue magliette attillatissime non lasciavano spazio all’immaginazione. Ma nonostante sembrasse il solito ragazzo bello e proibito, Michael era un ragazzo simpatico ed affabile, nonostante alcune sue scomode compagnie.
“Ma porc-“ Charlie si fermò in tempo non appena sentì bussare bruscamente alla porta.
“Che c’è?” chiese sgarbatamente. Chiunque fosse, quello non era il momento migliore per evitarle di esprimere il suo affetto al water “E’ occupato ora!” concluse, sperando di levarsi di mezzo l’intruso.
“Mi scappa!” gridò Calvin che evidentemente si era messo a saltellare per l’urgenza dato che, dal basso della porta, si notava un’ombra che si muoveva troppo in fretta. A forza di fissarla a Charlie venne un altro attacco fastidioso.
“Che stai combinando lì dentrò? Fammi entrare!”urlò sempre più forte il fratellino.
Charlie continuò a non rispondere vista la sua situazione. Ma le conseguenze non arrivarono tardi.
“MAMMA!!!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo il piccolo Calvin.
“Piccola peste” sussurrò Charlie, con quell’ultimo briciolo di voce che le era rimasta. Fu molto brava a frenare gli istinti omicidi che aveva verso il fratello, portati dalle urla di questo. Lo sanno tutti che, dopo una sbronza, il mal di testa si fa sentire. E forte! Ma il piccolo Calvin evidentemente non ne era a conoscenza.
Dei passi pesanti e veloci si avvicinarono alla porta del bagno ben sigillata, nel quale si trovava Charlie.
“Che succede?” chiese preoccupata la signora Grey, ancora col fiatone.
“Charlie si è chiusa in bagno! Falla uscire! Mi scappa!” rispose impaziente Calvin, con aria irritata.
“Vai di sotto, idiota!” disse Charlie dall’altro lato della porta. Un attimo dopo abbracciò il tanto amato water, amico di sventure.
“Io non ci vado nel bagno di mamma e papà. Vacci tu!” propose, poco gentilmente, Calvin bussando impazientemente alla porta.
“OK, basta calmatevi adesso! Calvin, vai di sotto, e tu Charlie, apri questa porta!” ordinò fermamente la madre dei due. Peccato che Charlie non ne aveva la forza. Se si fosse mossa di qualche millimetro avrebbe vomitato pure l’anima.
“Mi hai sentito, signorina?” bussò forte alla porta la signora Grey.
Ma nessuna risposta arrivò. A quel punto Samantha Grey si preoccupò.
“Charlie, tesoro, va tutto bene?” chiese più gentilmente, ma si sentiva che era allarmata.
Charlie prese un po’ di fiato “L’altra chiave è sul comodino accanto a te, nel primo cassetto” e poi continuò a manifestare il suo affetto al suo compagno di sventure.
Dopo aver recepito il messaggio la madre calò la testa, inconsapevole che la figlia non potesse vederla. Adocchiò il comodino chiamato in causa ed aprì il primo cassetto. All’interno vi erano delle cuffie per i-pod, un carica-batterie, alcune monete ed una chiave dorata.
Prese la chiave e la infilò nella toppa. Due giri ed entrò nel bagno con in volto stampata una espressione disgustata ed allo stesso tempo preoccupata.
“Oh mio Dio, Charlie! Ti senti bene?” chiese ingenuamente la madre, beccandosi in tutta risposta uno sguardo che faceva letteralmente paura dalla figlia.
“Aspetta che ti aiuto” disse poi Samantha Grey, alzando i capelli rossi di Charlie per evitare che si sporcassero.
“Almeno la festa è stata divertente?” chiese con tono apprensivo pochi istanti dopo. Evidentemente doveva aver fatto due più due. Nonostante la sua età, Samantha sapeva bene come erano i giovani. Lanciò uno sguardo rassicurante alla figlia che calò la testa per conferma.
Anche se Charlie, di quella sera, ricordava ben poco.
Riuscì a riprendersi poco dopo. Gli attacchi improvvisi avevano lasciato il campo al forte mal di testa.
“Ti preparo un the caldo, vieni” la aiutò ad alzarsi la madre e, insieme, scesero le scale verso la cucina.
Entrarono e Charlie si sedette sulla stessa sedia sulla quale doveva aver dormito tutta la notte.
In quello stesso momento le passò davanti la sua immagine della sera prima, quando, lasciata a casa dal suo amico Freddie, era entrata dalla porta principale e, barcollando, aveva raggiunto la cucina e si era accasciata sulla prima sedia disponibile, addormentandosi con la fronte poggiata sul tavolo.
Scosse fortemente la testa come per scacciare via quel ricordo, ma con scarsi risultati.
Prese la testa fra le mani e chiuse gli occhi. Il dolore era forte e la testa pulsava così tanto che Charlie pensò che le stesse per esplodere.
Una mano si posò sulla sua testa accarezzandole dolcemente i capelli.
“Prendi questa, dovresti sentirti un po’ meglio” la madre poggiò una tazza accanto alla testa di Charlie e, dopo averle accarezzato i capelli per un altro po’, riprese a spolverare i mobili del salone, come da giornata tipo.
Charlie adocchiò la tazza e, sporgendosi un po’ per vedere meglio, fissò il miscuglio rossastro che avrebbe dovuto bere. Le tisane di sua madre erano sempre state miracolose, ma erano dei sonniferi micidiali.
Dopo qualche istante prese la tazza e la portò alla bocca. Prese un sorso di quel miscuglio che sapeva di fragole e ribes. Il calore, nell’ingoiare la tisana, si sprigionò in tutto il suo corpo donandole una sensazione di puro benessere.
Due o tre sorsi dopo la tisana era già finita, ma la stanchezza si faceva già sentire parecchio. Si alzò e andò in salone dove avrebbe preso le scale. Ma sbatté contro qualcosa, un mobiletto pensò inizialmente.
“Attenta a dove vai!” la rimproverò la solita voce familiare che l’avrebbe fatta diventare una serial killer un giorno o l’altro. Otto anni di pazienza erano sufficienti.
“Levati, rospo” gli disse, spostandolo di lato come se fosse stato un giocattolo. Questo era il contatto più intimo che avessero mai avuto.
“Mamma! Charlie mi ha chiamato rospo! Mamma!!” strillò fastidiosamente Calvin.
Charlie lo ignorò e così fece anche la madre, con grande irritazione del piccolo Calvin che si sentì trascurato e si mise a sbraitare nel bel mezzo del salone.
Raggiunta la sua stanza, Charlie non esitò oltre e chiuse velocemente la porta lanciandosi sul letto.
Nello stesso momento in cui poggiò la testa sul cuscino Morfeo si impossessò di lei.
   
 
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