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Autore: JoAngel    16/06/2011    1 recensioni
Un patto fatto anni ed anni prima cambierà la vita della giovane Jo in un vero e proprio Inferno.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 12

 

Immagini confuse e senza senso. Dolore. E poi la luce bianca.

Le sue palpebre si riaprirono all’improvviso. Si mise seduta, con le ferite che macchiavano ancora le bende. Respirò lentamente e si guardò intorno. Era in uno ospedale. Perché? Cos’era successo? Non lo ricordava. Ricordava solamente l’Impala sgommare via sull’asfalto e lei che tornava al motel. Poi una faccia. E basta.

Si alzò dal lettino e si trascinò fino alla porta, guardò il corridoio vuoto. Fece due passi e si dovette sostenere al muro, era ancora stanca ma voleva capire come fosse arrivata lì. Camminò senza meta, fino a quando non arrivò all’entrata dell’ospedale.

“Signorina! Non può alzarsi nelle condizioni che …” cercò di dire una infermiera prima che Jo la uccidesse con un piccolo gesto della mano. Uscì fuori dall’ospedale e guardò il cielo deglutendo a vuoto. Comparsero due uomini davanti a lei e quest’ultima si spaventò.

“Tu vieni con noi.” disse uno dei due fissandola negli occhi. Lei cercò di indietreggiare per scappare via ma venne bloccata dall’altro uomo, alto e scuro di carnagione.

“Chi siete?!” domandò lei provando dolore per la presa dell’uomo alto al suo polso.

“Messaggeri del Signore.” rispose quello con gli occhi color cielo.

“Mess …” iniziò a dire Jo prima che l’uomo alto la buttasse addosso all’altro uomo. “Zitta scimmia donna! Non ti è permesso parlare.” le disse l’uomo alto con voce potente. “Andiamo Castiel.” suggerì poi all’uomo con gli occhi azzurri, quest’ultimo annuì e svanirono nel nulla.

Quando Jo riaprì gli occhi, si trovò distesa a terra in una stanza bianca. Aveva una forte emicrania e le ferite, non ancora totalmente cicatrizzate, le procuravano un dolore tale da quasi farla svenire, di nuovo.

Cercò di alzarsi, ma invano. Cedette alla tentazione di restare sdraiata a terra, con il sangue che ricominciava a macchiare di rosso porpora le fasciature.

Un uomo la guardava dall’alto senza dir nulla.

“Aiuto …” rantolò lei alzando poco la testa per vedere in faccia l’uomo che la fissava senza muovere un solo muscolo.

Lui si chinò col corpo vicino a lei e ruotò la testa su un lato, continuando a fissarla. “Perché mai dovrei? Ti abbiamo portata qui per ucciderti.” ammise con voce inquietamente pacata.

“Co - Cosa?!” esclamò lei facendo un movimento brusco così che si riaprì la ferita sul torace, che iniziò a sanguinare molto.

“Ti abbiamo portata qui per ucciderti perché …” cercò di spiegare prima che comparisse un altro uomo affianco a lui.

“Castiel, non dare spiegazione ad una insulsa demone.” disse il nuovo uomo senza guardare le condizioni della povera Jo. Le diede un calcio che la fece ribaltare e lei sputò sangue.

Castiel annuì agli ordini e guardò il sangue della giovane formare una chiazza rossa sul pavimento bianco lindo.

Lei strisciò un po’ per terra e poi si fermò stremata. Delle lacrime fini cominciarono a scivolare sul suo viso pallido e le bagnarono le labbra, già sporche di rosso sangue.

“Legala con le catene.” ordinò l’uomo prima di sparire senza aggiungere altro. Lui non esitò e prese Jo per i polsi e la appoggiò al muro, le strinse i polsi con delle catene di argento e lei iniziò ad urlare per il dolore. Castiel fece una smorfia sentendola gridare fino a restare senza voce e la azzittì, legandole alla bocca una benda. “Mordi quanto vuoi.” le disse con voce bassa mentre le legava stretto il fazzoletto dietro la nuca. Lei si agitò e gli diede una testa in mezzo al petto, che lo fece barcollare un po’. La guardò senza dir nulla. Eppure non credevo potesse essere così la sua … i pensieri di Castiel furono interrotti da una entrata. Si voltò e vide la donna avvicinarsi.

 “Allora? Questa stronzetta come sta?” chiese la donna con un ghigno, mentre Jo mordeva lo straccio che le impediva di urlare per la sofferenza procuratole dalla catene imbevute di acqua santa.

“Come vedi. Soffre.” rispose semplicemente Castiel guardando la donna. “Cosa ci fai Anna?” le chiese poi voltando il corpo verso lei.

“Mi ha mandato Michael. Voleva vedere se tu avessi fatto il lavoro e non ti fossi perso, dato che in questo periodo lo fai spesso.” ammise Anna avvicinandosi alla ragazza. “Ma ciao occhi d’angelo.” disse a Jo con tono sarcastico prendendole il mento con una mano e scuotendole il viso. Lei fece quasi un ringhio gemendo per il dolore. Anna rise divertita e le diede uno schiaffo. Lei sputò sangue  sullo stracciò e il sangue le colò da una cavità nasale. “Ti ho fatto male?” chiese a Jo ma non capì la risposta. “Non capisco, parla più forte.” la istigò ridacchiando e tirandole i capelli. Lei fece per morderle la mano ma, dato la banda che le fermava la bocca, non potette ed Anna rise ancora di più.

“Fai proprio pena.” disse la donna prima di allontanarsi poco da lei. “La torturerà Zaccaria, tu puoi andare Cass.” aggiunse poi guardando l’angelo, che era rimasto lì in piedi senza dir parole a guardare il dolore della ragazza. Annuì all’affermazione di Anna e sospirò, passandosi una mano sul viso. Poi sparì nel nulla.

 

“Heeeat of the moment … Na na na na na na! Heat of the moment …” si sentiva cantare da sotto la doccia.

Dean sbuffò e mise la testa sotto il cuscino per non sentire lo strazio cantato da Sam. Si tolse il cuscino da sopra la testa sospirando, prima di vedersi il viso di Castiel davanti al naso. “C-Cass!Brutto co …” iniziò a dire mettendosi una mano sul petto, poi respirò lentamente e lo guardò. “Cosa c’è?” chiese poi alzandosi dal letto e mettendosi i jeans dandogli le spalle.

“Emh, forse abbiamo trovato la tua amica.” rispose Cass osservandolo.

“La mia amica?” domandò con tono sarcastico. “Chi sarebbe?” chiese tirandosi su la cerniera dei jeans facendo un saltino.

“Jo.” rispose semplicemente l’angelo mettendo le mani nelle tasche del cappotto.

Dean a quelle parole e si passò una mano sui capelli. Poi si voltò. “Non è più mia amica, anzi, è sempre stata una stronza.” ammise poi socchiudendo gli occhi ricordando quella ragazza che, anche se gli aveva mentito, non riusciva ad odiare, e non ne capiva il perché. Sospirò profondamente e rialzò lo sguardo.

“Capisco … Però lo sapevi che è importante?” gli chiese Cass sedendosi sulla sponda del letto guardandosi intorno.

“Importante? In che senso?” si informò lui mettendosi la maglietta e cercando la camicia nel casino della stanza.

“Nel senso che è così importante che Lui si scomoderà per ucciderla, dopo averla fatta torturare.” confessò Castiel guardando i movimenti di lui.

Sbarrò gli occhi alla confessione dell’angelo, mentre si infilava la camicia. Era preoccupato, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Infondo a lei ci teneva, molto, anche se non gli sembrava più la stessa ragazza che aveva conosciuto quel giorno al bar. Si ricordò il suo sorriso e gli venne di ridacchiare dolcemente, poi scosse la testa per cancellare quel pensiero. Un altro sospiro. Più lungo.

“Saaaam! Esci da quella doccia e basta cantare gli Asia.” gli urlò guardando la porta del bagno. Il fratello uscì e si avvolse in un asciugamano, si asciugò e si vestì velocemente. “Calmati Dean! Che … Cass? Come mai qua?” gli domandò asciugandosi i capelli con un altro asciugamano ed uscendo dal bagno.

“Informazioni.” rispose Dean prima che Cass potesse parlare, e quest’ultimo chiuse la bocca sospirando.

Sam annuì e buttò l’asciugamano sul suo letto, poi si mise una camicia pulita e guardò i due. “Io vado a prendere due caffè, ci vediamo.” disse prima di uscire dalla porta della stanza.

Dean si avvicinò a Cass e lo guardò. “Dove si trova ora lei?” chiese mettendosi la giacca di pelle. L’angelo sospirò e ricambiò lo sguardo. “Probabilmente sarà …”

 

Un urlo. Atroce. Che poteva spaccare il cuore e i timpani in due.

Sangue che colava sul muro e sulla sua pelle chiara. Lo sguardo spento, il viso e il morale distrutti. Non aveva più forze. Neanche di gridare il dolore che provava.

“ Bene bene … Allora, un ultimo tango dolcezza?” le domandò Zaccaria ridacchiando divertito e infilzandola con un pugnale d’argento. Il liquido rosso porpora scendeva e colava dalle sue labbra fino a terra, con il ritmo lento e regolare. Non aveva più voce, aveva urlato troppo. Non riusciva nemmeno a scuotere la testa.

“Non mi rispondi? Peccato … Avrei ballato volentieri con te …” ammise accarezzandole i capelli per poi tirarglieli e guardarla negli occhi. Lei sembrava che neanche lo guardasse, una patina di sofferenza offuscava i suoi occhi color cielo primaverile. Zaccaria sbuffò e lasciò andare la testa di lei facendola sbattere contro il muro. “Credevo resistessi di più, mi deludi …” le disse guardandola in viso, quel viso ormai sfigurato dai tagli e ripetute botte. Sospirò e mise via il pugnale d’argento, sistemò i suoi attrezzi di tortura e tornò a guardarla. Si avvicinò al suo orecchio e si schiarì la voce. “Non ti verrà a prendere nessuno stasera al ballo …” disse come una cantilena e poi ridacchiò tra sé e sé. Si allontanò da lei e uscì dalla porta cigolante.

Silenzio. Di nuovo. Pensava a quanto tempo potesse passare prima che un altro fottuto angelo venisse a torturarla. Per l’ennesima volta.

 

“Cosa, cosa cosa?!” esclamò Brady alla notizia.

“Non scaldarti tanto Brady, non ne puoi nulla tu … Non riuscirai mai a salvarle il suo bel culetto di ex umana.” ammise Meg incrociando le braccia sul petto e sospirando vedendo il demone camminare nervoso per la stanza.

“Si invece che posso! Non sottovalutarmi così tanto …” le suggerì fulminandola con lo sguardo. Lei sospirò e si sedette sulla panchina. “E cosa vorresti fare, tu, cavaliere dalla lucida corazza?” domandò lei sogghignando.

“Io … mi inventerò qualcosa pur di salvarla. Tu non puoi capire Meg. Lei è …” iniziò a dire prima che lei scoppiasse a ridere, forse un po’ troppo esageratamente.

“Lei è cosa Brady? Una stupida ex umana che non sa neanche liberarsi di un cacciatore da due soldi … Doveva ucciderlo, la prima volta che lo ebbe visto e basta. Un lavoro semplice e pulito, ma no! Lei va a complicare il tutto facendo innamorare quel pirla di sé e il piano salta. Se il Capo non andasse a simpatia, quel lavoro sarebbe aspettato a me!” si lamentò lei con tono abbastanza irritato.

“Dillo che sei gelosa di lei Meg, e tutto si risolve … Sei invidiosa di lei perché si è scopata il Capo al posto tuo.” la istigò Brady guardandola negli occhi come per sfidarla. Meg alzò un sopracciglio quasi oltraggiata e sempre più irritata.

“Tu brutto …” iniziò a dire prima di essere interrotta dall’entrata di Lucifero. Si mise subito in piedi e tenne la testa chinata in segno di rispetto.

“Di cosa parlavate?” chiese guardandoli con fare un po’ sospetto.

“Di nulla mio sig …” cercò di rispondere Meg prima di essere interrotta da Brady. “In realtà stavamo parlando del fatto che Jo è stata catturata da due angeli del suo avversario, signore, e che probabilmente ora sta MORENDO!” spiegò il demone con tono alterato alla fine della frase.

“Non alzare il tono con me.” disse Lucifero prendendolo per la gola e stringendo la presa, ma fortunatamente lo fermò Meg. Lui allentò la presa e fece sbattere Brady al muro con il pensiero. Quest’ultimo cadde e si tenette il braccio. Guardò Lucifero con odio e sospirò. “Da quando l’hanno presa?” chiese poi a Meg con tono tranquillo aprendo e chiudendo la mano con cui quasi soffocò il demone.

“Emh non ne ho idea. La notizia l’abbiamo avuta pochi minuti fa da un demone di basso rango, signore.” rispose Meg con tono rispettoso.

Lucifero sospirò e guardò un punto vuoto della stanza. Quella notizia. Forse non aveva sbattuto Brady al muro per come gli aveva parlato, ma forse per la notizia stessa e gli venne una rabbia dentro sentendo la parola “MORENDO”. Stava realmente morendo? Il demone non avrebbe mai mentito su una cosa del genere dato che a lei ci teneva. Ma lui? Teneva anche lui a Jo?

Si massaggiò una tempia a quei pensieri, mentre gli altri due demoni avevano iniziato a discutere su quanto Meg fosse invidiosa eccetera eccetera.

“BASTA!” tuonò innervosito e con tono imperioso. Gli altri due smisero di litigare e Meg sospirò. “Potete andare.” disse prima di tornare dentro alla sua stanza, chiudendo con un grande tonfo il portone di metallo.

Brady guardò l’uscio chiudersi e digrignò i denti. “Quello stronzo non farà nulla per lei, ma io si.” giurò prima di sparire nel nulla.

“Stupido.” disse solamente lei sedendosi affranta sulla panchina. Poi fissò il portone senza dir parola. Lui invece farà qualcosa, ma lei non se lo merita … pensò rannicchiandosi sulla panchina e appoggiando la fronte sulle ginocchia. Un sospirò e poi più nulla. Ancora silenzio.

  
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