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Autore: MooNRiSinG    17/06/2011    10 recensioni
"Era ragionevolmente sicuro che un giorno o l’altro avrebbe finito per strangolare Blaine Anderson. Ed era altrettanto sicuro che qualsiasi giuria sana di mente gli avrebbe concesso tutte le attenuanti del caso."
Fanfiction interamente dedicata alla coppia Kurt/Blaine.
Disclaimer: i personaggi di Glee non mi appartengono, così come tutte le canzoni citate.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blaine si lasciò cadere sul divano, stringendosi la testa fra le mani. Kurt si sedette accanto a lui, incerto su cosa fare o cosa dire.
Blaine si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione, che a Kurt ricordò vagamente il verso emesso da Finn quando si trovava di fronte al libro di trigonometria (gemito per giungere al quale bastava anche il mero contatto visivo con la copertina).
Si riscosse quasi subito, pensando che far notare al suo ragazzo che stava diventando sempre più simile al suo mononeuronico fratellastro avrebbe potuto difficilmente essere catalogato come un segno di empatia e di supporto.
Decise quindi di optare per una diplomatica serie di piccole pacche sulla spalla, accompagnate da un circospetto e quanto mai eloquente: “Su, su.”
Blaine gemette di nuovo, ormai sull’orlo del delirio: “Oddio, come potrò affrontare gli altri? Mi uccideranno di sicuro!”
“Stai parlando dei Warblers? E perché dovrebbero ucciderti, scusa?” lo interrogò Kurt, con un’espressione confusa.
Blaine sospirò e si rassegnò al fatto che, complice forse l’aura di Finn che ormai impregnava quelle mura, quel giorno Kurt non sembrava brillare particolarmente per intuito e agilità mentale (e se lo aveva notato perfino lui, la cosa doveva essere davvero palese).
“Tesoro… sono il cantante solista… abbiamo perso… di chi dovrebbe essere colpa, della ragazza alla biglietteria?”
Kurt si dibatté ancora per un attimo nel dubbio, poi decise di optare per qualcosa che, come il nero, andava bene un po’ su tutto, e fece scivolare le mani sul collo di Blaine, sdraiandosi sul divano e trascinando il ragazzo con sé.
Blaine sembrò gradire quel cambiamento di programma e mugolò con voce sommessa, spostandosi sopra l’altro e strofinandosi istintivamente contro di lui. Il respiro si mozzò nelle loro gole e i due si ritrovarono a fissarsi con occhi leggermente sgranati per la sorpresa, entrambi stupiti dell’intensità della reazione del proprio corpo ad un gesto tanto piccolo.
Blaine si riprese per primo: “Scusami, Kurt, non avevo intenzione di… l’ho fatto senza rendermene conto, non volevo farti pressioni o…”
“Blaine.” lo interruppe Kurt con voce ferma.
“Sì..?” pigolò lui, temendo che la frase successiva avrebbe contenuto almeno un’esclamazione a scelta fra “Pervertito”, “Maniaco” o “Non farti vedere mai più”.
“Stai zitto.” mormorò Kurt, afferrandolo per il colletto della camicia e attirandolo a sé.
Blaine fu più che felice di soddisfare la sua richiesta e si chinò di nuovo verso di lui. Kurt catturò immediatamente le sue labbra in un bacio frenetico e sospirò soddisfatto quando sentì il corpo asciutto del ragazzo aderire contro il suo.
Non era esattamente sicuro di come la situazione avesse preso quella piega, ma la cosa decisamente non gli dispiaceva e questo lo stupiva un po’: vista la sua scarsa confidenza con ogni genere di attività fisica (ivi compresi il sesso, lo sport e la palla avvelenata) era convinto che ci avrebbe messo anni anche solo per abituarsi all’idea di dedicarsi a determinate fonti di intrattenimento.
Invece eccolo lì, sdraiato sul divano di casa sua, con un ragazzo decisamente gay e visibilmente interessato spalmato su di lui… per un attimo pensò di assestarsi un pizzicotto a titolo sperimentale per assicurarsi che non si trattasse di un sogno, ma decise che preferiva di gran lungo rimanere nel dubbio.
Quando sentì una mano infilarsi sotto il lembo della sua camicia e cominciare ad accarezzare la pelle che si trovava appena al di sopra della cintura, Blaine si lasciò sfuggire un brontolio soddisfatto dal fondo della gola e spinse di nuovo i fianchi contro quelli di Kurt, che rispose con un basso gemito di apprezzamento.
Proprio in quel momento una chiave girò rumorosamente nella toppa e la voce forte di Burt risuonò dall’ingresso: “Siamo a casa!”
Kurt spintonò via con forza Blaine, che si ritrovò a rotolare sul pavimento per un paio di metri prima di arenarsi contro il tavolinetto con uno sguardo sbigottito.
Nel frattempo la famiglia Hudson – Hummel al gran completo fece il suo ingresso nel soggiorno, rimanendo un po’ perplessa a causa della scena che si trovò davanti.
Burt tossì, rivolgendosi al figlio, che se ne stava seduto sul divano di pelle con le gambe accavallate e con un’aria perfettamente innocente stampato sul volto: “Potresti spiegarmi perché c’è uno studente della Dalton accasciato davanti al caminetto? E’ una specie di trofeo di guerra per festeggiare la vittoria di Finn?”
Blaine per un attimo sudò freddo, temendo che, se si fosse accorto di quello che aveva appena fatto con il suo adorato bambino, Burt avrebbe di buon grado provveduto a staccargli la testa a mani nude e ad appenderla alla parete con una sparachiodi.
Kurt ridacchiò, evidentemente ignaro del pericolo, e provvide a fare le presentazioni: “Papà, lui è Blaine Anderson. Il mio ragazzo.”
Burt si tolse l’onnipresente cappellino e si passò una mano sulla testa, mantenendo uno sguardo indecifrabile.
“Se fossi Burt, dove nasconderei un fucile a canne mozze?” pensò freneticamente Blaine, scrutando con aria terrorizzata ogni anta che avrebbe potuto considerarsi anche solo vagamente sospetta.
Carole gli arruffò i capelli in un gesto affettuoso: “Mi fa davvero piacere vederti, tesoro. Ti fermi a cena?”
Blaine sbatté velocemente le palpebre, spiazzato dalla domanda: “O-ok… se non sono di troppo disturbo.”
 “Non ti preoccupare, nessun disturbo.” gli sorrise luminosa la donna, prima di dirigersi canticchiando verso la cucina.
“Che splendida idea! Sto davvero morendo dalla voglia di conoscerti un po’, ragazzo.” esclamò Burt con un sorriso inquietante, prima di seguire la moglie nell’altra stanza.
Finn si fece avanti e lo aiutò ad alzarsi dal pavimento, scuotendo la testa: “Amico… sei davvero fregato.”
 
 
Blaine era più che sicuro che quella serata sarebbe stata la causa della sua prematura dipartita: l’unica cosa che non aveva ancora deciso era se a finirlo sarebbero stati Burt, l’ansia o i grassi insaturi che trasudavano dai maccheroni al formaggio di Carole.
Attualmente il padre di Kurt, approfittando di un momento di distrazione di sua moglie e di suo figlio, lo stava fissando attraverso il tavolo, facendo roteare con aria minacciosa un coltello fra le dita.
Finn, ignaro come al solito di tutto quello che avveniva intorno a lui che non riguardasse strettamente un pallone da football e un paio di gambe (non necessariamente in quest’ordine), stava cercando di grattar via con il fervore di un minatore gli ultimi microscopici residui di formaggio dal suo piatto, apparentemente incapace di sopportare l’idea di lasciarsi scappare anche la più piccola possibilità di un attentato alle sue coronarie.
“Allora, Blaine…” cominciò Burt in un tono che voleva essere decisamente intimidatorio, “che tipo di rapporto hai con mio figlio..?”
Il ragazzo si chiese se l’uomo soffrisse di una qualche forma di perdita della memoria a breve termine, perché ricordava più che bene di essergli stato presentato da Kurt come il suo ragazzo solo pochi minuti prima: “Ehm… sono il suo ragazzo.”
Burt grugnì, un suono a metà fra una  risata e un ringhio di disapprovazione: “Credi che non lo sappia questo? Guarda che c’ero anche io prima in salotto!”
Blaine lo guardò confuso: “Mi scusi, signore, allora non capisco proprio cosa…”
L’altro sbuffò esasperato, come se stesse parlando con… beh, con Finn.
“Quello che voglio sapere è la natura del vostro rapporto…” ritentò, calcando volutamente sulla parola natura con fare allusivo, “E sarà meglio che la tua risposta non sia fisica… perché ti avviso che non saresti in grado di lasciare questa stanza camminando con le tue gambe.”
Blaine lo fissò ancora per un attimo, poi si tinse di un rosso scarlatto e cominciò a balbettare, ansimando leggermente per l’imbarazzo e per lo sforzo di sembrare il più convincente possibile: “Ma… ma certo che no! Voglio dire… una cosa troppo recente… per chi… assolutamente no!”
“Ma vi siete baciati...” lo incalzò Burt, continuando a fissarlo con uno sguardo penetrante.
Blaine ormai non sapeva più che pesci prendere. Sapendo che affermare di non aver mai nemmeno baciato Kurt sarebbe risultato quantomeno poco credibile, decise che per una volta l’onestà poteva davvero essere la migliore politica e annuì brevemente.
Quando il padre di Kurt gli fece la domanda seguente, capì però di essersi sbagliato e che sarebbe stato preferibile continuare a negare con fervore fino alla morte: “E vorresti farmi credere che mentre vi baciavate le tue mani non sono mai andate su… beh, insomma… dove non dovrebbero mai andare a meno che tu non voglia vederle amputate prematuramente all’età di sedici anni?”
Per sua fortuna Carole entrò in cucina proprio in quel momento e non perse l’occasione per assestare al marito uno scappellotto piuttosto energico: “Burt Hummel! Non stavi approfittando della mia assenza per infastidire questo ragazzo, vero?”
Burt abbassò lo sguardo con l’aria vergognosa di un diabetico scoperto a strafogarsi di marmellata e scosse leggermente il capo con aria contrita.
Per tutta risposta, lei posò davanti a Blaine e a Finn due piatti che stavano letteralmente tracimando di pollo fritto e purè di patate.
Burt si sporse verso la portata con occhi lucidi, annusando voluttuosamente l’aroma di quel cibo divino.
“Puoi anche smettere di sbavare, papà.” lo ammonì Kurt, emergendo dalla cucina, “Tu devi mangiare questo.”
Burt gemette alla vista dell’enorme conca d’insalata costellata di pezzettini bianchicci di tofu che il figlio gli aveva posizionato di fronte.
“Ma Kurt!” piagnucolò l’omone, guardandolo devastato, “A me non piace questa roba!”
“E a me non piace che tu continui a farti venire un infarto dietro l’altro!” lo rimbeccò l’altro, “Rassegnati, la vita tende ad essere ingiusta.”
Con un ultimo sguardo carico di rimprovero scomparve di nuovo in cucina, seguito rapidamente da Carole.
Burt si girò di scatto verso Finn, che per una volta sembrò intuire rapidamente cosa stava succedendo: “Oh no… mi dispiace davvero, ma non ho intenzione di morire giovane! Lo sai cosa mi farebbero quei due…”
L’uomo si voltò allora verso Blaine e rimase a fissarlo per un lungo attimo, soppesandolo con aria meditabonda: “Ragazzo, ti propongo un affare… mio figlio in cambio di un pezzo di pollo.”
“Cos..?” tossì Blaine, praticamente strozzandosi con l’acqua che stava bevendo.
“Mi hai sentito bene,” proseguì Burt con sguardo leggermente allucinato, “Dammi quella coscia di pollo e Kurt sarà tutto tuo, nessun tipo di controllo, nessun coprifuoco nei week-end… gli metterò anche un bel fiocco regalo in testa! Di che colore lo preferisci, rosso? Basta che mi allunghi quella dannata coscia e avrai la mia entusiastica benedizione!”
Blaine gli porse il piatto come in uno stato di trance, ma venne interrotto da un secco colpo di tosse: Kurt se ne stava comodamente appoggiato allo stipite della porta e fissava la scena con occhi gelidi: “A parte il fatto che per costringermi ad indossare una cosa tanto orrenda dovresti prima passare sul mio cadavere… cosa stavate cercando di fare?”
I due colpevoli, beccati con le mani nel sacco, si fecero piccoli piccoli sulle loro sedie e cominciarono a mormorare una lunga sequela di scuse senza senso.
Kurt si rivolse al padre con uno sguardo di disapprovazione: “E poi, papà… mi avresti venduto per una misera coscia di pollo?”
Burt pensò di puntualizzare il fatto che non si trattava semplicemente di una coscia di pollo, ma di una coscia di pollo fritta, poi decise che forse sarebbe stato più saggio tenere quella precisazione per sé.
Lui e Blaine trascorsero tutto il resto della serata cercando di ammansire quella specie di furia scatenata che sembrava aver momentaneamente preso il posto del loro adorabile Kurt.
Dopo cena presero tutti posto sul divano per assistere all’ennesimo estenuante incontro di football. In altre circostanze Kurt avrebbe sbuffato sonoramente, alzando gli occhi al cielo, ma non poteva negare che vedere suo padre, Blaine e Finn discutere animatamente dell’incontro, avvolti da quella tipica aura di cameratismo che sembrava avvolgere inevitabilmente il maschio medio quando si trova ad assistere ad una partita con altri esemplari della sua specie, gli stava in un certo senso scaldando il cuore.
Giunta l’ora di tornare a casa, Blaine venne colto di sorpresa da un imbarazzatissimo Burt, che gli tese la mano e gli brontolò in maniera confusa che era il benvenuto e poteva passare a trovarli ogni volta che voleva.
Il ragazzo lo ringraziò con fervore e si diresse verso l’auto, accompagnato da Kurt, che sembrava trasudare soddisfazione da tutti i pori: “Hai visto? Te l‘avevo che gli saresti piaciuto!”
Blaine rise e gli posò le mani sui fianchi, attirandolo a sé ed impegnandolo in un lungo, languido bacio che lasciò entrambi con la testa leggera e il fiato corto.
Kurt fu stranamente il primo a riprendersi da quella sorta di trance e sporse all’infuori il labbro inferiore in un broncio adorabile: “Devi proprio andare a trovare i tuoi questo fine settimana?”
L’altro sospirò, evidentemente ancora meno entusiasta di Kurt all’idea: “Fidati, nemmeno io faccio i salti di gioia, ma devo pur vederli ogni tanto.”
“Lo so, scusami… è solo che non posso credere che dovrò aspettare due settimane per vederti di nuovo.” sospirò Kurt.
“Chi lo sa?” mormorò Blaine contro le sue labbra, facendo correre una serie di piacevoli brividi lungo la sua spina dorsale, “Le cose belle accadono quando meno te le aspetti.”

   
 
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