Grazie, Nastja.

Primavera Rossa

- ovvero, ricordare -

Rotolò con indolenza sul prato, strofinando la punta del naso sull'erba e sporcandosi completamente di terra. Sembrava che tutto e tutti stessero in quieta attesa, aspettando il segnale convenuto nella famiglia.

Era appunto solo una convenzione: le ciliege erano già mature da un po', pendevano in grossi boccioli rossi e umidi dai rami ruvidi, e nessun rispetto delle tradizionali raccolte familiari aveva trattenuto i bambini dal rubarne furtivamente qualcuna, allontanandola con destrezza dai rami.

Eppure Anastasia, come tutti, aspettava l'urlo della nonna per slanciarsi verso il grande albero e arrampicarvisi con destrezza.

-La scala! Andate a prendere la scala!

Nessuno andava a prenderla, la scala. Tutti correvano, una massa impazzita di bambini sporchi che si avventava sul ciliegio, sapendo di avere il beneplacito dell'anziana capofamiglia. Nessuno raccoglieva da terra i cesti di canapa che gli adulti della famiglia avevano predisposto in bell'ordine ai piedi dell'albero, anzi i cesti venivano generalmente calciati con malgrazia più lontano sull'erba giallastra di sole.

Le magliette lise venivano debitamente infilate nei pantaloni, strette con cura dall'elastico sformato. Le ciliege si prendevano, gambo per gambo, staccandole con un rumore sordo, e si lasciavano rotolare dentro le magliette, facendo attenzione che tutte fossero intercettate dall'elastico.

Si formava così un mucchio freddo e ancora gocciolante rugiada, o succo di quelle ciliege che venivano malamente calpestate da qualche brusca mossa dei bambini, i gambi dei frutti ancora integri che solleticavano la pancia.

- Nonna - dichiarò soddisfatta Anastasia, riempendosi la bocca di ciliege e semi che venivano prontamente sputati lontano - Quando crescerò girerò il mondo, e rincorrerò le ciliege. Voglio che la mia primavera sia sempre, sempre rossa.