Horatio annuì prima di congedarsi dal
proprio interlocutore “D'accordo. Grazie, signor Wolfe.”
Di fianco a lui, Eric Delko seguì la
direzione del suo sguardo, che puntava oltre il vetro della sala
interrogatori “Era tutto vero?”
“Un cadavere smembrato è stato
ritrovato in una delle suite dell'InterContinental.- riassunse quindi
l'uomo, rigirandosi gli occhiali da sole fra le dita- Tutto
coincideva con la descrizione che ci ha fornito la ragazza.”
Delko
non commentò, limitandosi ad abbassare gli occhi scuri sul foglio
che stringeva fra le mani “Frank mi ha passato le informazioni che
avevi chiesto: Juliet Robinson ha la fedina immacolata, neanche una
multa per eccesso di velocità e nessun precedente per quanto
riguarda fenomeni psicotici o comportamenti sadici. Che cosa spinge
una brava ragazza ad uccidere in quel modo un uomo?” domandò
quindi, voltandosi verso il proprio capo.
“E'
quello che dobbiamo scoprire.” disse Horatio, senza staccare gli
occhi dalla figura rannicchiata sulla sedia nella sala interrogatori.
Juliet
Robinson sembrava assorta in una riflessione di qualche tipo mentre
si mordicchiava con nervosismo crescente l'unghia del pollice. La
tuta arancione da detenuta che le era stata consegnata, dopo che i
suoi vestiti erano stati sequestrati e imbustati per essere poi
spediti al laboratorio tracce, creava un contrasto grottesco con il
suo pallore spettrale.
Quando
sentì lo sbattere della porta sobbalzò vistosamente sul posto,
puntando i propri grandi occhi scuri sui due uomini che l'avevano
raggiunta nella stanza.
Horatio
mosse qualche passo fra quelle mura di vetro e si fermò vicino alla
finestra, lasciando che il proprio sguardo indugiasse sulla vita che
continuava a scorrere frenetica al di fuori del dipartimento di
polizia. Sentì il rumore di una sedia trascinata e seppe che Eric si
era accomodato di fronte alla sospettata, pronto a far partire
l'interrogatorio. Con la coda dell'occhio il capo della scientifica
guardò Juliet Robinson: aveva visto il panico e la paura nei suoi
occhi e non riusciva a capacitarsi di come quella che sembrava a
tutti gli effetti una ragazza inerme, fosse la stessa assassina che
aveva torturato un uomo prima di ucciderlo, per poi smembralo come se
fosse stato un animale da macello.
“A
quanto pare quello che ci hai detto è vero.” iniziò a parlare
Delko appoggiando rumorosamente il fascicolo del caso sul tavolo.
Al
sentire quel rumore la ragazza sobbalzò sul posto, nonostante non
avesse perso di vista nessuno dei movimenti fatti dai due uomini dal
momento in cui avevano messo piede nella sala interrogatori.
Horatio
si voltò mettendosi le mani sui fianchi “Abbiamo trovato il
cadavere nella vasca da bagno della stanza d'albergo.”
Juliet
non rispose, troppo impegnata a far saettare gli occhi spalancati e
terrorizzati fra i due uomini, con la stessa espressione di un
cerbiatto sorpreso in mezzo alla strada dagli abbaglianti di un'
auto.
“Sei
sicura di non volere un avvocato?- si ritrovò quindi a domandare
l'uomo dai capelli rossi, in qualche modo incuriosito da
quell'espressione così anacronistica rispetto al brutale omicidio
compiuto dalla giovane solo poche ore prima- Se non puoi
permettertene uno, possiamo fartene avere uno d'ufficio.”
La
ragazza prese un bel respiro e ripeté quanto aveva già detto ad
Horatio al momento della sua prima confessione “Niente avvocato.”
“Niente
avvocato.- ripeté lui con tono calmo- Sei ancora convinta di quello
che mi hai detto questa mattina?”
“Sì.”
rispose di nuovo Juliet, la voce tremante nonostante il chiaro
tentativo di mantenere un tono neutro.
Eric
la fissò con sguardo determinato “Chi è l'uomo che hai ucciso?”
“Non
lo so.” le parole le uscirono dalle labbra come un sospiro, mentre
abbassava lo sguardo sul tavolo davanti a sé.
“Dove
sono la testa e le mani?” incalzò il CSI di origini cubane.
“Non
lo so.”
“Non
lo sai.” ripeté Delko alzando un sopracciglio.
Juliet
sospirò di nuovo, vinta “No.”
“Che
mi dici della pistola, allora?- domandò di nuovo lui, lanciando
un'occhiata inquisitoria ad Horatio che non sembrava ancora
intenzionato ad intervenire in quell'interrogatorio- Quella con cui
hai sparato a quell'uomo prima di decapitarlo?Nemmeno quella sai
dov'è?”
“Non
mi ricordo.”
“Non
ti ricordi?”
“I-io...Non
so dove possa essere.- balbettò la ragazza, torturandosi le mani-
Non so dove posso averla nascosta. Mi dispiace.”
Eric
sbuffò sonoramente, appoggiando la schiena alla sedia “Ok. Quindi
non sai chi sia quell'uomo, non sai dove sia finita la pistola che
l'ha ucciso e non sai dove sono la sua testa e le sue mani. Se sei
venuta qui a confessare, perché non ci racconti direttamente tutto
quello che è successo?”
Juliet
spalancò gli occhi e si ritrasse, spaventata dalla nota secca che
aveva preso la voce dell'uomo sull'ultima domanda. Fu a quel punto
che Horatio mosse qualche passo verso di loro e l'attenzione della
ragazza fu immediatamente calamitata dalla calma severa che
trasmettevano quegli intesi occhi blu.
“Perché non ci parli del tipo di
affari di cui ti occupavi all'hotel, allora.” propose il capo della
scientifica, inclinando leggermente la testa di lato.
Lei sbatté le palpebre, sorpresa da
quella domanda “Affari?”
“La receptionist sostiene di
conoscerti.- specificò il tenente Caine- Dice che frequentavi spesso
quel posto e che avevi affittato una stanza come base operativa per
il tuo lavoro.”
“Questo è impossibile.” sentenziò
la Robinson, riacquistando improvvisamente una certa sicurezza.
Horatio
alzò un sopracciglio nella sua direzione “Perché?”
“Io
sono una veterinaria, non posso lavorare in una stanza d'albergo.”
spiegò la ragazza, riabbassando di nuovo lo sguardo quando un flash
del luogo del delitto le ricordò cos'era successo in quell'hotel.
“Eppure
in molti all'Intercontinental sostengono di averti vista ogni
settimana.- intervenne di nuovo Eric- Ci sono le registrazioni di
sorveglianza a dimostrarlo.”
“Perché
dovrei mentirvi?-domandò con tono stanco- Vi ho già detto di essere
stata io ad ucciderlo.”
Delko
la fissò con sguardo severo “Forse perché stai iniziando a
pensare che confessare sia stata una pessima idea.”
“No,
io...- la giovane si passò una mano fra gli arruffati boccoli
biondi, iniziando a balbettare sconclusionatamente- Quello che vi ho
detto è la verità. E anche questa lo è. Ho ucciso un uomo. L'ho
fatto e questo è vero, quindi che differenza fa se non so dov'è la
pistola o se non ricordo il suo nome o...”
“Vedi,
Juliet, ci sono molte cose che non quadrano in quello che mi hai
raccontato.- la interruppe Horatio stringendo gli occhi- Il perché
ti trovassi in quell'albergo, ad esempio, e che tipo di relazione ti
legasse alla vittima. Il motivo che ti ha spinto prima ad uccidere in
quel modo quell'uomo e poi correre a confessare tutto. Analizzeremo
le prove e verificheremo tutto quello che ci hai detto. Lo capisci
questo?”
La
ragazza annuì debolmente, incerta su cosa dire.
“Eric?”
chiamò Horatio, voltandosi verso l'uomo che capì immediatamente che
cosa volesse il proprio capo. Delko uscì dalla stanza per poi
tornare qualche istante dopo con uno scanner portatile fra le mani.
“A
che serve, quello?” domandò Juliet, osservando l'oggetto che il
CSI aveva appoggiato sul tavolo.
“A
prendere le tue impronte.- rispose Eric, girando intorno al tavolo
per essere in grado di posizionare in modo corretto le sue mani sulla
macchina- Le confronteremo con quelle che abbiamo ritrovato sulla
scena del crimine.”
“Ok.”
“Ci
serve anche un campione del tuo DNA.- continuò a spiegare l'uomo-
Prenderò solo un po' di saliva, non è niente di complicato.”
“Va
bene.” concordò nuovamente Juliet, annuendo piano.
Eric
le fece segno di posare i palmi sullo schermo, ma qualcosa attirò il
suo sguardo e afferrò i polsi della giovane, sollevandole le mani
per un'osservazione più accurata “Guarda Horatio.”
“Ematomi
ed escoriazioni sulle nocche e segni di bruciature.” commentò il
tenente Caine, inclinando la testa di lato.
La
ragazza aggrottò la fronte, facendo saettare lo sguardo fra i due
membri della scientifica “Che significa?”
“Coincidono
con le ferite della vittima e confermano che sei stata tu a
picchiarlo.” spiegò Delko, mentre lo scanner iniziava a registrare
le sue impronte.
“Ci
serve il tuo anello.” aggiunse quindi Horatio, facendo un cenno
verso la mano sinistra della Robinson.
“Il
mio...?” cercò di ripetere la giovane, ma le parole le morirono in
gola quando i suoi occhi si fermarono sul grosso diamante che
svettava sul suo anulare sinistro.
“L'anello.-
ripeté Horatio, mentre Juliet lo fissava come se non l'avesse mai
visto prima- Dobbiamo analizzarlo.”
La
bionda se lo sfilò con mano tremante, lasciandolo poi scivolare nel
piccolo sacchetto trasparente che Delko le aveva sventolato davanti
al viso.
“Perché
non mi racconti di nuovo quello che è successo?” propose Horatio,
avvicinandosi e appoggiandosi al bordo del tavolo.
“Io...io
non ricordo chiaramente.” riuscì a balbettare Juliet, mentre
fissava l'uomo dai capelli rossi. Non riusciva a capacitarsene, ma
quegli occhi indagatori, blu e determinati, le diedero immediatamente
la sensazione che era tutto sotto controllo. Anche se, molto
probabilmente, la cosa non sarebbe caduta a suo vantaggio.
Il
tenente Caine non sembrò accontentarsi di quella risposta “Ma mi
hai detto di aver ucciso quell'uomo.”
“Perché
l'ho fatto.”
“Allora raccontaci cos'è successo.”
incalzò Eric con voce ferma.
La ragazza annuì, per poi abbassare il
capo e iniziare a torturarsi le mani “Abbiamo litigato. Non ricordo
il motivo, ora mi sembra così stupido, ma mi sembrava davvero di non
essermi mai infuriata tanto in vita mia. Lui mi ha picchiato e io mi
sono difesa. Lui è caduto, ha battuto la testa e ha perso i sensi,
così sono riuscita a legarlo. E poi...” la sua voce, già di per
sé bassa, si affievolì ulteriormente, fino a sparire, lasciandola
con la bocca schiusa a fissare davanti a sé, senza in realtà vedere
niente.
“L'hai torturato?” incalzò Delko
aggrottando la fronte.
“Sì.- confermò Juliet, sobbalzando
al suono della sua voce- E poi ho sparato e poi, quando ho capito che
era davvero morto...”
Le immagini del cadavere smembrato la
colpirono come uno schiaffo, accompagnate da un conato di vomito. Non
poteva rimanere lì dentro: sotto gli sguardi severi dei due uomini
sentiva l'aria venirle meno velocemente e l'improvvisa tachicardia
che di solito accompagnava un attacco di panico la stava assalendo.
Juliet si alzò, dondolando
pericolosamente “Posso andare in bagno?Non mi sento molto bene.”
“Quando avremo finito, signorina
Robinson.”
“Davvero, non sto bene...” disse di nuovo lei,
con tono supplichevole, mentre appoggiava entrambe le mani sul
ripiano del tavolo per cercare di non cadere nonostante il violento
giramento di testa.
“Si sieda, signorina Robinson.-
ordinò Horatio avvicinandosi, prima di voltarsi di nuovo verso
l'altro CSI- Eric, chiama un'ambulanza.”
Il
cubano tirò fuori immediatamente il cellulare, pronto ad eseguire
quell'ordine, ma non poté fare a meno di osservare il proprio capo
con espressione confusa mentre digitava il numero “Che c'è?”
“Le
sue pupille.- spiegò Horatio, spostando lo sguardo dal volto sempre
più pallido della giovane- Sono estremamente dilatate. Credo che
abbia un trauma cranico.”