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Autore: Any Ikisy    17/06/2011    5 recensioni
Ai tempi dell'Accademia, Kakashi frequentava Obito, Rin e Minato perché suo padre poteva insegnargli qualche tecnica a tempo perso, ma non dedicargli le giuste attenzioni.
Da loro, pensava, avrebbe imparato come gestire le situazioni che un Team poteva presentare. Solo perché nessun altro avrebbe mai potuto insegnarglielo.
[ Kakashi gaiden; per Ginny-sense' ]
[ Quinta classificata al Storie Edite Contest indetto da Mokochan e vincitrice dei Premi Giuria & Miglior Slice of Life ]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kakashi Hatake
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Prima dell'inizio
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Autore: Any Ikisy
Titolo: Qualcuno fermi quell'idiota
Link della storia: La stai leggendo~
Personaggi e Pairing: Kakashi, Altri
Genere: Sentimentale, Malinconico, Slice of Life
Rating: Arancione
Avvertimenti: One-shot, Non per stomaci delicati, Missing Moments
Introduzione: Ai tempi dell'Accademia, Kakashi frequentava Obito, Rin e Minato perché suo padre poteva insegnargli qualche tecnica a tempo perso, ma non dedicargli le giuste attenzioni.
Da loro, pensava, avrebbe imparato come gestire le situazioni che un Team poteva presentare. Solo perché nessun altro avrebbe mai potuto insegnarglielo.
Note dell'Autore: La storia è ambientata prima della serie, più precisamente la generazione di Minato e del suo Team: Obito, Rin e Kakashi.






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Ai tempi dell’Accademia, era difficile pensare che deragliare fosse parte dell’abilità di un ninja: saper improvvisare quando la missione ormai è stata annullata e il nemico chiude ogni via di fuga è una dote preziosa quanto uscire dai binari e crearne di nuovi.

Kakashi era dell’idea che un ninja dovesse semplicemente attenersi al copione e soccombere, se necessario; la vita di un Daimyo¹ valeva il sacrificio di un ninja al suo seguito.
Non per niente, era il figlio di Sakumo Hatake: “Zanna Bianca,” il tanto decantato eroe di Konoha.
«Kakashi-san, da questa parte!»
Lo richiamò Minato-sensei, prima di accodarsi a Rin e Obito nella noiosa ricerca di un gatto “dal sonaglio legato con un nastro rosa al collo”, come lo descriveva l’anziana signora che lo aveva perso. Si chiese quanto a lungo avrebbero continuato ad affibbiargli missioni tanto superflue.
Ad ogni modo, non era neccesario che esprimesse ad alta voce le proprie perplessità: era Obito a porre per lui le domande.
«Dove possiamo trovarlo?»
«Ci ha dato una foto?»
«Cosa facciamo quando abbiamo finito con questo… sul serio come si fa a chiamare un gatto Grimilde
A quanto sembrava, Rin aveva una particolare predilezione per i felini ed i gatti in particolare, come testimoniavano i graffi sulle sue braccia esili e i resitui di pelo sulle sue magliette sgualcite: per questo era lei a portare la gabbietta con cui avrebbero trasportato l’animale, una volta catturato.
«Sensei, perché hanno abbassato nuovamente il livello delle missioni?» chiese Kakashi a un tratto.
«Non sei felice? Significa che è un periodo di pace. Siamo semplicemente in una fase di stallo.»
«Quindi le unità di spionaggio saranno in fermento…» ne dedusse, ricordando che a suo padre era stato momentaneamente affidato un incarico del genere in quel periodo.
«Ma come siamo perspicaci, Kakashi…» replicò il maestro, poggiando una mano sulla sua spalla e sorridendogli cordialmente; percepì comunque una certa indifferenza da parte sua.
«Perché non ti ingegni per la ricerca di questo gatto, anziché pensare alla prossima missione?» urlò invece il suo compagno dall’altra parte della strada, ingelosito dalle attenzioni che il Maestro sembrava serbargli.
Obito aveva subito preso in simpatia Minato-sensei, col suo modo spontaneo ma contenuto di porsi; sembrava piuttosto distante dalle persone che spartivano con lui il quartiere Uchiha.
Kakashi lo trovava poco serio a volte, ma tutt’al più lo infastidiva la poca serietà che metteva nel comunicare coi suoi compagni di Team, lui compreso ovviamente.
Si diressero verso l’abitazione dove viveva l’anziana proprietaria del felino per iniziando le ricerche dal territorio che era solito frequentare, con l’aiuto di un unguento usato da Rin per rintracciare le impronte olfattive lasciate dai gatti nel periodo di caccia.
«Sei piuttosto preparata, non è vero Rin?» le chiese Minato, intento ad approfondire quella peculiarità dell’unica componente femminile del gruppo.
«Sì, sense’! Vorrei diventare una veterinaria, un giorno!» gli rispose con un contagioso sorriso, parlando delle proprie aspirazioni e del sogno che Minato la stava aiutando a realizzare, in un certo senso.
Contrariamente a lei, l’unico desiderio di Kakashi era una morte onorevole, fonte di decoro per il cognome che portava. Non era mai riuscito a vedere oltre.
Imparare cosa fosse la dignità era l’unico motivo per cui perdeva tempo con quei ridicoli compagni che non sembravano prendere niente sul serio, specialmente quando parlava di ‘rigorose regole da rispettare per divenire un ottimo ninja’, come non fosse figlio di suo padre.
Le tracce sembravano stranamente portare verso nord, in una zona più trafficata e movimentata economicamente della città. Forse l’animale si era perso.
A pensarci bene, erano molte di più le possibilità che stessero sbagliando tutto, considerando che avevano puntato tutto su Rin e sulle sue abilità in materia, ma scelsero comunque di compiere quell’errore insieme, se si fosse dimostrato tale.
La trovarono, infine. Grimilde.
Aveva un vistoso fiocco rosa dietro al collo, ma il sonaglio non accennava a tintinnare.
La kunoichi² si coprì gli occhi per impedire alle lacrime di scendere, Obito si voltò abbassando lo sguardo; Kakashi assistette alla lenta ed agonizzante morte di quell’animale che, probabilmente pochi minuti prima, si era accasciato sul ciglio della strada.
In quella parte di Konoha, avevano il sonno leggero evidentemente. Probabilmente il mattone sporco di sangue che giaceva in parte al suo corpo sanguinante apparteneva a qualcuno del condominio lì di fronte.
Una città di ninja stanchi e pronti alla morte, ma coi nervi a fior di pelle e la crudeltà del più spregiudicato degli assassini.
«Che facciamo, sensei?» chiese diligentemente Kakashi, sicuro che fosse l’occasione giusta di imparare da quell’uomo, per una volta.
Ci fu comunque silenzio, mentre Rin iniziava a singhiozzare piano, suscitando sprezzo nel compagno che pocanzi aveva parlato.
«Kakashi-san…»
«Tsk.»
Obito precedette qualunque comando stesse per essere loro impartito, quando afferrò saldamente un kunai nella sacca appesa alla sua cintura e si avvicinò alla salma immobile del loro obiettivo.
«Che vuoi fare, Obito?»
«E me lo chiedi anche?»
«Non abbiamo ancora ricevuto l’ordine!»
Totalmente disinteressato e privo di alcuna remora, afferrò il capo peloso e lo sollevo lievemente, con delicatezza, quel tanto che bastava per affondare con un colpo secco la lama nel cranio e vederne l’estremità uscire dalla parte opposta.
«Fermo!»
Urlò sconcertato Hatake, attendendo dal maestro una qualunque reazione; avvertì il pianto di Rin farsi più intenso, per un animale che lui stesso vedeva poco diverso da un oggetto. Minato strinse semplicemente le spalle alla ragazza, lasciando che Obito perdurasse nello sfregio. Sembrava essere l’unico in grado di muoversi tempestivamente in una situazione simile.
Kakashi non ne capiva il motivo.
«Qua- qualcuno lo fermi!-» si rivolse al diretto interessato, stavolta «-Che stai facendo, idiota?»
Era riuscito a non sporcarsi col sangue degli schizzi, ma purtroppo il laccetto rosa aveva assunto delle tinte amaranto che lasciavano ben poco all’immaginazione. Con un ultimo colpo netto, Uchiha lo tagliò ed intascò, evitando che tintinnasse tra le stoffe dei suoi pantaloni.
«Lo riporto alla sua padrona.» rispose con amarezza.
«Ma che dici?! Era ancora vivo, dovevamo portarlo indietro, senza preoccuparci di finirlo!»
«Ho preferito evitargli ulteriori sofferenze. Me ne prendo le responsabilità.»
Attesero entrambi che Minato lo radiasse, lo esonerasse per un certo periodo dalle missioni o quantomeno lo rimproverasse sul momento. Eppure non avvenne niente di tutto ciò: si voltò semplicemente verso di lui e disse: «Hai preso la tua decisione; per stavolta, va bene così.»
Lungo il viaggio di ritorno, si decise che fosse Obito a dare la spiacevole notizia alla proprietaria. Obito non la considerò come l’ennesima equa punizione del Maestro.
Era usanza di Minato accompagnare i suoi allievi a casa, a fine giornata: ne approfittavano per gli ultimi confronti o per saldare maggiormente il rapporto tra i componenti del Team, ma Kakashi quella sera non riusciva a darsi pace per il fallimento della missione.
«Sensei, dove ho sbagliato?»
«Direi… poca serietà-»
«Dico sul serio.»
Una mano volò con leggerezza ad accarezzargli i capelli, scompigliandoli appena. «Forse, se ci avessi messo più convinzione anziché rallentare il passo, saremmo arrivati in tempo e non avremmo dovuto finirlo, Kakashi.»
La camminata svogliata, i piedi trascinati, l’attenzione sempre altrove; la consapevolezza di aver pesato sulla marcia del gruppo intero, anche se di poco, pesò come un macigno sulle sue spalle. Si chiese se anche i suoi compagni, sempre con gli occhi puntati verso di lui mentre correvano qualche metro più avanti, se ne fossero resi conto e avessero comunque taciuto.
Una sua valutazione errata… aveva ucciso Grimilde?
«Ma Obito-»
«Obito ha capito che c’è qualcosa di molto più importante del fine stesso della missione; dovresti sapere quando è necessario il tuo sacrificio e quando invece è più importante quello di qualcun altro. Per il suo bene, soprattutto.»
L’irritazione di Kakashi risuonava attraverso quei silenzi vuoti, pesanti; piuttosto che rispondere a tono, pensava, sarebbe riuscito a manifestare il proprio risentimento in quel modo.

Ai tempi dell’Accademia, era davvero dura.
Troppa inesperienza.











Account di Ginny-sense' Note:
Questa storia si è classificata quinta al contest delle storie edite indetto da Mokochan, con i premi speciali Giuria e Miglior Slice of Life, ma il banner che vedere qui sopra lo ha offerto generosamente Shurei, che ovviamente ringrazio molto calorosamente.
In ogni caso, è la prima volta che mi cimento seriamente in un esperimento come questo: Kakashi da giovane, assieme ai compagni di banco… potrei fare di meglio ma, partendo da un titolo degenere come quello, mi reputo abbastanza soddisfatta.

Ginny, sei la sola che potrà mai farmi scrivere su quell’essere mezzo cieco mezzo capellone che odio tanto; ti voglio bene (L)
Quand’è che andiamo in vacanza insieme, Sense’? C’è il Rimini tra poco, mi prometti che ci andiamo?

La piccola, stronza, inutile kouhai di cui mai ti libererai;
anzi, scusa il ritardo!

Any Ikisy


  
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