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Autore: Liuna    17/06/2011    0 recensioni
In un mondo parallelo, una strega ha deciso d'impossessarsi della nostra dimensione grazie ai suoi oscuri poteri. Per poterlo fare, rapisce una bambina in grado di creare un varco dimensionale, ma i genitori e i parenti stretti della piccola Benny, si uniscono per salvarla. Vengono a conoscenza di un particolare agghiacciante che li costringerà a raggiungere la nostra dimensione per convincere un umano ad aiutarli ad uccidere la strega, colpita da una maledizione che prevede la sua morte solo grazie ad un uomo senza alcun potere magico che provenga dalla nostra dimensione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<" Era libera come l'aria, come la luce del sole che si rifletteva sui suoi capelli. Aveva due occhi bellissimi che mi facevano impazzire... ma il mio cuore doleva al pensiero di non poterla avere. Era come una rondine... una rondine che volava giù per le colline, sorridente e piena di felicità . Nessuno l'avrebbe fermata! ">

1

Ero seduta a gambe incrociate sul muretto delle scale di casa.
Il naso freddo per il fresco venticello che era salito dopo una spruzzata di pioggia caduta nel pomeriggio.
Mi guardavo intorno, intenta a scorgere ogni avvenimento che sarebbe potuto accadere attorno a me.
Pareva tutto tranquillo, niente di strano, potevo continuare a scrivere le mie storie.
Avrei tanto voluto poter realizzare un fumetto, ma sono una tipa molto puntigliosa su queste cose e se le devo fare, le devo far bene.
Decisi, come sempre, di riportare solo le idee e di aspettare un secondo momento per disegnare il tutto.
Laron mi vide e si mise su due zampe per potermi raggiungere.
“Com’è dolce quel cane!!”, poi appena ricevuta una carezza, scese e se ne andò, sparendo dietro l’angolo.
Non era stato l’unico ad interrompere il mio lavoro, anche il cellulare s’illuminava continuamente per l’arrivo di qualche messaggio.
Stavo parlando infatti, con una mia cara amica, anche lei scrittrice e aspirante fumettista come me, Lilia, di una sua storia in fase di scrittura, dandoci consigli a vicenda su cosa scrivere e come scriverlo.
Le mie giornate ultimamente passavano così, tra studiare e scrivere storie e a sistemare i miei gatti che avevano bisogno di cure, ma nella mia testa, come in quella di Lilia, Camilla e tutto il resto dei miei compagni di classe, era già vivida la concezione che tra meno di due settimane, dopo gli esami, sarebbe cambiato tutto e molti di noi, con mio grande dispiacere, forse non si sarebbero più visti. Niente sarebbe stato più come prima.
-Vittoria?- la voce che interruppe i miei pensieri e la mia scrittura era quella di mia madre che mi stava chiamando, uscita dal portone alle mie spalle.
-Vieni a mangiare che è pronto…e vieni dentro che fa freddo!!!-
Pur essendo metà maggio, la temperatura quel giorno era scesa di molto rispetto ai giorni precedenti e questo mi piaceva perché non sopporto il caldo, ne tantomeno il troppo sole, dato che ho la pelle molto chiara e d’estate rischio di ustionarmi anche quando faccio una piccola passeggiata. Lilia ha il mio stesso problema, le nostre pelli combattono in tutti i modi per non diventare di un rosso accesso, ma l’unico rimedio è coprirsi il più possibile, rischiando così di soffocare per il troppo caldo.
Insomma, stavo bene lì fuori con quel bel fresco venticello che mi sfiorava la pelle e non volevo entrare in casa, ma la cena era li, sul tavolo e non potevo resistere al suo richiamo.
Scesi dal muretto e guardai mia madre che aveva un ‘espressione corrugata.
-Che hai fatto?- domandai.
-Non so cosa mangiarmi…-
“Bene, sempre la solita!” pensai.
Mangiai e poi per tutta la sera continuai a scrivere fin quando la mano non m’implorò dolorante di fermarmi. “Ok,ok…le mano non parlano, ma io ricevo il segnale ugualmente!”
Poi decisi di andare a dormire.
Il letto era sempre il solito, vecchio e freddo compagno che avevo da sempre e che mi faceva compagnia ogni notte, una delle tante cose, come gli sgabelli di scuola, che ti consentivano, si di riposare, ma anche di ritrovarsi con un odioso mal di schiena che ti segue tutto il giorno.
Accesi la luce verde e spensi il cellulare.
Il giorno seguente sarebbe stato come sempre, lento e noioso, ma avevo sonno e quindi mi addormentai quasi subito.

2

Era sera.
Una grande macchina nera arrivò con grande velocità d’avanti casa mia, lasciando profondi solchi sul terreno.
-Ma cosa?!- dissi rabbiosa ma anche allibita.
Insomma chi era il pazzo a correre così velocemente a casa mia, rischiando così d’investire qualche cane?
Mi avvicinai all’auto con un espressione corrugata e vidi una ragazza sbucare dallo sportello appena aperto.
Era bionda e con un viso scocciato.
Si rivolse a me come se mi conoscesse da sempre e si avvicinò.
Non avevo paura, anzi, mi sentivo superiore e in grado di fronteggiare il suo atteggiamento.
-Ma guarda un po’…e tu dovresti fermare me?-
La domanda mi arrivò come un accusa.
-Scusa?!! Cosa dovrei fare io?- feci una piccola pausa assumendo un’aria stupita.
-Sei tu che sei entrata qui, a casa mia, generando il panico e un gran polverone!!! Non credi che sei te, povera pazza, a dovermi una spiegazione?-
Lei era sempre più furiosa.
-Sono io che faccio le domande qui…non te!!!- conclusi io sfidandola a darmi torto con lo sguardo e le mani.
Continuava a sbuffare contro di me, poi notai che casa mia era diversa.
Alcune cose erano cambiate e, dopo il recinto che divideva il prato dal giardino, ora al posto dell’erba c’era un enorme acquitrino marrone e verde, da dove uscivano delle strane e vecchie rovine, semi sotterrate dal fango e dalla vegetazione.
Cosa stava succedendo? Stavo diventando forse pazza?
La ragazza bionda iniziò a cambiare espressione e guardando dietro le mie spalle, mi fece rendere conto di non essere sole.
Quando mi girai, vidi Lilia, Camilla e altre tre persone.
Un uomo sulla trentina che teneva la mano di una donna dai capelli neri e un uomo sulla mezza età, stempiato e molto robusto.
Tutti sembravano come provati e allo stesso tempo arrabbiati ,vedendo la ragazza avanti a me.
-Dammi mia figlia strega!!!- urlò la donna senza però muoversi, bloccata dall’uomo che la teneva ferma.
-Dove l’hai portata?- continuò lui furioso.
“Ha preso sua figlia? Quella ragazza?!!”
Non capivo cosa stava succedendo, ed ora, dopo aver visto tutta quell’acqua invadere i prati di casa mia e aver sentito le urla disperate di una madre e un uomo, che dedussi essere il marito di quest’ultima, accusare quella tizia di aver rapito loro figlia, stavo iniziando a preoccuparmi seriamente.
La mia agitazione saliva.
Cercai un aiuto, una spiegazione, dalle mie amiche, ma loro erano spaventate, avevano paura, non riuscì a capire se per l’apparizione così brusca della ragazza bionda o se per l’acqua e le rovine che avevano coperto l’intero prato.
Non potevo continuare a non sapere.
-Cosa sta succedendo? Non capisco…!- domandai a tutti.
Nessuno rispose. Era come se non mi avessero sentito, occupati a fissare rabbiosi o spaventati, la ragazza sconosciuta.
Mi voltai anch’io verso di lei e la trovai con un sorriso maligno in volto.
Non riuscì a non infuriarmi, non capivo perché ma non potei farne a meno.
-Dove l’hai portata maledetta? E chi sei?-
Inconsciamente riuscì a dire solo queste poche parole.
La guardai in cagnesco, con cattiveria, perché non riuscivo a capire cosa stava succedendo e anche perché a quanto avevo capito, aveva rapito una bambina.
La collegai immediatamente, anche come la causa di tutta quell’acqua arrivata ora, fino ai miei piedi.
Il suo volto e la sua espressione compiaciuta e crudele, mi facevano ribollire il sangue anche se non sapevo chi fosse.
Lei non rispondeva, anzi, iniziò a camminare a passo veloce e deciso, verso l’acqua e le rovine.
-Ehy,fermati!!!- le ordinai io, urlando inconsciamente. Non riuscivo a controllarmi, ne a mantenere la calma.
-Dove vai?-
Ora correvo per raggiungerla.
“Dove sta scappando?”
-Fermati!!- Sta volta era la voce della donna a parlare seguita a sua volta da quella dell’uomo accanto a lei.
La ragazza bionda si fermò e si voltò guardandomi e cambiando nuovamente espressione.
Mi avvicinai piano.
La sua bocca mostrava i denti in un ghigno malvagio e i suoi occhi, con mio grandissimo stupore diventarono rossi e spiritati.
“Oh mio Dio!!! Ma cos’è? Fa paura!!!”
Il sangue mi si gelò, non avevo mai visto una cosa simile.
Mi paralizzai subito sconcertata e spaventata.
“E’ un mostro!!! Non è umana!” dedussi immediatamente.
“Com’è possibile una cosa del genere?”
Da dietro non sentivo nessuna voce, probabilmente anche loro si erano fermati a guardare il volto mostruoso di quella che prima era una normale, anche se strana, ragazza con i capelli biondi che le arrivavano alle spalle.
Nella frazione di qualche secondo, quell’essere si girò, dandomi le spalle e tuffandosi nell’acqua stagna e sporca.
Nella mia testa non c’era altra scelta: dovevo seguirla!
Mi tuffai anch’io, incurante di quello che sarebbe successo dopo, ma prima di sparire sott’acqua riuscì a dedurre che anche gli altri mi stessero seguendo.
“Cosa sto facendo?”
Ma non ci fu tempo per pensare o tornare indietro, perché, oltrepassato il primo sottilissimo strato d’acqua, mi ritrovai con i piedi poggiati a terra, su dei mattoni di pietra grigia che, sparsi quasi ovunque, costituivano gran parte degli oggetti in quel posto.
“Ma dove sono?”
Era come un ‘altro mondo, un’altra dimensione, fatta solo di rovine, acqua, melma e erba alta e gialla.
Arrivarci era stato stranissimo.
Non ero bagnata, l’acqua in realtà, era come una lastra gassosa e quasi palpabile, che faceva come passaggio, tra un mondo e un altro.
“Che faccio ora? Come torno su… anzi, a casa!”
Girai la testa, guardandomi intorno.
Accanto a me, tutti gli altri che avevo visto prima.
C’erano tutti: Lilia e Camilla che si ripulivano i vestiti, l’uomo più giovane che si toglieva i capelli dagli occhi, la donna, sta volta silenziosa, che controllava tutti con lo sguardo e l’uomo robusto che sistemava alcuni strani oggetti, che aveva legato alla cinta che portava.
“Ma…chi sono?”
Nel pensarlo, guardai in giù, vicino ai miei piedi.
Vicino a noi, solo fango, acqua e… “Coccodrilli!!!”
Era pieno di coccodrilli che si avvicinavano a noi velocemente.
-E’ pieno di coccodrilli!- Avvisai gli altri senza alzare troppo la voce per non agitare quegli animali grandi e spaventosi.
Si girarono.
Da qual momento l’uomo più giovane prese il comando della situazione e mi si avvicinò.
-Vieni, corri…nell’erba!-
Mi afferrò il braccio e io potei guardarlo bene in faccia.
Sentì dentro tanti pensieri e rabbrividì. Una strana sensazione, mai sentita prima d’ora, m’invase tutto il corpo, lasciandomi senza parole.
Decisi quindi, di tenere le domande per dopo e corsi con lui e gli altri nell’erba alta, seguiti da qualche coccodrillo e sorpresi, ogni tanto, da altri che sbucavano dagli sterpi.
Dopo qualche metro, mi ritrovai con la donna e l’uomo alto, gli altri erano avanti a noi e non riuscivo più a vederli, ma ci tenevamo in contatto con la voce.
Pareva che tutti noi, conoscessimo quel posto, eppure ero più che sicura di non esserci mai stata prima d’ora.
Insomma, non è normale attraversare dell’acqua che in realtà non è acqua e ritrovarsi in un posto così strano!
Da quando avevo guardato quell’uomo poi, mi era presa una forte malinconia, non riuscivo a capire per cosa ne perché, ma avevo paura che potesse succedergli qualcosa.
La donna, notato il mio sguardo triste e preoccupato, mi si avvicinò.
“Lei…dovrebbe essere sua moglie! Sua moglie…”
Ma perché ora pensavo queste cose? Perché sentivo il cuore farmi male, guardandola e supponendo, quasi con certezza, che lei era la moglie di quell’uomo? Perché tutto questo? Cosa mi succedeva?
-Tranquilla, vedrai che si sistemerà tutto!- Mi disse lei, prendendomi la mano e continuando a correre.
“Non dovrei essere io quella che dovrebbe consolare lei? E poi cosa voleva dire con il “si sistemerà tutto!? Tutto cosa?”.
Quindi non c’era solo il problema di riprendere sua figlia, di far sparire l’acqua da casa mia e di ritornarci soprattutto!!! Con quella frase mi aveva lasciato intendere che c’era anche qualcos’altro, più legato a me, che si doveva risolvere.
-Dobbiamo essere forti e avere pazienza… ce la faremo!- Sorrise.
Ora, sembrava molto più controllata e calma rispetto a prima, quando urlava contro la ragazza/mostro di ridargli sua figlia.
Ricambiai con un sorriso, quasi forzato, dato che ero ancora molto preoccupata e notai che i suoi occhi e il suo sorriso erano dolcissimi.
Mi strinse più forte la mano.
-Coraggio…non perdere mai la speranza!-
Stavo per domandarle qualcosa, non so cosa di preciso, forse solo chiedergli dove fossimo o dove stessimo andando, ma mi ritrovai d’avanti a me, la schiena dell’uomo più giovane, che si era fermato insieme a Lilia e Camilla, a guardare dritto avanti a se.
Anche noi ci bloccammo subito.
La donna mi stringeva ancora la mano.
Eravamo tutti stanchi e ansimanti, mi sporsi oltre le spalle dell’uomo per vedere meglio cosa stava succedendo.
Lilia e Camilla avevano uno sguardo furibondo e fissavano truci delle rovine.
Lei era lì, la ragazza bionda era dall’altra parte di una grande vasca, tra le stesse rovine, ora più fitte, costruita con le stesse rocce grigie.
Mi porsi in avanti fino ad arrivare al bordo di questa e notai degli strani occhiali a terra, simili a quelli usati per fare le immersioni.
“Occhialetti? Qui? Com’è possibile?”
Li raccolsi, sempre inconsciamente, come se qualcuno mi stesse ordinando di farlo, come se mi muovessi ai comandi di qualcuno che mi controllasse.
Li diedi all’uomo alto e robusto, che fino ad’ora aveva parlato ben poco e lui li sistemò in una tasca della giacca, dove già aveva altri strani utensili. “Ma cosa sto facendo?”
Poi mi tornò in mente che la ragazza, che ora era di nuovo d’avanti a me, d’avanti a noi e la guardai.
“Devo raggiungerla”
Perché ero così determinata a raggiungere quella ragazza?
Sbucarono dalle rovine, due creature strane, paragonabili a sciacalli neri, che camminavano a due zampe.
-Oh mio Dio…cosa sono quelli?- urlai io, ricevendo come risposta una mano dell’uomo giovane sulla spalla, che mi face rabbrividire.
Non tolsi però lo sguardo da quegli strani esseri spaventosi, che portavano qualcosa, anzi qualcuno, alla ragazza bionda.
Era una bambina.
I capelli castano chiaro che arrivavano fino alle spalle e gli occhi pieni di lacrime, con le manine legate strette con una corda.
Aveva la bocca chiusa da una fascia bianca che le impediva di parlare e la faccina rossa e spaventata.
Benny…! No… no… Benny!- La donna mi lasciò la mano e cadde a terra in ginocchio.
Piangeva disperata senza curarsi più di nulla.
“Chissà che dolore poverina… devo fare qualcosa! La devo andare prendere!”
Ma come potevo fare?!
-Strega, maledetta, lascia Benny, lasciala!- Sta volta era l’uomo giovane.
Le urlava furioso e deciso sfidandola con lo sguardo, proprio come facevo io che intanto mi ero chinata per aiutare la donna in qualche modo.
Le misi una mano attorno alle spalle abbracciandola, ma senza perdere di vista la ragazza bionda che, guardava solo me, sfoggiando un sorriso gustoso e maligno, godendo di quello che stava facendo.
-Maledetta!- esordì l’uomo alto.
Camilla prese un sasso e lo lanciò verso di questa, suscitando solo agitazione tra i vari coccodrilli che ora ci circondavano.
Lilia aveva un’ espressione pensante, di sicuro in avida ricerca di una soluzione o un idea per giungere dall’altra parte della strana piscina.
“Devo fare qualcosa!”
Mentre cercavo qualcosa d’indefinito attorno a me, quella specie di ragazza, tramutò nuovamente nell’essere dagli occhi rossi e i denti appuntiti e ci fece sussultare tutti quanti.
Prese La bambina dalle strani mani nere di quei due esseri animaleschi e la legò ad un grosso tronco pesante.
-Cos…?! Lasciala…lasciala!!! Bennyyy…!!!-
L’uomo con uno scatto si tuffò in acqua.
-Noooo…!- urlai e mi ritrovai a seguirlo per poterlo fermare.
-No, no… fermatevi! Noo…!- la donna tentò di prendermi per la maglia e non farmi andare, ma io staccai la sua mano velocemente e mi tuffai.
“Non puoi andare è pericoloso!”
No, non potevo lasciarlo andare da solo, dovevo aiutarlo! Per me era inconcepibile rimanere ferma a guardare.
Con uno scatto la ragazza mostro, aiutata dai due strani esseri, gettò la piccola nell’acqua di un’altra piscina, situata oltre la nostra, dopo un basso muretto e prima di scappare, urlò ridendo:
-Vediamo quanto ci metti… ti guardo! Ahahahah…-
La sfida era rivolta a me, ne ero certa perché continuava a fissarmi e io la vedevo nonostante stessi nuotando, cercando di deviare i vari coccodrilli e ostacoli d’avanti a me.
Corsero via appena lei finì di parlare e sparirono tra le rovine.
L’uomo intanto aveva raggiunto, per fortuna sano e salvo, l’altra parte della vasca, scavalcò il muretto e si gettò in acqua per salvare la bambina, sua figlia, o almeno io ero convinta che lo fosse!
Mi aiutai a uscire dall’acqua con una tavola di legno galleggiante, che poi spinsi verso i miei compagni rimasti ancora dall’altra parte della piscina, per aiutarli a raggiungerci.
Velocemente lo fecero tutti.
Il primo ad arrivare fu l’uomo alto.
-Tieni, mettiti gli occhiali di prima!-
Giusto, così potevo vedere sotto l’acqua!
-E’ vero! Grazie!-
Li presi e mi gettai in acqua per aiutare l’uomo a salvare la bambina, Benny, così l’avevano chiamata.
Era strano ma quegli occhiali erano serviti alla fine, come se qualcuno li avessi messi li apposta.
L’acqua era putrida e marrone, piena di foglie, alghe, erba e fango, ma la vidi quasi subito.
Mi avvicinai e iniziai ad aiutare l’uomo che la stava già slegando.
La poverina era priva di sensi.
“Di fretta, di fretta, devo correre o muore annegata!”
Dopo vari movimenti finalmente riuscimmo a slegarla.
La presi per le braccia e nuotai verso la superficie.
In quel momento ero convinta che l’uomo stesse facendo lo stesso, l’avrei rivisto uscendo dall’acqua, ma non fu così.
Quando finalmente riuscì ad uscire, la prima cosa che feci fu portare la bambina dalla mamma, per poterla rianimare.
Ansimavo, avevo freddo e paura, mi tolsi gli occhiali e tentai di far qualcosa per aiutare gli altri a risvegliare la bimba.
Ma il cuore ogni secondo che passava mi batteva sempre più forte, c’era qualcos’altro che mi preoccupava.
“Dov’è?...”
-Dov’èèè…?!-
Urlai in preda al panico.
L’uomo non era risalito dall’acqua.
La donna in crisi come me, mi guardò piangendo.
-Corri… aiutalo, aiutalo ! Vedi dov’è! Oh Dio mio… corri!-
Immediatamente mi rinfilai gli occhialetti e mi tuffai agitatissima.
“Devo trovarlo… cosa sarà successo? Speriamo che stia bene!”
Appena sotto l’acqua lo vidi.
Era vicinissimo a me, ma era sospeso nell’acqua privo di sensi.
Mi avvicinai in fretta per aiutarlo, ma notai che qualcuno lo stava già portando in salvo fuori dall’acqua.
“Cosa?Ma…ma,come è possibile? Sono…sono uguali!!!”
L’uomo che disperato lo stava trascinando via era la sua copia esatta, diverso solo dai capelli e dal viso, leggermente più squadrato.
Erano la stessa persona però, la stessa persona e ne ebbi conferma una volta uscita fuori dall’acqua.
Arrivammo sui mattoni grigi.
L’uomo dai capelli biondo chiaro che teneva ancora l’altro privo di sensi tra le braccia, piangeva e si dannava per rianimarlo.
Distolsi lo sguardo dai due per un istante e notai che la bambina si era ripresa e ora era nelle mani sicure della madre che continuava a lacrimare distrutta per ciò che stava succedendo.
D'altronde ora, quello svenuto era suo marito, almeno così pensavo.
Tornai alla scena precedente.
La situazione andava sempre più degenerando. Avevo il cuore che stava per scoppiare e tanta paura di perderlo, di perdere quel uomo che non era altro che un ragazzo sui venticinque anni, dai capelli neri fino alle spalle, gli occhi castano chiaro pieni di una luce e di una forza che mi davano strane emozioni. Non sapevo il suo nome, ne chi fosse, ma tenevo tantissimo e inspiegabilmente a lui, anche se da quanto avevo capito, aveva una figlia e forse quella donna era sua moglie, ma io mi disperavo e non badavo a tutti questi problemi in quel momento.
Piangevo, ero nella disperazione assoluta, proprio come l’uomo identico a lui che urlava e lo strattonava per risvegliarlo da quel suo stato di morte apparente.
Era morto?
No, non poteva… non poteva esserlo!
“Ti prego fa che apra gli occhi… ti prego!” pregai in silenzio dentro di me, fissando quel viso dalla bocca semi aperta che lo rendeva così tenero da sembrare un bambino addormentato.
-No…non puoi morire! Non puoi…!- L’uomo biondo urlava.
-Non puoi lasciarmi, io non esisto senza di te!-
Ero così presa dalla scena da non riuscire a parlare e a muovermi.
-Non… puoi mori… re!- fece una piccola pausa per riprendere il fiato tra le lacrime.
-…ti prego!- Singhiozzava forte!
-Non puoi morire… io non posso vivere senza di te!!!-
Quest’ultima frase fu come un urlo, un grido disperato, una richiesta così importante, di un intensità così forte che mi fece crollare con le ginocchia a terra.
“Ma cosa mi sta succedendo? Mi sento morire… no, lui non può morire, non può morire!”
Tremavo, avevo gli occhi sbarrati e ansimavo forte.
Sentivo che i sensi mi abbandonavano e il mio corpo indebolirsi velocemente, arrendendosi alla gravità, proprio come quello dell’uomo nelle braccia del suo gemello che disperato continuava a strattonarlo.
“…se lui muore… se lui muore, io morirò…! Svegliati, svegliati ti prego!”

2

Fu così che mi risvegliai dal mio sonno.
Con quella sensazione ancora impressa dentro di me e il volto dell’uomo privo di sensi stampata negli occhi.
“Un sogno? E’ stato un sogno?”
Come poteva un sogno essere così vivido e reale?
Guardandomi attorno mi accorsi di non essere a casa mia.
“Ma… questo è… è un ospedale! Cosa è successo?”
Tentai di alzare la testa ma non avevo forze.
“Cosa mi è successo?” Aveva gli occhi sbarrati e pareva sorpresa.
Suonò subito il campanello per chiamare l’infermiera.
Facevo fatica a focalizzare bene le cose con gli occhi e a muovermi. Avevo tutti i muscoli intorpiditi e mi sentivo molto debole.
La porta si aprì ed entrò un’infermiera, una donna sulla quarantina che appena mi vide s’irrigidì!
-Oh Santissimo… si è risvegliata!-
“Risvegliata? Perché era così sorpresa che mi fossi svegliata?”
-Oh mamma mia…- La donna in bianco continuava a mugugnare allibita e intanto mi controllava.
Notai che avevo strani macchinari attaccati e la cosa non mi piacque affatto.
-Ma stai benissimo?! Questo è un miracolo! Riesci a sentirmi?-
Me lo domandò come se stesse parlando ad uno straniero incapace di parlare e comprendere la sua stessa lingua.
-S..si!- la mia voce usci come un sottilissimo sibilo rauco.
La gola mi faceva malissimo e mi promisi da sola che avrei parlato il meno possibile per qualche tempo.
“Che male!”
-Oh….Ma parli? Questo è veramente un miracolo! Un miracolo!!! Vado a chiamare il dottore!-
Uscì iniziando a ringraziare tutti i Santi del paradiso di corsa e con un grande sorriso incredulo sulle labbra.
“Dannazione ma cosa mi è successo da generare tutto questo stupore ad un’infermiera?”
Mi girai piano e dolorante e vidi l’anziana donna ancora con gli occhi fissi su di me.
Non mi disse nulla.
Poco dopo sentì dei passi svelti provenire dal corridoio.
Entrarono un uomo, dedussi che fosse il dottore e altre tre infermiere tra cui quella tutta estasiata che era già entrata in precedenza.
Ma bene… ora erano in quattro ad avere un’espressione sconvolta in volto!
Dopo non molto scoprì cosa mi era successo: ero entrata inspiegabilmente in coma durante il sonno. Semplicemente, i miei genitori una mattina, vedendo che non mi alzavo dal letto, si accorsero che qualcosa non andava ed infatti, ero entrata in coma senza una spiegazione logica.
Ero rimasta così per molto tempo, quasi sei mesi, ma non avevo mai smesso di respirare da sola per fortuna e non avevo subito alcun danno celebrale.
Appena rividi i miei genitori li trovai felicissimi ma con un volto distrutto dalle tante sofferenze per il mio stato.
Ma ora era finita, mi ero risvegliata e piano piano si sarebbe sistemato tutto.
Dopo qualche tempo infatti, tornai a casa e ripresi la mia vita di sempre, con grande felicità di tutti. Nella mia testa però era vivido il ricordo di quell’avventura e la voglia di sapere cosa poi fosse successo a quell’uomo che mi faceva ancora battere spaventato il cuore era forte e ricorrente.
Se mai avrei potuto scegliere di esaudire un desiderio, al momento avrei scelto quello di non far morire quell’uomo.

  
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