Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Carmilla Lilith    18/06/2011    6 recensioni
Eraclito è stato condannato dal dio Efesto a vivere in un eterno vagabondaggio. Improvvisamente, però, nella sua vita appare una speranza per poter trovare finalmente la pace.
Storia partecipante al "Contest of Art" indetto da Valery_23 e classificatosi primo.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le sette spade di Efesto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Wanderer

 Banner

“You fool, you wanderer/
You challenged the gods and lost”
 
(Planet Hell, Nightwish)
 
Eraclito era in piedi, silenzioso ed immobile, perso nella contemplazione dei primi bagliori dell’alba che illuminavano dolcemente le sagome delle montagne e di alcune isolate rocce aguzze. Il resto del paesaggio era celato da una fitta nebbia perlacea che andava dissolvendosi per lasciare posto alle luci rassicuranti del nuovo giorno.
Sarebbe stata una visione sublime se soltanto la foschia non fosse stata così simile al fumo che si alzava lento dalle rovine delle città che aveva amato: Atene, Costantinopoli e Gerusalemme. La maledizione degli déi non lasciava alcuna tregua all’uomo che aveva osato sfidarli e che rimpiangeva ogni singolo giorno la stoltezza che l’aveva spinto a credersi invincibile.
Istintivamente Eraclito strinse più forte l’elsa di Apeiron, la sua spada. Visto di spalle sarebbe apparso come un viandante qualsiasi, stagliato contro quel mare di nebbia mattutina e saldamente aggrappato al suo bastone. In realtà lui era l’eterno errabondo, solo davanti all’ignoto e armato della sua unica certezza, un fioretto custodito in fodero simile ad un bastone.
 
Quasi mille anni erano trascorsi da quando Eraclito, allora soldato ateniese dai capelli color del grano e i profondi occhi scuri, aveva osato uccidere un fabbro, adepto di Efesto, per impossessarsi di una spada destinata ad essere impugnata soltanto da grandi eroi: Apeiron, l’infinito e l’indefinito, l’arma che mutava la sua foggia a seconda delle necessità e la cui lama era destinata a non scalfirsi mai.
Eraclito, reso superbo ed ambizioso dalla sua origine aristocratica e dalla finissima educazione ricevuta, non vedeva nulla di sbagliato nel suo gesto: brandendo Apeiron sarebbe diventato certamente un paladino degno di risiedere sul monte Olimpo. Purtroppo Efesto, il fabbro divino, non era dello stesso avviso ed aveva punito l’impudenza del guerriero condannandolo a vivere in eterno e a vagare senza sosta: Eraclito non avrebbe avuto alcuna identità, nessuna casa a cui fare ritorno, nessun affetto e nessun conforto.
Inizialmente il soldato aveva riso di quella punizione: chi non desiderava la vita eterna? E come poteva venirgli impedito di eleggere la propria dimora?
Soltanto con il tempo si accorse di quanto fosse terribile la maledizione degli déi: la sua polis, Atene, andò incontro alla decadenza dopo la morte del prode Pericle e la medesima sorte toccò poi a Costantinopoli ricoperta d’oro, caduta sotto l’assedio turco, ed infine a Gerusalemme, la Terra Santa che venne violata durante le crociate.
Ogni centro abitato dove risiedeva veniva immancabilmente colpito da catastrofi: oltre alle sue tre adorate città, che tanto aveva amato per il loro fulgido splendore e cosmopolitismo, v’erano stati piccoli villaggi e paeselli caduti in disgrazia dopo il suo arrivo. Per evitare che la furia di Efesto si abbattesse su degli innocenti, Eraclito aveva deciso di vagare per le foreste, gli irti colli e i picchi più remoti: qualsiasi luogo, purché disabitato. Il suo corpo, ad ogni modo, lo spingeva continuamente a camminare e gli concedeva di ristorarsi soltanto la notte.
Fortunatamente Eraclito aveva imparato ad amare la solitudine ed il silenzio dei boschi, la maestosità dei paesaggi alpini e la vita di tutti gli esseri che popolavano una Natura all’apparenza tanto ostile. Spogliatosi delle vesti di guerriero aveva indossato i più consoni panni del viandante, decidendo di vestirsi dello stesso verde scuro dei soffici muschi. Apeiron si era tramutata in un bastone che lo sosteneva nel suo eterno pellegrinaggio e ritornava ai suoi fasti di spada divina soltanto quando Eraclito era costretto a difendersi dagli assalti di qualche belva feroce o dall’avidità degli esseri umani.
Ormai conscio del suo errore e mondato dai suoi peccati, l’ateniese desiderava soltanto  ricongiungersi con i suoi cari e porre fine al suo vagabondaggio una volta per tutte.
 
Un breve zefiro condusse alle narici dell’uomo l’odore delle foglie inumidite, divenuto tanto familiare quanto rassicurante e piacevole. Eraclito aveva sempre avuto l’olfatto particolarmente sviluppato e sua madre Elena aveva sempre visto questa caratteristica come un dono divino.
Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell'apparire, del sentimento e della volontà.” Diceva spesso sua madre, ammirando i suoi preziosi unguenti provenienti dal lontano Egitto ed insegnando al piccolo Eraclito i nomi delle varie fragranze.
Proprio a causa di un profumo l’uomo si era convinto ad abbandonare il suo prudente pellegrinaggio alpino per seguire quella soave sinfonia che pareva appartenere ad un intero giardino di rose appena sbocciate. Aveva avvertito l’essenza fiorita in sogno: una donna incappucciata era chinata su un braciere dove ardevano boccioli di rosa secchi e foglie di esotiche piante aromatiche.
Aveva immediatamente compreso che quella donna misteriosa poteva guidarlo verso il suo destino: la fine della sua pena, l’eterno riposo. Non era stata tanto la visione a convincerlo, piuttosto la fragranza sprigionata dal fumo che usciva dal braciere che, per qualche motivo che Eraclito ignorava, gli ricordava la sofisticata madre.
 
“He will ride across land and time/
To find a way through this endless night/
There's a storm in his heart and the fire burns his soul/
But the wanderer's part is to ride alone”
(Wanderer, Ensiferum)
 
E così, mentre il giorno nasceva e la nebbia si dissolveva, l’errabondo ripartì, guidato soltanto dal profumo di rosa che aleggiava nel vento.
Era completamente solo nello scontro con quell’oscura notte che è l’ignoto ma era disposto a tutto pur di trovare una via che lo conducesse finalmente a casa.
 
L’angolo dell’autrice
 
Dopo un periodo di riposo sono tornata! Questa breve one-shot si è classificata (con grande sorpresa della sottoscritta) prima al concorso “Contest of Art” indetto da Valery_23 (scontato dire che vi consiglio di leggere tutte le storie partecipanti) e sancisce ufficialmente la nascita della mia seconda serie “Le sette spade di Efesto”.
Il concorso a cui ha partecipato questa storia richiedeva di trarre ispirazione da un’opera a scelta tra le proposte e come avrei potuto non ispirarmi alla splendida opera del fortunatissimo (voluto sarcasmo) David Caspar Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”?
Ho provveduto, come spesso accade, ad inserire due citazioni tratte da canzoni che amo molto: “Planet Hell” dei Nightwish e “Wanderer” degli Ensiferum (quest’ultima canzone da anche il titolo al racconto). Il nome del protagonista, infine, è ispirato ad un filosofo antico che ho apprezzato molto.
Per terminare questa postilla, ringrazio Valery_23 per aver indetto questo fantastico contest e per aver tanto apprezzato il mio racconto e ringrazio anche chi avrà letto fino a questo punto.
A presto (spero)

Carmilla Lilith

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Carmilla Lilith