01. Ombre senza nome.
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Una giornata
trascorsa al Ministero della Magia poteva essere più tremenda di quanto non si immaginasse, sopratutto se si viene scelti come scagnozzi
da Dolores Jane Umbridge. Gray contemplava la massa eterogenea di persone
affollare i marciapiedi, chiedendosi per quanto tempo avrebbe sopportato quella
donna. Probabilmente, anzi, sicuramente, la stava cercando per affidarle
qualche compito idiota, ma questo non era certo un motivo per il quale Gray
sarebbe scesa da lassù.
Da quando poi
aveva saputo che avrebbe dovuto accompagnarla ad
Hogwarts come assistente, non aveva certo fatto i salti di gioia. Sarebbe stato
ancora più difficile tenersi in contatto con i membri dell'Ordine, ma
adoperando come scusa la sua malattia, avrebbe potuto filarsela quando le
faceva più comodo. Per il resto, non era a conoscenza dei piani del Ministero.
Da quelle parti nessuno si fidava di Gray, o meglio, nessuno
era così stupido da farlo. Era come se qualcuno avesse intuito che aveva
dei contatti con qualcuno che il Ministero non adorava proprio: Silente. Ed in effetti neanche Gray ne era particolarmente felice.
Era
probabilmente il membro meno attivo dell'Ordine. Ogni tre giorni - come minimo
- la malattia la stendeva a tal punto che restava addormentata per lungo tempo.
Non aveva occasione di spiare il Ministero, anche perchè non appena riapriva
gli occhi veniva scaraventata nell'ufficio degli Auror
per continuare le indagini sulla cattura di Sirius Black.
A dir la
verità Gray sapeva perfettamente dove si trovasse,
anzi, non vedeva l'ora di tornare a Grimmauld Place.
Ma
probabilmente avrebbe dovuto aspettare ancora molto: sarebbe volentieri partita
di soppiatto la notte scorsa, ma da quando la Umbridge
l'aveva personalmente selezionata come assistente non aveva neanche il tempo di
respirare. Le veniva la tentazione di sperimentare qualche maledizione sul
vecchio rospo, ma per il momento non le pareva una buona idea.
La sua reputazione era già abbastanza agghiacciante.
Un improvviso
bruciore all'altezza delle clavicole la attanagliò mozzandole il respiro, e
diffondendosi su tutto il corpo. Gray si contorse dal dolore, e per poco non
cadde di sotto, dodici piani più sotto. Non che questo la
preoccupasse. Ma quel dolore non era un buon
segno. Scagliò un'occhiata al punto dal quale proveniva il dolore, cercando di
inquadrare il segno che contraddistingueva tutti quelli come lei. Avvertì una
chiara sensazione di disgusto.
Disgusto
per tutto quello che quel marchio le aveva provocato, disgusto per il signore
che avrebbe dovuto servire se solo non si fosse sforzata di resistere. Stava lentamente pagandone il
prezzo. Grey emise una specie di gemito; il marchio stava emergendo ancora una
volta e lei avrebbe dovuto respingerlo di nuovo. Il peggio era che,
stranamente, sembrava che nessun incantesimo potesse contrastare il Marchio, e
l’unica scelta era tagliarsi completamente la pelle. Non aveva più voglia di
dilaniarsi la pelle, come quando era a scuola, ma sapeva che se non l'avesse
fatto non avrebbe più avuto piena volontà delle sue azioni. E
allora forse avrebbe ucciso qualcuno. E sarebbe
tornata in quel posto orribile... forse stavolta niente l'avrebbe salvata dai
Dissennatori…
- Gray! -
Una voce la
fece trasalire e per la seconda volta rischiò di precipitare. Una ragazza dai vistosi capelli violetti trotterellava verso di lei. Gray
non si mosse di un centimetro. Scrutava i dintorni con noncuranza, convinta che
Tonks non l’avrebbe riconosciuta.
Invece, quando si voltò, era proprio di
fronte a lei.
- Forza, lo so che sei tu -
Gray scrutò
ancora una volta i dintorni per assicurarsi che nessuno la vedesse,
poi scese dal cornicione e riprese sembianze umane. Anche in quel caso, comunque, non era il tipo di persona che passa facilmente
inosservata. Aveva la pelle di un pallore quasi disumano, le palpebre livide e
cineree, e gli occhi rossi erano offuscati da un’ombra di sconfinata
spossatezza. Il suo aspetto esteriore non tradiva la malattia che la
accompagnava da quando era nata, ma nel vederla, sembrava proprio che dovesse
morire da un momento all’altro, perdendosi nella brezza come un mucchietto di
sabbia. Lunghi capelli fulvi scintillavano sotto il debole sole di Londra. Si
stringeva in una lunga giacca di pelle, che portava semplicemente sulle spalle,
senza infilare le maniche. Aveva dei pantaloni lucidi e aderenti, che
sembravano fatti di squame, ed una maglia di velluto strappata dalle maniche
svasate e molto larghe. Essendo vestita completamente di nero, il colore
spettrale della sua pelle risaltava come non mai.
Nero era lo
smalto che aveva sulle unghie, neri erano gli stivali, nero il cuore dalle ali
d’argento che portava al collo. L’unica cosa di colore diverso era la cintura
di cuoio rivestita di aculei, ciondolante sotto la vita
e adorna di ogni genere di piccola catenina d’oro.
Tonks ormai la
conosceva bene, ma non poteva evitare di restare impressionata ogni volta che
la vedeva così all’improvviso. La sua pelle era liscia come una tavola di
legno, sembrava trasparente sotto quel sole, ed emergeva ostinatamente dalla
montagna di nero di cui era vestita.
Gray sembrava
aver sempre freddo, anche nel clima mite di fine estate. Era magra e sottile
come un fuscello, sembrava che bastasse un soffio di vento per spezzarla in
due.
Lo strano e
malato carisma che la sua figura imprimeva sembrava imporre qualcosa che
rasentava il terrore.
Tonks sapeva
bene che Gray aveva conosciuto le fauci di uno dei luoghi più terribili di quella Terra.
- E tu come fai a sapere che… -
- Sirius - la interruppe Tonks, - me l’ha detto
lui. -
- Quanta privacy… - Gray roteò gli occhi.
- Lascia perdere. Stasera c’è
una riunione, - disse Tonks in
tono allegro.
- Non so se posso, - rispose Gray stancamente.
- Sì, però devi !
Abbiamo delle novità riguardo all’ar… cioè… riguardo a quella cosa, capisci… - Tonks sembrava timorosa che qualcuno stesse
origliando l’intera conversazione, ma proseguì, abbassando vertiginosamente la
voce, - Non è difficile sgattaiolare
fuori dal Ministero, no? Sei un Animagus! Nessuno baderà ad un corvo -
- La Umbridge mi sta
alle costole. Si accorgerà subito che me la sono filata, - Gray ebbe un violento colpo di tosse e divenne
ancora più pallida. Dovette mettersi seduta sul cornicione, pericolosamente
oscillante verso l’esterno.
- Ci sono mille scuse, - replicò Tonks con aria furba, - di’ che ti sei sentita veramente male… o
magari che hai avuto notizie di qualche ricercato, o… -
- Non funzionerà -
- Che pessimista! -
- Si dice realista, - corresse Gray, - comunque la mia non è
esattamente la posizione che può permettersi sparizioni di questo genere. Non
ho una fedina penale impeccabile come la tua. -
Tonks tacque
per un istante.
- Una volta non avresti fatto tante storie, - disse all’improvviso
- … Cosa? -
- Anche questa me l’ha
detta Sirius -
Gray non poté
evitare di sorridere, nonostante continuasse a tossire.
- Allora?, - chiese Tonks
- Vengo -
- …Sicura? -
- Sicura. -
*
- Permesso? - , trillò
la Umbridge, vagamente alterata, - Permesso per cosa? -
- E’ una cosa lunga, Umbridge -
- Sono miss Umbridge. -
- Sì… d’accordo - tagliò corto Gray con impazienza, prima di
guardarsi intorno con sguardo nervoso. Non era esattamente il tipo di compagnia
che avrebbe voluto avere per una conversazione di quel genere. Gran parte del
Wizengamot era abbastanza vicina da poterla sentire, e quanto alla Umbridge, parlava con Lucius Malfoy assieme a
Caramell. - Voglio solo una sera libera. Tutti i
dipendenti hanno la sera libera! Domattina all’alba sarò di nuovo qua -
Gray volse attorno l’ennesimo sguardo. Da nervosa era diventata
rabbiosamente imbarazzata. Si sentiva come una mocciosa che chiedeva il
permesso per uscire la sera, e tutti la guardavano di soppiatto così come avrebbero guardato un barbone o un ammasso di rifiuti al
bordo della strada. Gray pensò che fosse il momento giusto per darsi un tocco
di classe. - E
avrò notizie di Black. -
Malfoy inarcò
il sopracciglio. A differenza degli altri, lui, la Umbridge
e Caramell la guardavano anche troppo spudoratamente. - Sei convinta di sapere il suo nascondiglio?, - chiese Malfoy
scrutandola con un’occhiata superiore.
- Sì. -
- E pensi di poterlo
arrestare stasera? -
- Esattamente. - Il silenzio si impadronì
del corridoio - Se posso uscire di qui
stasera, ovvio. Ma visto che non sembrate
dell’opinione… - Gray voltò loro le
spalle e fece per andarsene.
Misurava il
pavimento a passi lenti; era praticamente certa che,
non appena si fosse avvicinata alle scale, l’avrebbero fermata e l’avrebbero
fatta uscire. Qualsiasi cosa dicesse Tonks, la miglior
tattica da seguire col Ministero della Magia era comportarsi da educati
sottoposti. Non era esattamente la specialità di Gray, ma faceva del suo
meglio.
Mancavano ancora
due passi alle scale, quando, come previsto, la voce della Umbridge
trillò angelica alle sue spalle.
- Gray? -
Con un sorriso
innocente stampato in faccia, Gray girò lentamente i tacchi e tornò verso i
tre.
- Sì? -
- Penso che tu possa andare -
- Bene -
- Ma la bacchetta resta
qui -
Questo Gray
non l’aveva calcolato.
E non era
sicura che non le importasse, perché non era del tutto
tranquilla a girovagare senza bacchetta. Soprattutto
se aveva a che fare con l’Ordine della Fenice. Era convinta che si
sarebbe trovata di fronte a una buona metà di spie e
di volta faccia; l’esperienza le insegnava a non fidarsi di nessuno e,
soprattutto, a non separarsi mai dalla bacchetta…
- Ma perché? -
- Diciamo che non sei… la persona di cui tutti
noi si fiderebbero… - Scandì lentamente Malfoy. Gray lo osservò
senza calare lo sguardo neanche per un istante. Lo so, cosa credi… Mangiamorte…
- E lei, Malfoy…
suppongo che di lei ci sia molto da fidarsi. -
- Gray!! - abbaiò Caramell.
Gray stava
iniziando a perdere la volontà di comportarsi bene e la voce della sua
coscienza ormai era un soffio remoto. Non che Gray l’avesse
mai ascoltata, in verità. Ma aveva sempre
cercato di non farsi guai col Ministero. Malfoy non l’avrebbe passata liscia.
Malfoy era un Mangiamorte esattamente come lei… però Malfoy non era mai finito
ad Azkaban… Malfoy non aveva mai avuto amicizie sospette… Malfoy era innocente
come un agnello, e Gray doveva essere grata… era il Ministero che le aveva risparmiato ciò che si meritava…
- Non dovresti nemmeno azzardarti, ragazzina… -
- E tu perché non mi
metti di nuovo in prigione, Caramell? - latrò Gray - Hai paura? Hai paura che io ti salti addosso e
ti strangoli? Pensi che io sia l’unica assassina, in questo corridoio? -
Cessando per
un attimo di respirare, Gray udì i presenti fare altrettanto. I loro sguardi
erano gonfiati di risentimento e di quella che assomigliava tremendamente alla
compassione.
**Loro
non hanno mai provato il
gelido
abbraccio
di Azkaban . .. **
Gray ebbe il
presentimento di averla detta troppo grossa. Eppure c’erano abituati! Lo sapevano bene. Gray non aveva
difficoltà ad indovinare come la giudicassero: lei era
instabile, una povera orfana, la sua malattia non le consentiva di provare neppure emozioni troppo forti, era
una mezza dissanguata, metà della sua vita la trascorreva a letto priva di
sensi…
**Uccidili.**
Non sapevano
niente. Non potevano lontanamente sospettare quanto male le facesse…
**
Guardali,
Gray… **
Lo sguardo di ogni membro del Wizengamot era puntato su di lei. Altri
dipendenti accorrevano perché avevano sentito dire, in un attimo, che c’era
aria di baruffa nei corridoi. Gray tossì. Si sentiva debole…
**…guardali negli
occhi…**
Gray sapeva
che stava per succedere. Cercò di scacciare tutta la sua rabbia, cercò di
rammentare tutte le lezioni di Occlumanzia che era
stata obbligata a seguire… basta impedire al nemico di entrare nella mente, di
guardarti i ricordi…
**Uccidili, Gray,
d evi ucciderli…**
- Bhe? Che diavolo ti
prende? - il tono di Caramell era di
scherno. Gray ne era certa.
La Umbridge scoppiò a ridere. Gray si
sentiva così tremendamente infantile…
Malfoy
sghignazzava.
**Che
pena provano
per te! pensaci…
…cosa devi loro? **
Gray lo
sapeva. Non gli doveva niente. Aveva lo sguardo inondato di
sangue, sentiva il dolciastro colmarle la bocca.
**pensaci…**
- Oh, sta male… - rise la Umbridge.
Rospo! Vecchio rospo!
Gray sentiva
il sangue.
**Uccidili, Gray!
UCCIDILI!!
**
Gridò con
tutte le forze che aveva in corpo, prima di perdere
improvvisamente i sensi e sentire una vampata di fiamme avvolgerle il Marchio.
Era tornato.
*
Invano tentò di ricordare cos’era successo. Le pareti attorno a lei
sembravano inghiottire ogni suo pensiero, ogni volta che tentava di formularne
uno. Il vestito attorno al Marchio era bruciato, e il teschio nero era ormai
netto come un taglio nella carne. Gray tossiva ogni minuto, sputando sangue
ogni volta. Si chiese in che guaio fosse finita. Ma che le importava?
Fuori la
pioggia, o almeno l’illusione trasmessa dalle false finestre, velava ogni
domanda, come una tenda di velluto.
Gray aveva gli
occhi appannati dalle lacrime, come ogni volta che si sentiva male.
Il suo
cervello sembrava essere sparito, restava solo la scatola cranica vuota, dentro
la quale echeggiava ogni secondo la risata della Umbridge.
Gray strinse i pugni così violentemente che le unghie lunghe ed affilate le
scavarono dei tagli nella pelle e macchiarono le lenzuola. Dopo molto tempo
realizzò di trovarsi al Ministero, ai piani intermedi, dove venivano
messi quelli che si sentivano male. Le ricordava tanto il San
Mungo…
No, somigliava
forse all’infermeria di Hogwarts… quante volte c’era stata…
In un istante
ebbe un sussulto e un gemito, la sensazione che i pensieri le fossero tornati in testa tutti quanti in un colpo solo. la riunione… alla fine non c’era andata. Adesso l’avrebbero
schiaffata di nuovo in una qualche cella piena di topi… o forse non era nemmeno
la Ministero, magari era a Grimmauld Place, forse
tutto quel che aveva visto se l’era solo sognato…
O forse era a casa. Per un attimo
si ricordò il suo nome, era certa di sentirlo…
La porta si
aprì ed entrò il signor Weasley. Fu come se un colpo di forbice le staccasse
ogni ricordo legato al passato. le vocine che
sussurravano il suo nome svanirono e le pareti di casa sua crollarono,
fuggirono via, come un castello di carte da gioco.
- Come va? -
Gray rispose
con una domanda. - Che
è successo? -
- Sei svenuta, e poi… -
- Lo so benissimo che sono svenuta. Voglio sapere cos’è successo dopo -
- Bhe… -
Arthur Weasley
sembrava riluttante a dirglielo
- La Umbridge ha fatto
distruggere la tua bacchetta. -
Gray emise un
sospiro tale che le fece quasi venire le vertigini. Perfetto. Nient’altro
mancava per farle venire la voglia di restare sul letto per sempre.
- Era veramente arrabbiata,
sai -
Gray non
rispose. Il signor Weasley continuava a riferirle i fatti, ma lei non ascoltava
neanche una parola. Captava qualche frase di tanto in tanto ma non aveva
nessuna voglia di capirla.
Fissava un
punto nel vuoto.
- Harry ha fatto l’udienza ed è andata bene - disse ad un tratto il signor Weasley.
- Che… cos… … udienza ?
Ma non doveva essere… -
- Hai dormito quattro giorni, - annuì il signor Weasley, con un mezzo sorriso.
Gray sibilò un imprecazione mentre si lanciava di
nuovo sul cuscino: quanti editti - a suo danno, ovviamente - era riuscita a
deliberare la Umbridge, in tutti quei giorni? - Nel frattempo la Umbridge
ha anticipato la partenza per Hogwarts. Domani. Che tu stia
bene o no. -
- Se non volessi
andarci? -
- Andiamo, non mi pare
il caso di combinare qualche altro guaio. Abbiamo bisogno di spie al Ministero,
non ad Azkaban. -
Gray dovette
scuotere la testa, ammettendo che non aveva torto. Non
aveva nessuna voglia di tornarsene a scuola, anzi, la sua
riluttanza superava il limite della sopportazione. “Lavorava” al
Ministero soltanto perché non la arrestassero di nuovo, e quanto all’Ordine,
sebbene fosse il compito meno ingrato che le fosse
toccato, non sopportava l’idea di fare un piacere a Silente. Non le era mai
andato a genio. Quando andava a scuola aveva sempre
preso le sue difese, in moto talmente spudorato da farla passare per la cocca
del preside. Ed accoglieva professori scadenti come il
direttore di un orfanotrofio. Non a caso, aveva assunto Mocciosus.
Dentro di sé, comunque, Gray aveva già un piano.
*
- Che significa che non
riuscite a sbloccare questa dannata porta? - ruggì Caramell.
- Deve averla sigillata dall’interno con qualche
incantesimo, - rispose uno dei membri
del Wizengamot, - e non c’è magia che riesca a… -
- Idioti! - Caramell lo scansò violentemente - Ha solo chiuso a chiave!! Come può lanciare un
incantesimo senza la bacchetta? -
Il consiglierò sembrò perplesso.
- Eppure… -
- Bah! Fatti da parte, babbeo!
Alohomora ! - Qualche istante di totale
silenzio, e un click segnalò che la
serratura era scattata. - Ci voleva così
tanto impegno!? -
Il consigliere
era ancora più perplesso, e la piccola folla dietro le sue spalle cominciava a dar segni di irritazione.
- Ad aprirla ci siamo già riusciti!, - azzardò, - è che… -
Caramell non
lo lasciò finire, e, sempre seguito dalla Umbridge,
spalancò la porta e fece per irrompere nella stanza, quando andò a sbattere
contro un muro. Il botto si udì per tutto il corridoio e fece accorrere una
dozzina di dipendenti ansiosi di vedere Caramell che, col naso appiattito e
l’espressione ebete, si afflosciava a terra come un ubriaco. Inoltre la Umbridge gli era andata a sbattere contro per la frenata
improvvisa, spiaccicandolo letteralmente fra il suo grasso e la parete.
- Che diavolo ci fa un muro....?
-
Un muro di
pietre era come germogliato ad un millimetro oltre la porta, coprendo tutta la
parete ad essa circostante. Incise sui massi c’erano
le parole “Ci vediamo a Hogwarts, se riuscite a far entrare la
Umbridge sul treno”. La Umbridge si agitò nelle lonze di grasso, emettendo
scattanti “oh!” scandalizzati, che la facevano somigliare ad un vecchio
telegrafo.
- Quel ridicolo avanzo di cimitero! - sbottò Caramell.
- Ecco il suo ringraziamento dopo tutto quelle che abbiamo fatto per lei! - echeggiò la Umbridge.
Nessuno si
mosse.
- Bhe? Che diavolo ci fate
qui? Mandate qualcuno a cercarla, imbecilli!! -
*
Gray non si
sarebbe mai sognata che fosse così semplice ingannare Caramell e gli altri.
Probabilmente non aveva avuto un’idea poi così geniale, ma aveva dimostrato che
anche senza bacchetta non era totalmente disarmata. E
poi aveva bisogno di tempo per essere di nuovo in grado di muoversi, e se fosse
entrato qualcuno nel frattempo, avrebbe potuto capire che intendeva filarsela.
Non aveva
fatto altro che sintonizzare il suo cervello su quello di coloro
che tentavano di aprire la porta. La sua paura era che qualcuno tentasse
di attraversarla, perciò quando Caramell era andato a sbattere era rimasta decisamente sorpresa. Aveva sempre creduto che la sua
capacità innata di creare illusioni non potesse generare oggetti tangibili, ma
evidentemente si sbagliava.
Il suo piano
era far allontanare tutti per cercarla, ma così non era stato. Caramell e la Umbridge avevano anzi chiamato rinforzi per smantellare
la parete. La parete alla fine era scomparsa, ma Gray aveva creato l’illusione
del suo cadavere schiacciato contro la finestra. Si erano tutti riuniti,
quindi, nella parte della stanza più lontana dalla porta, e lei aveva potuto
filarsela con tutto comodo. Le persone che riempivano i corridoi rendendole
difficile la fuga le facevano provare una netta
nostalgia del Mantello dell’Invisibilità: non poteva trasformarsi in corvo in
luoghi così affollati, ma finalmente riuscì a trovare un angolo riparato da
ogni sguardo indiscreto.
Raggiunta la
sala principale, finalmente, aveva avuto la possibilità di Smaterializzarsi:
quella era l’unica zona del Ministero dove simili incantesimi erano fattibili.
Non appena aveva lasciato il Ministero le illusioni che aveva seminato erano
scomparse, e già si immaginava il casino che avevano
prodotto.
La prima zona
che le era venuta in mente per Smaterializzarsi era
Diagon Alley. Niente di più scontato, dal momento che aveva
bisogno di una nuova bacchetta. Ripensò con una rabbia indescrivibile alla Umbridge, e nell’immaginarsi la sua reazione quando si
sarebbero rincontrate ad Hogwarts le veniva voglia di gironzolare per Diagon
Alley tutta la vita.
Osservando
quanto poco quel posto fosse cambiato, negli anni, Gray ripensò a quando c’era
stata la prima volta. C’erano pochissimi ricordi nella sua testa che si riferissero a quel periodo. Una ragazzina
dall’aria atterrita che barcollava per le strade sprofondate nella neve,
tremando di freddo. Ogni luce era spenta, se non per
qualche piccolo bagliore lontano, ogni voce si era assopita nella notte.
La bimba
doveva avere poco più di otto anni. Capelli fulvi
spettinati, macchie di sangue sulla pelle e sui vestiti. Sembrava
del tutto incapace di ragionare, di pensare, sembrava malata al
cervello, parlava da sola. Contemplava le vetrine nascoste dalle saracinesche e
volgeva di tanto in tanto al cielo uno sguardo disperato. Improvvisamente, si
mise a correre.
Nascostasi
dietro un angolo scoppiò il lacrime chiamando i suoi
genitori. Tentò di strusciarsi il viso con le maniche, ma peggiorò la
situazione spargendosi il sangue su tutte le guance. Aveva degli sfavillanti
occhi rosso sangue, che riflettevano il bianco della neve lì intorno. Una
nuvola offuscò la luna, poi, altre nuvole, fin quando il cielo fu una macchia
nera senza punti di riferimento.
I lampioni si
spensero. Al Paiolo Magico le deboli luci che venivano dalle stanze si spensero
tutte contemporaneamente, e da qualche parte risuonò un grido lontano. La bimba
non se ne curò, continuava a piangere e il sangue gocciolava. Non era ferita,
sembrava che si fosse solo macchiata. I capelli arruffati sembravano un mucchio
di rovi, pieni di fiocchi di neve. Era vestita troppo poco per il freddo che
faceva. Da dove veniva? Che ci faceva lì da sola? Perché era terrorizzata, cos’erano quelle macchie di sangue
che aveva addosso?
L’orologio
segnava l’orario e la data. Gray non riusciva a mettere a fuoco i numeri. Nella
sua mente tutto era una macchia confusa colorata di rosso. Vaghe ombre si
aggiravano nella sua testa, confondendosi col dolore, con le lacrime, con
l’amaro della ferita e della vergogna.
Quando era entrata per la prima volta da
Olivander, Gray era accompagnata dalla McGranitt. Era stato Silente a trovarla
a Diagon Alley quando aveva otto anni: le aveva permesso di vivere ad Hogwarts, ma non le aveva mai detto da cosa l’avesse
salvata. Gray ricordava soltanto uno spazio di gelo e terrore che occupava il
vuoto fra Diagon Alley e Hogwarts. Era così per gran parte della sua memoria.
Di quando era piccola, prima di quella notte, non ricordava niente. La memoria
si ricostruiva lentamente, fino a lasciare spazio agli unici ricordi completi
che avesse: dal suo primo anno di Hogwarts in poi.
Non appena
ebbe passato la porta del negozio di Olivander, venne
investita da un calore malsano. Una falciata di luce entrava da un’unica
finestra, gettando la stanza in una strana penombra color seppia, nella quale
aleggiavano almeno due dita di polvere.
Il
proprietario emerse poco dopo e sembrò piuttosto stupito di vederla. Sembrava
averla riconosciuta, nonostante fossero passati almeno quindici anni
dall’ultima volta.
- Gray… dico bene? Gray… Gray… com’era?... - Olivander si
perse con lo sguardo al soffitto, e Gray immaginò che stesse tentando di
ricordare il suo nome. Non era la prima volta che si trovava di fronte ad una
situazione simile, e così si mise ad aspettare pazientemente che Olivander
s’arrendesse. - Dovrai perdonarmi, ma il
tuo nome ora mi sfugge. -
- Non importa. - Gray scosse le spalle gettando lo sguardo
altrove.
- Posso aiutarti? -
- Indovina… -
Olivander la
scrutò con attenzione per un istante.
- Ricordi di cos’era
composta la tua bacchetta? -
Gray scosse la
testa - No. Era quella che tremava in
continuazione. -
- Ah! Naturalmente! - Olivander si ravvivò all’improvviso e corse
verso i suoi scaffali. Prese a scrutarli con aria frenetica, ma sembrò non
trovare ciò che stava cercando, e si recò nel retro. Gray, mentre aspettava, si
guardava in giro: sembrava un vecchio negozio di scarpe.
C’era uno
sgabello sul quale delle scatole erano appoggiate alla rinfusa, e sembravano
stare in piedi per miracolo. Era lo stesso sgabello sul quale s’era seduta
Gray, chissà quanto tempo prima, un bello sgabello intagliato. Adesso aveva
soltanto due gambe - quella mancante era stata rimpiazzata da un vecchio
bastone - ed era completamente infestata dai tarli.
Improvvisamente
uno splendido gufo, che era lì da chissà quanto e aveva l’aria particolarmente
scocciata, bussò col becco al vetro della finestra. Gray non aveva idea di come
si aprisse, e decise di aspettare Olivander.
- Ecco qui - Finalmente il negoziante apparve dal soqquadro
del retro con una scatola in mano. Non appena l’aprì, la bacchetta al suo
interno cominciò a vibrare e saltellare come una forsennata. Gray non credette
di riconoscere la sua ex-bacchetta, ma non disse nulla. In verità il Ministero
gliel’aveva confiscata così tante volte che non aveva
avuto modo di usarla spesso. Non erano mai arrivati a spezzarla comunque. - Platano
Picchiatore. Nessuno ha mai avuto una bacchetta del genere… è
un legno molto particolare, sai… bacchette così sono anche troppo corte, a dir
la verità. D’altra parte non è facile procurarsi un legname del genere… -
- Ah-Emh… - Gray tentò di schiarirsi la voce per farsi
sentire, ed indicò la finestra, dove il gufo fremeva di stizza per la lunga attesa.
- Dopo! - disse impazientemente Olivander gesticolando,
e senza voltarsi nemmeno verso la finestra - Adesso provala, dimmi se è la tua. Ma ne sono
certo: ricordo tutti i miei clienti, negli anni, uno
per uno, e so esattamente che cosa comprano. Questa è Platano Picchiatore,
media, piuma di corvo. Sono certo che è la tua. -
- Credo di sì - Gray tentò di prenderla in mano ed ottenne una
sonora bacchettata sulle nocche.
- Ahia! - La bacchetta saltellò per tutta la scrivania
buttando all’aria fogli e libri. Olivander non si scompose, ma aspettò che
fosse di nuovo a portata di mano per ficcarla nuovamente nella scatola e
seppellirla sotto una montagna di cianfrusaglie perché non tentasse di uscire.
- Ah, temo che non fosse
quella. Ma allora quale… ne ero certo… -
- Pensavo che fosse quella. La lunghezza era
identica. -
- Si cambia nel tempo, e sono passati anni… ma
non credo esistano altri modelli in Platano Picchiatore… - ,
e Olivander si gettò nuovamente nel retro. Gray decise di cercare una maniglia
per poter aprire la finestra al povero gufo. Ma non
appena si fu avvicinata, notò un particolare che la fece trasalire: il sigillo
del Ministero. Gray ci mise un secondo ad immaginarsi il contenuto della
missiva: era una coincidenza ben poco credibile. Sicuramente c’era il divieto
di venderle una qualunque bacchetta.
- Mi spiace, amico, ma tu adesso te ne torni da
dove sei venuto, - disse in tono serio,
rivolgendosi al gufo, che a sentir quelle parole inalberò un profondo sdegno,
drizzandosi in tutta la sua statura. Gray non poteva rischiare che Olivander
leggesse, qualsiasi cosa ci fosse scritta.
I suoi occhi
rossi divennero fiammeggianti, e le pupille sparirono: aprì la mano destra e la
fece scorrere sul vetro, davanti al gufo, che si addormentò subito dopo un
tremito convulso. Gray trovò l’apertura della finestra, afferrò il gufo e lo
lanciò dritto dritto nel cestino della spazzatura;
non prima di aver preso la lettera ed essersela infilata in tasca, giusto in
tempo per l’arrivo di Olivander.
- Sì, sì, ecco qua! Questa è l’ultima che ho, se
non è questa penso che dovrai cercare altrove. - Gray deglutì. Era alquanto
improbabile che esistessero altri negozi di bacchette magiche, a meno che non volesse fare un viaggio all’estero. Olivander tolse
lentamente lo spago che legava la scatola, che iniziò subito a fremere tanto da
stappare la scatola. Il negoziante s’affrettò a chiuderla gettandovisi sopra
con tutto il suo peso. - Molto lunga,
sì, proprio molto lunga. Interamente in legno di Platano Picchiatore, ricordo
benissimo, l’hanno preso da una foresta là in Irlanda…
Silente non era ancora preside, è una bacchetta alquanto vecchia! E poi… aha, crine di Thestral! Bisogna avere un carattere
particolare per questo tipo di bacchetta… Forti ma
volubili… -
- … Lunatici e violenti? - concluse Gray.
- Precisamente. - annuì Olivander interdetto. - Ed un sacco di altre
cose -
- Aprimela, la provo, -
concluse Gray, con un sorriso.
- Attenta. Penso che si metterà a correre per la
stanza. Personalmente non credo ti piacerebbe ricevere un’altra frustata sulla
mano. Non ho ancora trovato nessuno compatibile con
questa bacchetta. E’ il mio peggior fondo di magazzino. E’ anche scheggiata. -
Gray trattenne
la bacchetta appena in tempo, prima che cominciasse a lanciarsi fuori dalla scatola a distruggere tutto il negozio. La
bacchetta si calmò all’istante e Gray poté allentare la presa. Sull’impugnatura
comparve un intaglio a forma di serpente con la scritta: “C.B.”;
le scheggiature scomparvero immediatamente mostrando il disegno nodoso del
Platano Picchiatore in tutta la sua lucentezza. Olivander osservava sbalordito.
Nei suoi occhi si leggeva un vago timore: non si era impressionato di fronte
alla bizzarra aura di Gray, che di solito incuteva un certo rammarico al solo
guardarla, e ora che finalmente aveva trovato la sua bacchetta, pareva molto
agitato e per niente soddisfatto.
- Sarà la mia? Ero sicura che fosse più corta. -
Gray osservava la lunga bacchetta che
terminava in cima con una fascia d’argento.
- Ti dissi prima, - rispose Olivander, - Che negli anni si cambia, ragazza mia, si cambia spesso in modo vertiginoso. A volte le vicende che attraversiamo
ci cambiano completamente il carattere, ma sono lieto di vedere... - , aggiunse, - che
sei ancora una Serpeverde. -
- Tanto la scuola l’ho finita -
- Si, possiamo dire di sì… - Gray lo fulmino con uno sguardo talmente
velenoso che Olivander ebbe un fremito. Per la prima volta una vampata di lava
s’era accesa su quel viso così pallido. - …Ma la Casa alla
quale uno è appartenuto lo accompagna per sempre. Non parlo
solo di reputazione… sono i caratteri distintivi. E’ raro che negli anni
uno si mantenga della stessa Casa… la linea è molto sottile, sai… Per esempio,
spesso un Tassorosso potrebbe appartenere al Grifondoro e un Corvonero
mescolarsi coi Serpeverde. Ma
io ho sempre preferito questi ultimi due… li ammiro, piuttosto. Così intelligenti…
e così portati all’individualismo… di questi tempi è una dote, non un
deprecabile difetto. -
Gray sembrava
piuttosto annoiata dai discorsi di Olivander, proprio
come quando era piccola. Sconfinava in conversazioni soporifere, per quanto
forse interessanti, e sembrava essersi totalmente dimenticato che Gray era lì
per comprare una bacchetta.
- Bhe? Quanto le devo?,
- incalzò Gray.
- Vedi… - L’espressione dell’altro si offuscò. Sembrava
improvvisamente colto da qualcosa che pareva rimorso. Un sottile drappo ombroso
calò sulla sua voce, che si fece riluttante. - Io… io temo di non potertela vendere. -
Gray aveva già
le mani nelle tasche, e rimase in quella posizione, immobilizzata da
quell’affermazione.
- Sbaglio o ti pagano
per vendere? -
- Sì ma… è troppo pericolosa. Io non posso
vendertela. -
- Ah, cretinate! Non ho più quindici anni. - Olivander fu costretto da quel tono di voce a concludere l’affare - Non disturbarti per la scatola. -
Gray pagò, ed
aveva già la mano sulla maniglia della porta quando Olivander la fermò, con la
stessa voce ombrosa di pochi istanti prima.
- Gray… quella bacchetta… -
Gray si voltò.
- Sì? -
Olivander
scosse la testa. Per un lungo, interminabile istante, Gray ebbe la sensazione
di vedere il terrore negli occhi del vecchio.
- No… - disse alla fine - niente. -
*