Capitolo 2
-Studentessa universitaria… -
I mesi passarono, e
fortunatamente il bel voto alla maturità addolcì i miei che mi
concessero di rivedere almeno Ginny e di andare a
casa sua… questo mi rasserenò, anche perché dopo la fine
del mese di Luglio, a furia di stare in casa i miei avevano notato che stavo decisamente rincretinendo e diventando estremamente
instabile a livello mentale, quindi furono in un certo senso costretti a
lasciarmi uscire.
Non potete nemmeno
immaginare come può essere bello poter uscire
all’aria aperta dopo mesi passati su libri di scuola! L’aria
che ti soffia in faccia, il calore estivo quasi soffocante, il calore e la luce
del sole…
Ma la mia libertà era ancora limitata.
Presto anche
l’estate finì. Ero sopravvissuta. Il mese di settembre come giunse
passò altrettanto velocemente.
Dovevo riprendere a
studiare per l’università questa volta e casa mia era invasa da
miriadi di documenti per lo più inutili.
E poi iniziò il primo semestre.
Ovviamente mio padre all’inizio era contrario che frequentassi in
città l’università. L’aveva definita “piena di
gente pericolosa” aggiungendo “non ti basta quello che ti è successo?” ma poi dopo un’ampia leccatina (non
diciamo di cosa, ma a buon intenditore poche parole…) ho corrotto i miei
a farmi proseguire negli studi. Forse studiare per cinque anni le tecniche
pubblicitarie è servito a qualcosa.
Fatto sta che mi
ritrovai catapultata in un mondo nuovo.
Dove la mia unica
conoscenza era la mia compagna di mille avventure.
La stavo seguendo mentre osservavo decisamente curiosa tutta la gente
che frequentava la struttura. Si andava dal genere metallaro più nero al
punk più stravagante ai semplici e comuni soldatini, come li definisco io… ovvero tutta quella schiera di persone
amanti della moda che non sapevo distinguere, non era di certo il mio genere di
persone preferite, avendo spesso scontri con il genere amavo tenermene alla
larga… io evitavo loro… e con un po’ di fortuna loro
evitavano me.
L’ultima volta
che avevo incontrato un amante di moda e vestiti ho
rischiato l’osso del collo e mi ritrovo ancora con 20 punti di sutura su
un fianco che nei giorni di pioggia si fanno sentire.
Mentre mi mostrava le
varie aule e qua e là salutava qualcuno di conosciuto la mia vista si soffermò su un gruppetto di ragazzi
dell’ultimo anno.
-Ehi!- mi
richiamò alla vita Ginny che mi sventolava la
mano davanti al muso –Già perso la testa per quelli
dell’ultimo anno di Economia?- chiese divertita
notando il soggetto del mio sguardo.
Tra i ragazzi che
guardavo ce ne era uno, era alto con le spalle larghe
e i capelli castani spettinati e lo sguardo scuro con accanto un altro ragazzo
di poco più basso dai capelli più scuri e una sottile linea di
barba che gli dava dei lineamenti che ricordavano quasi l’attore di un
film ambientato nel medioevo. Il primo ci stava provando spudoratamente con una
ragazza di molto più bassa di lui dai capelli neri che pareva pendesse come un pesce dall’amo di un
pescatore. La scena era quasi disgustosa.
Mi voltai verso Ginny. –Se sono tutti così marpioni e
presuntuosi non ne vale la pena di mettersi con
nessuno di loro.- dissi ad un tono abbastanza alto da poter attirare
l’attenzione dei ragazzi di pochi istanti prima. Percepii distintamente
lo sguardo del ragazzo castano di prima che mi guardava quasi sfidato, ma dopo
un sorriso ammiccante e fintamente allegro continuai con il giro delle aule.
Dopo aver assistito ad
un paio di corsi mi ritrovai ad aspettare nel cortile interno
dell’università, sotto un’arcata a tutto sesto. In attesa dell’arrivo di Ginny.
Mentre aspettavo notai che dall’angolo del
corridoio di fronte a me erano appena comparsi i due tizi del quinto anno.
Vidi il sorriso
dipingersi sul volto del ragazzo che avevo volontariamente punzecchiato poco
prima.
Mentre passava si lasciò fuggire in tono
abbastanza eloquente. –Che racchie le matricole
di quest’anno!- disse consapevole che lo stavo
ascoltando.
L’altro al suo
fianco si limitò ad un’alzata di spalle e stette zitto.
Poi mi raggiunse Ginny e finalmente ci
dirigemmo a pranzare.
Ovviamente, con la mia
solita fortuna non potevo che non beccare nel fast
food i due di prima.
Ormai era definitivo,
dopo quel pranzo capii una cosa. Era guerra. Si erano seduti di fianco al nostro tavolo, era diventata una
lotta all’ultima frecciatina!
-Allora sorellina cara
come è andata?- chiese Ginny
per evitare che mi mettessi a spaccare la faccia a quel tizio e creare una
rissa nel fast food.
Tagliai con un gesto
lento la mia fetta di pizza e risposi tranquilla… -Il prof spiega bene anche se ha un alito pestilenziale! Mi ricorda il prof
di disegno!-
Dall’altro
tavolo il tizio iniziò a farmi il verso con varie smorfie del viso.
Grosso errore. –Che strano oltre che marpioni e presuntuosi sono pure
maleducati- dissi con un tono di voce quasi distratto.
Ginny mi guardò perplessa per poi notare
l’occhiataccia del tizio seduto di fianco e la risatina, seguita da un
calcio partito da sotto il tavolo all’amico.
-Capisco- fu la risposta finale di Ginny.
-Tu invece?- chiesi continuando a trafficare con la mia pizza.
Ginny prese a descrivermi la sua giornata mentre i due ragazzi al tavolo vicino mangiavano in
silenzio.
A quel punto vidi la
cosa più bella a cui potevo assistere in quel momento. Un lampo di pura
perfidia passò negli occhi di Ginny. Ebbene si. Ginevra si era risvegliata in tutta la sua
diabolicità!
Si voltò
tranquilla con un sorriso angelico scostando una ciocca di capelli corvini
dietro la spalla e lasciando intravedere per bene la scollatura data dalla
camicia –Ragazzi… c’è qualche
problema?- si rivolse ai due con il suo sorriso più angelico e
fissandoli diritta negli occhi. Per
poi aggiungere –Sapete, la mia amica ha notato che la fissate
intensamente, c’è qualcosa che posso fare per voi?- chiese
accentuando il sorriso e proseguendo dopo una breve occhiata all’orologio
–ma dovete fare in fretta perché non ho
ancora terminato di mangiare e tra poco ho lezione e il mio Docente non
rispetta il quarto d’ora accademico- aggiunse fintamente dispiaciuta.
-Non guardare me!
E’ lui che ha perso la testa per la tua amica!- disse
il moro indicando l’amico che lo ricambiò con
un’occhiataccia nera.
-Traditore-
mormorò a denti stretti –Non ho affatto
perso la testa per la tua amica, figurarsi! Posso trovare di meglio, e comunque, grazie ma non ho bisogno dell’aiuto di
nessuno per avere una donna- guardò Ginny
sorridendole perfido.
Io guardai la scena estremamente divertita.
Ginny riprese alla carica -Ottimo, di ragazzi così sicuri di potersi
fare la prima che passa ce ne sono a bizzeffe, ma tu hai un non so che di particolare..-
gesticola con una mano, mentre finse di esaminare la personalità di lui
-Dato che non hai bisogno dell'aiuto di nessuno, io mi concentrerò sul
tuo amico -gli sorrise di scherno e si volse verso l'altro. -Piacere, sono
Ginevra, ma chiamami Ginny -tese
la mano - Spero di trovarti ancora in giro per i corridoi, magari potremmo
incontrarci… -lo aveva provocato apertamente.
L’altro sorrise divertito
mentre l’amico dai capelli castani rimase quasi scioccato mentre
l’altro rispondeva –Piacere mio, mi chiamo Daniel, e quell’essere molto simile ad un animale è
David.- disse mentre l’altro dichiarava apertamente la sua
ostilità incrociando le braccia scocciato. –E
tu sei?- chiese questa volta rivolto a me.
-Morgana, piacere- sorrisi educata porgendo
la mano, ben attenta che non si vedessero da sotto i bracciali
i vecchi graffi.
David scoppiò a ridere. –Ginevra
e Morgana! Ah! Lancillotto e Re Artù dove li avete lasciati?- disse in tono canzonatorio.
Mi limitai soltanto a guardarlo.
Uno sguardo che lasciava capire chiaramente
il mio pensiero: “Sei un cretino col cervello di un bimbo di due anni”.
-Cos’è non sai più cosa rispondere signorina
Morgana?- chiese sfidandomi.
Quel ragazzo era evidente. Voleva morire. Non
c’erano dubbi.
-Attento signorino David… Morgana era
una strega molto potente… chi ti dice che non lo
sia anche io?- sorrisi diabolica mentre lo guardavo scrutandolo fin nei minimi
particolari e prendevo a giocherellare con un ciondolino di quarzo bianco.
-Non dire fesserie, le streghe non esistono!- disse lui allargandosi il colletto della felpa.
-Mah… mai dire mai- risposi con un sorrisetto angelico.
-Su dai nemmeno vi conoscete e
già vi state scannando!- si intromise Daniel.
Ginny
stava zitta, evidentemente aveva colto nelle mie parole riferimenti al passato
che i due ragazzi che avevamo vicino non potevano cogliere.
Terminammo il pranzo. Chiacchierammo in tre tranquilli mentre David in un angolo mi guardava malissimo e
interveniva ogni tanto per uno dei suoi tentativi di presa in giro.
Terminato il mio pranzo controllai
sul display del mio cellulare, finalmente tornato nelle mie mani anche se
decisamente ammaccato e pieno di graffi. A breve avrei avuto il treno e dovevo assolutamente andare a casa.
-Wow, deve avere una storia
profondamente interessante quel cellulare per essere ridotto a quel modo!-
esclamò Daniel osservando tutta la vernice scrostata dai graffi.
Esitai distrattamente prima di mettere via il
cellulare e mi limitai ad un sorriso. –Già porta con se molti
ricordi che mi aiuta a non dimenticare- guardai Gin per poi farle cenno con il
capo che era ora di andare.
-Bene, cenerentola ha bisogno di tornare a
casa anche oggi e la carrozza non aspetta- sospirò
lei alzandosi e porgendo la mano ai due. –E’ stato un piacere
conoscervi-
Daniel però si alzò e si
offrì di accompagnarci alla stazione. David lo seguì più
perché aveva anche lui il treno da prendere che non per accompagnare
noi.
-Temo proprio che il destino sia avverso a
voi due… mi sa proprio che dovrete sopportarvi per il viaggio di ritorno
da soli.- affermò divertito Daniel poco dopo
che scoprii che anche David prendeva il nostro stesso treno per tornare a casa
e Ginny sarebbe rimasta in università fino a
sera quel giorno.
-Non importa, il treno ha
molte carrozze- affermai alzando le spalle.
-Forse non abbastanza- affermò lui
acido.
Lo guardai furente. –Cosa
vorresti insinuare?- sibilai vicina al prenderlo a sberle.
-Io? Niente!- affermò lui ammiccando
diabolico.
Per evitare che la discussione sfociasse in una rissa mi voltai e mi diressi furiosa ai
binari.
Mi dava troppo sui nervi! Non lo reggevo!
Mi infilai nella seconda carrozza
e cercai posto. Gettai con non curanza la borsa sul sedile a fianco e mi stravaccai sul sedile. Avevo i capelli che sicuramente se ne andavano per i fatti loro sparando in riccioli assurdi e
mi misi a giocherellare con uno di essi che penzolava sulla mia fronte mentre,
con un piede appoggiato sul gradino rialzato sotto il finestrino pulii una
macchia di polvere dalla lunga gonna nera e notai che lo smalto delle mie
unghie reclamava il restauro urgente. Presi un fumetto dalla mia borsa e mi
misi a leggere in attesa della partenza del treno.
Poco dopo mi raggiunse l’essere
insopportabile.
-Posso?- fu la
sua unica richiesta.
-Devi proprio?- risposi
annoiata staccando lo sguardo dalle pagine.
-Non ci sono altri posti-
rispose lui secco.
Alzai le spalle in segno di
indifferenza e tornai al mio fumetto.
Il viaggio fu tranquillo, non ci rivolgemmo
la parola e mi concentrai sul fumetto che leggevo. Ma
l’occhio ogni tanto saliva a controllare oltre il margine della pagina e
spesso lo scoprivo a fissarmi.
“Che diavolo ha da fissare?!” fu il mio pensiero.