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Autore: _Any    19/06/2011    7 recensioni
Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.
Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, L, Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Troppo pericoloso tenere quel quaderno: se qualcuno lo avesse trovato avrebbe potuto facilmente intuire che ero stato nel corridoio proibito, luogo che non avrei dovuto esplorare nemmeno nella mia immaginazione. Se qualcuno lo avesse scoperto di certo sarei andato incontro a delle punizioni imposte dagli adulti. Tutto ciò poco importava comunque, dato che quel giorno sarei tornato proprio in quel posto.

Un lieve ronzio mi svegliò, era la sveglia che mi ero preparato: l'avevo insonorizzata con dei tamponi di spugna, in modo da non svegliare né Mello né Matt, dato che i due avevano sempre avuto il sonno pesante.

Come l'altra volta mi alzai e mi preparai cercando di non provocare alcun rumore, poi mi alzai ed uscii con il quaderno sotto braccio.

Di nuovo attraversai la casa silenziosa e salii le scale, stavolta senza alcun timore. Raggiunsi il catenaccio e lo aprii di nuovo, entrai nel corridoio e senza neanche gettare uno sguardo alle altre stanze mi rifugiai in quella di B.

Richiusi piano la porta alle mie spalle e finalmente sospirai. Di nuovo nessuno aveva visto nulla. Indeciso sul da farsi mi appoggiai sul letto e infine non riuscii a resistere, perciò decisi di riprendere la lettura.


Il giorno tanto atteso arrivò. Il signore venne a casa mia con una grande automobile. Mi disse di salire, che mi avrebbe portato nel luogo promesso. Sì, andava tutto bene: sarebbe diventata la mia nuova casa. Lo pensavo mentre salutavo quella della mia infanzia, diretto verso un futuro ignoto e proprio per questo più affascinante.

Il viaggio durò a lungo, ondeggiavo la mia testa con andamento musicale al ritmo della parlata del mio interlocutore.

Quando arrivammo mi ero addormentato sul sedile. Riaprii gli occhi e fui colto immediatamente da un senso di meraviglia e di timore allo stesso tempo. Davanti a me c'era un enorme cancello nero che recava la scritta in ferro battuto “The Wammy's House”.

Scesi dall'auto affascinato da tanta imponenza e incredulo non potetti fare a meno di chiederne conferma: “Quillsh, è qui?”. L'anziano signore mi rispose annuendo.

Il cancello si aprì sotto il tocco dell'uomo ed entrammo. Improvvisamente mi trovai in un mondo che avevo solo potuto immaginare: giardini enormi, bambini che giocavano come preferivano, la casa appariva come un castello, autoritaria ma meravigliosa. Quella sarebbe diventata la mia casa.

Salii le scalette di fronte all'ingresso principale sotto lo sguardo degli altri bambini e una volta dentro mi lasciai condurre da Quillsh senza sapere precisamente dove mi stesse portando.

Mi condusse ad una stanza e mi chiese di attendere qualche minuto da solo. Entrò lasciandomi fuori.

Tutto ciò che vedevo mi sembrava enorme. Ero stranamente felice, speravo con tutto me stesso di poter cominciare una nuova vita senza più problemi.

Dopo poco tornò il vecchietto che mi disse che il direttore voleva parlarmi. Entrai un po' timoroso all'idea di fare quella conoscenza. Trovai un altro uomo anziano seduto dietro una scrivania. Non guardai il cartellino, ma mi bastò guardarlo negli occhi per conoscere il suo nome: Roger Ruvie.

Roger mi salutò con una voce stanca, che lasciava intuire le fatiche degli anni passati, e mi chiese il mio nome.

Il mio nome?

In un attimo di paura mi resi conto che non ero in grado di ricordarlo. Possibile? Il mio nome, l'informazione più semplice da ricordare per una persona... l'avevo dimenticato? Forse era semplicemente per il fatto che in quei giorni nulla avevo fatto se non vivere passivamente: un'informazione simile non poteva di certo aiutarmi.

Allora? Come ti chiami?”, a queste parole ripetute mi voltai verso Quillsh visibilmente agitato. Potevo sapere il nome di qualsiasi essere umano solo guardandolo negli occhi e non conoscevo il mio? Era sempre stato così fin dalla nascita, anzi da prima della nascita.

Prima della nascita. Beyond Birthday.

Mi decisi e dissi di chiamarmi così.

Dalla reazione dei due uomini credo che il mio nome sia sembrato bizzarro, ma non aggiunsi nient'altro: quello sarebbe stato.

Roger lo annotò su un foglio e poi disse a Quillsh qualcosa che non compresi, ma l'uomo disse di sì, ed annuì dicendomi di andare.

Mi condusse al di fuori della stanza e mi fece percorrere un atrio dove si trovava una grande scala.

L'uomo mi spiegava ogni cosa del funzionamento dell'istituto, mi diceva che a sinistra c'erano le classi a destra la biblioteca...


Mi staccai per un secondo dalla lettura. Quindi il luogo dove si stava svolgendo il tutto era proprio lo stesso dove mi trovavo? Certo, una descrizione tanto dettagliata non poteva che essere stata fatta da una persona che era stata davvero lì. Nessuno può entrare nella casa se non ne fa parte. Persino l'operaio del giorno prima aveva molte restrizioni. Poteva trovarsi solo vicino all'ingresso e non poteva entrare in nessuna stanza che appartenesse a noi bambini a meno che non fosse strettamente necessario.


Mi indicò la strada. Dovevamo entrare in un corridoio che mostrava varie porte. Quillsh mi sospinse in una stanzetta dove regnava il colore bianco. Però avevo visto che altri bambini non stavano in un luogo così isolato, allora chiesi il perché di una tale differenziazione all'anziano. Quello mi rispose solo di aspettare un po', disse che mi avrebbe lasciato un po' da solo per familiarizzare con l'ambiente.

Allora attesi.

Dopo molto tempo che l'uomo se ne era andato, sentii un rumore dietro la porta.

Lasciai che la persona che lo produceva entrasse. Mi disse di essere un medico che mi doveva controllare.

Mi fece una visita a tutti gli effetti e poi mi fece alcune domande e tra queste mi chiese cosa avevano i miei occhi.

Ora ero davvero intimorito.

Risposi flebilmente che quello era il loro colore, che non avevano nulla di strano, ma non credette alle mie parole. Mi assecondò per un po', poi si allontanò da me dicendo che sarei dovuto rimanere lì, nell'area adibita ad ospedale psichiatrico della The Wammy's House.


Ospedale psichiatrico?! Quel luogo era una stanza d'ospedale? Mi guardai intorno ed effettivamente notai che quel bianco che dominava sovrano nella stanza era tipico degli ospedali. Eppure non c'era nient'altro che potesse far pensare una cosa simile. Forse le prove erano state eliminate?


Non capivo. Ero considerato un pazzo? Perché mi avevano messo in luogo simile? Decisi di non pensare alla questione per evitare di cedere alle mie emozioni e di comportarmi davvero come un matto.

Nei giorni successivi mi fecero frequentare delle lezioni scolastiche, feci amicizia con altri bambini che non mi giudicavano in base al colore dei miei occhi. Devo ammettere che molti di loro avevano delle stranezze ben peggiori della mia, ma alla fine li trovavo interessanti proprio per questo motivo.

Quel luogo era quello sognato da ogni bambino in fin dei conti: potevamo decidere noi se e quando studiare senza invasioni da parte di adulti, potevamo decidere cosa mangiare. Ad esempio, se qualcuno avesse voluto, avrebbe potuto nutrirsi solo di cioccolato.


Sorrisi. Quest'affermazione non poté non farmi venire alla mente Mello. Più che una voglia di cioccolato la sua era quasi una dipendenza: non resisteva un giorno senza mangiare almeno una barretta, ma Mello era quel che era... Effettivamente è strano che in una casa come quella si sia così rigidi su certe regole eppure su altre si lascia una certa libertà. Ancor oggi non credo impongano molti limiti sull'alimentazione dei bambini che si ritrovano lì.


Per il resto era una normale scuola, dove si studiavano le solite materie, si facevano i soliti compiti.

Passai un bell'autunno in quei luoghi, mi sentivo grande e imbattibile, come vorrebbe essere ogni bimbo. Ero stimato dai miei amici e oramai non mi preoccupavo più di essere nel reparto adibito a ospedale psichiatrico, dato che per me le cose non cambiavano troppo, solo dovevo sottopormi a controlli periodici.

Eppure un giorno cominciai ad odiare sul serio quel reparto.

I medici che avevano il dovere di controllare che io stessi bene cominciarono a fare cose che avevano più l'aria di essere esperimenti, piuttosto che veri e propri controlli, dato che si resero conto che io e i miei occhi nascondevamo qualche anomalia e avevano tutta l'intenzione di scoprirla. Non mi permettevano di uscire se non per frequentare la scuola, cercando di scoprire chissà cosa. Proprio per questo, per me studiare diventò un sollievo, ero felice di farlo, ma appena tornato nella mia stanzetta la tristezza mi assaliva. I medici erano sempre lì ad aspettarmi, erano molto gentili con me, ma era solo per interesse.

Speravo che sarebbe arrivato un qualcosa, un qualcuno per farli smettere.

Se c'è una divinità a controllare la vita su tutti noi forse ha ascoltato le mie preghiere, ma è una divinità beffarda, si prende gioco degli esseri umani. Esaudisce un desiderio, ma crea altre preoccupazioni.

Ti darà qualcosa, caro lettore, ma ti chiederà molto in cambio.

Già, perché se la mia situazione ti appare complicata già da ora, sappi che siamo appena agli inizi del disastro.

I veri problemi sono arrivati verso la fine di quell'autunno. Di certo non potevo immaginare che di lì a pochi momenti ci sarebbe stata una vera rivoluzione in quella casa, una rivoluzione che avrebbe sconvolto il modo di vivere di molti, che avrebbe cambiato tutti.

Ebbene, a metà dicembre Quillsh uscì dalla casa, dicendo che doveva andare a fare una commissione. Io non diedi troppa importanza alla cosa, dato che non era la prima volta che accadeva.

Passò la mattinata come tutte le altre, tra scuola e amici. Tornato nella mia stanza, trascorsi il pomeriggio come tutti gli altri tra studio e ozio puro.

Improvvisamente sentii un suono che non avevo mai sentito: le campane.

C'era un campanile? Mi affacciai alla finestra e vidi la neve cadere candida. Vidi anche una torre con un grande orologio. Era da lì che proveniva il suono.

Rimasi incantato ad ascoltare ancora quel suono cupo, ma bello al tempo stesso.

Come potevo non aver mai sentito un suono così intenso e anche pauroso?

Quello, unito alla neve così pura, creava un'atmosfera davvero difficile da dimenticare. Tutto sembrava quasi magico di fronte a quella visione.

Sorrisi.

Sentivo dentro di me che il mio destino sarebbe cambiato di lì a poco.

Come ogni bambino lì, sognavo. E mi sembrava di star vivendo una di quelle fantasie notturne che facevo in silenzio nel mio letto bianco. Qualcuno stava arrivando. Non sapevo chi fosse, ma sapevo che volevo incontrarlo.

Forse quelle campane erano lì proprio per annunciare il suo arrivo, che avrebbe cambiato per sempre il mio modo di agire. Uno scherzo del destino, forse?

Ora dimmi, caro lettore: hai mai sentito parlare di L?

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Authoress' words

Salve! Eccomi qui col quarto capitolo! Sono molto felice di cominciare a parlare un po' della The Wammy's House, dato che è una scuola che mi affascina davvero tanto, è un'ambientazione perfetta per le storie!

Questa è stata una settimana stranissima per me dato che ho avuto una serie di alti e bassi incredibile... Insomma, ero allegra, improvvisamente trstissima, poi piena di energia, poi depressa... Credo di aver dato del filo da torcere a tutti in questo periodo, mi chiedo come mi sopportino!

Bene, come al solito mi perdo in chiacchiere inutili quanto noiose... Quindi evito di farvi perdere altro tempo a leggere questa roba. ^-^

Al prossimo capitolo!

Any

   
 
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