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Autore: Feel Good Inc    19/06/2011    3 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
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Il bisbiglio di un sorriso

 

 

 

Roxas accese la luce, illuminando a giorno l’appartamento 2A. Gli fece uno stranissimo effetto ritrovarsi di nuovo sulla soglia di quelle cinque stanze. L’ultima volta che era stato lì risaliva esattamente a una settimana prima, alla mattina in cui aveva capito di potersi alzare da solo dal suo letto, aveva raggiunto Axel al 2B, era andato insieme a lui a cercare gli Hawk Runners e... e aveva trovato un pazzo assetato di vendetta.

Il vecchio capo di Axel.

Quel pensiero gli provocò un brivido. Non ci aveva mai pensato prima; non in quei termini.

«Tutto bene?»

La voce dell’amico s’insinuò nel suo orecchio, per una volta priva di qualsiasi nota ironica. Roxas si voltò e vide che lo stava guardando attentamente. Sorrise.

«Certo. Fa solo...»

«Un certo effetto» completò per lui Axel, in tono affermativo e non interrogativo.

Roxas annuì.

«Sì.» Allontanò la sedia a rotelle dalla porta d’ingresso. «Beh, non so tu, ma io sono stanco per davvero. E penso che una bella dormita farebbe bene anche a te.»

Da qualche parte alle sue spalle, Axel ripescò un tono leggero.

«Mah, potrei anche decidere di andare a farmi un giro. Una bella scorrazzata sulla scala antincendio sarebbe l’ideale. Sono secoli che non ci salgo, comincio a sentire la sua mancanza» sghignazzò. «Oppure potrei andare a cercare tuo fratello e dirgli che sei qui. Ti immagini se decidesse di andarti a trovare in ospedale prima di tornare al condominio? Come minimo gli verrebbe un colpo.»

Roxas si fermò al centro del corridoio che conduceva alla camera da letto. Si voltò con il busto e lo guardò, senza accuse.

«Non c’è bisogno che tu faccia finta di niente. Me ne sono accorto, che la polizia ci ha seguiti passo passo per tutta la strada.»

Il sorriso scomparve dalle labbra di Axel gradualmente, come sabbia smossa da un’onda sul bagnasciuga.

«Non ti si può nascondere niente, vero?» Si riassestò nervosamente la borsa sulla spalla. «Beh, in fondo prima o poi avrei dovuto parlartene... Mi tengono d’occhio perché da questa sera, ufficialmente, sono agli arresti domiciliari.»

Roxas non disse nulla.

Arresti domiciliari.

Abbassò lo sguardo.

«Ci ho pensato. Non possono farti nulla...»

Negli ultimi sette giorni, in ospedale, non si era più soffermato su ciò cui Axel sarebbe dovuto presto andare incontro. Ripensarci adesso, doveva ammetterlo, faceva un po’ male.

Arresti domiciliari.

Come sarebbe andata a finire?

Loro due erano amici, no? Doveva proprio rischiare di perdere anche questo?

Scosse la testa con energia. No, sarebbe andato tutto bene. Questa volta sarebbe stato in grado di affrontarlo. Era pronto, ormai.

Riprese a muovere la sedia, fino a raggiungere la sua stanza. Sentì i passi di Axel che lo seguivano, insicuri, quasi meccanici.

Aperta la porta, premette l’interruttore alla sua destra e la luce colpì anche quelle quattro mura che racchiudevano due letti, qualche mobile e due anni di vita rinchiusa in se stessa. Roxas lasciò scorrere lo sguardo su quella scena tanto familiare: il caos sulla scrivania, il letto di Sora sfatto come al solito, l’album sulla poltrona, il disegno sul comodino – lo stesso disegno che quella lontana mattina aveva lasciato a suo fratello.

Si mosse in quella direzione, senza fretta. Allungò una mano e prese il foglio per portarselo davanti agli occhi.

Era come lo ricordava. Il parco, la pista per lo skate, la gente. Eppure mancava qualcosa.

Voltò ancora una volta la sedia, raggiunse la scrivania e frugò nel disordine, in cerca di una matita. Quando la trovò, sorrise e apportò senza esitazioni la modifica che in altri tempi non si sarebbe mai sognato di fare.

Infine studiò di nuovo il disegno.

Ce l’ho fatta, mamma. Ce l’ho fatta, papà.

Grazie a un demone o a un angelo custode.

«Non avevi detto che eri stanco?»

Ancora una voce neutra, né grave né divertita. Roxas lasciò la matita e il disegno sulla scrivania e guardò di nuovo Axel, che aveva appena posato la borsa a terra.

«Infatti» gli rispose.

Mentre si accostava con la sedia al letto, ebbe l’impressione di vedere una muta domanda nascere nei suoi occhi verdi. Gli offrì un sorriso come risposta, e si dispose a fare ciò che aveva già fatto e che – forse – avrebbe potuto fare di nuovo.

 

 

* * *

 

 

Quando vide Roxas sollevarsi sui propri piedi, Axel si chiese se per caso non stesse sognando. Solo lo sforzo nei suoi grandi occhi azzurri e nel suo viso determinato lo convinse che stava succedendo davvero.

Il tentativo andò a vuoto; Roxas ricadde a sedere, sfinito. Axel fece subito per avvicinarsi e aiutarlo nell’impresa, ma si vide rivolgere un’occhiata testarda, quasi truce.

«Resta – dove – sei.»

Obbedì.

Il ragazzino provò altre due volte. Alla terza riuscì a restare sollevato quel tanto che gli bastò a lasciarsi cadere sul letto, abbandonando la sedia vuota poco più in là.

Mentre riprendeva fiato, Roxas lo guardò e inaspettatamente rise.

«Non fare quella faccia. Non è la prima volta che mi alzo.»

Axel si chiese se fingesse o se la stesse davvero prendendo così bene.

Scosse il capo.

«D’accordo, bimbo. Visto che non hai più bisogno di me, sarà meglio che vada a dormire anch’io.» Lo guardò in tralice, con un po’ d’indecisione, ma deciso a non lasciargliela intuire. «Di’ un po’, sei sicuro che non ti sentirai solo?»

Aiutandosi con le mani, Roxas si tirò le gambe sul letto. Alzò il viso e fece segno di no con la testa.

«Non preoccuparti. Sto bene.» Il suo sorriso si fece più ampio e luminoso, e in quel momento assomigliò molto più del solito a Sora. «Benissimo.»

Convinto soprattutto dalla sua espressione, Axel si allontanò dalla porta, dove era rimasto fino ad allora, e si diresse alla finestra.

«Però ricordati» disse aprendola, «sono solo a un pianerottolo da qui.»

Lo vide annuire, poi distendersi sulle coperte, vestito com’era, e allungare una mano verso un altro interruttore posto appena sopra la testata del suo letto.

«Buonanotte, Axel

La luce si spense. Axel si ritrovò guidato soltanto dal bagliore delle stelle fuori dalla finestra.

«Buonanotte, Roxas» mormorò.

Da qualche parte, nel buio, giunse il bisbiglio di un sorriso.

«E... grazie

 

 

Scavalcò il davanzale e atterrò sulla scala antincendio.

Inspirò profondamente l’aria della notte, riflettendo: quell’impalcatura lo aveva visto coinvolto in complotti, confidenze, spedizioni e sfoghi... E se non ci fosse stata lei, ridacchiò tra sé, con ogni probabilità lui e Roxas non si sarebbero nemmeno mai conosciuti.

Si allontanò dal 2A quasi a malincuore.

Percorrendo il pianerottolo, gli cadde lo sguardo sul cortile e da lì sul vicolo. Non si stupì di vederlo sbarrato.

Sorrise nel buio. Anche se era praticamente intrappolato nel regno di Vexen il vampiro, si sentiva bene. Meravigliosamente bene. Liberato.

Arrivò alla finestra del 2B. Ricordava di averla lasciata socchiusa, la mattina che Roxas era andato a trovarlo e gli aveva chiesto di accompagnarlo al parco; e socchiusa la ritrovò.

Entrò in quella che, fino all’udienza di cui gli aveva parlato il tenente Lockhart, sarebbe stata la sua prigione – ma ancora una volta non avvertì nessuna oppressione a quel pensiero. Si mosse verso il letto, senza accendere la luce, ma prima di arrivarci si ricordò di colpo di qualcosa.

Qualcosa che avrebbe dovuto fare tempo prima...

Beh, meglio tardi che mai.

Senza esitare, andò al comodino e lo aprì. Non aveva bisogno di luce per vedere cosa c’era dentro. Afferrò in fretta il contenuto, richiuse l’anta e si allontanò di nuovo.

Per prima cosa, trovandolo di strada, sollevò il coperchio del secchio per la spazzatura e vi lasciò cadere quella dannata pistola.

Poi, in bagno, accese la luce e aprì la sacca nera riportatagli da Zexion due settimane prima, insieme all’arma.

Sostenne la vista della cocaina senza provare la minima emozione. Era la ‘scorta d’emergenza’, quella che gli aveva consegnato Demyx poco prima del suo esame di coscienza, quando gli aveva detto che anche un pivellino come lui aveva il diritto di concludere un affare, se gli capitava.

Axel estrasse la bustina di plastica, dall’aria così innocente in modo così spudoratamente falso, dalla sacca. Tese il braccio e finalmente, come aveva desiderato di fare fin dall’inizio, la gettò in quel sacrosanto cesso.

Solo che ora aveva motivi migliori che non il timore di farsi beccare con le mani sporche.

Il frastuono dello sciacquone fu anche più piacevole del previsto. Axel sorrise: non più il suo solito ghigno insolente, ma un sorriso vero.

Spense la luce e tornò in camera da letto, sfilandosi la maglietta. Emergendone con la testa, si guardò senza volerlo la spalla. Poco più in basso, riluceva una cicatrice bianca.

Mentre si stendeva sul letto e incrociava le braccia dietro il capo, tornò a concentrarsi sul piccolo miracolo avvenuto un pianerottolo più in là e sorrise di nuovo.

 

 

* * *

 

 

«Siamo sicuri che il tenente non stia concedendo un po’ troppa fiducia a questi ragazzini?»

Nel sedile del passeggero, Cloud scrutava accigliato la sagoma di Tifa Lockhart al di là del finestrino. La donna aveva appena chiuso il suo colloquio con un allarmato portinaio – chissà com’era, scoprire di aver affittato un appartamento a un condannato agli arresti domiciliari? – e si stava dirigendo alla macchina.

Seduta al volante, Aerith gli rispose senza nemmeno riflettere.

«A volte la fiducia non tiene conto di nulla, tantomeno del comune buonsenso.»

Cloud si voltò a guardarla, forse meditando su una risposta scettica; ma non disse nulla.

Il tenente Lockhart raggiunse la vettura e batté le nocche sul vetro. L’agente si affrettò ad abbassare il finestrino.

«Bene, ragazzi. Avete già bloccato il vicolo?»

«Sissignora.»

«Avete anche bevuto qualche litro di caffè?»

«Sissignora.»

Tifa sospirò. «Allora vi lascio di guardia. Perdonatemi se sono così poco di compagnia, ma mi sento distrutta. Per fortuna questa storia sta per finire...»

«Non si preoccupi, tenente.» Aerith sorrise. «Passi una buona notte.»

La donna ricambiò il sorriso e agitò una mano in segno di saluto, mentre si allontanava dalla volante che quella sera aveva scortato in incognito Axel Kasai e Roxas Key, e che si apprestava a sorvegliare il condominio da quel momento in poi. Mormorò una risposta che si perse nella penombra.

«Lo sai, Aerith? Credo proprio che lo sarà davvero.»

Aerith Gainsborough e Cloud Strife rimasero immobili ad osservare Tifa Lockhart, i capelli sciolti sulle spalle, le mani affondate nelle tasche, allontanarsi a piedi sotto la luce delle stelle.

Fu di nuovo Cloud a rompere il silenzio.

«Sai una cosa?»

«Che cosa?»

Il poliziotto guardava oltre il parabrezza con una tale intensità che Aerith si stupì che il vetro non si fondesse. Infine lo sentì sospirare nell’ombra dell’abitacolo.

«Darei qualsiasi cosa per essere come lei.»

 

 

* * *

 

 

Era mattina, e Sora sbadigliava.

Aveva lasciato la casa di Kairi ancora insonnolito. Nonostante fosse tuttora imbarazzato all’idea di dormire ogni notte da lei, al mattino il sonno aveva sempre la meglio su qualsiasi altra emozione; così aveva salutato lei, Naminè e la nonna senza impacciarsi troppo, aveva fatto colazione al solito bar e, più morto che vivo, aveva attraversato le molte strade che dividevano la villa dal condominio, per recuperare alcuni libri prima della scuola.

Sbadigliò ancora, lasciandosi alle spalle l’ultimo gradino della rampa di scale e incamminandosi lentamente verso la porta del 2A. Chiunque avesse stabilito che le lezioni cominciassero così presto andava strangolato nel sonno, di questo era fermamente convinto.

Pescò le chiavi da una tasca dei pantaloni, aprì la porta e marciò pian pianino verso la camera da letto, col vago desiderio di lasciarsi ricadere a dormire per altri cinque minuti, meglio dieci, facciamo quindici.

Ma quando ci arrivò, vide qualcosa che riuscì dove anche la vicinanza così pericolosamente stretta di Kairi aveva fallito: svegliarlo del tutto.

Addormentato nel suo letto c’era Roxas.

Sora non seppe come reagire a quella vista. Si stropicciò gli occhi più e più volte e si pizzicò forte le guance, ma vedendo che l’immagine non accennava a svanire dovette riconoscere che era davvero sveglio. Allora alla sorpresa si sostituì un leggero risentimento: perché Roxas non gli aveva detto che sarebbe tornato al condominio, la sera prima?! E poi subentrò la contentezza, perché nonostante tutto era lieto di rivedere suo fratello in quella stanza; gli era mancato così tanto. E anche un po’ di orgoglio: Roxas stava diventando non solo più forte, ma anche indipendente. Negli ultimi tempi aveva affrontato da solo le esperienze più traumatizzanti che si potessero immaginare, e l’aveva fatto da solo, senza chiedere aiuto... E infine un accenno di tristezza, quando i suoi occhi si posarono sulla sedia a rotelle ai piedi del letto e lui si disse che, alla fin fine, tutto era tornato come prima.

O forse no?

Ancora molto scosso, Sora si mosse verso la scrivania, ripetendosi che avrebbe dovuto sbrigarsi per andare a scuola e che non aveva tempo per giocare al Festival-delle-Emozioni-e-delle-Reazioni.

Si bloccò.

Sul piano di legno, in bella vista sopra il casino generale, c’era un disegno che conosceva bene. Ma quella mattina sembrava diverso.

Lo prese in mano: era la stessa scena, quella del parco in cui lui e Roxas avevano vissuto tanti momenti felici da bambini, e dove suo fratello aveva trovato i suoi più grandi amici e la sua più grande passione, prima di perdere tutto... E poi notò la differenza.

Una settimana prima, l’uomo e la donna in primo piano nel disegno non avevano lineamenti.

Adesso invece sì, e anche molto familiari.

E – cosa più importante e più bella di tutte – sorridevano.

 

 

 

 

 

_________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

 

 

 

Ci siamo. Roxas è tornato a casa. Axel è agli arresti domiciliari. E Demyx e la ragazza senza nome si sono ritrovati.

Resta qualcosa in sospeso, però, vero? Sbaglio o tempo fa abbiamo trovato un Saïx folle e inasprito dalla cattura di Marluxia? E Roxas non aveva la possibilità di tornare a camminare? E Axel non l’aveva forse baciato? x3

Ehh, come vedete ce ne vuole ancora di tempo per risolvere tutto.

Grazie a chiunque passi di qui, come sempre; e a presto! <3

Aya ~

   
 
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