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Autore: Kyz    19/06/2011    2 recensioni
Sono trascorsi anni da quando il resto del gruppo ha visto Taichi per l'ultima volta. Ma ora, in occasione del terzo anniversario di un'avvenimento terribile, Yamato ha deciso che bisogna risolvere la situazione una volta per tutte.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Torna da noi Era passato molto tempo, più di quanto avesse creduto di poter sopportare. E rivederli tutti e sei li davanti a se, quella era una cosa a cui non era per nulla preparato.
Da troppo tempo non incrociava i loro sguardi, e si era ripromesso di non doverlo fare mai più.
Ma quel giorno era stato qualcosa di strano a trascinarlo fuori dalla sua casa, in un prato che in quel periodo era pieno di fiori dai più vari colori, e a metterlo nuovamente di fronte a persone che non incontrava da anni.


Lo sapevano che non sarebbe venuto nemmeno quell'anno. Ci avevano sperato il primo anno, avevano avuto dei dubbi l'anno seguente, ma ora ne erano certi.
Nessuno, d'altronde, l'aveva più rivisto. Aveva lasciato tutto, scuola, calcio, amici. Era praticamente scomparso.
Qualche volta uno di loro sei camminava sotto il palazzo dove viveva. Alzare gli occhi verso la finestra della sua camera era un gesto meccanico. Quante volte da quella finestra avevano guardato la strada, ridendo e scherzando tutti insieme. Al di la di quella finestra c'erano solo ricordi felici. Ma ora, al di la di quella finestra, la realtà era un'altra. Di felicità, in quella stanza, non ce n'era più da tempo. Inizialmente avevano provato a rintracciarlo, preoccupati di quello che potesse succedergli, ma non si era mai fatto vedere. Dopo un po' la situazione era diventata insostenibile anche per loro, che inevitabilmente avevano deciso di lasciarlo stare, di lasciarlo da solo per tutto il tempo che sarebbe stato necessario. Da amici si erano sentiti in obbligo di tornare da lui, quando sarebbe stato il momento. Il momento, però, non era mai arrivato.
Per questo, quando lo videro da lontano, non poterono credere ai loro occhi. Eppure, più si avvicinava meno avevano dubbi. Quando si fermò a pochi passi da loro, però, quasi non lo riconobbero. La carnagione pallida, quasi bianca, occhi rossi e gonfi, una corporatura incredibilmente magra, tutto era estremamente lontano dall'ultima immagine che avevano di lui.
Uno di loro fece alcuni passi avanti, verso il ragazzo che per tutti quegli anni aveva considerato come un secondo fratello. La prima cosa che gli passò per la mente fu di tirargli un pugno, mettendo le basi per quella che sarebbe stata un'altra litigata, come quelle che facevano anni addietro. Subito dopo, la sua testa si riempì di un sacco di frasi che avrebbe voluto dirgli; voleva rimproverarlo per non essersi fatto vedere per tutto quel tempo, voleva rassicurarlo, voleva ricordargli che loro erano un gruppo e che si sarebbero aiutati sempre, voleva che avesse fiducia in lui ancora una volta.
Ma la sua bocca non si mosse, il suo viso si incrinò in un'espressione di assoluta tristezza.
Fece l'unica cosa che era in grado di fare. Lentamente, il suo braccio si distese e il ragazzo mostrò la mano, pregando con gli occhi l'amico di stringerla ancora una volta. Dopo quel passo, sarebbe stato tutto più facile.


Quando posò gli occhi sulla persona che si era staccata dal gruppo, si stupì del cambiamento che la sua figura aveva subito. I capelli erano molto più lunghi di quanto si ricordasse, lasciati cadere sulle spalle e leggermente arricciati. La maglietta verde senza maniche che una volta indossava sempre ora aveva lasciato il posto a una t-shirt completamente nera, mentre jeans fino alle ginocchia lasciavano scoperte le gambe che, da allora, si erano irrobustite parecchio.
Il braccio destro del suo vecchio amico era teso verso di lui. Era chiaro che quella era una proposta, un invito a tornare insieme, a riportare tutto come a tre anni prima. Era chiaro che tutti speravano in un ricongiungimento, e primo tra tutti il ragazzo che ora aveva di fronte.
Ma molte cose erano cambiate, nessuno era più lo stesso di prima. E non aveva nessun motivo per riunirsi a loro, e soprattutto non aveva nessuna intenzione di dimenticare, ne di ricominciare.
Raccolse tutte le sue forze, voleva urlare in faccia ai suoi vecchi amici tutto quello che aveva dentro da anni, voleva raccontare a loro come si era sentito in tutto quel periodo. Si aspettava di aver fiato per parlare per un'ora senza mai fermarsi, tante erano le cose che aveva da dire. Ma riuscì solo a pronunciare una frase.
-Come fate ad andare avanti?- urlò.
Gli occhi si riempirono di lacrime, la testa si fece più pesante di quanto non fosse mai stata. Ignorando completamente la mano dell'amico tesa davanti a lui si girò di scatto e corse, corse verso casa. Voleva solo tornare nella sua stanza, da cui non sarebbe dovuto uscire e da cui sicuramente non sarebbe uscito mai più.


-Dai Matt, sapevi che sarebbe finita così.-
Una voce alle sue spalle lo stava chiamando. Il ragazzo sospirò pesantemente. Aveva ancora il braccio destro teso. Prima di girarsi, diede un'ultima occhiata all'amico che stava correndo, sicuramente verso casa, lungo la strada che riportava in città. Ormai lo vedeva solo come un puntino sull'orizzonte. E più o meno era quello che veramente era diventato, un punto sfocato e lontano nelle loro vite.
-Diciamo che ci avevo sperato- rispose il biondo.
Una ragazza gli mise una mano sulla spalla, cercando di confortarlo per quel poco che era possibile. Vedere il loro amico in quello stato stava pian piano distruggendo anche loro. La ragazza lo sapeva.
-Fino a quando riusciremo a resistere, così?- sussurrò all'orecchio di Yamato.
-Non credo per molto. Forse sarà meglio che vada a parlargli- Sperando che voglia vedermi, aggiunse tra se e se.
-Ma ci andrai dopo. Adesso abbiamo qualcosa da fare, noi sei- rispose la ragazza.


Tai era corso in camera sua senza dire una parola. Non che sua madre avesse fatto molto per trattenerlo. Ormai le cose andavano così, in quella casa. All'inizio anche lei e il marito avevano provato a reagire, a parlare con il figlio, ma non era andata proprio come speravano. Ora si limitavano semplicemente a far trascorrere i giorni lentamente uno dietro l'altro, in uno stato di apatia che dal ragazzo moro aveva terminato con il contagiare anche loro. Eppure lei lo sapeva, ne era certa: gli amici di suo figlio, due in particolare, avrebbero sistemato le cose, per quanto possibile. Non avrebbero mai permesso al loro migliore amico di continuare in quello stato. Prima o poi qualcuno avrebbe suonato alla porta e lei, dopo averla aperta, si sarebbe trovata di fronte a due ragazzi che conosceva bene, ma che negli occhi avrebbero avuto una determinazione e una forza straordinarie. Lo sapeva, era solo questione di tempo. E, con tutto il suo cuore, sperava che quel giorno, il giorno in cui la loro famiglia sarebbe potuta tornare ad essere quasi come quella di un tempo, arrivasse presto.


Fu come un lampo. Un lampo che colpì la signora Yagami in pieno, distogliendola dai suoi pensieri. Era intenta a pulire il pavimento della cucina, ma si precipitò ad aprire la porta. Mai come in quel momento, il suono di quel campanello le era sembrato il suono della speranza. Dopo aver aperto la porta, si trovò davanti d un ragazzo biondo e dagli occhi azzurri. Non aveva bisogno di altro. Aveva visto quei capelli e quegli occhi così tante volte. Il ragazzo non disse una parola, chiedendo solamente il permesso di entrare in casa e, dopo un profondo inchino, si diresse verso la porta della stanza del suo migliore amico.
Da dietro le sua spalle, sentì un sussurro.
-Buona fortuna, Matt.-


Non bussò nemmeno. Molto meglio prenderlo di sorpresa, perlomeno sarebbe stato divertente vedere la sua reazione.
Quello che trovò entrando in camera fu un Taichi appoggiato al davanzale della finestra. Lo vedeva solo di spalle, ma si immaginava il suo sguardo perso nel vuoto, gli occhi fissi magari contro il muro di un qualsiasi palazzo, ma che invece non stavano guardando niente di preciso. Anche lui aveva passato intere giornate così, da bambino.
Appena il biondo chiuse la porta dietro di se, il moro fece un rapido cenno con la mano, che Yamato interpretò come un saluto.
-Cosa ci sei venuto a fare qui?- chiese con una voce piatta Taichi, senza smettere di guardare l'esterno.
-Mi sembra ovvio. A parlare con te.-
-E chi ti dice che io voglia parlare? Vattene a lasciami da solo, una volta per tutte. Lasciatemi tutti quanti da solo.- Le ultime cinque parole le aveva urlate, forse senza nemmeno rendersene conto.
Non si accorse, occupato com'era a guardare nel vuoto, che l'altro si stava avvicinando alla finestra, e quasi non si rese conto che l'aveva obbligato a guardarlo negli occhi. Ma poteva intuire quello che sarebbe successo poi. Era pronto a ricevere un pugno in pieno volto, come era successo già molte altre volte. E puntualmente la sua aspettativa fu confermata.
Chiuse meccanicamente gli occhi, preparandosi al dolore, che non tardò ad arrivare. Quando li riaprì il biondo era in piedi davanti lui, e lo guardava con due occhi di ghiaccio.
-Cosa diavolo era quella frase? Chi ti credi di essere?- Yamato stava urlando, sembrava fuori di sé. Taichi non si ricordava di averlo mai visto in uno stato del genere, eppure lo aveva visto arrabbiato molte volte. Ma ora era diverso. Non era semplice rabbia, era qualcosa di più.
-Credi di essere l'unico che sta male? Credi di essere l'unico che ha sofferto e che continua a soffrire? Credi di essere l'unico ad aver perso una persona a cui tenevi? Tutti eravamo affezionati a Hikari, e tutti siamo distrutti da quando se n'è andata.- disse il biondo tutto d'un fiato.
A questo punto non riusciva più a controllarsi nemmeno Taichi, Come poteva pretendere, Yamato, di sapere cosa provava? Era stata Hikari a morire, non Takeru. Era lui, Tachi, che aveva perso un parente, non Yamato. Come poteva sapere cosa si provava? Tutte queste cose le disse ad alta voce, senza pensarci. Non riusciva più a tenersi tutte quelle cose dentro.
Osservò la reazione del ragazzo di fronte a lui. Yamato abbassò per un attimo lo sguardo verso terra, preparandosi a rispondere a tono al suo migliore amico.
-Ah, è questo che pensi? Credi di avere solo tu il diritto di soffrire? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Prendi Takeru, ad esempio. Lui non ha perso nessuno? A me sembra che abbia perso la sua migliore amica. Prendi Sora, nemmeno lei ha perso nessuno? Invece ha perso quella che considerava una sorella. Prendi me e tutti gli altri: abbiamo perso una compagna, una persona con cui avevamo condiviso moltissime avventure. Sicuro di essere solo te a stare male per quello che è successo? Pensaci bene, caro mio, prima di dire certe stupidate.-
Taichi si sentì male, veramente male. Dentro di se sapeva che le parole di Yamato erano vere, il suo amico aveva ragione. Si era reso conto di aver pensato solo a se stesso, senza cercare di capire cosa avrebbero potuto provare i suoi compagni. Ma la questione era ancora aperta. Aveva ancora altro da dire al biondo.


-Non è solo questo- disse sottovoce Taichi, con la testa piegata e il viso nascosto dalle mani.
-Cosa hai detto, Tai?-
-Ho detto che il punto non è solo questo.-
-E allora cos'altro hai?- chiese Yamato, pronto a dare un'altra strigliata all'amico, qualsiasi fosse la stupida idea che si portava ancora dentro.
-Perchè non l'ha salvata anche quella volta? Perché, nel momento in cui più aveva bisogno di aiuto, lei non si è presentata? Perchè non si è presentato nessuno?- ripeté a voce bassa il moro.
-Ma di chi stai...- cominciò a chiedere il biondo.
-Di Tailmon, e di tutti gli altri- rispose subito Taichi. -Pensa, quanto abbiamo fatto per loro? Quante volte li abbiamo aiutati nel loro mondo? E allora perché loro non hanno ricambiato? Eppure noi siamo stati chiamati a Digiworld per aiutarli. Noi non ci meritiamo il contrario? Non ci meritiamo anche noi un aiuto da parte loro, nei momenti di bisogno?-
Yamato capiva benissimo come poteva sentirsi l'amico, dal momento che anche a lui era capitato di porsi molte volte quelle domande.
-Prova a pensarci. Credi che, potendo, non si sarebbe precipitata in soccorso di Hikari? Non è stata lei a non volerla aiutare. Solamente, non ne aveva la possibilità. Probabilmente in quel momento non sapeva nemmeno quello che stava succedendo nel nostro mondo- disse pacatamente Yamato.
-Nemmeno noi sapevamo niente di Digiworld, eppure ci hanno trascinato in quel mondo senza che potessimo rifiutarci. Loro avevano bisogno di noi, e noi siamo andati ad aiutarli. Perchè non è potuto succedere il contrario?- si lamentò Taichi ad alta voce.
-Taichi- cominciò l'amico, -come puoi incolpare Tailmon, o qualsiasi altra persona, per la morte di tua sorella? L'unico responsabile ha pagato, e continuerà a pagare per un bel pezzo. Ma nessun altro ha colpa. Nemmeno tu. Chiaro?-


Il tono con cui Yamato aveva pronunciato l'ultima parola non lasciava nessuna possibilità di replica.
-Yamato, ho sbagliato tutto?- domandò con un filo di voce il moro.
-No, non tutto.- disse l'altro. -Non hai sbagliato ad essere triste per la perdita di tua sorella, e non hai nemmeno sbagliato nel voler stare un po' da solo. Il tuo solo errore è stato dimenticarti delle persone che avrebbero voluto aiutarti. Ti sei scordato di noi. Ti sei scordato di me.-
I due rimasero in silenzio per qualche istante. Taichi fissava il pavimento, mentre Yamato la parete dietro l'amico.
Fu il biondo, contrariamente alle sue abitudini, a ricominciare a parlare.
-Nessuno avrebbe preteso di toglierti del tutto il dolore che provavi. Non avrai forse pensato che fossimo così egoisti da pretendere il Taichi di sempre dopo così poco tempo da una tragedia simile? Volevamo solo aiutarti, darti una mano a portare il peso che ti stava schiacciando. Nessuno voleva intromettersi nella tua vita, soprattutto in un momento simile. Ma eravamo pronti a starti accanto in qualsiasi momento, appena l'avresti voluto. Abbiamo atteso a lungo quel momento, ma non si è mai presentato.-
Taichi non parlava. Il discorso dell'amico lo aveva colpito. Non era abituato a sentirlo parlare così a lungo. Per quanto ricordasse, era sempre stato poco loquace. Ma chissà, magari era cambiato. In fondo non lo vedeva da anni. E fu proprio quel pensiero, a far capire a Taichi molte cose.


Fu come una doccia gelata. Lui, Tai, non vedeva il suo migliore amico da anni. Come aveva fatto a sopportare una cosa simile? Certo, per quanto lui e Yamato fossero diversi, per quanto si fossero picchiati da bambini, e per quanto ancora adesso si trovassero a discutere, non era mai trascorso giorno senza che il moro ringraziasse mentalmente il destino per averli fatti diventare così amici.
E ora si era reso conto che era rimasto senza di lui per tre anni. Fu una sensazione devastante, terribile. Rimase saldamente in piedi, la testa non gli girò, gli occhi non si offuscarono e non vide la camera girare intorno a se, ma ciò che provava dentro di se era qualcosa di indescrivibile, di tremendo. Di colpo non riuscì neppure a guardare il suo vecchio amico negli occhi. Puntò lo sguardo dritto a terra e, sempre fissando il pavimento, disse con un filo di voce una sola parola.
-Scusami.-


Yamato non credeva alle sue orecchie. Erano state pochissime le volte in cui aveva sentito il suo migliore amico dire quella parola, per cui sapeva bene come fosse restio ad ammettere i propri errori. Se questo era possibile, pensò, sotto sotto Taichi era addirittura più orgoglioso di lui.
-Di cosa?-
-Beh- iniziò Taichi con una voce stranamente incerta, -di averti lasciato solo per tutto questo tempo.-
Entrambi si guardarono negli occhi per un tempo che al moro parve lunghissimo. Yamato, era evidente, non sapeva come porsi nei confronti dell'amico dopo una frase del genere. Per questo fu Taichi a riprendere la parola, continuando il discorso.
-Non mi ero reso conto di quanto fossi stato lontano da voi. Tre anni fa non avrei sopportato, credimi, di trascorrere un singolo giorno senza i miei amici, e in special modo senza te e Sora. Eppure sono passati tre anni. Quante cose ho perso, Yamato, in questo tempo? Non vi sono stato accanto, non vi ho aiutati quando avevate bisogno di me. Tre anni, ti rendi conto? Tre anni persi, che non torneranno più. Siete cambiati, tu sei cambiato. Quando vi ho visti, prima, quasi non vi riconoscevo. E adesso ho capito che non vi conosco più come vi conoscevo una volta. Tutto questo tempo trascorso da solo, senza voler nessuno accanto, mi ha allontanato dalle persone più importanti della mia vita, che non sono più quelle di una volta. E ora mi chiedo cosa succederà. Dovrò faticare moltissimo, per far tornare il nostro rapporto come prima. Dovrò ricostruire ogni singolo rapporto da zero, come se avessi conosciuto ciascuno di voi per la prima volta. Sempre che voi lo vogliate.-
Il volto di Yamato fu percorso da un breve sorriso. Aveva capito perfettamente cosa voleva dire l'amico, così come le sue preoccupazioni. Ma, anche se Taichi ancora non l'aveva capito, il loro rapporto stava già, pian piano, tornando quello di prima.


-Perchè credi che non lo vogliamo?- chiese Yamato, sempre guardando il pavimento.
-Voi avete cercato di aiutarmi, dopo la...-
-La morte di Hikari?- completò il biondo. Per il suo amico era ancora dura accettare quello che era successo. Ma lui era fiducioso; con l'aiuto di tutti supererà anche questa. Completamente.
-Si, quella.- Taichi sospirò a lungo. -E io invece mi sono chiuso in questa stanza. Non mi stupirei se vi foste dimenticati di me.-
-Idiota.- Yamato pronunciò quella parola con un tono particolarmente grave, e Taichi si aspettava di ricevere le più svariate accuse da quello che già considerava il suo ex migliore amico. Accuse che sentiva di meritare appieno.
-Non ti sei ancora reso conto di niente?- chiese il biondo.
Taichi cercò di guardarlo negli occhi, ma l'altro teneva costantemente lo sguardo abbassato.
-Credi, ad esempio, che il rapporto tra me e te sia cambiato?-
-Non mi sorprenderebbe- disse lentamente il moro.
-Ah si? E allora mi spieghi una cosa?-
-Cioè?-
-Come mai sono venuto fin qui per parlare con una persona che non vedevo da tre anni, deciso a fare di tutto pur di riportarlo tra i suoi amici di un tempo?-
Il viso di Taichi fu percorso dal primo, vero, spontaneo sorriso da anni. E quando Yamato alzò gli occhi dal pavimento, fu sicuro di vedere lo stesso sorriso nelle sue iridi azzurre.
-Solo perché avevo tempo da perdere?- concluse il biondo.

Non riusciva a credere di essere all'aria aperta. Non sapeva nemmeno lui come, ma Yamato ci era riuscito. Stavano andando dai loro amici, che avrebbero sicuramente avuto la stessa reazione della signora Yagami quando aveva visto il figlio uscire dalla camera dove ormai trascorreva quasi 24 ore su 24. Nel volto si leggeva solamente incredulità per quell'avvenimento atteso così a lungo; la signora aveva gettato uno sguardo colmo di gratitudine verso il biondo, che aveva risposto con un lieve sorriso, prima di lasciare che i due uscissero di casa, sapendo bene dove erano diretti.
-Lo sai che non cercheremo mai di farti dimenticare tua sorella, ne tantomeno cercheremo di cancellare il tuo dolore.- Yamato era terribilmente serio, mentre pronunciava quelle ultime parole. Evidentemente, aveva paura che l'amico potesse fraintendere le loro intenzioni. Ma Taichi aveva capito quello che il biondo intendeva dire e non ne poteva essere più felice. Certo, la strada per portare tutto come ai vecchi tempi sarebbe stata molto lunga, ma era sicuro di riuscirci.
Rivolse lo sguardo verso un cielo straordinariamente limpido, che gli ricordò d'istinto le iridi azzurre del suo migliore amico. Gli doveva tutto, senza nessuna eccezione.
-Yamato... Grazie di tutto.- disse sottovoce, per non farsi sentire dal biondo.
Alla sua sinistra, Yamato stava fissando dritto davanti a se, preparandosi all'incontro con il resto del gruppo, quando sentì delle parole, pronunciate con un filo di voce, che lo resero felice come non era da anni. Nel suo volto non lasciò trasparire nessuna emozione, ma i suoi pensieri furono rivelati da una frase, che non riuscì a non pronunciare ad alta voce.
-Non ringraziarmi. Per te, è il minimo.-
I due si fermarono, guardandosi per un istante, incerti su come comportarsi. Nessuno dei due avrebbe mai creduto di sentire parole del genere uscire dalla bocca del biondo. Soprattutto quest'ultimo, ancora incredulo di ciò che aveva appena detto. Ricominciarono a camminare, senza parlare per il resto del tragitto; ma quello era, senza dubbio, il più bel silenzio che fosse mai calato tra loro.

***

Ok, questa è la prima fic che pubblico. C'è poco da dire: non mi ritengo affatto un buon scrittore, ma ho pubblicato questa one-shot più che altro come una scommessa con me stesso.  Non avevo mai pensato di trovare il coraggio per pubblicare qualcosa su questo sito, ma ora sono più che soddisfatto. Spero solo che la storia vi sia piaciuta, anche solo per un misero 1%
P.S. Ho immaginato questi avvenimenti in un contesto in cui non sono presenti i personaggi di Adventure 02, un pò come se la morte della giovane Yagami avesse modificato completamente la trama della serie.
  
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